«Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada». Eraclito
Aristotele è l’erede per eccellenza. Nessuno ha valorizzato di più i predecessori, riconoscendo il debito nei loro confronti. La sua è una grande lezione sul pieno e sul vuoto della trasmissione, sulla consapevolezza di appartenere a un tempo e a un luogo in cui riecheggiano altri tempi e altri luoghi.
Cosa può significare, oggi, ereditare Aristotele? È possibile accogliere l’antico senza finire vittime della commemorazione, intrappolati nei tediosi codici del canone? O non è forse tempo di disfarci di figure ingombranti del passato, proprio per emanciparci e far spazio al futuro? Eppure il passato non ha esaurito il suo corso vitale, non è stato compreso a fondo. Potrebbe così accadere che le figure dell’antico ci appaiano meno evidenti del previsto, che a ben vedere non si prestino a sommarie riduzioni. Ereditare, di Aristotele, insieme a dottrine e assiomi anche i dubbi, le aperture, il mutismo, comporta prendere atto che la persistenza dei problemi non indica fallimento o paralisi. È un segnale della gravità delle domande fondamentali e della serietà richiesta nell’affrontarle. Comporta disimparare l’Aristotele ricevuto, sottrarlo dall’edificio della trasmissione tradizionale, riconoscere impasse e difficoltà, affinare l’ascolto. E, così facendo, tentare di cogliere nella parola antica l’alterità, la lontananza, ciò che deve essere ancora udito e che, forse, resta a venire. Nella coscienza che la cristallina elaborazione del pensiero razionale si fonda nella vita, non viceversa; e che la vita, a un tempo vulnerabile e immensa, resta indefinitamente eccedente rispetto al logos che pure la attraversa e le appartiene.
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«Nella domanda che nasce, si alimenta e dimora la filosofia. Invece, soprattutto in ambito accademico, perplessità e domande sembrano essere diventate qualcosa da temere a fronte della minacciata ostracizzazione da parte della comunità scientifica, che pretende una produzione “in serie” della conoscenza, oltre alla coerenza, alla verificabilità, e alla ripetibilità di procedure calcolabili: operazioni senza resto. […] Io parlo di quel resto, e cioè di quanto del riferimento antico eccede l’utilità scientifica, anche solo su un piano intuitivo, abitando invece una dimensione più simbolica e sacra, più umana o, anche, spirituale. […] Una ricerca che non sia profondamente connessa con la spiritualità del ricercatore è una ricerca sterile […]. La filosofia del tragico riguarda una spinta tutta simbolica e mitologica di aderenza alla vita. […] Questo lavoro intende dimostrare come per praticare la filosofia sia assolutamente inevitabile e necessario sporcarsi le mani immergendole nella materia mitologica, rivelando uno sguardo diverso anche su materie settoriali e molto ben standardizzate, che non siamo soliti trattare con un orientamento filosofico. […] La filosofia del tragico ci costringerà inevitabilmente a mettere in discussione tutto ciò che viene avulso dal mondo, nel parlare del mondo, e cioè, avulso dal divenire».
«Pochi sanno che Dioniso, il nume tutelare del teatro antico, è padre tanto della tragedia quanto della commedia, e che nel teatro della vita, proprio come durante uno spettacolo, abbiamo il compito di guardare, capire e fare spazio a ciò che succede, nostro malgrado. […] Coprendo e ricoprendo l’autentica densità del mito in se stesso, ammutolendolo e assottigliandone la profondità, non facciamo che seguire una modalità consumistica, anche di ricercare e di studiare».
Ancora sentiamo levarsi dall’Antica Grecia il terribile pianto di un capro sacrificale. Alle urla strazianti di dolore si uniscono i canti commossi e le danze sfrenate in onore di Dioniso: la tragedia nasce come un sacro rituale di compartecipazione al ciclo di vita, morte e rinascita. Nell’epoca del consumismo e del “tutto subito”, abbiamo urgente bisogno di una filosofia del tragico, aperta alla complessità simbolica della vita. In questa direzione, l’Euripide di Baccanti ci consegna un Dioniso δαίμων (daimon), mediano, misterioso e contraddittorio; incarnazione dell’eccesso panico così come maestro di una puntuale presenza all’istante – l’autentico compito di ogni filosofia. Dioniso lo Straniero, ma secondo soltanto ad Atena nei festeggiamenti; Dioniso l’Androgino, l’irrazionale, l’addolorato: molteplici nomi tentano di definirlo, nessuno riesce mai a comprenderlo. Perché la filosofia dovrebbe dunque, e provocatoriamente, occuparsi del tragico? Cosa significa rispondere a una vocazione al dionisiaco? E perché questo ci riguarda?
Introduzione Filosofie del tragico, mitologie e scienze umane
Prima parte
Capitolo I
La filosofia del tragico: scenografie rapsodiche, panorami insoliti
Al cuore della filosofia del tragico: etica comefilosofia prima e vita filosofica
Il tragico dell’origine: spinte genealogiche e miti originari a partire da Esiodo
Appunti su μῦθος (mythos) e ἀλήθεια (alḕtheia) nellaRepubblica di Platone
Sulla μίμησις (mìmēsis), sulla vita: Aristotele e l’arte omeopatica delle passion
Cantando il capro, cantare la vita:Nietzsche e la tragedia come paesaggio d’anima
Per un tragico entelechiale: il contributo di Ernst Bernhard
Tracce e risonanze junghiane e kerenyane per una filosofia del tragico
Nicole Loraux e la voce addolorata della tragedia antica
Capitolo II
Introduzione a Dioniso, il nume tutelare del teatro antico
Dioniso il tragico, Dioniso il comico: una scelta di campo
Feste rituali e festeggiamenti in onore di Dioniso
Morte e rinascita come πολυμορφία (polymorphìa)
11.1 Il Polinomio: innumerevoli nomi, innumerevoli identità
11.2 L’animale, l’agreste e il vegetale: simboli sacri e rappresentazioni mondane
11.3 Δίγονος (Dìgonos) e Πενθεύς (Penthéus):il “nato-due-volte” e il “dio dalle insopportabili sofferenze”
11.4 Sussurri e segreti sui misteri dionisiaci: gli ἀπòῤῥητα (apòrrhēta)
Seconda Parte
Capitolo III
Ermeneutica simbolica e filosofia del tragico Dioniso nelle Baccanti di Euripide
L’esercizio e il suo contesto
Leggere il tragico
13.1 “Eccomi a Tebe”. Una divinità daimonica
13.2 “Dioniso, chiunque egli sia”. Un’identità inafferrabile
13.3 “Io lo vedevo e lui vedeva me” La disperante ambiguità dei dialoghi
13.4 “Un dio non dovrebbe assomigliare agli uomini nell’ira”. Dioniso, troppo umano
Conclusione. L’uscita danzante
Nel passaggio da εὐδαιμονία (eudaimonìa) a ἐνδαιμονία (endaimonìa)
Postfazione. La tragedia che siamo, la tragedia che dovremmo essere consapevoli di essere di Romano Màdera
Bibliografia
«[…] Alessandra Filannino Indelicato nella figura di Dioniso interroga la vita tragica, che è la vita in quanto tale, così come noi la conosciamo. Tragica perché sempre sul punto di andare in pezzi, tenuta insieme soltanto da uno sguardo che ne colga nessi e strutture là dove, nel fitto degli avvicendamenti e dei coinvolgimenti, ci adoperiamo ciecamente. Tenuta insieme da uno sguardo che ne colga l’unità narrativa, la sensatezza, la necessità. […] Ed è qui che la vita tragica, A. Filannino Indelicato ci mostra, si fa una con la vita filosofica, con l’impegno a una vita consapevole. E con la cura, l’accudimento. La vita tragica contemplata, attraversata con consapevolezza, è vita accompagnata, non lasciata allo stato brado ma coltivata, lavorata, esercitata: non lasciata sola ma seguìta, ricordata, riaccordata, raccontata, curata. […] La proposta di Alessandra Filannino Indelicato colpisce per audacia, urgenza e verità. Perché chiama a più livelli a un rinnovamento e a una serietà».
«Questo libro è un contributo serio e generoso alla rinascita e al rinnovamento della filosofia come modo di vivere e, quindi, come insieme di pratiche filosofiche. Un contributo che rinnova ritornando, secondo una lezione classica che riconosce la rivoluzione proprio mentre ne rintraccia la più oscura genealogia. Qui, a differenza del reperto archeologico, portare alla luce, esporre all’aria, non dissolve, ma fortifica e acuisce la capacità di vedere».
Un ringraziamento speciale va a tutti gli amici che mi hanno incoraggiato a portare a termine questo lungo lavoro, durato quasi sei anni. In particolare, a chi mi ha aiutato nella revisione del testo: Marina Barioglio, Elena Bartolini, Andrea I. Daddi, Donata Feroldi, Luca Grecchi. Grazie a Claudia Baracchi e Romano Màdera, maestri dalla grande anima e insostituibili, ai quali sarò grata per tutta la vita. Agli amici immensi: Amos Badalin, Carmen Cocco, Gloria Diffidenti, Fabio Galimberti, Tommaso Giovenzana, Giusi Negroni. E a tutti gli amici di Philo. Grazie della philia. Un anemone e una viola a D., e un grazie per accompagnarmi alla scoperta di Dioniso, grazie per essere rimasta. Anche a te, Chandra, donna sangue-carezza, alla tasca di cangura, perché le tue poesie salvano me e molte altre, anche se, forse, tu continui a non saperlo davvero. Ermione, quanto ti devo? Mi hai adottato, piccola e selvaggia felina, maestra d’altrove, famiglia. Fabrizio, grande anima, la tua umiltà e il tuo cuore mi hanno insegnato a temere meno l’esposizione, e a legittimarmi l’arrivederci: e ora guarda, guarda tutto questo e il nuovo e l’America e tu, la tua America e le nostre gatte. Alle Filannino, donne che corrono coi lupi, in special modo alle mie sorelle Michela e Manuela, a mia cugina Marilena e, ovviamente, alla grande Lena, mia madre, che avrebbe voluto studiare psicologia e greco antico. Ai miei nipoti, tutti quanti, con la preghiera che si involino all’ascolto appassionato del loro daimōn. In ultimo, un grazie a chi, pur non conoscendomi, deciderà di spendere un po’ del suo tempo per leggermi.
Alessandra, hai intitolato la tua Tesi di Dottorato “Ricucirsi con Dioniso. La lectio tragica come esperienza genealogica di cura e di umanità”. Perché occuparsi oggi del dionisiaco nella nostra società?
Grazie Diego. La risposta per me è molto semplice: per nutrire la nostra tensione alla felicità. Vedi, siamo abituati a vedere Dioniso come il dio degli eccessi, della promiscuità sessuale, della trasgressione e dell’ebbrezza, ma questa è una visione molto riduttiva, dettata da una lettura parziale o superficiale delle fonti. Nella mia Tesi di Dottorato mi avvicinavo già a questo tema: cosa succederebbe, nelle accademie, se tornassimo a leggere i testi come se la lettura fosse davvero una pratica filosofica, disciplinata e trasformativa, in poche parole, un esercizio spirituale? E, nota importante, spirituale non significa religioso. Ogni umano, che lo voglia o meno, è un ricercatore, cioè va in cerca di se stesso. Nel suo ri-cercare sta già nutrendo, formando e inseguendo – a volte senza saperlo davvero – la propria intima possibilità di realizzazione personale, il proprio sentiero individuativo. Noi viviamo in un mondo scisso, diviso, frammentato politicamente e psichicamente. Individuarsi significa non-dividersi, essere integrati, tenere insieme i pezzi, in quel costante lavoro da funamboli, da palombari, da sarti che è il ricercare la propria umanità. Hadot afferma che il grande Goethe, in tarda età, si chiedesse: sono capace di leggere, di leggere per davvero? Non è, in fondo, la vita stessa una grande opera di lettura, ri-lettura, scrittura e ri-scrittura di narrazioni originarie, ramificate, genealogiche – mie, tue, dei nostri cari, del pezzo di mondo che abbiamo vissuto? Diego, iniziamo da un testo o da un autore. Quale sceglieresti? Il mio testo sacro sono state le Baccanti di Euripide. Un testo che ho interrogato e da cui mi sono lasciata interrogare per molto tempo, legittimandomi le metamorfosi a cui mi sentivo chiamata. Non è stato facile, sai? Ci è voluto coraggio. Da qui credo che sia abbastanza intuitivo e immediato il collegamento con il contemporaneo. Comprendere questi simboli, oggi, per la loro incredibile attualità, senza appiattirli od oggettificarli è fondamentale. Stiamo vivendo una delle più grandi crisi spirituali mai viste, l’etica non è purtroppo un modo di vivere che alimenta il nostro psichismo individuale e collettivo. Eudaimonia, felicità in greco, è proprio questo, l’etica in atto: sentire il daimon orientato e armoniosamente accordato al bene. Una tensione costante, che segue un sentiero ben preciso però, e questo sentiero è filosofico. E questo sentiero è dionisiaco, perché ci insegna a lasciar andare e a essere chi si è davvero.
Cosa si intende per filosofia del tragico e quale importanza ha la figura di Dioniso (lo straniero, l’androgino, l’irrazionale, l’addolorato)?
Dioniso è una divinità antichissima, addirittura cretese. In quanto archetipo di zoe, la vita indistruttibile non riducibile al bios (il segmento vita-morte), Dioniso è e deve essere travolgente e inarrestabile, infatti indica sempre una rinascita come simbolo della vibrante circolarità vita-morte-nuova vita. Dioniso è, più di tutti, un daimon, un essere intermedio tra il dio e l’umano. Il suo compito è quello di orientare, offrire una mappa del senso, una direzione nella vita. Ma bisogna imparare ad ascoltare e per ascoltare bisogna saper stare nel silenzio – cosa che oggi pare impossibile non solo perché del silenzio abbiamo paura, ma anche perché siamo costantemente calati nell’attività produttiva e performativa. Al contrario Dioniso ci chiama all’ascolto di noi stessi: chi siamo? Cosa desideriamo? Come ci portiamo nel mondo, ovvero come ci com-portiamo? Dioniso ci chiede di rinunciare agli ingombri dell’io, alle derive individualistiche, alle prospettive antropocentriche, alle logiche del potere e del guadagno o dell’accumulo fine a se stesso, al fine di celebrare la vita nella sua forza inarrestabile. Ci chiede, pertanto, di risvegliarci alla vita, di vivere e non meramente sopravvivere. Ancora, Dioniso ci chiede di allenare i sensi, la corporeità, di andare oltre noi stessi ma proprio a partire dal nostro sentire. La trascendenza si compie nell’immanenza. In questo senso la trance estatica si compie qui e ora e coinvolge necessariamente corpi e anime in un comune senso di appartenenza. Dioniso è, infatti, maestro delle cose umili e semplici, insegna a godere dell’istante ma non costringe nessuno a seguire i suoi culti. In quanto dio meticcio, dio del tutto e del suo contrario, dio del paradosso, Dioniso insegna il superamento del pensiero dualistico, frammentato, dicotomico. Insegna a seguire, ad affidarsi ad altri registri del sapere non meno degni di quello razionale, quale la sapienza artigiana del corpo, l’intuito, il presentimento. La filosofia del tragico è, di conseguenza, una filosofia che si inscrive nel culto di questa complessità ecologica, simbolica e non-dualistica. Intendo qui la filosofia, richiamandomi a Luce Irigaray, come quel portare alla luce “la saggezza nelle cose dell’amore” oltre che come “l’amore per la saggezza”. Inoltre l’accezione che do al termine tragico è etimologica: in greco, infatti, il termine tragedia rimanda a un rituale sacro, fatto di canti e balli sfrenati che accompagnano il pianto di un capro sacrificale. Il tragico, dunque, è prima di tutto un’opera di contemplazione e di partecipazione al dolore – il dolore di un altro essere che riflette, ricorda, evoca e rappresenta sempre anche il mio. Ecco il teatro tragico. La filosofia del tragico è quella filosofia che celebra la vita senza negarne gli aspetti più oscuri e traumatici, anzi imparando a danzare insieme a questi, poiché è grazie all’andare giù, in profondità, a fondo, entrando in contatto con le parti oscure di noi stessi, che non solo non affondiamo ma riusciamo anche a trasformare il dolore in un atto creativo, vitale e foriero di luminosità.
Penteo squartato dalle Baccanti, Casa dei Vettii, Pompei, I secolo d.C.
Nel dibattito e nella comunità scientifica quale può/deve essere secondo te il ruolo della filosofia?
La filosofia deve sporcarsi le mani, uscire dalla torre d’avorio dell’elucubrazione fine a se stessa, smuovere le coscienze, formare le persone, prendere posizioni scomode e portarle avanti, stimolare il dialogo e occuparsi delle emergenze politiche, etiche, ecologiche dei nostri tempi. Il tutto con una sensibilità sinestetica e simbolica che integri e non dis-integri. Nel gruppo di Filosofia Morale, guidato prima da Romano Màdera e poi da Claudia Baracchi, i miei maestri, o ancora presso l’Associazione Philo-Pratiche Filosofiche è ormai da decenni che diffondiamo un modo di fare filosofia che sia concreto, reale, in dialogo con il contemporaneo. Proponiamo da moltissimi anni i Seminari Aperti di Pratiche Filosofiche, che sono appunto aperti a tutti, dentro e fuori l’Università, e sono assolutamente gratuiti. Io penso che la filosofia e le scienze umane siano fondamentali per un Ateneo come il nostro, che si fonda sulla ricerca scientifica in senso stretto.
Su cosa si stanno concentrando ora i tuoi studi e quali saranno i tuoi prossimi progetti?
Torno di recente da un’esperienza di Visiting in America dove ho insegnato al fianco del Prof. Gordon Cappelletty, in North Carolina. A novembre parteciperò a Bookcity, insieme alla Dott.ssa Sara Bergomi, con un incontro sul Dioniso delle profondità marine e melmose – un incontro a cui siete ovviamente invitati. Sicuramente, non posso negartelo, caro Diego: come ricercatrice precaria mi sento sempre un po’ sul filo del rasoio. Ad oggi spero comunque di continuare a lavorare in Bicocca con Claudia Baracchi, perché sento che questo è il mio posto e perché la Bicocca mi ha conosciuto fin da giovane. Oltre ai maestri, le persone che ho incontrato qui sono state tutte preziosissime per la mia vita e per la mia crescita professionale, soprattutto il mio collega Luca Grecchi, da cui ho appreso tanta umanità e sapienza filosofica. Ho una vita piuttosto ricca, molti progetti in mente e molti fronti di collaborazione aperti, come quello con il CSTG guidato da Riccardo Zerbetto, che mi ha invitato alla conferenza che hai segnalato in apertura, o quello con la Dott.ssa Giusi Negroni, con cui porto avanti il gruppo di Danzare le Tragedie. In prospettiva c’è una collaborazione aperta con l’ANPI e – in ultimo, ma non per importanza – anche con l’Associazione Felicita, presieduta da Alessandro Azzoni, a cui tengo molto perché si occupa dei diritti degli anziani nelle RSA e dei loro familiari, specie a fronte degli scandali di malasanità e dell’ingiustificabile ecatombe legata alla diffusione della pandemia. La filosofia, come Antigone ci insegna, deve essere coraggiosa, politica, e rispondere sempre alle leggi del cuore.
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« […] non paura del virus, bensì del mondo costruito, del mondo civile. È il mondo umano che fa paura. Non più il terrore della natura matrigna, conro la quale da sempre le civiltà offrono riparo, bensì il rovesciamento di una prospettiva millenaria, ovvero un terrore – o, se volete, un’avversione – per quello che gli umani fanno, per quello che il mondo è diventato, per mano loro. Non va ridotto a sintomo il bisogno di questo raccoglimento, il bisogno di riflessione, di un respiro più ampio, di un modo diverso di sentirsi insieme. Non si tratta di una mera strategia di evitamento, di un rifiuto problematico della relazione.
Penso che si tratti anche di una risposta in qualche modo ribelle al regime dell’apparire, un tentativo di riequilibrare il rapporto, decisamente disequilibrato, tra estraflessione e introflessione. Tentativo di compensare il vuoto della posa e dell’immagine attraverso l’invisibile, attraverso il ritiro …
[…] vorrei inoltre ricordare che la libertà è essenzialmente categoria dello spirito […] e concludere leggendo alcune righe scritte da Henry David Thoreau nel suo libro Civil Disobedience, pubblicato nel 1849 […]».
I testi qui raccolti ripercorrono due seminari residenziali in cui confluivano studi di filosofia antica e un’insolita composizione di temi: il rapporto tra greco e non greco, e le peripezie del pensiero tra il Mediterraneo degli Elleni, il Levante, l’Egitto, in onde migratorie che saranno costitutive dell’Europa; il rapporto tra filosofia e vita, soprattutto la vita sofferente, quale è variamente ma senza eccezioni la vita mortale, esposta e vulnerabile a ogni rovescio; il rapporto tra l’esercizio della ragione e ciò che la eccede, si chiami natura, dio, intelletto o in altro modo; al limite, il rapporto tra theoria e praxis. Volgersi al passato in una modalità interrogativa significa soprattutto ricalibrare la nostra domanda su noi stessi, chiederci come siamo diventati quello che siamo, attraverso quali vicende, ma anche e soprattutto attraverso quali dimenticanze, quali sparizioni, quali discontinuità e ricadute nella latenza. Vale a dire: come siamo giunti qui dove ci troviamo, per quali percorsi consapevoli, ma anche inconsci e bui – giacché il passato (tanto individuale quanto collettivo) è saturo di ciò che, di esso, non è stato ancora mai visto e deve ancora accadere.
Indice
Introduzione. Teoresi delle farfalle
Primo incontro: seminario d’autunno Heidegger: la fine e l’inizio Esercitare la vita
Secondo incontro: laboratorio di primavera Aristotele, i poeti, Eros rilucente Aristotele, gli antichi, gli dèi Spazio, tempo, contraddizione
Immagini sulla soglia di Platone L’albero Il fuoco Il rasoio e i cavalli
Il guerriero e la morte Compito del guerriero Il mito del guerriero
L’universalismo moderno sorge nell’astrazione, nella separazione dai fenomeni eterogenei e irregolari, nella lontananza che uniforma. Per l’esperienza antica, invece, l’universale sorge nell’ampliamento d’orizzonte che contempla i singoli fenomeni cogliendone a un tempo le differenze irriducibili e i nessi, la tessitura complessiva
« […] la concezione antica dell’anthropos mostra che non c’è contraddizione, né incompatibilità, tra il mio interesse e quello degli altri […]. Per l’umano così inteso, l’amicizia è il fondamento di ogni registro e variazione relazionale. È il luogo in cui il singolo si realizza e in cui può darsi la solidarietà che rende l’insieme coeso. Ed è qui, in questa esperienza concreta, vissuta, singolare, che si radica lo sviluppo universale. L’universalità non è una invenzione cristiano-moderna; gli antichi conoscono bene la prospettiva “secondo il tutto“, ma pervengono ad essa per una via completamente differente. L’universalismo moderno sorge nell’astrazione, ovvero nella separazione dai fenomeni eterogenei e irregolari, nella lontananza che uniforma. Per l’esperienza antica, invece, l’universale sorge nell’ampliamento d’orizzonte, ovvero in uno sguardo che, divenuto più capiente, contempla i singoli fenomeni cogliendone a un tempo le differenze irriducibili e i nessi, la tessitura complessiva. Così intesa, l’universalità si articola su uno sfondo esperienziale, mantiene il contatto con la concretezza dei vissuti, sempre differenti e cangianti, eppure anche visti nell’insieme. È così che diventa possibile comprendere la relazione, l’essere in comunione e comunanza non come insidia o camicia di forza per il singolo, ma come risorsa. […] L’amicizia pensata more graeco […] suggerisce che stare insieme non è un caso da sopportare malvolentieri, per contratto, con rassegnazione, ma un piacere, e una possibilità di realizzazione. E soprattutto: più che un limite alla mia libertà di individuo, l’altro, gli altri, il “noi” sono ciò che rende possibile il mio essere, sono costitutivi del mio essere quello (quella) che sono, proprio l’individuo singolare che io sono.» (pp. 17).
«Noi abitanti della modernità tarda siamo a malapena in grado di intendere quello che dicono gli antichi: per loro essere buoni significa essere felici, sentirsi dischiudere nella vastità della vita, ricercandone l’inveramento» (p. 57).
Noi moderni della tarda ora siamo connessi, ma non tra di noi, bensì alla macchina, eampiamente risucchiati fuori di noi, prosciugati, come gusci vuoti appesi ai terminali della rete «Noi moderni della tarda ora, venendo dopo Kant, abbiamo creduto di poterci emancipare dal bene-dovere rovesciandolo, appunto, in parodia. […] Resta molto arduo, per noi, intendere del bene altri risvolti, altre configurazioni possibili. E per questo, nella nostra epoca tarda, termini o espressioni come “bene comune”, “cittadinanza”, “comunità”, rischiano di perdere il senso concreto e la prossimità viva. Non riconoscendo il bene come realizzazione di sé in seno a un noi, crediamo di trovare libertà e felicità in comportamenti puramente arbitrari e sconnessi. Oppure siamo connessi, ma non tra di noi, bensì alla macchina, e tramite “la macchina” comunichiamo globalmente, ormai ampiamente risucchiati fuori di noi, prosciugati, come gusci vuoti appesi ai terminali della rete. Ma, così intesa, la connettività è contraffazione della comunità degli amici, così come la “realtà aumentata” è contraffazione della pienezza della vita» (p. 58).
Il filosofo rivela l’umano proprio nello slancio dell’umano oltre se stesso, in quell’apertura al possibile e nel possibile. «Preso da una indominabile visione di felicità, il filosofo intravede una possibilità, indovina un riverbero di ciò che l’umano può e può essere. Tale esperienza di rapimento (un’esperienza travolgente, potenzialmente devastante nei confronti delle costruzioni umane) agisce come un promemoria inesorabile dell’irriducibilità dell’umano alle sue stesse istituzioni. Rammenta all’essere umano ciò che, in lui, supera la dimensione umana, indicandogli quello che può diventare. Il filosofo rivela l’umano proprio nello slancio dell’umano oltre se stesso, in quell’apertura al possibile e nel possibile. Nell’esperienza filosofica è al contempo ricordato e annunciato l’essere umano a venire.
Il filosofo è una figura inaugurale che ritiene le tracce del lascito ma insieme lascia presagire un’umanità nuova Così, dunque, nell’inflessione filosofica l’eroe diventa qualcosa di radicalmente altro: una figura inaugurale, che ritiene le tracce del lascito ma insieme lascia presagire un’umanità nuova; un guerriero disarmato, privo di nome e reputazione, per il quale la lotta e il combattimento si svolgono lontani dal campo di battaglia, dalle competizioni, dagli onori e dalle benemerenze. […] La visione socratica di un altro mondo, in cui “uomini e donne” possano confrontarsi e crescere insieme evoca la comunità degli amici come comunità di dialogo e ricerca. È notevole che Socrate vi includa esplicitamente le donne. In Platone e nella tradizione pitagorica questo gesto è frequente e, allo stesso tempo, in netta controtendenza rispetto agli usi della polis. E, dovremmo dire, non soltanto in contrasto con la Atene del V e IV secolo, se è vero che nel discorso filosofico stesso finirà presto col prevalere la celebrazione dell’amicizia come relazione esclusiva tra uomini» ( p.107).
L’esplorazione del possibile trasgredisce e rivolta i confini del noto
«La visione aperta dell’essere umano e della sua potenzialità (dynamis), di ciò che può fare, essere e divenire, rende possibile non solo intravedere una comunità fin qui inimmaginabile, ma anche considerarla in quanto tale non impossibile. L’esplorazione del possibile trasgredisce e rivolta i confini del noto» (p. 145).
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Risvolto di copertina
«L’amicizia sorge in seno all’estraneità, rivolgendosi all’esterno: cerca il rapporto non tanto con chi sta vicino, ma con chi viene da lontano. Ancora prima di designare l’approfondimento dell’intimità e della consuetudine, l’amicizia è il nome di un’apertura all’inconsueto». Affrontare il tema dell’amicizia nell’epoca di Facebook e dei social network richiede coraggio e perfino una certa impertinenza. La relazione amicale comporta fiducia, fedeltà, disponibilità alla condivisione profonda. Ebbene, assicurano i sociologi, mai questo atteggiamento fu più improbabile che nel nostro tempo di drammatica riconfigurazione antropologica. La ricerca sull’amicizia non può dunque prescindere dal pensiero antico: con profondità ineguagliata esso ne indovina le più ampie implicazioni, affettive quanto politiche. Le epoche successive non oseranno tanto, e l’amicizia scomparirà dal pensiero politico così come da ogni considerazione complessiva sull’essere umano. L’Autrice percorre gli snodi della riflessione antica, nella convinzione che abbia a che fare con mondi a venire.
L’architettura dell’umano Aristotele e l’etica come filosofia prima
Vita e Pensiero, 2014
Il secolo scorso ha variamente proclamato la fine della filosofia in quanto metafisica. Nel nuovo millennio si indovinano, a livello istituzionale, sintomi di una sempre più conclamata obsolescenza degli studi umanistici, e quindi della filosofia intesa come disciplina accademica ed esercizio puramente intellettuale. Eppure, nel gesto ampio di questo transito epocale, trovarsi di fronte ai testi antichi può essere occasione di esperienze sorprendenti. Vale a dire, avvicinarsi al testo nella sua materialità impervia, nell’effetto straniante della sua opacità, nella sua refrattarietà alla risoluzione interpretativa o manualistica, può liberare risorse inattese per il pensiero, mettere a fuoco domande che non hanno cessato di riguardarci – che interrogano l’umano, le sue vicende e possibili configurazioni, le scelte, i percorsi, l’ipotesi della felicità. Incontrare l’antico (Aristotele, per esempio) in questo modo implica coltivare l’intimità con ciò che ancora ci elude. Allora diagnosticare la fine, intravedere altri inizi, non significa superare, passare oltre, né ancora andare altrove. L’origine ci scruta enigmatica. Il suo mistero inconsumato ci sta davanti. Lungi dal comportare una deposizione o un ritorno, lo sguardo volto al passato si espone a ciò che nel passato resta impensato, inaudito. Forse è proprio cogliendo l’antico nel suo carattere insondabile che si vi può intravedere la possibilità inespressa, ciò che si annuncia ma resta in ombra: nella fine, in seme, il compito del pensiero a venire.
In Aristotle’s Ethics as First Philosophy Claudia Baracchi demonstrates the indissoluble links between practical and theoretical wisdom in Aristotle’s thinking. Referring to a broad range of texts from the Aristotelian corpus, Baracchi shows how the theoretical is always informed by a set of practices, and specifically, how one’s encounter with phenomena, the world, or nature in the broadest sense, is always a matter of ethos. Such a ‘modern’ intimation can, thus, be found at the heart of Greek thought. Baracchi’s book opens the way for a comprehensively reconfigured approach to classical Greek philosophy.
Montagna theologica, caverna cosmica o cielo della controriforma, la Cupola di Santa Maria del Fiore ha sempre rappresentato un grandioso programma idealedidattico per l’architettura. Possiamo trascriverlo in un’equazione: l’educazione sta all’ideale come l’architettura sta all’attuale. Un’espressione a quattro incognite vincolate tra loro. Tra queste quella dell’ideale è la meno chiara per le scienze e la più oscura per le coscienze. Comunque, nella cultura del nostro tempo, l’educazione è ridotta ad accumulazione di regole, l’ideale al funzionale, l’architettura a pratica socionormativa, l’attualità a cronologia. In altre parole l’ideale ci richiede sempre un enorme sforzo critico rispetto a tutti i saperi. Esso ci costringe a ripercorrere la biforcazione secolare impressa dalla cultura tecnico-scientifica all’idea di “reale”: quella tra trascendenza e immanenza.
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Claudia Baracchi, Manuel Berrón, Enrico Berti, Michele Di Febo, Silvia Gullino, Alberto Jori, Pietro Li Causi, Giovanni Battista Magnoli Bocchi, Francesca Masi, Marcello Zanatta
Quarta di copertina Questo volume parte da una serie di problematiche che, riprendendo delle espressioni comunemente in uso, si addensano sull’etica e sulla politica dello Stagirita: che cos’è l’etica? Che cos’è la politica? Qual è il loro fine? A chi si riferiscono? Qual è il collegamento tra le due? Ma ancora, passando ai trattati, qual è il rapporto tra le Etiche e la Politica sia in sé che rispetto alla continuità e discontinuità di certi temi? Oltre alla questione dell’ἐπιστήμη – che, al di là della sistematizzazione consueta, non è assolutamente scontata –, si tratta però di concentrarsi anche su tutti quei temi che si impongono sempre in un’interrogazione di questo tipo, interrogazione che deve sempre tenere presente la specificità storico-categoriale del pensiero dello Stagirita. Anche per questo, piuttosto che offrire una semplice ricostruzione, qui si cercherà di complicare il più possibile questo nodo, che, come si vedrà, è tutto tranne che risolto.
Ricerche aristoteliche. Etica e politica in questione è la quarta di una serie di collettanee aristoteliche uscite sempre per Petite Plaisance: Sistema e sistematicità in Aristotele (2016), Immanenza e trascendenza in Aristotele (2017) e Teoria e prassi in Aristotele (2018).
Indice
Giulia Angelini: Introduzione
Enrico Berti: L’unità della filosofia pratica in Aristotele
Alberto Jori: Praxis – ethos – polis. La Rehabilitierung der praktischen Philosophie e la sua interpretazione dell’etica e della politica di Aristotele
Marcello Zanatta: I principi e lo statuto epistemologico della politica architettonica in Aristotele
Manuel Berrón: La filosofia pratica e il metodo degli Analitici
Claudia Baracchi: Note sul Bene e sull’Uno tra Platone e Aristotele
Francesca Masi: La virtù etica della giustizia distributiva e la sua rilevanza politica
Michele Di Febo: Educare alla moltitudine, educare la moltitudine. Alcune considerazioni sul dinamismo del plethos nella Politica di Aristotele
Silvia Gullino: La nozione di autarchia nel pensiero politico di Aristotele dalla Politica alla Costituzione degli Ateniesi
Giovanni Battista Magnoli Bocchi: La retorica, fra etica e politica
Pietro Li Causi: Il dilemma della responsabilità animale nel quadro della ‘eto-logia’ aristotelica
Le Autrici – Gli Autori
Indice dei nomi
Giulia Angelini ha conseguito il Dottorato di ricerca in Filosofia presso l’Università degli Studi di Padova, dove, attualmente, è Cultrice della materia in S.S.-D. SPS/01 (Filosofia politica). La sua ricerca verte principalmente sul pensiero di Aristotele e, in particolare, sulla questione dello ζῷον πολιτικόν, sull’epistemicità della filosofia pratica e sui vari significati delle categorie di potenza e atto. Proprio in relazione a questi temi, ha partecipato a numerose conferenze nazionali e internazionali ed è autrice di svariati contributi scientifici. Inoltre, ha sempre collaborato nella gestione di varie riviste: ad oggi, è responsabile editoriale di “Universa. Recensioni di filosofia” (Padova University Press).
Claudia Baracchi è Ph. D. in Filosofia (Vanderbilt University 1990-1996), Docente di Filosofia Antica e Filosofia Europea alla University of Oregon (1996-1998) e alla New School for Social Research di New York (1999-2009). Dal 2007 è Professore di Filosofia Morale all’Università di Milano-Bicocca. Tra le pubblicazioni si ricordano Filosofia antica e vita effimera. Migrazioni, trasmigrazioni e laboratori della psiche (Petite Plaisance), Amicizia (Mursia), Aristotle’s Ethics as First Philosophy (Cambridge University Press), Of Myth, Life, and War in Plato’s Republic (Indiana University Press). È co-fondatrice della Ancient Philosophy Society. Ricerca sulla filosofia antica in rapporto al mito, alla poesia e al teatro, sulle tradizioni orientali (soprattutto indo-vediche), sulla psicoanalisi e le pratiche del sé. È docente a Philo–Scuola di Analisi Biografica a Orientamento Filosofico.
Manuel Berrón è professore (1999) e Dottore in Filosofia (2012). Professore Aggiunto di “Filosofía Antigua” all’Universidad Nacional del Litoral (UNL – Argentina) e Professore Associato di “Problemática Filosófica” all’Universidad Nacional de Entre Ríos (UNER – Argentina). Ha realizzato studi postdottorali in Argentina (2012-2014) e all’Università degli Studi di Macerata (2018). È autore di diversi articoli nel campo della filosofia aristotelica e del libro Ciencia y dialéctica en Acerca del cielo de Aristóteles (2016). è membro del consiglio editoriale di Tópicos (Revista de Filosofía de Santa Fe). Inoltre, è membro dell’Asociación Latinoamericana de Filosofía Antigua e attualmente è Presidente dell’Asociación Argentina de Filosofía Antigua (2017-2021).
Enrico Berti è professore emerito dell’Università di Padova, socio nazionale dell’Accademia dei Lincei e membro della Pontifica Accademia delle Scienze. È autore di numerose pubblicazioni, tra cui una nuova traduzione italiana della Metafisica di Aristotele (Laterza 2017), e i volumi Aristotelismo (Il Mulino 2017), Scritti su Heidegger (Petite Plaisance 2019), Nuovi studi aristotelici, V – Dialettica, fisica, antropologia, metafisica (Morcelliana 2020), Storicità e attualità di Aristotele (Studium 2020), Saggi di storia della filosofia (Studium 2020).
Michele Di Febo è laureato in “Filologia, Linguistica e Tradizioni Letterarie” presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara. Con G.A. Lucchetta ha curato l’edizione italiana del Boristenitico di Dione di Prusa (Carabba, Lanciano 20202). Attualmente svolge il dottorato di ricerca presso la “Scuola Alti Studi” della Fondazione Collegio San Carlo di Modena e il suo ambito di ricerca è la storia del pensiero politico classico, in particolare la Politica di Aristotele e i suoi principali nuclei di innovazione rispetto alla tradizione precedente.
Silvia Gullino è Dottore di Ricerca in Filosofia e svolge la propria attività presso il Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia Applicata dell’Università degli Studi di Padova, dove è Assegnista di Ricerca nonché Cultrice della Materia in Storia della Filosofia Antica. In passato, è già stata Assegnista di Ricerca presso l’Università della Calabria. Tra le sue pubblicazioni, che riguardano il pensiero antico e, in particolare, Aristotele e la tradizione aristotelica, figurano le recenti monografie Aristotele e i sensi dell’autarchia (Padova, 2013), Pathos (Milano, 2014) e Philia (Milano, 2017) e Aristotele e gli esempi di virtù nella Costituzione degli Ateniesi (Lecce, 2019).
Alberto Jori insegna Filosofia all’Università di Tubinga, dove ha conseguito l’Habilitation nel 2008 e il titolo di Professor nel 2011, e Storia della filosofia antica all’Università di Ferrara. Nel 2003 ha vinto il premio dell’Internatonal Academy of the History of Science. Tra la sue opere: Medicina e medici nell’antica Grecia. Saggio sul ‘Perì téchnes’ ippocratico (il Mulino-Istituto Italiano per gli Studi Storici, 1996), Aristotele (Bruno Mondadori, 20083), Aristoteles, Ueber den Himmel (Akademie Verlag-WBG, 2009), Natura naturans. Il pensiero di Roberto Ardigò (Nuova Ipsa, 2020).
Pietro Li Causi ha conseguito l’Abilitazione Scientifica Nazionale per la seconda fascia in Lingua e Letteratura Latina, e insegna materie letterarie presso il Liceo Scientifico “S. Cannizzaro” di Palermo. È responsabile della sezione “Ricerca e sperimentazione didattica” della rivista ClassicoContemporaneo ed è stato membro aggregato di “IRN Zoomathia (Transmission Culturelle des savoirs zoologiques – Antiquité-Moyen Âge)”. Autore di diversi contributi sulla storia della letteratura e sull’antropologia del mondo antico, si è occupato di autori come Aristotele, Plutarco, Plinio il Vecchio, Seneca, Ovidio, dell’etno-zoologia e della paradossografia dei Greci e dei Romani, e di antropologia del dono nel mondo antico. Fra le sue pubblicazioni, Gli animali nel mondo antico (il Mulino, 2018), L’anima degli animali (curato con R. Pomelli, Einaudi, 2015), nonché, per Palumbo, Sulle tracce del manticora (2003), Generare in comune (2008), Il riconoscimento e il ricordo. Ha curato anche, assieme a E. Romano, M. Formisano e R. Marino, una traduzione con commento del De oratore di Cicerone (Edizioni dell’Orso, 2015).
Giovanni Battista Magnoli Bocchi insegna “Forme di potere e comunicazione nel mondo greco” presso l’Università di Pavia. Si occupa di storiografia, retorica e comunicazione politica, cioè del racconto della realtà a fini politici. Fra le sue ultime pubblicazioni: Politica e Storia nella Retorica di Aristotele (Carocci 2019), La resilienza dell’antico. Il passato alla prova del presente (Mimesis 2020). È coautore di Come i social hanno ucciso la comunicazione (Guerini 2020).
Francesca Masiè Professore Associato di Storia della Filosofia Antica all’Università Ca’ Foscari di Venezia. I suoi interessi vertono in particolare sull’ontologia, la fisica, l’epistemologia, la psicologia e l’etica antiche. Ha scritto numerosi saggi e curato vari volumi sulla filosofia di Aristotele, su Epicuro, Lucrezio e l’Epicureismo. È autrice di due monografie: Epicuro e la filosofia della mente. Il XXX libro dell’opera Sulla natura e Qualsiasi cosa capiti: natura e causa dell’ente accidentale. Aristotele, Metafisica E 2-3.
Marcello Zanatta, già professore ordinario di Storia della Filosofia Antica e incaricato di Retorica Classica, è specialista di Aristotele, cui ha dedicato cinque monografie e di cui ha redatto l’edizione italiana di molte opere. Si é occupato altresì dello stoicismo antico e romano e della retorica giudiziaria di Ermagora di Temno. Dirige la collana “Questioni di Filosofia Antica” e la collana “Vette Filosofiche” ed é membro di Società filosofiche italiane e internazionali.
N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo:
251 Giovanni Stelli, Tre lezioni sulla politica di Aristotele. ISBN 978-88-7588-169-6, 2016, pp. 112, 140×210 mm., Euro 13, Collana “il giogo” [66]. In copertina: Processione panatenaica, blocco VI, rilievo del fregio est del Partenone (Museo dell’Acropoli di Atene) – Fidia (bottega) – 442-438 a.C.
252 Margherita Guidacci – Margherita Pieracci Harvell, Specularmente. Lettere, studi, recensioni. A cura di Ilaria Rabatti. ISBN 978-88-7588-173-3, 2016, pp. 144, 140×210 mm., Euro 15, Collana “Egeria” [18]. In copertina: Lucio Fontana, Concetto Spaziale, Le Chiese di Venezia, 1961.
253 Irene Ginanni– Edi Natali – Diego Pancaldo – Antonella Spitaleri– Fausto Tardelli, Ordo Amoris. ISBN 978-88-7588-150-4, 2016, pp. 128, 140×210 mm., Euro 13. In copertina: Auguste Rodin, L’eterna primavera, ca. 1884.
254 Alessandro Monchietto (a cura di), Invito allo straniamento. II. Costanzo Preve marxiano. Contributi di: Andrea Bulgarelli, Oliviero Calcagno, Diego Fusaro, Luca Grecchi, Gianfranco La Grassa, Diego Melegari, Rodolfo Monacelli, Giacomo Pezzano, Francesco Ravelli, Franco Toscani. ISBN 978-88-7588-152-8, 2016, pp. 176 formato 140×210 mm., Euro 15 – Numero speciale di Koinè – Collana “Il giogo” [67]. In copertina: Costanzo Preve. In quarta di copertina: Dziga Vertov in una sovrimpressione sulla sua telecamera; Erwin Piscator entra nel Teatro Nollendorf, Berlino, 1929.
256 Piotr Zygulski, Il meccanico del marxismo. Introduzione critica al pensiero di Gianfranco La Grassa. Postfazione di Augusto Illuminati. ISBN 978-88-7588-158-0, 2016, pp. 112, formato 140×210 mm., Euro 13 – Collana “Divergenze” [51]. In copertina: Saverio Mazzeo, Gianfranco La Grassa, meccanico del marxismo, 2016. Acrilico su tela.
257 Salvatore Antonio Bravo,L’ultimo uomo. ISBN 978-88-7588-160-3, 2016, pp. 80, 130×200 mm., Euro 8. In copertina: Claude Lorrain, Veduta di Delfi con una processione sacrificale, part., 1650. Roma, Galleria Dodia Pamphilj.
258 Elena Irrera, Figure del bello nella filosofia di Aristotele ISBN 978-88-7588-162-7, 2016, pp. 64, formato 140×210 mm., Euro 7– Collana “Il giogo” [68]. In copertina: Immagine tratta da un video realizzato da Philip Scott Johnson. In alto, a sinistra: Scultura greca del periodo classico, part.
259 Armando Marozzi, Il ritorno del represso. Verso una nuova teoria dell’emancipazione. ISBN 978-88-7588-161-1, 2016, pp. 416, formato 140×210 mm., Euro 25 – Collana “Divergenze” [52]. In copertina: Francisco Goya, Los fusilamientos del tres de mayo, Museo del Prado, Madrid.
260 Claudia Baracchi, Enrico Berti, Barbara Botter, Matteo Cosci, Silvia Fazzo, Arianna Fermani, Giovanna R. Giardina, Carmelo Vigna, Marcello Zanatta, Sistema e sistematicità in Aristotele, a cura di Luca Grecchi.
ISBN 978-88-7588-202-0, 2016, pp. 256, formato 140×210 mm., Euro 25– Collana “Il giogo” [69]. In copertina: Raffaello Sanzio, Scuola di Atene: Aristotele, Musei Vaticani, part.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
282 Giampaolo Abbate, Claudia Baracchi, Enrico Berti, Barbara Botter, Matteo Cosci, Annabella D’Atri, Andrea Falcon, Arianna Fermani, Luca Grecchi, Alberto Jori, Diana Quarantotto, Monica Ugaglia, Carmelo Vigna, Marcello Zanatta, a cura di Luca Grecchi, Immanenza e trascendenza in Aristotele. ISBN 978-88-7588-190-0, 2017, pp. 384, formato 140×210 mm., Euro 25 – Collana “Il giogo” [79]. In copertina: Statua in bronzo di Aristotele collocata nel cuore di Piazza Aristotele nella città di Salonicco in Grecia.
283 Luigi Ruggiu, Tempo Coscienza e Essere nella filosofia di Aristotele. Saggio sulle origini del nichilismo. Prefazione di Emanuele Severino. ISBN 978-88-7588-186-3, 2017, pp. 496, formato 170×240 mm., Euro 35 – Collana “Il giogo” [80]. In copertina: Mosaico dello zodiaco e delle Quattro Stagioni. Ostia Antica, Magazzini. Dalla Necropoli di Porto all’Isola Sacra, Tomba 101.
284 Massimo Bontempelli, Gesù di Nazareth. Uomo nella storia. Dio nel pensiero. Prefazione di Marco Vannini. Postfazione di Giancarlo Paciello. ISBN 978-88-7588-188-7, 2017, pp. 160, formato 140×210 mm., Euro 15 – Collana “Il giogo” [81]. In copertina: Henri Matisse, Icaro, tavola a pochoir, pubblicata nel 1947 sulla rivista Jazz.
285 Maura Del Serra, L’albero delle parole. Con uno scritto di Domenico Segna: Lettera ad una professoressa delle scuole medie. ISBN 978-88-7588-184-9, 2017, pp. 64, formato 130×200 mm., Euro 10. In copertina: Elaborazione grafica del fotogramma di Andreas Kassel, 3XTonino, dedicato a Tonino Guerra.
286 Daniele Orlandi, T. Lettera ad una madre sul primo amore. Disegni di Sara Prebottoni. ISBN 978-88-7588-180-1, 2017, pp. 432, formato 140×210 mm., Euro 20. In copertina: Sara Prebottoni, Afonie emotive. Disegno e composizione fotografica, 2017. Elaborazione grafica di Sara Bolletta.
287 Giorgio Mazzanti, Edi Natali, Diego Pancaldo, Roberto Presilla, Francesco Ricci, Antonella Spitaleri, Fausto Tardelli, La città tra idealità e realtà. A cura di Edi Natali. ISBN 978-88-7588-182-5, 2017, pp. 160, formato 140×210 mm., Euro 15. In copertina: Allegoria ed Effetti del Buono e del Cattivo Governo, ciclo di affreschi di Ambrogio Lorenzetti (1338-1339), Palazzo Pubblico di Siena.
288 José Jorge Letria, Il deserto innominabile. Poesie. Testo portoghese a fronte. Cura e traduzione di Simonetta Masin. ISBN 978-88-7588-192-4, 2017, pp. 96, formato 130×200 mm., Euro 10. In copertina: Salin de Giraud, Camargue. Fotografia di Simonetta Masin.
289 Mario Vegetti, Il coltello e lo stilo. Animali, schiavi, barbari e donne alle origini della razionalità scientifica. ISBN 978-88-7588-228-0, 2018, pp. 192, formato 140×210 mm., Euro 20 – Collana “Il giogo” [82]. In copertina: Affresco raffigurante gli Istrumenta sciptoria. In quarta: bassorilievo del tempio di Esculapio di Atene.
311 Claudia Baracchi, Enrico Berti, Arianna Fermani, Silvia Gastaldi, Luca Grecchi, Silvia Gullino, Alberto Jori, Giulio A. Lucchetta, Lucia Palpacelli, Luigi Ruggiu, Mario Vegetti, Carmelo Vigna, Marcello Zanatta, Teoria e prassi in Aristotele, a cura di Luca Grecchi. ISBN 978-88-7588-254-9, 2018, pp. 448, formato 140×210 mm., Euro 35 – Collana “Il giogo” [95]. In copertina: Il busto di Aristotele a Calcide.
312 M. Antunes, C. Arcangelo, G. Conti, N. Dal Falco, S. Gavriilidis, U. Kindl, W. Louw, P. Macadré, D. Marcheschi, P. Merchant, P. Paolicchi, L. Pascale, A. Rita, La Favola nelle Letterature Europee. Atti del II Seminario Internazionale di studi sulla Favola, promosso dal Centro Internazionale di Studi Europei Sirio Giannini. A cura di D. Marcheschi e C. Tommasi. ISBN 978-88-7588-252-5, 2018, pp. 152, formato 140×210 mm., Euro 12. In copertina: Guido Conti, Lupo e cane.
314 Eros Barone, Alberto Giovanni Biuso, Salvatore A. Bravo, Giovanni Carosotti, Lucrezia Fava, Arianna Fermani, Luca Grecchi, Silvia Gullino, Rossella Latempa, Claudio Lucchini, Romano Luperini, Fernanda Mazzoli, Alessandro Pallassini, Lucio Russo, Franco Toscani, Lorenzo Varaldo, Per una scuola vera e buona ISBN 978-88-7588-248-8, 2018, pp. 272, formato 170×240 mm., Euro 25 – Collana “Il giogo” [98]. In copertina: Marc Chagall, L’Acrobata (The Acrobat), 1914.
315 Maurizio Migliori, La bellezza della complessità. Studi su Platone e dintorni. Introduzione di Luca Grecchi. ISBN 978-88-7588-247-1, 2019, pp. 592, formato 140×210 mm., Euro 38 – Collana “Il giogo” [100]. In copertina: Vasilij Kandinskij, Verso l’alto (Empor), 1929, Collezione Peggy Guggenheim, Venezia.
316 Claudio Iozzo, Il silenzio malato. Storie di recovery in salute mentale. Introduzione di Paolo Pini. ISBN 978-88-7588-249-5, 2019, pp. 160, formato 130×200 mm., Euro 15. In copertina: Vasilij Kandinskij, Molle durezza, 1927.
317 Sergio Arecco, Fisica e metafisica del cinema. Il battle study dal muto al digitale. ISBN 978-88-7588-253-2, 2019, pp. 224, formato 140×210 mm., Euro 20 – Collana “il pensiero e il suo schermo” [3]. In copertina: Charlie Chaplin, Charlot soldato (Shoulder Arms), 1918, fotogramma.
318 Giovanni Casertano, Venticinque studi sui preplatonici. Introduzione di Luca Grecchi. ISBN 978-88-7588-251-8, 2019, pp. 488, formato 170×240 mm., Euro 35 – Collana “Il giogo” [99]. In copertina: Statue di filosofi greci: Socrate, Antistene e altri. British Museum di Londra. In quarta: Anassimandro, bassorilievo. Roma, Museo Nazionale Romano.
342 Marino Gentile, Il problema della filosofia moderna. ISBN 978-88-7588-260-0, 2020, pp. 144, formato 140×210 mm., Euro 15 – Collana “Il giogo” [114]. In copertina: Maurits Cornelis Escher, Mano con sfera riflettente (Autoritratto nello specchio sferico), 1935.
343 Maurizio Migliori, Luca Grecchi, Tra teoria e prassi. Riflessioni su una corsa ad ostacoli. Introduzione di Carmelo Vigna. ISBN 978-88-7588-262-4, 2020, pp. 144, formato 140×210 mm., Euro 15 – Collana “Il giogo” [115]. In copertina: Paul Klee, Revolution des Viaducts (Rivoluzione del viadotto), 1937. Hamburger Kunsthalle, Amburgo.
344 Rodolfo Mondolfo, Alle origini della filosofia della cultura. Introduzione di Renato Treves. ISBN 978-88-7588-264-8, 2020, pp. 224, formato 140×210 mm., Euro 20 – Collana “Il giogo” [116]. In copertina: La Metopa di Atlante del Tempio di Zeus a Olimpia (460-450 a.C. circa). Olimpia, Museo Archeologico.
345 Salvatore A. Bravo, L’umanesimo integrale di Massimo Bontempelli. Filosofia Storia Pedagogia. ISBN 978-88-7588-176-4, 2020, pp. 128, formato 170×240 mm., Euro 15 – Collana “Il giogo” [117]. In copertina: Paul Klee, Einst dem Grau der Nacht enttaucht … (Dapprima innalzatosi dal grigiore della notte …), 1918, Berna, Kunstmuseum.
347 Diego Lanza, Lo stolto. Di Socrate, Eulenspiegel, Pinocchio e altri trasgressori del senso comune. Prefazione di M. Stella: La storia incantata. Diego Lanza narratore e antropologo dello ‘stolto’. Postfazione di G. Ugolini: Del ridere e del conoscere: la stultitia secondo Diego Lanza. ISBN 978-88-7588-255-6, 2020, pp. 448, formato 140×210 mm., Euro 35 – Collana “Il giogo” [118]. In copertina: Anonimo, Il mondo sotto il berretto del matto, 1600 ca. Norimberga, Germanisches Nationalmuseum.
348 Daniele Orlandi, Scrivere il risentimento. Su Jean Améry. ISBN 978-88-7588-259-4, 2020, pp. 112, formato 130×200 mm., Euro 12. In copertina: Giuditta Tanese, Ritratto di Jean Améry, 2019.
349 Rodolfo Mondolfo, Moralisti greci. La coscienza morale da Omero a Epicuro. ISBN 978-88-7588-266-2, 2020, pp. 192, formato 140×210 mm., Euro 20 – Collana “Il giogo” [121]. In copertina: J.-L. David, La morte di Socrate (particolare), 1786-1787. New York, The Metropolitan Museum of Art.
350 Roberto Fumagalli, Carlo Michelstaedter. Filosofo, poeta e mistico. ISBN 978-88-7588-232-7, 2020, pp. 344, formato 140×210 mm., Euro 30 – Collana “Il giogo” [119]. In copertina: Carlo Michelstaedter, Autoritratto.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
Effimero, «l’essere umano è il sogno di un’ombra», scriveva Pindaro. Gli faceva eco Platone, che vedeva le anime, nel loro transito mortale, vivere solo qualche istante, forse un giorno: psychai ephemeroi.
Psyche è anche il nome della farfalla, e lievi, quasi impalpabili come farfalle sono gli umani. Ma anche senza fondo e spaventosi nella loro smisuratezza.
La filosofia greca sembra sorgere in risposta a questa esperienza contrastante. L’umano si scopre non solo vulnerabile, soggetto alle erosioni interiori ed esteriori del tempo, ma esso stesso pericoloso, luogo di una voragine di oblio e incoscienza, e in quanto tale capace di scatenare nel mondo il suo delirio, la violenza prevaricatrice.
È qui che si radica, in tutta la sua urgenza, l’imperativo delfico della conoscenza di sé e, a esso legato, quello della misura, della modulazione.
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