«Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada». Eraclito
«Non c’è più scambio simbolico al livello delle formazioni sociali moderne; non più come forme organizzatrici. Certamente, il simbolico le assilla come la loro morte; ma, proprio perché non ne regola più la forma sociale, esse non ne conoscono più che l’assillo, l’esigenza continuamente preclusa dalla legge del valore. E se, dopo Marx, una certa idea della Rivoluzione ha tentato di aprirsi un varco attraverso questa legge del valore, essa è da tempo ridiventata una Rivoluzione secondo la Legge. La psicoanalisi gira intorno a questo assillo, ma nello stesso tempo lo esclude circoscrivendolo nell’inconscio individuale».
Jean Baudrillard, L’échange symbolique et la mort (1976); tr. it., Lo scambio simbolico e la morte, Feltrinelli, Milano 1979, p. 11.
«Non è possibile ripercorrere la storia del trattamento della malinconia senza interrogarsi sulla storia della malattia stessa. Infatti, da un’epoca all’altra, non soltanto si modificano le terapie, ma non sono neppure identici gli stati designati col nome di malinconia o di depressione. Lo storico si trova in presenza di una doppia variabile. Per quanto si sia vigili, certe confusioni sono inevitabili. E quasi impossibile riconoscere nel passato le categorie nosologiche che ci sono oggigiorno familiari. Le storie di malati che troviamo nei libri antichi ci inducono nella tentazione di una diagnostica retrospettiva. Ma manca sempre qualcosa: innanzitutto la presenza del malato. La nostra terminologia psichiatrica, tanto spesso esitante di fronte al malato in carne e ossa, non può certo vantare una maggior certezza quando si trova di fronte semplicemente un racconto o un aneddoto. Le storielle psichiatriche, di cui si accontenta la maggior parte dei medici fino al XIX secolo, se sono divertenti, sono certamente anche insufficienti.
Esquirol si compiaceva di ripetere che la follia è la “malattia della civiltà”. Le malattie umane, in effetti, non sono mere specie naturali. Il paziente subisce il suo male, ma lo costruisce anche, o lo riceve dall’ambiente; il medico osserva la malattia come un fenomeno biologico, ma, isolandolo, nominandolo, classificandolo, ne fa un’astrazione e, così facendo, esprime un momento particolare di quell’avventura collettiva che è la scienza. Sia dalla prospettiva del malato che da quella del medico, la malattia è un fatto di cultura e muta al mutare delle condizioni culturali.
La persistenza della parola malinconia, conservatasi nel linguaggio medico sin dal V secolo a.C., non attesta altro, e lo si comprende facilmente, che il gusto della continuità verbale: si ricorre ai medesimi vocaboli per alludere a fenomeni diversi. Una simile fedeltà lessicografica non è inerzia: pur trasformandosi, la medicina intende affermare l’unità del suo modo di procedere attraverso i secoli. Ma non dobbiamo lasciarci ingannare dalla somiglianza delle parole: sotto la continuità della malinconia, i fatti designati variano sensibilmente. Non appena gli antichi constatavano una paura o una tristezza persistenti, la diagnosi pareva sicura: in tal modo confondevano, agli occhi della scienza moderna, depressioni endogene, depressioni reattive, schizofrenie, nevrosi d’ansia, paranoie, ecc. Da questo conglomerato primitivo, a poco a poco sono emerse talune entità cliniche più distinte e si sono succedute le ipotesi esplicative più contraddittorie. E dunque i farmaci proposti per la cura della malinconia nel corso dei secoli non hanno a che vedere con la medesima malattia né con le stesse cause. Alcuni di essi si propongono di correggere una discrasia umorale, altri mirano a modificare un particolare stato di tensione o di debilitazione nervosa, altri ancora sono messi in campo per distrarre il malato da un’idea fissa. E chiaro che i diversi tipi di cura in cui ci imbatteremo si riferiscono a condizioni cliniche e a sintomi che oggi giudicheremmo molto lontani tra di loro.
Quasi tutta la patologia mentale ha potuto essere messa in rapporto, fino al Settecento, con l’ipotetico atrabile: una diagnosi di malinconia implicava un’ assoluta certezza quanto all’origine del male; responsabile era questo umore corrotto. Se le manifestazioni della malattia erano molteplici, la causa era piuttosto semplice. Abbiamo fatto giustizia di tale ingenua sicurezza, fondata sull’immaginario. Non abbiamo più l’arroganza di trinciare giudizi categorici sulla natura e il meccanismo del rapporto psicofisico. La psichiatria del XIX secolo, non potendo assegnare a tutte le depressioni un sostrato anatomo-patologico, come era riuscita a fare per la paralisi generale, si è sforzata di isolare una serie di varietà morbose di tipo sintomatico o “fenomenologico”. Facendosi più precisa, la nozione moderna di depressione copre un territorio molto meno ampio della malinconia degli antichi. Alla facile e non verificata eziologia che ha caratterizzato lo spirito prescientifico, si è sostituita la descrizione rigorosa e si è coraggiosamente confessato che le vere cause restano ignote. Una cura pseudospecifica e pseudocausale ha ceduto il passo a qualcosa di più modesto, che sa di essere meramente sintomatico. Una simile modestia, quanto meno, lascia via libera alla ricerca e all’invenzione.
Jean Starobinski, L’inchiostro della malinconia, Einaudi, Torino 2014, pp. 5-6.
La trasformazione dell’essere umano in solo corpo pulsionale è, in assoluto, la violenza massima che si possa immaginare
Gewalt
La Gewalt (violenza) è la legge del capitalismo nella fase neoliberista. La violenza è infinita, al punto che la trasformazione dell’essere umano in solo corpo pulsionale è, in assoluto, la violenza massima che si possa immaginare. L’essere umano è ontologicamente fondato sul dualismo: res cogitans/res extensa. Il capitalismo opera per ridurlo a sola res extensa. Corpo-vetrina in vendita, merce tra le merci, ha un unico attributo che lo distingue dalle altre merci: gli appetiti che servono per sostenere il sistema in perenne crisi. La sovrapproduzione, ormai strutturale, è risolta con la riduzione dell’essere umano a sola res extensa dagli infiniti appetiti indotti. Il circolo della violenza è scientemente organizzato mediante strategie orchestrate dal mondo mediatico e digitale. Tutto è merce, nessuno sfugge al ruolo di consumatore e merce nel contempo. La sovrastruttura – con i suoi servi – opera esaltando il diritto individuale alla mercificazione: nessun limite dev’essere dato al diritto di consumare ed alle voglie. La nuova religione del capitale trasforma le voglie in sacri diritti a cui non ci si può sottrarre. Si mette in atto la “libertà negativa” descritta da Hobbes nel Leviatano: ogni desiderio è lecito, per cui ogni impedimento umano o non umano va abbattuto. Libertà solitaria ed atomistica, in cui l’altro è solo piacere da consumare in vista delle nuove voglie. Tra i piaceri non vi sono gerarchie etiche, ma sono tutti leciti ed egualmente ammessi. È in questo contesto che vanno inseriti i fatti di Colleferro: le responsabilità sono individuali e sociali. Il noto è sconosciuto, come affermava Hegel. In questo caso l’evidenza delle responsabilità sociali, di cui si tace, sono lapalissiane. I protagonisti sono solo corpo esposto in vetrina alla ricerca di conferme pulsionali e narcisistiche. Sono figli di facebook e della cattiva maestra televisione (Popper). I mezzi mediatici-digitali sono il veicolo del valore di scambio di merci e di corpi. Se si osa criticare l’eguaglianza merce-corpo, se si osa proporre limiti, si è tacciati di moralismo, di essere retrogradi e violenti. Il capitale si è impossessato delle parole, è l’unico deputato a parlare. Gli araldi del libero scambismo sono uomini e specialmente donne. Giornaliste ammiccanti e seduttive condannano la violenza, ma difendono la libertà di essere solo corpo esposto; la libertà narcisistica in nome della quale sedurre e strappare l’oggetto del desiderio con ogni mezzo. I corpi sono rifatti, il potere è parte di loro, è collassato nel corpo vissuto, per cui tuonano contro la violenza che le ha fagocitate. Tra le parole delle nuove trombettiere del potere, non vi è critica alcuna al sistema che produce mostri, ma semplice condanna ad eventi di cronaca la cui genetica non è spiegata. La si occulta, perché si devono rimuovere le complicità con la violenza dell’ignoranza e della disinformazione. Si giunge ad atti estremi passando gradualmente per un processo che innesca la violenza a partire dalle parole prive di concetto, ma che orientano l’attenzione sulla forza: vincenti, perdenti, competizione, carriera sono parole del dire quotidiano che costruiscono un mondo darwiniano. Le donne ultime arrivate nel nuovo Eden del capitale non contestano, non proteggono i loro figli, hanno abdicato alla funzione umana di trasmettere valori e mediare la rigidità delle regole. Non proteggono dallo sguardo predatorio le proprie figlie ed i propri figli, anzi li incoraggiano, perché il mondo è da mordere, da conquistare, che ciascuno porti a casa il proprio trofeo piccolo o grande che sia. I padri si sono liquefatti, rincorrono comportamenti adolescenziali, in tale vuoto, abita la violenza, alligna e prolifera ovunque. Nessuna voce si alza per condannare le brutalità quotidiane come parte organica del sistema, come la verità che si rende palese dinanzi a noi, e che invoca la responsabilità civile, etica e filosofica. I corpi medi (partiti-sindacati) essenza della democrazia non intervengono, sono ormai integrati nel sistema.
Si finge scandalo, perché il sistema deve continuare a vivere, perché non si vuole rinunciare alla violenza, dalla normalità della violenza non ci si vuole congedare. Vi è una dipendenza dalla svalorizzazione dell’essere umano, perché essere solo corpo pulsionale è più semplice, vivere nell’immediatezza senza concetto libera dalla responsabilità di essere persone. Il sistema prolifera ed esalta le trombettiere della libertà negativa, le quali denunciano ogni limite, ogni libertà costruita sul riconoscimento relazionale del limite e specialmente sulla fatica del cercare il senso nella realtà. Il silenzio e le rimozioni sono miccia per la coazione a ripetere delle violenze, tutto accade, ma le responsabilità sono solo individuali, per cui, che le violenze continuino pure, in nome della libertà regressiva e narcisistica.
Diritto e razionalità
Nella teogonia greca Giove, il potere, è sostenuto nel suo esercizio da Dike (la giustizia) e da Temi (diritto naturale-Terra). Senza giustizia e diritto, il potere è solo violenza, irrazionale, e dunque, minaccia di far cadere il mondo nel caos. Dike indica i valori da realizzare con il sostegno di Temi sua madre. Giove (padre) e Temi (madre) nel loro agire ordinato attuano la giustizia, ovvero Dike, figlia di Giove e Temi. La violenza, l’ingiustizia brutale prolifera nel vuoto delle madri e dei padri, le prime in carriera, i secondi perennemente bambini.
Oggi il potere non ha giustizia e non conosce diritto, ma ha imposto la violenza quale struttura del vivere, in tal modo, siamo tutti complici. Su questo dovremmo farci delle domande, ne siamo tutti coinvolti. Il potere senza razionalità è la gabbia d’acciaio nella quale le contraddizioni continuano a creare tensioni incontrollabili; nella gabbia d’acciaio non si è al sicuro, e tutto può accadere. Si noti la violenza del linguaggio, anche in coloro che vorrebbero porsi dialetticamente rispetto ad esso. Per uscire dalla violenza bisogna rimettere in discussione il sistema in toto, guardare la violenza che scorre nelle nostre vite, nelle nostre parole, ciò è necessario per capire la gravità del problema. Nella violenza siamo tutti implicati con responsabilità e ruoli diversi, non vi sono anime belle, da questo bisogna iniziare per capire l’abisso del neoliberismo.
«Il punto di vista della conoscenza pura è contraddittorio; c’è solo il punto di vista della conoscenza impegnata. [ … ] Una conoscenza pura, infatti, sarebbe conoscenza senza punto di vista, quindi conoscenza del mondo posta per principio al di fuori del mondo. [ … ] Così la conoscenza non può essere altro che un nascere implicito a un punto di vista determinato che si è. “Essere” significa per la realtà umana essere-là, cioè “là, sulla sedia”, “là, a quel tavolo”, “là, in cima alla montagna, con quelle dimensioni, quell’orientamento ecc.”».
I .-P. Sartre, L’être et le néant [1943]; tr. it. L’essere e il nulla, il Saggiatore, Milano 1968, p. 384.
«Le concezioni dell’individuo umano come originario e irriducibile, e del valore come appagamento interiore (utilità percepita), sono incardinate nella spina dorsale della concettualità economica. La realtà umana, la concretezza storica e antropologica, vengono perciò sempre lette come una sorta di eccezioni, di deviazioni, più o meno marcate e possibilmente da correggere, invece l’astrazione di partenza appare per la moderna riflessione economica come un “luogo naturale” aristotelico, un punto di attrazione cui si tende a ritornare sempre, salvo esplicito impedimento. Una volta compresa l’essenziale continuità tra la ragione liberale classica e la razionalità economica classica, si comprende la naturalezza dello sbocco neoliberale. […] Il neoliberalismo, infatti, rappresenta la presa di coscienza storica del carattere normativo dell’economia neoclassica. Non si tratta più di immaginare un mondo (uno “stato di natura”) dove gli esseri umani siano massimizzatori razionali autoreferenziali, dove la storia e la cultura siano inconferenti, dove il mercato sia un’entità originaria e lo Stato un accessorio a esso funzionale. Questo mondo non c’è mai stato. Ma in una prospettiva economica è ritenuto auspicabile che esso ci sia, o che ci si approssimi quanto possibile a quel modello, e questa è l’essenza della proposta neoliberale. È perciò che alla fine del XX secolo lo Stato liberale dismette le proprie remore e si fa carico di creare, o approssimare, le condizioni perché le idealizzazioni del mercato perfetto si realizzino.
Andrea Zhok, Critica della ragion liberale. Una filosofia della storia corrente, Meltemi, Roma 2020, p. 153.
«Anche nell’eliminazione di certe dimensioni inerenti alla socialità esiste una forma di messa al bando dell’essenza di noi stessi. Le operazioni automatizzate si sostituiscono al contatto umano, all’azione condotta in comune, comportando l’abolizione progressiva dello scambio, delle relazioni interpersonali e, conseguentemente, dell’accordo, del disaccordo, del conflitto, della negoziazione, persino dell’amicizia, insomma, della socialità fondata sulla somma di tutte le soggettività che ci costringe a fare opera di comunità e di fare appello alla nostra intelligenza condivisa. Quella che è in gioco è la marginalizzazione della parola, dei legami indotti dal linguaggio e, più in generale, della necessaria contemplazione di quell’alterità che ispira molte delle nostre azioni. La nostra pluralità viene negata a favore di un mondo dove tutto riveste un valore utilitaristico e dove anche noi finiremo per essere ridotti a questa equazione».
Éric Sadin, Critica della ragion artificiale. Una difesa dell’umanità, Luiss University Press, Roma 2019, p. 108.
«Chi oggi detiene il capitale della sorveglianza ha espropriato un bene dalle esperienze di persone dotate di pensieri, corpi ed emozioni vergini e innocenti come i pascoli e le foreste prima che soccombessero al mercato».
«Il capitalismo della sorveglianza esercita il suo dominio tramite il potere strumentalizzante, materializzandosi nel Grande altro, che come il tiranno dell’antichità esiste al di fuori dell’umanità, pur assumendone paradossalmente la forma. Il tiranno del capitalismo della sorveglianza non ha più bisogno della frusta del despota, come non gli servono i campi e i gulag del totalitarismo. Tutto quello che gli serve può trovarlo nei messaggi e nelle emoticon rassicuranti del Grande fratello, e può soggiogare gli altri non con il terrore, ma inducendoli alla confluenza in modo irresistibile, riempendoci la camicia di sensori, rispondendo alle nostre richieste, ascoltandoci attraverso la TV, conoscendoci per mezzo di casa nostra, origliando i nostri sospiri nel letto, leggendoci nei nostri libri».
Shoshana Zuboff, Il capitalismo della sorveglianza. Il futuro dell’umanità nell’era dei nuovi poteri, Luiss, Roma 2019, pp. 111 e 528.
Rispetto alle consuete rappresentazioni manualistiche, che descrivono i Presocratici quasi esclusivamente come studiosi della natura, molte ricerche evidenziano ormai un panorama molto più composito. Così come la realtà, pur con intrecci e sovrapposizioni, risulta sostanzialmente ripartita in tre grandi contenuti – la natura, il divino e l’umano –, è ora possibile ricostruire in modo più articolato l’esperienza filosofica dei Presocratici alla luce di tre aree ermeneutiche: naturalistico-scientifica, mistico-aurorale e umanistico-politica. Il volume propone questa nuova lettura, seguendo un approccio multifocale che considera quel grande prisma costituito dal pensiero di Solone, Talete, Anassimandro, Anassimene, Ecateo, Senofane, Pitagora, Eraclito, Parmenide, Empedocle, Anassagora e Democrito: solo osservandone tutte le facce nel loro complesso è possibile averne una idea più completa, o comunque meno unilaterale.
Ogni vero studioso manifesta un atteggiamento di attenzione complessiva al tema che affronta, in modo da fornire risposte multiple e cariche di interesse per chi “viene dopo”. Egli ama l’intero e quindi cerca di indagare l’oggetto del suo lavoro in tutti i suoi molteplici aspetti. Nello stesso tempo ogni vero studioso manifesta un carisma particolare, che consente ad un aspetto di sopravanzare, in qualche misura, gli altri e quindi costituisce, per così dire, la sua personale “firma”. C’è chi si immerge nei testi e ne scopre le articolazioni meno avvertibili, c’è chi “duella” con l’autore riuscendo così a far rivivere la riflessione teorica che questi voleva mettere in gioco, c’è chi dialoga con gli altri studiosi, offrendo quindi al lettore il quadro delle diverse possibilità interpretative, elemento estremamente utile per chi vuole “capire”. Credo – affermazione temeraria che spero non troppo errata – che quest’ultimo sia il “proprio” di Luca Grecchi, il quale si pone costantemente in modo dialogico in rapporto agli altri studi, ma senza per questo rinunciare a prendere in modo chiaro posizione. Non a caso alla sua infaticabile attività di studioso si accompagna una continua pubblicazione di studi specifici, testi brevi e profondi, ricchi di informazioni e discussioni che propongono riflessioni intrecciate di grande utilità, che escono dal recinto ristretto degli studi puramente accademici. Ciò vale in modo particolarmente evidente in questo volume che affronta uno degli snodi più complessi della Storia della filosofia antica.
«Bisogna difendere nei limiti delle proprie forze coloro che patiscono ingiustizia, e non lasciar correre: giacché un tale atteggiamento è giusto e coraggioso, l’atteggiamento contrario è ingiusto e vile» (Democrito, B261).
L’anima umana come fondamento della verità (2002) delinea, in maniera stilizzata, il sistema metafisico umanistico su cui sono poi strutturati molti suoi libri successivi. La tesi centrale di questo libro è appunto che l’anima umana, intesa come la natura razionale e morale dell’uomo, è il fondamento onto-assiologico della verità dell’essere. Questo sistema costituisce la base per una analisi critica della totalità sociale, e per una progettualità comunitaria finalizzata alla realizzazione di un modo di produzione sociale conforme alle esigenze razionali e morali della natura umana. [ indice – presentazione – sintesi]
Karl Marx nel sentiero della verità (2003) costituisce una interpretazione metafisico-umanistica del pensiero di Marx, che viene analizzato nei suoi nodi essenziali, spesso in aperta critica con la secolare tradizione marxista. Nato originariamente come elaborazione degli studi di economia politica dall’autore compiuti negli anni Novanta del Novecento, il testo assume carattere filosofico-politico. Marx è analizzato come il pensatore moderno che, rifacendosi implicitamente al pensiero greco, realizza la migliore critica al modo di produzione capitalistico, pur non elaborando – per carenza di fondazione filosofica – un adeguato discorso progettuale. [ indice – presentazione – sintesi]
Verità e dialettica. La dialettica di Hegel e la teoria di Marx (2003) costituisce una integrazione del precedente Karl Marx nel sentiero della verità. Il testo effettua una sintesi comparata, appunto, sia della dialettica di Hegel che della teoria di Marx. Pur riconoscendo l’influenza del pensiero di Hegel nelle opere del Marx maturo, l’autore propone la tesi che il pensiero di Marx, strutturatosi nei suoi punti cardinali prima del suo studio attento ed approfondito della Scienza della Logica, sia nella sua essenza non dialettico (in senso hegeliano). Una versione sintetica di questo libro è stata pubblicata sulla rivista Il Protagora nel 2007. [indice – presentazione]
La verità umana nel pensiero religioso di Sergio Quinzio (2004), con introduzione di Franco Toscani, è una sintesi monografica sul pensiero del grande teologo scomparso nel 1996. Il testo presenta al proprio interno una analisi del pensiero ebraico e cristiano, unita ad una rilettura umanistica del testo biblico. Il tema centrale è quello della morte, e della speranza nella resurrezione su cui Quinzio ripetutamente riflette, e che vede continuamente delusa. Al di là dei riferimenti religiosi, la riflessione del teologo si presta ad una profonda considerazione sulla fragilità della vita umana. [indice – presentazione]
Nel pensiero filosofico di Emanuele Severino (2005), con introduzione di Alberto Giovanni Biuso, è una sintesi monografica sul pensiero del grande filosofo italiano. Il testo presenta al proprio interno una analisi critica del nucleo essenziale della ontologia di Severino e delle sue analisi storico-filosofiche e politiche. Esiste uno scambio di lettere fra Severino e Grecchi in cui il filosofo bresciano mostra la sua netta contrarietà alla interpretazione ricevuta. Il testo, tuttavia, è segnalato nella Enciclopedia filosofica Bompiani come uno dei libri di riferimento per la interpretazione del pensiero severiniano. [indice – presentazione]
Il necessario fondamento umanistico della metafisica (2005) è un breve saggio in cui, prendendo come riferimento la metafisica classica (ed in particolare le posizioni di Carmelo Vigna), l’autore critica la centralità dell’approccio logico-fenomenologico rispetto al tema della verità, ritenendo necessario anche l’approccio onto-assiologico. Per Grecchi infatti la verità consiste non solo nella descrizione corretta di come la realtà è, ma anche nella valutazione di come essa – la parte che può modificarsi – deve essere per conformarsi alla natura razionale e morale dell’uomo. Si tratta del primo confronto esplicito fra la proposta di Grecchi della metafisica umanistica e la metafisica classica di matrice aristotelico-tomista. [indice – presentazione]
Filosofia e biografia (2005) è un libro-dialogo composto con uno dei maggiori filosofi italiani, Umberto Galimberti. Nel testo si ripercorre il pensiero galimbertiano nei suoi contenuti essenziali, ma si pone in essere anche una serrata analisi di molti temi filosofici, politici e sociali, in cui spesso emerge una sostanziale differenza di posizioni fra i due autori. Di particolare interesse le pagine dedicate al pensiero simbolico, all’analisi della società, ed alla interpretazione dell’opera di Emanuele Severino. Percorre il testo la tesi per cui la genesi di un pensiero filosofico deve necessariamente essere indagata, per giungere alla piena comprensione dell’opera di un autore. [indice – presentazione]
Il pensiero filosofico di Umberto Galimberti (2005), con introduzione di Carmelo Vigna, è un testo monografico completo sul pensiero di questo importante filosofo contemporaneo. Si tratta di un testo in cui Grecchi, sintetizzando la complessa opera di questo autore, prende al contempo posizione non solo nei confronti della medesima, ma anche di filosofi quali Nietzsche, Heidegger, Jaspers, che nel pensiero di Galimberti costituiscono riferimenti imprescindibili. Vigna, nella sua introduzione, ha definito il libro “una ricostruzione seria ed attendibile del pensiero del filosofo” in esame. [indice – presentazione]
Conoscenza della felicità (2005), con introduzione di Mario Vegetti, è uno dei testi principali di Grecchi, in cui l’autore applica il proprio approccio classico umanistico alla attuale totalità sociale, mostrando come essa si ponga in radicale opposizione alle possibilità di felicità degli uomini. L’autore, seguendo la matrice onto-assiologica del pensiero greco, mostra che solo conoscendo che cosa è l’uomo risulta possibile conoscere cosa sia la felicità. Il testo è caratterizzato da una analisi delle strutture della personalità oggi più diffuse, per l’autore “prodotte” dai processi di funzionamento del modo di produzione capitalistico. Scrive Vegetti, nella introduzione, che Grecchi è “pensatore a suo modo classico”, per il suo “andar diritto verso il cuore dei problemi”. [indice – presentazione]
Marx e gli antichi Greci (2006) è un libro-dialogo composto con uno dei maggiori filosofi italiani, Costanzo Preve. Nel testo viene effettuata una analisi non tanto filologica, quanto ermeneutica e teoretica dei rapporti del pensiero di Marx col pensiero greco. I due autori, concordando su molti punti, colmano così in parte una lacuna della pubblicistica su questo tema, che risulta essere stato nel tempo assai poco indagato. Di particolare interesse l’analisi effettuata dai due autori di quale potrebbe essere, sulla base insieme del pensiero dei Greci e di Marx, il miglior modo di produzione sociale alternativo rispetto a quello attuale. [indice – presentazione ]
Vivere o morire. Dialogo sul senso dell’esistenza fra Platone e
Nietzsche (2006), con introduzione di Enrico Berti, è un
saggio composto ponendo in ideale dialogo Platone e Nietzsche su importanti
temi filosofici, politico e morali: l’amore, la morte, la metafisica, la vita
ed altro ancora. Scrive Berti, nella sua introduzione, che, come accadeva nel
genere letterario antico dell’invenzione, Grecchi non nasconde lo scopo
“politico” della sua opera, la quale “risulta essere innanzitutto un documento
significativo di amore per la filosofia e di vitalità di quest’ultima, in un
momento in cui l’epoca della filosofia sembrava conclusa”.
Il filosofo e la politica. I consigli di Platone, e dei classici Greci,
per la vita politica (2006) è una ricostruzione del pensiero
filosofico-politico di Platone effettuata in un continuo confronto con le
vicende della attualità. In questo libro Grecchi pone esplicitamente Platone, sul
piano politico, come proprio pensatore di riferimento. Il filosofo ateniese infatti,
a suo avviso, pur scrivendo molti secoli or sono, rimane tuttora colui che ha
offerto le migliori analisi, e le migliori soluzioni, per pensare una migliore
totalità sociale, ossia un ambiente comunitario adatto alla buona vita
dell’uomo
La filosofia politica di Eschilo. Il pensiero “filosofico-politico” del
più grande tragediografo greco (2007)
costituisce una interpretazione, in chiave appunto filosofico-politica,
dell’opera di Eschilo. Lo scopo principale di questo libro è quello di “scorporare”
Eschilo dallo specialismo degli studi poetico-letterari, per inserirlo – come
si dovrebbe fare per tutti i tragici greci – nell’ambito del pensiero
filosofico-politico. Nel testo viene presa in carico l’analisi precedentemente
svolta da Emanuele Severino ne Il giogo (1988),
ritenendone validi molti aspetti ma giungendo, alla fine, a conclusioni opposte
circa il presunto “nichilismo” di Eschilo.
Il presente della filosofia italiana (2007) è un libro in cui vengono analizzati testi di alcuni fra i più importanti filosofi italiani contemporanei pubblicati dopo il 2000. Gli autori analizzati vengono ripartiti in quattro categorie: 1) pensatori “ermeneutici-simbolici” (Sini, Vattimo, Cacciari, Natoli); 2) pensatori “scientifici-razionalisti” (Tarca, Antiseri, Giorello); 3) pensatori “marxisti-radicali” (Preve, Losurdo); 4) pensatori “metafisici-teologici” (Reale). Il testo è arricchito da due appendici e da una ampia postfazione di Costanzo Preve. In questi testi Grecchi oppone criticamente, ai vari approcci, il proprio discorso metafisico-umanistico. [indice – presentazione ]
Corrispondenze di metafisica umanistica (2007) è una raccolta di testi in cui sono contenuti scambi epistolari, nonché risposte di Grecchi ad introduzioni e recensioni di suoi libri. [indice – presentazionesintesi ]
L’umanesimo della antica filosofia greca (2007) è il primo libro in cui Grecchi effettua la propria interpretazione complessiva della Grecità. Partendo da Omero, e giungendo fino al pensiero ellenistico, l’autore mostra come non la natura, né il divino, né l’essere furono i temi centrali del pensiero greco, bensì l’uomo, soprattutto nella sua dimensione razionale e morale. [indice – presentazione ]
L’umanesimo di Platone (2007) è un testo monografico sul pensiero di Platone. Ponendo in essere una analisi delle principali interpretazioni finora effettuate del pensiero platonico, Grecchi applica al medesimo il proprio paradigma ermeneutico metafisico-umanistico, cogliendo in Platone la centralità del ruolo filosofico-politico dell’uomo, ed insieme la rilevanza della posizione anti-crematistica. [indice – presentazione ]
L’umanesimo di Aristotele (2008) è un testo monografico sul pensiero di Aristotele. Ponendo in essere una analisi complessiva delle diverse tematiche del pensiero aristotelico, Grecchi applica al medesimo il proprio paradigma ermeneutico metafisico-umanistico, cogliendo in Aristotele – così come in Platone, ma in forma differente – la centralità del ruolo filosofico-politico dell’uomo, ed insieme la rilevanza della posizione anti-crematistica. [indice – presentazione ]
Chi fu il primo filosofo? E dunque: cos’è la filosofia? (2008), con introduzione di Giovanni Casertano, è un libro suddiviso in
due parti. Nella prima parte, prendendo come riferimento alcuni fra i
principali manuali di storia della filosofia italiani, Grecchi mostra come essi
spesso non definiscano l’oggetto del loro studio, ossia la filosofia,
dichiarandola talvolta addirittura indefinibile. L’autore, invece, offre in
questo libro la propria definizione di filosofia come caratterizzata da due
contenuti imprescindibili: a) l’essere ricerca, il più possibile fondata ed argomentata,
della verità dell’intero; b) l’assumere come riferimento, insieme descrittivo e
valutativo (la filosofia si occupa non solo della verità, ma anche del bene),
l’Uomo. Nella seconda parte l’autore esamina dieci possibilità alternative su
“chi fu il primo filosofo”, giungendo a concludere che, pur all’interno del
contesto comunitario della riflessione greca, il candidato più accreditato
risulta per vari motivi essere Socrate.
Socrate. Discorso su Le Nuvole di Aristofane (2008) è una ricostruzione di fantasia, pubblicata nella collana Autentici falsi d’autore dell’editore
Guida, di un discorso da Socrate ad Atene l’indomani della rappresentazione
della famosa commedia di Aristofane. Si tratta, come è nello stile della
collana, di una ricostruzione al contempo verosimile e spiritosa, in cui
Grecchi coglie l’occasione per offrire la propria interpretazione, insieme
umanistica ed anticrematistica, del pensiero socratico. Tale interpretazione
risulta convergente con quelle offerte, nella medesima collana, da Mario
Vegetti su Platone e da Enrico Berti su Aristotele.
Il filosofo e la vita. I consigli di Platone, e dei classici Greci, per la buona vita (2008), è una raccolta di brevi saggi in cui l’autore, prendendo spunto da alcuni passi del pensiero platonico, e più in generale del pensiero greco classico, affronta sinteticamente alcune tematiche centrali per la vita umana (l’amore, la famiglia, la filosofia, la storia, le leggi, la democrazia, l’educazione, l’università, la mafia, la libertà, ecc.), col consueto approccio attualizzante, ovvero facendo interagire – nel rispetto del contesto storico-sociale dell’epoca in cui tale pensiero nacque – il pensiero platonico col nostro tempo. Il libro è arricchito da un lungo saggio finale di Costanzo Preve, intitolato “Luca Grecchi interprete dei filosofi classici Greci” (con risposta), in c ui il filosofo torinese sintetizza le posizioni dell’autore. [indice – presentazione ]
Occidente: radici, essenza, futuro (2009),
con introduzione di Diego Fusaro, è un testo in cui l’autore analizza il
concetto di Occidente e le sue tradizioni culturali costitutive, sempre in base
al proprio sistema metafisico-umanistico. Analizzando le radici greche,
ebraiche, cristiane, romane e moderne, ma soprattutto l’attuale contesto
storico-sociale, Grecchi coglie nella prevaricazione derivante dalla smodata
ricerca crematistica l’essenza dell’Occidente, ed individua per lo stesso un
futuro cupo. Il testo è arricchito dal dialogo con Fusaro, alla cui
introduzione Grecchi risponde in una appendice finale.
L’umanesimo della antica filosofia cinese (2009) costituisce il primo volume di una trilogia sull’umanesimo dell’antico pensiero orientale (l’unica nel nostro paese effettuata da un solo autore). Il libro parte dalla constatazione che la cultura orientale risulta essere pressoché assente dalle principali storie della filosofia occidentali. In base tuttavia alla definizione di filosofia fornita dall’autore, l’antico pensiero cinese risulta possedere, nei contenuti e talvolta anche nei metodi, caratteristiche tali da non poter essere considerato pregiudizialmente assente dal quadro filosofico. Non si tratta, comunque, di un manuale di storia della filosofia cinese, ma di una interpretazione umanistica dei principali contenuti costitutivi dell’antico pensiero cinese. [indice – presentazione ]
L’umanesimo della antica filosofia indiana (2009) costituisce il secondo volume di una trilogia sull’umanesimo dell’antico pensiero orientale. Il libro parte dalla constatazione che la cultura orientale risulta essere pressoché assente dalle principali storie della filosofia occidentali. In base tuttavia alla definizione di filosofia fornita dall’autore, l’antico pensiero indiano risulta possedere, nei contenuti e talvolta anche nei metodi, caratteristiche tali da non poter essere considerato pregiudizialmente assente dal quadro filosofico. Non si tratta, comunque, di un manuale di storia della filosofia indiana, ma di una interpretazione umanistica dei principali contenuti costitutivi dell’antico pensiero indiano. [indice – presentazione ]
L’umanesimo della antica filosofia islamica (2009) costituisce il terzo volume di una trilogia sull’umanesimo dell’antico pensiero orientale. Il libro parte dalla constatazione che la filosofia orientale risulta essere pressoché assente dalle principali storie della filosofia occidentali. In base tuttavia alla definizione di filosofia fornita dall’autore, l’antico pensiero islamico risulta possedere, nei contenuti e talvolta anche nei metodi, caratteristiche tali da non poter essere considerato pregiudizialmente assente dal quadro filosofico. Non si tratta, comunque, di un manuale di storia della filosofia islamica, ma di una interpretazione umanistica dei principali contenuti costitutivi dell’antico pensiero islamico. [indice – presentazione ]
A partire dai filosofi antichi (2009),
con introduzione di Carmelo Vigna, è un libro-dialogo composto con uno dei
maggiori filosofi italiani, Enrico Berti. In questo testo viene ripercorsa
l’intera storia della filosofia, apportando interpretazioni originali non
soltanto dei principali filosofi antichi, ma anche di quelli moderni e
contemporanei. Non mancano inoltre considerazioni su temi di attualità, nonché
su temi di interesse generale, quali l’educazione, la scuola e la politica.
Scrive Vigna, nella introduzione, che “questo testo è tra le cose più
interessanti che si possano leggere oggi nel panorama della filosofia
italiana”.
L’umanesimo di Plotino (2010) è un libro in cui l’autore cerca di colmare la distanza storico-culturale fra il periodo classico ed il periodo ellenistico e postellenistico. Il testo si divide in due parti. Nella prima, considerando che ogni pensiero filosofico deve essere inserito all’interno del proprio contesto storico-sociale (anche in quanto è all’interno del medesimo che esso “produce” le proprie categorie), l’autore realizza una analisi del modo di produzione sociale greco e di quello ellenistico, per tracciare alcune differenze importanti fra l’epoca classica e l’epoca ellenistica/postellenistica. Nella seconda parte, che è la più ampia, è invece analizzato, in base alle dieci tematiche ritenute centrali, il pensiero di Plotino. [indice – presentazione ]
La filosofia della storia nella Grecia classica (2010) è il testo ermeneutico forse più originale di Grecchi. Alla cultura greca si attribuisce infatti, solitamente, la nascita di pressoché tutte le discipline filosofiche, ad eccezione della filosofia della storia, tuttora ritenuta di genesi moderna. Analizzando l’opera di storici, letterati e filosofi dell’epoca preclassica e classica, l’autore mostra invece le radici antiche anche di questo campo di studi, contribuendo ad un chiarimento teoretico della disciplina stessa. [indice – presentazione ]
Perché non possiamo non dirci Greci (2010) è un libro in cui l’autore sintetizza, in termini divulgativi, le proprie posizioni generali sui Greci. Il testo prende spunto dalla rilettura, in controluce, del classico di Benedetto Croce intitolato Perché non possiamo non dirci cristiani, per mostrare non solo come le radici greche siano almeno altrettanto importanti di quelle cristiane per la cultura europea, ma soprattutto che una loro ripresa sarebbe fortemente auspicabile. Il testo è completato da una ampia appendice inedita che costituisce una analisi critica del pensiero ellenistico (in rapporto a quello classico) incentrata sulle opere di Epicuro e di Luciano di Samosata. [indice – presentazione ]
Sulla verità e sul bene (2011), con introduzione di Enrico Berti e postfazione di Costanzo Preve, è un libro-dialogo con uno dei maggiori filosofi italiani, Carmelo Vigna. In questo testo viene ripercorsa l’intera storia della filosofia, insieme agli importanti temi teoretici ed etici che danno il titolo al volume. Scrive Berti, nella introduzione, che si tratta di “una serie di discussioni oltremodo interessanti tra due filosofi che sono divisi da due diverse, anzi opposte, concezioni della metafisica, ma sono accomunati dalla considerazione per la filosofia classica e soprattutto da un grande amore per la filosofia in sé stessa”. [indice – presentazione ]
Gli stranieri nella Grecia classica (2011) è un libro in cui l’autore, prendendo distanza dalle interpretazioni tradizionali, mostra come, sin dall’epoca omerica, gli antichi Greci furono aperti all’ospitalità verso gli stranieri. Preceduto da una analisi anti-ideologica delle categorie di “razza”, “etnia”, “multiculturalismo” ed altre, Grecchi rimarca come sia stato centrale, nel pensiero greco classico, il concetto di “natura umana”. Esso possiede basi teoretiche salde ed una costante presenza nella riflessione greca, che l’autore appunto caratterizza come “umanistica”. [indice – presentazione]
Diritto e proprietà nella Grecia classica (2011) è un libro in cui l’autore prende in carico i temi poco indagati del diritto e della proprietà nella antica Grecia. Si tratta di temi molto importanti per comprendere il contesto storico-sociale in cui nacque la cultura greca, e che pertanto non possono essere ignorati da chi studia la filosofia di questo periodo. Il testo sviluppa inoltre un confronto con il diritto romano – che si rivela assai meno comunitario di quello greco – e con il nostro tempo, per mostrare come la cultura greca possieda, anche sul piano giuridico, contenuti che sarebbero tuttora importanti da applicare. [indice – presentazione ]
Confucio. Sulla buona vita, sul buon governo e su me stesso (2011) è una ricostruzione di fantasia, pubblicata nella collana Autentici falsi d’autore dell’editore
Guida, di alcuni discorsi tenuti dall’antico pensatore cinese. Si tratta, come
è nello stile della collana, di una ricostruzione al contempo verosimile e
spiritosa, in cui Grecchi coglie l’occasione per offrire la propria
interpretazione, insieme umanistica ed anticrematistica, del pensiero di
Confucio, già delineata ne L’umanesimo
della antica filosofia cinese.
L’umanesimo di Omero (2012) è un libro in cui l’autore effettua una analisi teoretica ed etica del pensiero omerico, inserendo l’antico poeta nel novero del pensiero filosofico, rompendo il tradizionale isolamento nel campo letterario che da secoli caratterizza la sua opera. Grecchi insiste in particolare sul carattere di educazione filosofica dei poemi omerici, mostrando come essi abbozzino temi ontologici e soprattutto assiologici poi elaborati dalla intera riflessione classica. Il testo si caratterizza anche per il continuo aggancio dei miti omerici alla contemporaneità. [indice – presentazione]
L’umanesimo politico dei “Presocratici” (2012) è un libro in cui l’autore, centralizzando il carattere politico-sociale del loro pensiero, prende distanza dalle interpretazioni tradizionali che caratterizzano questi pensatori esclusivamente come “naturalisti”, che li separano in maniera eccessiva sia dalla poesia epica precedente, sia dalla filosofia classica successiva. Risultano centrali, in questa trattazione, le figure anticipatrici di Solone e Clistene, oltre a quelle più consuete di Eraclito, Parmenide e Pitagora. [indice – presentazione]
Il presente della filosofia nel mondo (2012), con postfazione di Giacomo Pezzano, è un libro in cui vengono analizzati testi di alcuni fra i maggiori filosofi contemporanei non italiani (fra gli altri Bauman, Habermas, Hobsbawm, Latouche, Nussbaum, Onfray, Zizek). Nella introduzione si rileva, come caratteristica principale della filosofia del nostro tempo, la presenza in solidarietà antitetico-polare di una corrente scientifico-razionalistica e di una corrente aurorale-simbolica. Esse occupano il centro della scena escludendo dal “campo di gioco” la filosofia onto-assiologica di matrice classica, elaborata oramai, in maniera teoreticamente originale, solo da un numero limitato di studiosi. [indice – presentazione]
Il pensiero filosofico di Enrico Berti (2013), con presentazione di Carmelo Vigna e postfazione di Enrico Berti, è un testo monografico introduttivo sul pensiero di questo importante filosofo contemporaneo, uno dei maggiori studiosi mondiali del pensiero di Aristotele. Rapportandosi a tematiche quali l’interpretazione degli antichi, la storia della filosofia, l’educazione, l’etica, la politica, la metafisica, la religione, Grecchi descrive il pensiero dell’autore quasi sempre concordando con lui, tranne che nella opposizione – su cui si sofferma anche Berti nella postfazione – fra metafisica classica e metafisica umanistica. [indice – presentazione]
Il necessario fondamento umanistico del “comunismo” (2013) è un libro scritto a quattro mani con Carmine Fiorillo, in cui gli autori mostrano come la diffusa critica (marxista e non) al modo di produzione capitalistico, priva di una fondata progettualità, risulti largamente insufficiente. Assumendo come base di riferimento il pensiero greco classico (ma anche le componenti umanistiche di altri orizzonti culturali), gli autori mostrano che solo mediante una solida fondazione filosofica è possibile favorire la progettualità di un ideale modo di produzione sociale in cui vivere, che gli autori ancora definiscono – per mancanza di validi termini alternativi, ma differenziandosi fortemente dalla tradizione marxista – “comunismo”. [indice – presentazione]
Perché, nelle aule universitarie di filosofia, non si fa (quasi) più filosofia (2013) è un pamphlet in cui si mostra che le attuali modalità accademiche di insegnamento della filosofia, incentrate sullo specialismo, non ripropongono più il modello greco classico della filosofia come ricerca fondata ed argomentata della verità onto-assiologica dell’intero. L’autore mostra come la causa principale di questa situazione sia attribuibile ai processi socio-culturali del modo di produzione capitalistico. [indice – presentazione]
La musa metafisica. Lettere su filosofia e università (2013), con Giovanni Stelli, costituisce uno scambio epistolare nato dal commento di Stelli al pamphlet Perché, nelle aule universitarie di filosofia, non si fa (quasi) più filosofia. A partire da questo tema lo scambio ha assunto una rilevanza ed una ampiezza tale, estendendosi a contenuti storici, culturali e politici, da renderne di qualche utilità la pubblicazione. [indice – presentazione]
Discorsi di filosofia antica (2014) è un libro che raccoglie i testi del corso di lezioni sull’uomo nella cultura greca, da Omero all’ellenismo, tenuto dall’autore alla Università degli studi di Milano Bicocca nel 2013. Esso accoglie inoltre i testi di alcune conferenze sul pensiero antico svolte dall’autore nel 2013 e 2014, ed in particolare, in appendice, un saggio inedito sulla alienazione nella antica Grecia. [indice – presentazione]
Omero tra padre e figlia (2014) è un libro-dialogo con Benedetta Grecchi, figlia di 6 anni dell’autore, sulle vicende di Odisseo narrate appunto nella Odissea di Omero. Il testo costituisce – come recita il sottotitolo – una “piccola introduzione alla filosofia”, passando attraverso i contenuti educativi dell’opera omerica già delineati dall’autore nel libro L’umanesimo di Omero. Questo dialogo tra padre e figlia mostra come la filosofia possa passare anche ai bambini evitando, da un lato, di essere ridotta a “gioco logico”, e dal lato opposto di essere presentata come “chiacchiera inconcludente”. [indice – presentazione]
Discorsi sul bene (2015) è un libro che raccoglie i testi del corso di lezioni sul bene tenuto dall’autore alla Università degli studi di Milano Bicocca nel 2014. In appendice sono aggiunte una intervista filosofica e due relazioni su temi etico-politici. Il testo si rivela importante in quanto, all’interno di un approccio aristotelico – in cui in sostanza il bene è il fine verso cui ogni ente, per natura, tende –, Grecchi indica nel rispetto e nella cura dell’uomo (e del cosmo: gli elementi portanti del suo Umanesimo) i contenuti fondamentali del bene. [indice – presentazione]
Discorsi sulla morte (2016) è un libro che raccoglie i testi del corso di lezioni tenuto dall’autore alla Università degli studi di Milano Bicocca nel 2015. L’autore, delineando le principali concezioni della morte presenti nella storia della filosofia, con particolare riferimento agli antichi Greci ed a Giacomo Leopardi, mostra come la rimozione di questo tema costituisca una delle principali concause di alcune psicopatologie del nostro tempo. [indice – presentazione]
L’umanesimo della cultura medievale (2016) è un libro che raccoglie i contenuti umanistici del pensiero medievale. Rispetto alle interpretazioni tradizionali, ancora caratterizzate da una descrizione del Medioevo come età oscura, questo testo mostra il carattere umanistico in particolare della Scolastica aristotelica. Rispetto ai consueti autori di riferimento della tradizione cristiana, ossia Agostino e Tommaso, particolare importanza è attribuita in questo volume a due autori del XIII secolo solitamente poco considerati, Sigieri di Brabante e Boezio di Dacia, nonché alle ripetute condanne ecclesiastico-accademiche dell’Aristotelismo che ebbero il loro momento culminante nel 1277.
L’umanesimo della cultura rinascimentale (2016) è un libro che pone in essere una critica costruttiva della tradizionale interpretazione umanistica del pensiero rinascimentale del XIV e XV secolo. Rispetto, infatti, alla vulgata comune, che ritiene centrale in questo periodo la riscoperta filologica ed ermeneutica dei testi di Platone e di altri autori antichi, Grecchi reputa centrale in esso la filocrematistica, e dunque la rottura – operata da modalità sociali sempre più privatistiche e mercificate, cui la cultura dell’epoca si adeguò – del legame sociale comunitario proprio dell’epoca medievale. Il Rinascimento costituì dunque la prima apertura culturale verso la modernità capitalistica.
Compendio di metafisica umanistica (2017) è un libro che espone in sintesi la struttura onto-assiologica della verità dell’essere per come in vari luoghi delineata dall’autore col nome di “metafisica umanistica”. Il testo fornisce alcuni capisaldi del futuro Metafisica umanistica. La struttura sistematica della verità dell’essere (cui l’autore sta lavorando dal 2003), distinguendo le nozioni di Cominciamento, Principio e Fondamento, nonché elaborando la tematica dell’essere e della sua sistematicità. Il volume si sofferma anche sulla tematica del trascendente, e sul nesso descrittivo-normativo necessario alla progettualità sociale. [indice – presentazione]
Natura (2018) è un libro che si colloca nella collana Questioni di filosofia antica della casa
editrice Unicopli. Il testo analizza in maniera specialistica oltre dieci
secoli di riflessioni del pensiero antico sulla natura, da Omero a Plotino.
Trattandosi di un tema vastissimo, i riferimenti sono di tipo sia filosofico,
sia scientifico, sia letterario. Il tema riveste particolare importanza in
quanto gli antichi, per primi, compresero che ogni mancanza di rispetto e di
cura nei confronti della natura – attività che solo l’uomo, fra gli enti
naturali, è in grado di porre in essere – costituisce una mancanza di rispetto
e di cura nei confronti della vita tutta
Scritti brevi su politica, scuola e società (2019) costituisce una raccolta di articoli pubblicati dall’autore negli anni 2015 e 2016 su vari quotidiani, settimanali e riviste su tematiche di particolare attualità. Il filo conduttore di questi scritti è costituito da una critica progettuale al nostro tempo alla luce del pensiero greco classico, soprattutto di Aristotele. Per l’importanza delle tematiche trattate, e per l’approccio classico utilizzato, si tratta di riflessioni che forniscono un orientamento in grado di trascendere l’orizzonte del momento storico in cui sono state effettuate. [indice – presentazione]
Uomo (2019) è un libro che si colloca nella collana Questioni di filosofia antica della casa editrice Unicopli. Il testo analizza in maniera specialistica oltre dieci secoli di riflessioni del pensiero antico sull’uomo, da Omero a Plotino. Trattandosi di un tema vastissimo, i riferimenti sono di tipo sia filosofico, sia scientifico, sia letterario. Il tema riveste particolare importanza in quanto gli antichi, per primi, compresero la centralità dell’uomo nella natura, ovvero il suo essere il solo ente in grado di fornire un senso ed un valore alla realtà, nonché di avere rispetto e cura della realtà stessa .
L’umanesimo greco classico di Spinoza (2019) costituisce una analisi della filosofia di Spinoza alla luce del pensiero greco classico. Nonostante il filosofo olandese citi pochissimo Platone ed Aristotele, Grecchi mostra come forti siano i legami coi due più grandi pensatori antichi. Le tematiche esaminate sono alcune fra le principali del pensiero filosofico, quali la verità, il bene, la conoscenza, la sistematicità, la religione, la libertà, la crematistica, la politica. Frequenti sono anche i riferimenti ed i paralleli con il nostro tempo.
Curatele
È veramente noiosa la storia della filosofia antica? (2008, con Diego Fusaro), con scritti di E. Berti, G. Casertano, D. Fusaro, G. Girgenti, L. Grecchi, C. Preve e M. Vegetti .
Sistema e sistematicità in Aristotele (2016), con scritti di C. Baracchi, E. Berti, B. Botter, M. Cosci, S. Fazzo, A. Fermani, G.R. Giardina, L. Grecchi, C. Vigna, M. Zanatta. [indice – presentazione – sintesi].
Immanenza e trascendenza in Aristotele (2017), con scritti di G. Abbate, C. Baracchi, E. Berti, B. Botter, M. Cosci, A. D’Atri, A. Falcon, A. Fermani, L. Grecchi, A. Jori, D. Quarantotto, M. Ugaglia, C. Vigna, M. Zanatta. [indice – presentazione – sintesi ]
Teoria e prassi in Aristotele (2018), con scritti di C. Baracchi, E. Berti, A. Fermani, S. Gastaldi, L. Grecchi, S. Gullino, A. Jori, G. Lucchetta, L. Palpacelli, L. Ruggiu, M. Vegetti, C. Vigna, M. Zanatta. [indice – presentazione – sintesi ]
Questa lettera aperta è datata maggio 1952. Si tratta della risposta ad un giovane pittore che aveva scritto a Picasso, raccontandogli le difficoltà della propria vita sotto il regime franchista. La lettera, pubblicata dal giornale illegale “Mundo Obrero” e ripresa dall’ emittente clandestina “‘Radio España Independiente,” è stata poi riportata, nell’ottobre dello stesso anno, dalla rivista” Nuestro Tiempo,” organo degli intellettuali spagnoli emigrati nel Messico.
Ho ricevuto la vostra lettera: vengo così a sapere delle difficoltà che all’inizio della vostra vita artistica vi intralciano la strada e, al tempo stesso, del proposito di continuare nel vostro lavoro, sperando in un avvenire migliore. Tale condizione e il suo modo di pensare riflettono senza dubbio alcuno la situazione della nuova generazione intellettuale del nostro paese, di spirito ribelle e fedele all’ideale di quegli uomini che, con le armi alla mano, lottarono per la Repubblica dal 1936 al 1939.
Per voi, giovane pittore, come per gli scrittori e per i musicisti della Spagna franchista, le difficoltà materiali e la mancanza di libertà per esprimere tutto ciò che la viva realtà del nostro popolo suggerisce, sono altrettanti ostacoli al vostro lavoro di creazione artistica.
Gli ostacoli però, per grandi che siano, non possono arrestare la nostra opera. La Spagna ha bisogno della nostra voce: c’è da denunciare la miseria e la corruzione del regime, c’è da penetrare nel cuore del popolo per esprimerne i sentimenti, incitarlo alla lotta e cantare il suo eroismo.
I problemi che si pongono davanti al giovane intellettuale li conosce anche il giovane operaio che muore di fame senza poter trovare lavoro, li conosce anche il giovane contadino che fatica dall’alba al tramonto per un misero pezzo di pane.
L’ostacolo che paralizza tante energie ha un nome concreto: Franco. Per porre termine alla miseria, bisogna porre fine al governo attuale. Il popolo di Barcellona ha mostrato la strada.
Questo regime non può salvarsi neppure con gli aiuti nordamericani. Il nostro popolo sarà vittorioso. Siamo milioni di uomini e di donne che nel mondo difendiamo la causa della pace. La colomba, già oggi, è più forte del corvo della guerra.
Il vostro posto, giovane pittore, è dalla parte del popolo che difende la libertà e, al tempo stesso, il patrimonio artistico e culturale della Spagna. Nessuna causa, per la nuova generazione intellettuale, può essere più nobile di quella di contribuire a salvare la Spagna dal fascismo e dalla guerra.
Pablo Picasso, Scritti di Picasso, a cura di Mario De Micheli, Fltrinelli, Milano 1964, pp. 50-51.
«[…] Socrate, nel grande dialogo platonico sullo Stato, si pone il compito di “definire con esattezza ciò che effettivamente intendiamo per filosofo”. Sempre in effetti, si ha a che fare con un forte bisogno di totalità; infatti chi avesse fame davvero, costui non sarebbe per nulla schizzinoso, distinguendo tra ciò che desidera e quanto non gli è gradito. “Allo stesso modo chiameremo filosofo colui il quale anela alla saggezza intera, non già a questa parte sì e all’altra no”. “Sempre la sua anima è pronta al balzo per protendersi verso la totalità e l’interezza, verso il divino allo stesso modo dell’umano”.
[…] Ogni scienza si costituisce in quanto scienza particolare per il fatto che essa formula “un aspetto”, una certa domanda, la quale si interessa in modo precipuo ed esclusivo di questo e non dell’altro. Nessuna scienza pone la questione del proprio nesso con il mondo nella sua totalità. È però precisamente di questo ultimo fattore, della totalità così intesa, che si occupa la filosofia. […] Una sola preoccupazione inquieta il filosofo, ovvero che nulla del totum della realtà venga omesso, non preso in considerazione, oscurato, censurato, dimenticato. Tale preoccupazione è un tratto talmente distintivo, così differentia specifica da poter affermare che il filosofo serio ed autentico ne è connotato in maniera peculiare. Non sarebbe filosofico, cioè volere escludere in modo formale un qualsiasi dato che si possa ottenere sulla realtà. Su questo punto è necessario, tuttavia, essere più concreti. Chi volesse interrogarsi in modo speculativo sull’essenza dell’uomo, distruggerebbe il carattere filosofico del suo domandare se affermasse che i dati della medicina, della psicologia, della genetica non lo interessano poiché egli si interroga circa “l’essenza metafisica” dell’uomo. Smetterebbe altresì di fare filosofia chi dicesse che non gli importa se la tradizione religiosa insiste sul fatto che l’uomo, a causa di un certo avvenimento accaduto all’inizio dei tempi, non è come potrebbe e come dovrebbe essere. Il carattere filosofico dell’abbrivio della domanda verrebbe distrutto anche nel caso in cui si affermasse che solo quanto si può conoscere in modo “chiaro e distinto” interessa, solo ciò che può essere criticamente accertato, solamente ciò che l’evidenza costringe a fare e che è dimostrabile con esattezza. Una siffatta limitazione ad alcuni dati particolari contraddice del tutto il senso dell’interrogare filosofico.
La speculazione filosofica richiede l’assoluta imparzialità dello sguardo che non sopporta alcuna preclusione. La filosofia rinuncia a se stessa nello stesso momento in cui si considera una disciplina accademica. Il filosofo non si caratterizza per il fatto di interessarsi alla “filosofia” in quanto disciplina; a lui importa la totalità della realtà e la totalità della saggezza. […]
La scienza termina al confine del sapere, mentre la filosofia prende inizio da questa frontiera. […] La definizione di filosofia non può mai iniziare con una formula del genere: “La filosofia è la dottrina del …”. Per la stessa ragione non può esistere un sistema filosofico chiuso in se stesso […]. Cosa significa, però, l’autentico interrogare e il ricercare filosofico? […] Domandare ciò non costituisce quel trastullo intellettuale, ben noto al sofista. Si tratta invece della modalità, l’unica possibile, in cui lo spirito che conosce riesce a non perdere di vista il proprio insondabile oggetto, l’unica maniera per riuscire a restare vicino al segreto del mondo e, per così dire, a “stargli alle calcagna”. […]
Cominciamo così ad intravedere cosa […] si pretende dal filosofo e da cosa si riconosce “l’uomo filosofico”. Si tratta soprattutto di non distrarre l’energia dell’anima, di resistere in quell’interrogare che mira al reale nella sua profondità e nella sua totalità come un atto vivo dello spirito. Si tratta di quell’apertura che sempre si rigenera per ciò che desta stupore, il quale consiste nel fatto che, di per sé, qualcosa è. E tutto questo è legato alla pretesa decisiva di realizzare una grandissima precisione. […] Ciò significa, in effetti, che non si può fare propriamente alcunché prescindendo dalla disciplina e dalla precisione di un pensiero formalmente puro. Può accadere, tuttavia, che quel qualcosa non venga realizzato nonostante la tecnica di pensiero più precisa, perché all’anima manca la capacità di lasciarsi colpire e perché lo sguardo che interroga non possiede la semplicità, in forza della quale soltanto l’oggetto dell’ attività filosofica si palesa e resta visibile.
[…] Dopo quanto detto, sembra più imporrante interrogarsi circa il significato positivo da attribuire alla filosofia nel contesto della vita sociale umana, ossia a “coloro che esercitano la filosofia”. Con questo termine […] naturalmente non ci si riferisce ad un preciso gruppo di persone […]. Noi non ci interroghiamo, dunque, circa la prestazione di una certa istituzione o di un gruppo, ma sul valore che la speculazione filosofica, ovunque essa venga praticata, riveste per la società degli uomini.
[…] La «dignità» della filosofia e il rango che le compete all’interno della società, però, si fondano sul fatto che essa sola riesce ad evocare una necessaria inquietudine, ovvero, l’inquietudine rispetto alla seguente domanda.
Una volta che siamo riusciti nell’intento di compiere, con un sorprendente dispendio di lavoro e di intelligenza, quanto è necessario, ossia la soddisfazione del bisogno esistenziale, la disponibilità dei mezzi di sussistenza (in ogni senso), la sicurezza della possibilità-di-vita, ci chiediamo allora: in cosa consiste, insomma, questa vita resa in tal modo possibile, la vita autenticamente umana?
Porre questa domanda inquietante, in mezzo a tutte le perfezioni dell’uomo che dimora nel mondo, e tenerla desta attraverso lo sforzo del pensiero rigoroso ed incorruttibile, è questo l’effettivo compito della filosofia e il suo vero apporto al bene comune, per quanto non riesca da sé a fornire la risposta esaustiva.
Josef Pieper, Filosofia Contemplazione Saggezza, LAS, Roma 2016, pp. 23 ss.
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