György Lukács (1885-1971)  –  «Thomas Mann e la tragedia dell’arte moderna». Il momento puramente soggettivo, l’estraniarsi da ogni collettività, il disprezzare ogni comunità annulla ogni vincolo con la società e nell’opera stessa: autodissoluzione dell’arte in seguito a quella lontananza dalla vita ch’essa si pone per principio.

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«Adrian Leverkühn [il protagonista del romanzo di Thomas Mann dal titolo titolo Doktor Faustus, iniziato nel 1943 e pubblicato nel 1947] sa con assoluta precisione quale sia la situazione storica della musica (dell’arte, dello spirito in genere) nel suo tempo. Egli non soltanto lo sa precisamente, non solo riflette in costante tensione su tutto ciò, ma tutti i suoi problemi stilistici nascono da questa tensione: l’epoca attuale è per ogni verso sfavorevole all’arte, alla musica – e com’è possibile ciò nonostante, in quest’epoca, creare una musica di livello artistico veramente alto, senza uscirne, senza romperla in modo risoluto e attivo con questo tempo? […] Quello che Thomas Mann ottiene nel configurare il processo creativo di Adrian Leverkühn, nella rappresentazione della genesi, della struttura e della influenza delle sue opere, raggiunge un livello altissimo, unico in tutta la letteratura universale. Fino ad ora le tragedie della vita di artisti erano state rappresentate quasi esclusivamente dal punto di vista del rapporto e del conflitto fra l’artista e la vita, fra l’arte e la realtà; e così pure essenzialmente era stato fatto dal giovane Thomas Mann. Qui tuttavia, dove il problema centrale verte e già trabocca nell’opera, la rappresentazione si deve estendere anche alla genesi e alla struttura di questa stessa opera e deve portare ad espressione artistica e formale l’insolubile, tragica problematica dell’arte moderna attorno a quelle stesse opere. […] [Continua a leggere]

György Lukács, Thomas Mann, Berlin, Aufbau Verlag, 1953; tr. it. Di Giorgio Dolfini, Thomas Mann e la tragedia dell’arte moderna, Milano, Feltrinelli, 1971, pp. 76, 77, 78-79).

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Thomas Mann e la tragedia dell’arte moderna

 

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Prima edizione europea, 1947.


 

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Georges Bataille (1897-1962)  – La noia rivela ciò che è il nulla dell’essere rinchiuso in se stesso. Questo nulla interno lo respinge verso l’angoscia.

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«La noia rivela ciò che è il nulla dell’essere rinchiuso in se stesso. Se non comunica più, un essere isolato intristisce, deperisce e sente (oscuramente) che, da solo, non esiste. Questo nulla interno, senza via d’uscita, senza alcuna attrattiva, lo respinge: egli soccombe al malessere della noia e la noia dal nulla interno lo rigetta in quello esterno, all’angoscia».

G. Bataille, Su Nietzsche, SE, 2006.


 

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Diego Fusaro – La gabbia d’acciaio: Max Weber e il capitalismo come destino.

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Max Weber and Karl Marx

È stato detto, e non senza buone ragioni, che le due grandi linee interpretative da seguire, se si vuole capire l’epoca in cui viviamo e il suo destino, sono quelle tracciate da Karl Marx (1818-1883) e da Max Weber (1864-1920): chi intenda venire a capo dell’Età moderna, non ha dunque che da indossare le «lenti» interpretative dell’uno o dell’altro autore, senza però pretendere di sovrapporle, perché esse si escludono a vicenda e, per così dire, restituiscono l’immagine di due mondi diversi e, per molti versi, incompatibili. Il punto comune da cui questi due grandi pensatori prendono le mosse nelle loro indagini è la constatazione che il nostro tempo è signoreggiato da una forza fatale – il capitalismo – che si è imposta con la stessa necessità con cui il destino dominava nelle tragedie greche: e, inscindibilmente connesso a questo problema, che costituisce il fulcro delle loro indagini, ve ne è un altro, quello del destino dell’uomo nel mondo contemporaneo. L’immagine e il destino dell’Occidente che affiorano dalle analisi di questi due pensatori sono, per molti versi, diametralmente opposte, a tal punto che non è illegittimo domandarsi se la realtà che essi hanno preso in esame fosse effettivamente la stessa. Là dove Weber registra «razionalizzazione» e «disincanto», Marx scorge i tratti di un mondo sospeso in un incantamento reificante e feticistico, in cui gli uomini sono signoreggiati dai prodotti della loro stessa mano e non riescono a intrattenere rapporti cristallini e non opachi né tra loro né con le merci che producono. Quello scrutato da Weber è un mondo «in ordine», in cui ogni cosa si trova al posto giusto e non vi è nulla che sfugga alla presa della razionalità: il profitto viene ricercato nel più razionale dei modi, le merci sono prodotte in modo efficace, il sapere si innesta fecondamente sulla prassi. Al contrario, quello sottoposto a critica da Marx è un mondo letteralmente spettrale, infestato da fantasmi di ogni tipo … [Continua a leggere]

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Visiona e stampa le diciotto pagine di testo nel PDF

Diego Fusaro,
La gabbia d’acciaio. Max Weber e il capitalismo come destino

 

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Il saggio di Diego Fusaro è già stato pubblicato in Koiné [Filosofia e politica: che fare?]– Periodico culturale – Anno XVI  –  NN° 1-3 – Gennaio-Giugno 2009, pp. 57-73 – Reg. Trib. di Pistoia n° 2/93 del 16/2/93. Direttore responsabile: Carmine Fiorillo. Direttori Luca Grecchi e Diego Fusaro.

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Daniela Ariano – Recensione a «Teatro» di Maura del Serra – Pagine intrise di teatro allo stato puro.

Daniela Ariano

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Daniela Ariano

Pagine intrise di teatro allo stato puro

 

Recensione a «TEATRO» di Maura Del Serra

 

Nessun padre, nessun uomo può capire una madre due volte orfana... La mia bocca, il mio seno, il mio grembo non li hanno protetti! E chi... chi ha attaccato quelle due piccole croci nere su tutte le mie porte d’oro…? A piedi nudi, a testa nuda, a cuore nudo li seguirò al crematorio... (fermandosi e palpandosi, come stupita) Eppure il mio corpo continua a respirare, a mangiare, perfino a dormire... Solo il mio corpo ha fede, e vaga per il mondo. Ora va in Albania ad aiutare le famiglie impoverite dalla guerra coi Turchi... ma la casetta in giardino è vuota, i giocattoli sparsi nella polvere... e la mia tenda – blu a pieghe morte, dure come il destino! Cosa c’è da capire? Che l’amore e la bellezza sono un’illusione?
(Isadora)

 

Teatro pubblicato dalla Editrice Petite Plaisance, è un volume di quasi novecento pagine intrise di teatro allo stato puro. In esso sono contenute ventitré opere della drammaturga toscana Maura Del Serra che abbracciano un arco di tempo che va dal 1985 con La fonte ardente. Due atti per Simon Weil, al 2015 con La torre di Iperione. Hölderlin e gli altri. Pervase di echi classici, tutte queste opere si materializzano sulla scena moderna attualizzandosi attraverso l’esplorazione dei sentimenti, quella dimensione interiore di cui ciascun essere umano è singolo custode e che, da che mondo è mondo, dalla Grecia antica fino a oggi, non è mai mutata. Così eroi ed eroine di ogni epoca si trasformano in personaggi vibranti di una modernità disarmante… [Continua a leggere]

Daniela Ariano

In SCENA, n° 82, 4° trimestre 2015, p.39.
Rubrica Libri & teatro
Scaffale Contemporanea.

 Logo Adobe Acrobat   Daniela Ariano,
Pagine intrise di teatro allo stato puro.
Recensione a  «Teatro» di Maura Del Serra

 

Maura Del Serra, TeatroISBN 978-88-7588-138-2, 2015, pp. 864, f Euro 35. Collana “Antigone”

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Di Maura Del Serra vedi anche nel Blog:

 

Maura Del Serra 010

Maura Del Serra – Adattamento teatrale de “La vita accanto” di Mariapia Veladiano
Maura Del Serra, Franca Nuti – Voce di Voci. Franca Nuti legge Maura Del Serra.
Intervista a Maura Del Serra. A cura di Nuria Kanzian. «Mantenersi fedeli alla propria vocazione e all’onestà intellettuale, senza cedere alle lusinghe di un facile successo massmediatico»
Maura Del Serra – Il lavoro impossibile dell’artigiano di parole
Maura Del Serra – La parola della poesia: un “coro a bocca chiusa”
Maura Del Serra, «Teatro», 2015, pp. 864
Maura Del Serra, Il labirinto mediterraneo negli “Orfici”
Maura Del Serra, Sacrificio e conoscenza- elementi di simbologia nei ‘Canti Orfici’ di Campana
Maura Del Serra – La Verna di Campana
Maura Del Serra – Sul ponte dei “Canti Orfici” e oltre

MAURA DEL SERRA

È nata il 2 Giugno del 1948. Ha una figlia e due nipotini. Sostiene le cause per la difesa delle libertà della persona umana ed è attiva anche in iniziative ambientaliste e per la difesa degli animali. Ha pubblicato nove raccolte poetiche, l’antologia Corale. Ha dedicato volumi critici a Dino Campana, Giovanni Pascoli, Giuseppe Ungaretti, Clemente Rebora, Piero Jahier, Margherita Guidacci e saggi a numerosi poeti e scrittori italiani ed europei.
Ha curato alcune antologie, fra le quali: Kore. Iniziazioni femminili. Antologia di racconti contemporanei, Firenze, Le Lettere, 1997; Margherita Guidacci, Le poesie, Firenze, Le Lettere, 1999; Egle Marini. La parola scolpita, Pistoia; Artout, Maschietto e Musolino, 2001; Poesia e lavoro nella cultura occidentale, Roma, Edizione del Giano, 2007.
Ha pubblicato venti testi teatrali e fra gli autori da lei tradotti dal latino, tedesco, inglese, francese e spagnolo: Quinto Tullio Cicerone, William Shakespeare, George Herbert, Francis Thompson, Virginia Woolf, Katherine Mansfield, Dorothy Parker, Rabindranath Tagore, Marcel Proust, Simone Weil, Victoria Ocampo, Jorge Luis Borges.
Per la sua attività ha ricevuto numerosi riconoscimenti nazionali ed internazionali, fra i quali: il premio “Montale” per la poesia, il premio “Flaiano” per il teatro e il premio “Betocchi” per la traduzione.
Nell’anno 2000 le è stato assegnato il premio della Cultura della Presidenza del Consiglio dei ministri.

L'opera del vento

Tentativi di certezza

Maura Del Serra, Teatro

Il teatro di Maura Del Serra, qui riunito nella molteplice complessità del suo arco cronologico trentennale, abbraccia una pluralità di forme sceniche, ora corali ora dialogiche ora monologanti, che spaziano con incisiva e vivace profondità dall’“affresco” epocale alla fulminea microcellula drammatica e a forme singolari di teatro-danza sempre sorrette da un inventivo simbolismo di luci, colori, voci fuoriscena e suggestioni scenografiche. L’organon di questa scrittura – in versi e in prosa – fonde il nitore visionario con un senso vivace e concreto del phatos quotidiano, spesso nutrito da uno humour tipicamente affidato a personaggi “terrestri” fino al farsesco, secondo la tradizione della commedia antica. Il teatro decisamente anti-minimalista della Del Serra mostra infatti il suo grato debito creativo verso i classici della tradizione drammaturgica e poetico-letteraria europea, dai tragici e lirici greci al barocco inglese e ispanico, al decandentismo e alle avanguardie artistiche del Novecento.
I suoi personaggi, a vario titolo esemplari fino all’archetipo, sono scolpiti e dominati da una solitudine “eroica” non astratta bensì coerentemente testimoniale, tormentati e salvati dalla grandezza antistorica e metastorica del loro dono “eretico” che si oppone geneticamente alla forza oppressiva del potere nelle sue varie espressioni, da quelle canoniche politico-sociali a quelle suasive dell’intelletto, fino a quelle della “sapienza senza nome” della vita. Ed è perciò sempre agonico il rapporto fra la certezza di una verità ultima e inattingibile e l’illusione soggettiva, mediante l’utopia salvifica affidata all’ardore dei protagonisti. Motore e forma privilegiata di queste compresenze è l’eros generatore e multiforme, espresso in tutte le sue pulsioni, dall’amicizia alle polarità maschili e femminili, fino ad una complessa androginia psicologica e spirituale.
In questa straordinaria galleria evocativa di presenze, che spaziano dall’ellenismo alla contemporaneità al futuro, le voci interiori dell’autrice si incarnano di volta in volta, come la poesia ed ogni arte, per “sognare la verità del mondo”.


 

Maura Del Serra – Wikipedia
Pagine di Maura Del Serra
ANTOLOGIA POETICA
Maura Del Serra, aforismi
Parole in coincidenza 8: Maura Del Serra tradotta da Dominique Sorrente
Maura Del Serra e Cristina Campo
Maura Del Serra, “Tentativi di certezza. Poesie 1999-2009”
Silvio Ramat: L’opera del vento, di Maura del Serra

 

 

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Luigi Cancrini  – Dialoghi con il figlio. «Che cos’è il comunismo, papà?». L’uomo costruisce anche secondo le leggi della bellezza. La cosa di cui Marx era spaventato, allora, era soprattutto l’idea per cui il comunista «rozzo» avrebbe mantenuto una tendenza a ragionare in termini di oggetti invece che di persone

Cancrini

dialoghi con il figlio

FIGLIO Che cos’è il comunismo, papà?

PADRE La risposta piu pertinente mi è sembrata, da sempre, quella del giovane Marx. Nel terzo dei suoi Manoscritti, dedicato alla proprietà privata. Se partiamo da lì, tuttavia, quello che ci aspetta è un discorso piuttosto lungo.

FIGLIO Non importa. […] Possiamo parlarne per tutta la notte.. [Continua a leggere]

 

Luigi Cancrini, Dialoghi con il figlio, Editori Riuniti, 1992, pp. 78-83.

 

Leggine tre pagine aptrendo il file PDF

 

Luigi Cancrini,
Dialoghi con il figlio. «Che cos’è il comunismo, papà?»

dialoghi

L’animale costruisce soltanto secondo la misura e il bisogno della specie a cui appartiene, mentre l’uomo sa produrre secondo la misura di ogni specie e sa ovunque predisporre
la misura inerente a quel determinato oggetto; quindi l’uomo costruisce anche secondo le leggi della bellezza.

Lo sfruttamento è la disumanizzazione progressiva dell'essere umano in quanto tale, una negazione delle potenzialità e delle esigenze caratteristiche della specie umana.

 


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Elie Wiesel  –  Sai cos’è il riso? Te lo dico io cos’è. È l’errore di Dio!

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La notte

La notte

 

«Sai cos’è il riso? [ … ].
Te lo dirò io cos’è. È l’errore di Dio.
Creando l’uomo per sottometterlo ai suoi disegni, Dio gli ha inawertitamente conferito la facoltà di ridere.
Egli ignorava che più tardi questo verme della terra se ne sarebbe servito come mezzo per vendicarsi.
Ma quando se ne rese conto, era già troppo tardi. Dio non poteva più farci niente.
Troppo tardi per togliere all’uomo questo potere».

  • Elie Wiesel, La notte, prefazione di François Mauriac, trad. Daniel Vogelmann, collana: Schulim Vogelmann, 1; tit. orig.: La Nuit (1958), Firenze, Giuntina, 1980, pp. 112.

 

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Karl Marx (1818-1883) – Il capitale, per sua natura, nega il tempo per una educazione da uomini, per lo sviluppo intellettuale, per adempiere a funzioni sociali, per le relazioni con gli altri, per il libero gioco delle forze del corpo e della mente.

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«Innanzitutto appare evidente che l’operaio, per tutta la durata della sua esistenza, non è che forza lavorativa e quindi che tutto il tempo di cui dispone è, per natura e per diritto tempo di lavoro, e di conseguenza appartiene all’autovalorizzazione del capitale.

Tempo per una educazione da uomini, per lo sviluppo intellettuale, per adempiere a funzioni sociali, per le relazioni con gli altri, per il libero gioco delle forze del corpo e della mente, persino il tempo festivo della domenica ed anche nel paese dei santificatori delle feste sono mere sciocchezze!

Ma nella smodata e cieca passione, nella sua avidità da lupo mannaro di pluslavoro, il capitale oltrepassa non solo gli estremi limiti morali della giornata lavorativa, ma anche quelli semplicemente fisici.

Esso usurpa il tempo indispensabile al corpo per la crescita, per lo sviluppo e per la sua sana conservazione.

Ruba ciò di cui non si può fare a meno per respirare l’aria libera e per la luce del sole.

Lesina sul tempo dei pasti e, dove può, lo incorpora nel suo stesso sistema produttivo, in maniera che all’operaio viene dato il cibo come ad un semplice mezzo di produzione, come si dà carbone alla caldaia a vapore, come si dà sego ed olio alle macchine».

Karl Marx, Il Capitale, Newton Compton Editori, p. 203.

 

 


 

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Ugo di San Vittore (1096-1141) – Di tutte le cose da ricercare, la prima è la sapienza.

Ugo di San Vittore in una miniatura medievale

Ugo di San Vittore in una miniatura medievale.


«Omnium expetendum prima est sapientia,
in qua perfecti boni forma consistit».

«Di tutte le cose da ricercare,
la prima è la sapienza, in cui risiede la forma del bene perfetto».

Ugo di San Vittore, Didascalion de studio legendi, Libro I, Cap. I.


 

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Burrhus Frederic Skinner (1904-1990) – Se non facciamo nulla permettiamo che un futuro deprimente e probabilmente catastrofico abbia il sopravvento su di noi.

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«La scelta è chiara: o non facciamo nulla e permettiamo che un futuro deprimente e probabilmente catastrofico abbia il sopravvento su di noi, o utilizziamo la nostra conoscenza del comportamento umano per creare un ambiente sociale nel quale dobbiamo vivere una vita produttiva e creativa e dobbiamo farlo senza mettere in pericolo le opportunità di coloro che ci seguiranno di poter fare lo stesso».
Burrhus Frederic Skinner

 


 

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Bonaventura da Bagnoregio (1217/1221-1274) – Quattro modi di fare un libro: come scriptor, come compilator, come commentator, come auctor.

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Ci sono quattro modi di fare un libro.

Alcuni scrivono parole altrui, senza aggiungere o cambiare alcunché, e chi fa questo è uno scriba (scriptor).

Altri scrivono parole altrui e aggiungono qualcosa, però non di proprio. Chi fa questo è un compilatore (compilator).

Poi ci sono quelli che scrivono sia cose altrui sia proprie, ma il materiale altrui predomina e quello proprio è aggiunto come un allegato a scopo di chiarimento. Chi fa questo si definisce commentatore (commentator), non autore.

Chi invece scrive sia cose che vengono da lui stesso sia cose d’altri, riportando il materiale altrui allo scopo di confermare il proprio, questi è da chiamare autore (auctor).

Bonaventura da Bagnoregio, al secolo Giovanni Fidanza,

 

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Proemio al Commentarium in libris sententiarum,
in Opera omnia, Claras Aquas, 1882-1902, I, 14-15.

 

Orazio Borgianni, Bonaventura da Basgnoregio, 1610-16 circa

Orazio Borgianni, Bonaventura da Basgnoregio, 1610-16 circa.

 


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