Giuliano De Marco – Percorsi metafisici.     Sulle tracce di Giovanni Romano Bacchin (1929-1995), il professore-artigiano, uno dei più grandi pensatori italiani del Novecento.

Giovanni Romano Bacchin - Giuliano De Marco

Giuliano De Marco

Percorsi metafisici

Sulle tracce di Giovanni Romano Bacchin (1929-1995)

    ***

La lettura di Theorein, la seconda delle opere postume di Giovanni Romano Bacchin (la prima è Haploustaton, Firenze, Arnaud,1995), si presenta alla stregua di una scalata in montagna, dove si procede a piccoli passi, con l’obiettivo di arrivare in alto, magari in cima. E al termine delle seicentoventotto pagine del volume, pubblicato da Aracne editrice, nel 2017, grazie al lavoro paziente e minuzioso del prof. Giovanni Castegnaro, che ne ha curato l’edizione – potendo contare sul dattiloscritto originale, ricevuto dalla vedova di Bacchin, la prof.ssa Cesira Crocesi, e su una copia pro manuscripto, conservata dal prof. Aldo Stella –, si viene colti da quella vertigine che si placa solo di fronte alla visione d’insieme, garantita dall’unità dello sguardo.
Ad accompagnarci lunga la strada, le parole commosse di un suo grande amico, il prof. Enrico Berti, uno dei più autorevoli studiosi di Aristotele a livello mondiale, che nella Prefazione fornisce tutti gli elementi per ripercorrere i passaggi centrali della vita e delle opere di Bacchin: dagli anni giovanili alla vocazione sacerdotale (poi abbandonata, mai rinnegata), fino al matrimonio religioso e alla docenza, da Perugia a Padova, interrotta da quel malore improvviso sulla spiaggia di Rimini, una mattina di gennaio del 1995.
A più di vent’anni da quel tragico evento – rimasto vivo nella memoria di studenti e colleghi –, Berti rende onore alle notevoli capacità speculative del collega, ritenuto

«uno dei più grandi pensatori italiani del Novecento, ma che purtroppo pochissimi conoscono, perché non fece una grande carriera accademica, non frequentò congressi o periodici, non pubblicò con case editrici dalla grande distribuzione. Credo di essere tra i pochi che possono fare questo, almeno in parte, perché l’ho conosciuto prima di tanti suoi allievi, amici e ammiratori, ed ho trascorso vicino a lui il periodo decisivo della sua, e della mia, formazione filosofica» (dalla Pref., p. 9).

Ma chi era in realtà Giovanni Romano Bacchin, il professore-artigiano che concepiva la filosofia vissuta in presenza, parola dopo parola, senza alcun presupposto? Era un seminatore di talenti, distribuiti al suo personalissimo auditorium metafisico, fatto non solo di giovani, pronti a confrontarsi sotto la sua guida, continuamente, con i grandi della storia del pensiero; e infatti «alle sue lezioni – ricorda sempre Berti nella prefazione – accorrevano anche anziani, impiegati, preti, professionisti, tutti affascinati dal suo modo di parlare e, soprattutto, dal suo modo di pensare e di far pensare» (dalla Prefazione, p. 13).

Aveva questo carattere coinvolgente Bacchin, sempre alle prese con domande cruciali, stringenti, mai consolatorie sui tanti perché dell’esperienza (domande che si ponevano e fluivano nello stesso istante in cui venivano formulate); ed era talmente concentrato sulla riflessione filosofica da non dare peso alla sua vicenda professionale, alle opportunità di progredire nella carriera accademica. Se non fosse stato per Berti, che era a capo dell’Istituto e lo segnalò alla facoltà, Bacchin, forse, non avrebbe mai ricevuto l’incarico d’insegnare Filosofia teoretica a Padova.

Ma veniamo al tema fondamentale del testo – che raccoglie gli scritti e le meditazioni di Bacchin durante cinque corsi accademici, tra il 1978 e il 1983 (come ricorda Giovanni Castegnaro nella sua nota editoriale) – e cioè a quel ragionamento filosofico nella sua espressione originaria, vissuto così da Bacchin:

«La metafisica non è più tale se essa risulta comprensibile. Se essa risulta ‘comprensibile’ già non è più metafisica, stante che la funzione sua propria verrebbe espletata da ciò che la ‘comprende’: non solo la metafisica è incomprensibile, l’incomprensibilità è l’essenza stessa della metafisica, appunto perché lo ‘oltre’ non può venire compreso da ciò che esso oltrepassa per definizione» (G. R. Bacchin, Theorein, Aracne editrice, Roma, 2017, p. 20).

Quindi, non un punto di partenza qualsiasi, un riferimento oggettivo per il classico avvio di una discussione, ma qualcosa che fosse infinitamente più stimolante: lo sfondo teoretico di una libertà liberante da ogni costrizione preliminare, «perché ogni parola è un progetto» – sono parole di Bacchin – e non ci sono acquisizioni date; dal momento che «una richiesta che preceda la domanda di verità non può essere vera» (G.R. Bacchin, Theorein, cap. 1.27, p. 94).
Tutto il volume è attraversato da questa volontà di farsi sostenere dalla sola forza delle argomentazioni dialettiche (che si susseguono nei quattro capitoli, densissimi, di Theorein), per documentare, dopo un confronto con la critica del pensiero moderno e contemporaneo – da Cartesio a Kant, fino a Hegel e Husserl – quanto sia ingenuo il tentativo di fondare la scienza e la filosofia sull’esperienza immediata.
Su questa corda invisibile si è mosso Bacchin, che aveva a cuore una cosa su tutte: poter accogliere le scoperte del suo periodare, farsi tutt’uno con la sua ricerca, ricevere linfa vitale da quel «domandare che è un tutto domandare», dalla «problematicità pura» della filosofia – come l’aveva definita il suo maestro Marino Gentile –; cioè inseguire la domanda sul perché di tutta l’esperienza, per trasformarla in una domanda di senso globale ancora più radicale, che reclama un principio trascendente in grado di spiegare tutta la storia umana. (Sulla problematicità pura si veda M. Gentile, Filosofia e umanesimo, La Scuola Editrice, Brescia 1947, p.12 e sgg.). E nel voler rielaborare il pensiero di Gentile, Bacchin fece due osservazioni fondamentali, come sottolinea Berti, sempre nella prefazione:

«1) La problematicità pura è ‘improblematizzabile’, perché ogni tentativo di problematizzarla, cioè di metterla in discussione, è un atto di problematicità, e dunque non fa che riproporla. Era questo un argomento simile a quello usato da Descartes a proposito del dubbio: il dubbio è indubitabile, perché ogni tentativo di dubitarne non fa che riproporlo. Esso dunque mostrava che la problematicità pura era il punto di partenza innegabile, inconfutabile, incontrovertibile, della filosofia , che rispetto al dubbio cartesiano aveva il vantaggio di non essere un atto soggettivo, interno, privato, ma di essere l’espressione dell’intera esperienza, la quale non si presentava più come un oggetto esterno rispetto al soggetto, secondo il dualismo tipico dell’intera filosofia moderna, ma faceva tutt’uno col soggetto, era insieme soggetto esperiente, oggetto esperito e atto dell’esperire. Guadagno, quest’ultimo, dell’idealismo di Hegel, prima, e di Giovanni Gentile, poi.

2) La problematicità pura – seconda osservazione di Bacchin – non è solo il punto di partenza della filosofia, cioè la semplice posizione del problema metafisico, cui debba seguire una soluzione diversa secondo, ad esempio, il percorso indicato da Padovani. Essa è già di per sé l’intero discorso metafisico, perché manifesta l’insufficienza dell’esperienza a spiegare sé stessa e quindi è già di per sé la richiesta, la domanda, ma una domanda insopprimibile e ineludibile (grazie alla sua ‘improblematizzabilità’) di un principio trascendente, cioè dell’intera metafisica».

(dalla Pref., pp. 11 e 12).

Di questo percorso, consumato in 35 anni di esperienze accademiche – molte delle quali condivise da Giovanni Romano Bacchin con Enrico Berti e Franco Chiereghin, il triangolo, come li chiamava Marino Gentile – il volume Theorein si fa testamento di vita e progetto mai completamente realizzato, come aveva intuito lo stesso Bacchin, già nei primi anni Sessanta, quando prese consistenza la sua vocazione all’indagine metafisica. E infatti scriveva così:

«Ogni sfasamento ed ogni alterazione della metafisica – scriveva – sono dunque per se stessi alterazione e quindi dimenticanza del senso dell’ essere o decadimento dell’essere ad un senso che per non esser il suo è, piuttosto, un non-essere; altra giustificazione non ha infatti la metafisica se non l’autenticità  del senso in cui essa è considerazione dell’essere, autenticità che è poi l’essere stesso nel suo porsi, perché svelare l’essere significa almeno lasciare che esso sia ciò che è, semplicemente, indipendente da qualsiasi intervento su di esso» (G.R. Bacchin, Intero metafisico e problematicità pura, sta in Rivista di Filosofia Neo-Scolastica, vol. LVII, n. 2-3, 1965, p. 305).

Un brano che lascia intravedere il criterio costante, il tormento, il fuoco, la molla che ha tenuto fermo Bacchin al suo programma di lavoro; perché pensare in questo modo, con lui, significa, ancora oggi, voler navigare nelle fessure della realtà, intesa come storia complessiva dell’uomo. Vuol dire penetrare nelle fibre più sottili della sua struttura, dove non ci sono detriti, sedimenti di adulterazione o camuffamento, per mettersi alla ricerca dell’essere che fluisce e si dona nella sua purezza, si dispiega, rivelandosi allo sguardo di chi l’accoglie con animo docile.
Forse, per questo tratto dominante della sua personalità di studioso, mai incline a schivare gli equivoci connaturati alla meditazione metafisica – e, forse, anche per l’opzione fondamentale di rigore teoretico che ha sorretto tutto il suo agire –, il professore di Belluno è stato dimenticato in fretta dalla cultura italiana nel suo insieme; attraverso una forma di occultamento delle opere e del pensiero, che è la peggiore dimenticanza possibile per uno studioso – prova ne sia la forte difficoltà a reperire i suoi scritti anche nelle librerie antiquarie. Sembrava esserne consapevole, il professore, quando scriveva così:

«Chi decide di essere incomprensibile ha già deciso con ciò di non ritenersi mai ‘incompreso’, appunto perché si è collocato al di là dell’orizzonte segnato dalla comprensione. Appunto perché toglie ogni possibilità di venire compreso, egli toglie ogni possibilità di ritenersi incompreso».

(G. R. Bacchin, Theorein, cit. p. 22).

Come spesso accade a persone della sua tempra, anche a Giovanni Romano Bacchin è toccato in sorte il destino dei solitari: riuscire a riposare solo nelle menti di chi l’ha vissuto quotidianamente e apprezzato nei corsi universitari; di quei volti assetati di schiettezza e veracità che hanno visto in lui un indomito scalatore nell’essere, dell’esperienza umana, per inseguire una sazietà mai soddisfatta, mai goduta appieno, pronta a convertirsi in nuova esigenza di domanda; perché la filosofia – come amava ripetere spesso – «è abissale presenza della verità assente».

Chi ritrova qualche traccia del suo itinerario, e ha la pazienza di attraversare le pagine di Theorein, può avvertire quelle vibrazioni che percepivano i suoi studenti in aula, quelli che respiravano filosofia assieme a Bacchin; ma più ancora impara a mettersi al suo fianco, in compagnia di quei lettori che non avevano mai sentito il suo nome. Prima d’ora.

[avvertenza: il volume di Giovanni Romano Bacchin, Theorein, è un pod, l’acronimo dell’anglicismo ‘print on demand’; per cui, chi fosse interessato a recuperarne una copia, potrà ordinarlo presso una libreria, o direttamente alla Editrice Aracne, e riceverlo nel giro di 5-6 giorni lavorativi].


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Ricerche Aristoteliche. Etica e politica in questione. Introduzione e cura di Giulia Angelini. Saggi di Claudia Baracchi, Manuel Berrón, Enrico Berti, Michele Di Febo, Silvia Gullino, Alberto Jori, Pietro Li Causi, Giovanni Battista Magnoli Bocchi, Francesca Masi, Marcello Zanatta.

Ricerche Aristoteliche - Giulia Angelini - Enrico Berti - Claudia Baracchi - Zanatta

Claudia Baracchi, Manuel Berrón, Enrico Berti, Michele Di Febo,
Silvia Gullino, Alberto Jori, Pietro Li Causi, Giovanni Battista Magnoli Bocchi,
Francesca Masi, Marcello Zanatta

Ricerche aristoteliche. Etica e politica in questione

Introduzione e cura di Giulia Angelini.

ISBN 978–88–7588-283-9, 2021, pp. 328, Euro 30

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Quarta di copertina
Questo volume parte da una serie di problematiche che, riprendendo delle espressioni comunemente in uso, si addensano sull’etica e sulla politica dello Stagirita: che cos’è l’etica? Che cos’è la politica? Qual è il loro fine? A chi si riferiscono? Qual è il collegamento tra le due? Ma ancora, passando ai trattati, qual è il rapporto tra le Etiche e la Politica sia in sé che rispetto alla continuità e discontinuità di certi temi? Oltre alla questione dell’ἐπιστήμη – che, al di là della sistematizzazione consueta, non è assolutamente scontata –, si tratta però di concentrarsi anche su tutti quei temi che si impongono sempre in un’interrogazione di questo tipo, interrogazione che deve sempre tenere presente la specificità storico-categoriale del pensiero dello Stagirita. Anche per questo, piuttosto che offrire una semplice ricostruzione, qui si cercherà di complicare il più possibile questo nodo, che, come si vedrà, è tutto tranne che risolto.

Ricerche aristoteliche. Etica e politica in questione è la quarta di una serie di collettanee aristoteliche uscite sempre per Petite Plaisance: Sistema e sistematicità in Aristotele (2016), Immanenza e trascendenza in Aristotele (2017) e Teoria e prassi in Aristotele (2018).


Indice

Giulia Angelini: Introduzione

Enrico Berti: L’unità della filosofia pratica in Aristotele

Alberto Jori: Praxis ethos polis.
La Rehabilitierung der praktischen Philosophie
e la sua interpretazione dell’etica e della politica di Aristotele

Marcello Zanatta: I principi e lo statuto epistemologico della politica architettonica in Aristotele

Manuel Berrón: La filosofia pratica e il metodo degli Analitici

Claudia Baracchi: Note sul Bene e sull’Uno tra Platone e Aristotele

Francesca Masi: La virtù etica della giustizia distributiva e la sua rilevanza politica

Michele Di Febo: Educare alla moltitudine, educare la moltitudine.
Alcune considerazioni sul dinamismo del plethos nella Politica di Aristotele

Silvia Gullino: La nozione di autarchia nel pensiero politico di Aristotele
dalla Politica alla Costituzione degli Ateniesi 

Giovanni Battista Magnoli Bocchi: La retorica, fra etica e politica

Pietro Li Causi: Il dilemma della responsabilità animale nel quadro della ‘eto-logia’ aristotelica

Le Autrici – Gli Autori

Indice dei nomi


Giulia Angelini ha conseguito il Dottorato di ricerca in Filosofia presso l’Università degli Studi di Padova, dove, attualmente, è Cultrice della materia in S.S.-D. SPS/01 (Filosofia politica). La sua ricerca verte principalmente sul pensiero di Aristotele e, in particolare, sulla questione dello ζῷον πολιτικόν, sull’epistemicità della filosofia pratica e sui vari significati delle categorie di potenza e atto. Proprio in relazione a questi temi, ha partecipato a numerose conferenze nazionali e internazionali ed è autrice di svariati contributi scientifici. Inoltre, ha sempre collaborato nella gestione di varie riviste: ad oggi, è responsabile editoriale di “Universa. Recensioni di filosofia” (Padova University Press).


Claudia Baracchi è Ph. D. in Filosofia (Vanderbilt University 1990-1996), Docente di Filosofia Antica e Filosofia Europea alla University of Oregon (1996-1998) e alla New School for Social Research di New York (1999-2009). Dal 2007 è Professore di Filosofia Morale all’Università di Milano-Bicocca. Tra le pubblicazioni si ricordano Filosofia antica e vita effimera. Migrazioni, trasmigrazioni e laboratori della psiche (Petite Plaisance), Amicizia (Mursia), Aristotle’s Ethics as First Philosophy (Cambridge University Press), Of Myth, Life, and War in Plato’s Republic (Indiana University Press). È co-fondatrice della Ancient Philosophy Society. Ricerca sulla filosofia antica in rapporto al mito, alla poesia e al teatro, sulle tradizioni orientali (soprattutto indo-vediche), sulla psicoanalisi e le pratiche del sé. È docente a Philo–Scuola di Analisi Biografica a Orientamento Filosofico.


Manuel Berrón è professore (1999) e Dottore in Filosofia (2012). Professore Aggiunto di “Filosofía Antigua” all’Universidad Nacional del Litoral (UNL – Argentina) e Professore Associato di “Problemática Filosófica” all’Universidad Nacional de Entre Ríos (UNER – Argentina). Ha realizzato studi postdottorali in Argentina (2012-2014) e all’Università degli Studi di Macerata (2018). È autore di diversi articoli nel campo della filosofia aristotelica e del libro Ciencia y dialéctica en Acerca del cielo de Aristóteles (2016). è membro del consiglio editoriale di  Tópicos (Revista de Filosofía de Santa Fe). Inoltre, è membro dell’Asociación Latinoamericana de Filosofía Antigua e attualmente è Presidente dell’Asociación Argentina de Filosofía Antigua (2017-2021).


Enrico Berti è professore emerito dell’Università di Padova, socio nazionale dell’Accademia dei Lincei e membro della Pontifica Accademia delle Scienze. È autore di numerose pubblicazioni, tra cui una nuova traduzione italiana della Metafisica di Aristotele (Laterza 2017), e i volumi Aristotelismo (Il Mulino 2017), Scritti su Heidegger (Petite Plaisance 2019), Nuovi studi aristotelici, V – Dialettica, fisica, antropologia, metafisica (Morcelliana 2020), Storicità e attualità di Aristotele (Studium 2020), Saggi di storia della filosofia (Studium 2020).


Michele Di Febo è laureato in “Filologia, Linguistica e Tradizioni Letterarie” presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara. Con G.A. Lucchetta ha curato l’edizione italiana del Boristenitico di Dione di Prusa (Carabba, Lanciano 20202). Attualmente svolge il dottorato di ricerca presso la “Scuola Alti Studi” della Fondazione Collegio San Carlo di Modena e il suo ambito di ricerca è la storia del pensiero politico classico, in particolare la Politica di Aristotele e i suoi principali nuclei di innovazione rispetto alla tradizione precedente.


Silvia Gullino è Dottore di Ricerca in Filosofia e svolge la propria attività presso il Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia Applicata dell’Università degli Studi di Padova, dove è Assegnista di Ricerca nonché Cultrice della Materia in Storia della Filosofia Antica. In passato, è già stata Assegnista di Ricerca presso l’Università della Calabria. Tra le sue pubblicazioni, che riguardano il pensiero antico e, in particolare, Aristotele e la tradizione aristotelica, figurano le recenti monografie Aristotele e i sensi dell’autarchia (Padova, 2013), Pathos (Milano, 2014) e Philia (Milano, 2017) e Aristotele e gli esempi di virtù nella Costituzione degli Ateniesi (Lecce, 2019).


Alberto Jori insegna Filosofia all’Università di Tubinga, dove ha conseguito l’Habilitation nel 2008 e il titolo di Professor nel 2011, e Storia della filosofia antica all’Università di Ferrara. Nel 2003 ha vinto il premio dell’Internatonal Academy of the History of Science. Tra la sue opere: Medicina e medici nell’antica Grecia. Saggio sul ‘Perì téchnes’ ippocratico (il Mulino-Istituto Italiano per gli Studi Storici, 1996), Aristotele (Bruno Mondadori, 20083), Aristoteles, Ueber den Himmel (Akademie Verlag-WBG, 2009), Natura naturans. Il pensiero di Roberto Ardigò (Nuova Ipsa, 2020). 


Pietro Li Causi ha conseguito l’Abilitazione Scientifica Nazionale per la seconda fascia in Lingua e Letteratura Latina, e insegna materie letterarie presso il Liceo Scientifico “S. Cannizzaro” di Palermo. È responsabile della sezione “Ricerca e sperimentazione didattica” della rivista ClassicoContemporaneo ed è stato membro aggregato di “IRN Zoomathia (Transmission Culturelle des savoirs zoologiques – Antiquité-Moyen Âge)”. Autore di diversi contributi sulla storia della letteratura e sull’antropologia del mondo antico, si è occupato di autori come Aristotele, Plutarco, Plinio il Vecchio, Seneca, Ovidio, dell’etno-zoologia e della paradossografia dei Greci e dei Romani, e di antropologia del dono nel mondo antico. Fra le sue pubblicazioni, Gli animali nel mondo antico (il Mulino, 2018), L’anima degli animali (curato con R. Pomelli, Einaudi, 2015), nonché, per Palumbo, Sulle tracce del manticora (2003), Generare in comune (2008), Il riconoscimento e il ricordo. Ha curato anche, assieme a E. Romano, M. Formisano e R. Marino, una traduzione con commento del De oratore di Cicerone (Edizioni dell’Orso, 2015).


Giovanni Battista Magnoli Bocchi insegna “Forme di potere e comunicazione nel mondo greco” presso l’Università di Pavia. Si occupa di storiografia, retorica e comunicazione politica, cioè del racconto della realtà a fini politici. Fra le sue ultime pubblicazioni: Politica e Storia nella Retorica di Aristotele (Carocci 2019), La resilienza dell’antico. Il passato alla prova del presente (Mimesis 2020). È coautore di Come i social hanno ucciso la comunicazione (Guerini 2020).


Francesca Masi è Professore Associato di Storia della Filosofia Antica all’Università Ca’ Foscari di Venezia. I suoi interessi vertono in particolare sull’ontologia, la fisica, l’epistemologia, la psicologia e l’etica antiche. Ha scritto numerosi saggi e curato vari volumi sulla filosofia di Aristotele, su Epicuro, Lucrezio e l’Epicureismo. È autrice di due monografie: Epicuro e la filosofia della mente. Il XXX libro dell’opera Sulla natura e Qualsiasi cosa capiti: natura e causa dell’ente accidentale. Aristotele, Metafisica E 2-3.


Marcello Zanatta, già professore ordinario di Storia della Filosofia Antica e incaricato di Retorica Classica, è specialista di Aristotele, cui ha dedicato cinque monografie e di cui ha redatto l’edizione italiana di molte opere. Si é occupato altresì dello stoicismo antico e romano e della retorica giudiziaria di Ermagora di Temno. Dirige la collana “Questioni di Filosofia Antica” e la collana “Vette Filosofiche” ed é membro di Società filosofiche italiane e internazionali. 


Quadrilogia aristotelica

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M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Ignacio Marcio Cid – Note e riflessioni sul libro di Enrico Berti, «Scritti su Heidegger»

Ignacio MARCIO CID - Enrico Berti

Scritti su Heidegger

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Ignacio Marcio Cid – La psicoterapia filosófica de Epicuro

Este Libro versa sobre el sentido psicoterapéutico, de gran actualidad, que impregna todo el programa filosófico epicúreo. Estudia y recupera una función aplicada (curativa o sanadora) que ha sido omitida o sólo parcialmente abordada. Analiza, primeramente, los principios constitutivos y regulatorios que penetran la totalidad existente, la φύσις. Asumidos el antinihilismo axiomático, el pluralismo, el materialismo atómico, el movimiento y el clinamen como fundamento de libertad en un universo mecánico, presenta el proceso generativo de los compuestos, que atañen a toda entidad pluriatómica, se interesa por el ser humano, agregado singular, así como por el estatuto ontológico de su cuerpo psicofísico, carne y mente. La ψυχή recibe una atención especial por cuanto, primero, en ella se manifiesta la racionalidad humana y segundo posee formantes que la acomunan con las divinidades epicúreas. Estos dioses devienen objeto de estudio porque, insertos en la continuidad natural, ofrecen una regula uitae ejemplar para la felicidad plena, placentera y libre. Al propio tiempo permiten atisbar la curación o sanación que necesita el hombre. El estudio muestra, en efecto, que ésta no se halla en la eternización de un alma extracorpórea, sino en la supresión del dolor y del miedo. La ética, que aquí es considerada más bien práctica calmante, recibe una lectura eminentemente médica, para cuya recta comprensión se abordan, preliminarmente, los lazos históricos entre filosofía y medicina racional helena. Presentado el vínculo antedicho, el análisis pormenorizado del λόγος y sus derivados en Epicuro contribuye, como requisito, a evidenciar la importancia de la razón, que todo relaciona, la correlación y la analogía tanto en la naturaleza como en el ser humano; permite, además, calibrar la importancia de la palabra plena y significativa en la filosofía del Jardín. Por último, la psicoterapia ocupa el último tramo de la investigación: se expone el doloroso diagnóstico epicúreo pero también se aborda el despliegue medicinal que Epicuro y sus seguidores disponen felizmente. Entre las herramientas psicoterapéuticas, pueden mencionarse la integración racional y vital en la φύσις, la meditación, la confesión, el examen de conciencia, la detención de pensamientos obsesivos e invasivos, la risoterapia, la autogestión emocional de corte cognitivo, así como la socialización amorosa en forma de comunidad, compañía y amistad. Todas estas intervenciones persiguen, como objetivo nuclear, el restablecimiento de quienes sufren el carne o en la mente, doloridos y angustiados. Esa recuperación del bienestar pasa por la ἀναλγησία, que comprende una tanatología frente al malentendido humano de la finitud; incluye igualmente un arte del deseo natural y necesario, o sea, un manejo estratégico- instrumental y prudencial de las capacidades sensoperceptivas y reflexivas humanas, de forma que las aspiraciones no generen frustración o vanas esperanzas. El empeño estudioso finaliza con el estudio del último ingrediente de la terapia epicúrea: el amor al placer, la φιληδονία, acompañada de una discusión que procura esclarecer, contra los tópicos y las lecturas in malam partem, su enraizamiento en el todo natural, su fondo virtuoso, además de la importancia final de la activa paz de espíritu, el gozo catastemático.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Copertine e schede editoriali (251-260) – Giovanni Stelli, Margherita Guidacci, Margherita Pieracci Harvell, Alessandro Monchietto, Domenico Segna, Piotr Zygulski, Salvatore A. Bravo, Elena Irrera, Armando Marozzi, Claudia Baracchi, Enrico Berti, Barbara Botter, Matteo Cosci, Silvia Fazzo, Arianna Fermani, Giovanna R. Giardina, Carmelo Vigna, Marcello Zanatta, Luca Grecchi, Franco Toscani, Diego Fusaro, Diego Melegari.

251-260

251
Giovanni Stelli, Tre lezioni sulla politica di Aristotele. ISBN 978-88-7588-169-6, 2016, pp. 112, 140×210 mm., Euro 13, Collana “il giogo” [66]. In copertina: Processione panatenaica, blocco VI, rilievo del fregio est del Partenone (Museo dell’Acropoli di Atene) – Fidia (bottega) – 442-438 a.C.

 252
Margherita Guidacci Margherita Pieracci Harvell, Specularmente. Lettere, studi, recensioni. A cura di Ilaria Rabatti. ISBN 978-88-7588-173-3, 2016, pp. 144, 140×210 mm., Euro 15, Collana “Egeria” [18]. In copertina: Lucio Fontana, Concetto Spaziale, Le Chiese di Venezia, 1961.

253
Irene Ginanni Edi NataliDiego PancaldoAntonella Spitaleri Fausto Tardelli, Ordo Amoris. ISBN 978-88-7588-150-4, 2016, pp. 128, 140×210 mm., Euro 13. In copertina: Auguste Rodin, L’eterna primavera, ca. 1884.

254
Alessandro Monchietto (a cura di), Invito allo straniamento. II. Costanzo Preve marxiano. Contributi di: Andrea Bulgarelli, Oliviero Calcagno, Diego Fusaro, Luca Grecchi, Gianfranco La Grassa, Diego Melegari, Rodolfo Monacelli, Giacomo Pezzano, Francesco Ravelli, Franco Toscani. ISBN 978-88-7588-152-8, 2016, pp. 176 formato 140×210 mm., Euro 15 – Numero speciale di Koinè – Collana “Il giogo” [67]. In copertina: Costanzo Preve. In quarta di copertina: Dziga Vertov in una sovrimpressione sulla sua telecamera; Erwin Piscator entra nel Teatro Nollendorf, Berlino, 1929.

255
Domenico Segna, Un caso di coscienza. Giuseppe Gangale e “La Rivoluzione protestante”. ISBN 978-88-7588-154-2, 2016, pp. 128, 140×210 mm., Euro 15. In copertina: Busti di Giovanni Calvino nel Museo della Riforma a Ginevra.

256
Piotr Zygulski, Il meccanico del marxismo. Introduzione critica al pensiero di Gianfranco La Grassa. Postfazione di Augusto Illuminati. ISBN 978-88-7588-158-0, 2016, pp. 112, formato 140×210 mm., Euro 13 – Collana “Divergenze” [51]. In copertina: Saverio Mazzeo, Gianfranco La Grassa, meccanico del marxismo, 2016. Acrilico su tela.

257
Salvatore Antonio Bravo, L’ultimo uomo. ISBN 978-88-7588-160-3, 2016, pp. 80, 130×200 mm., Euro 8.
In copertina: Claude Lorrain, Veduta di Delfi con una processione sacrificale, part., 1650. Roma, Galleria Dodia Pamphilj.

258
Elena Irrera, Figure del bello nella filosofia di Aristotele ISBN 978-88-7588-162-7, 2016, pp. 64, formato 140×210 mm., Euro 7– Collana “Il giogo” [68]. In copertina: Immagine tratta da un video realizzato da Philip Scott Johnson. In alto, a sinistra: Scultura greca del periodo classico, part.

259
Armando Marozzi, Il ritorno del represso. Verso una nuova teoria dell’emancipazione.
ISBN 978-88-7588-161-1, 2016, pp. 416, formato 140×210 mm., Euro 25 – Collana “Divergenze” [52]. In copertina: Francisco Goya, Los fusilamientos del tres de mayo, Museo del Prado, Madrid.

260
Claudia Baracchi, Enrico Berti, Barbara Botter, Matteo Cosci, Silvia Fazzo, Arianna Fermani, Giovanna R. Giardina, Carmelo Vigna, Marcello Zanatta, Sistema e sistematicità in Aristotele, a cura di Luca Grecchi.

ISBN 978-88-7588-202-0, 2016, pp. 256, formato 140×210 mm., Euro 25– Collana “Il giogo” [69]. In copertina: Raffaello Sanzio, Scuola di Atene: Aristotele, Musei Vaticani, part.



M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Copertine e schede editoriali (281-290) – Valeria Biagi, Giampaolo Abbate, Claudia Baracchi, Enrico Berti, Barbara Botter, Matteo Cosci, Annabella D’Atri, Andrea Falcon, Arianna Fermani, Luca Grecchi, Alberto Jori, Diana Quarantotto, Monica Ugaglia, Carmelo Vigna, Marcello Zanatta, Luigi Ruggiu, Massimo Bontempelli, Marco Vannini, Maura Del Serra, Daniele Orlandi, José Jorge Letria, Mario Vegetti, Lapo Ferrarese.

281
Valeria Biagi, La Valle Bianca. Appunti per una rilettura del romanzo di Sirio Giannini. ISBN 978-88-7588-194-8, 2017, pp. 64, formato 130×200 mm., Euro 8. In copertina: Cava, foto di Antonio Silenzi.

282
Giampaolo Abbate, Claudia Baracchi, Enrico Berti, Barbara Botter, Matteo Cosci, Annabella D’Atri, Andrea Falcon, Arianna Fermani, Luca Grecchi, Alberto Jori, Diana Quarantotto, Monica Ugaglia, Carmelo Vigna, Marcello Zanatta, a cura di Luca Grecchi, Immanenza e trascendenza in Aristotele.
ISBN 978-88-7588-190-0, 2017, pp. 384, formato 140×210 mm., Euro 25 – Collana “Il giogo” [79]. In copertina: Statua in bronzo di Aristotele collocata nel cuore di Piazza Aristotele nella città di Salonicco in Grecia.

283
Luigi Ruggiu, Tempo Coscienza e Essere nella filosofia di Aristotele. Saggio sulle origini del nichilismo. Prefazione di Emanuele Severino.
ISBN 978-88-7588-186-3, 2017, pp. 496, formato 170×240 mm., Euro 35 – Collana “Il giogo” [80]. In copertina: Mosaico dello zodiaco e delle Quattro Stagioni. Ostia Antica, Magazzini. Dalla Necropoli di Porto all’Isola Sacra, Tomba 101.

284
Massimo Bontempelli, Gesù di Nazareth. Uomo nella storia. Dio nel pensiero. Prefazione di Marco Vannini. Postfazione di Giancarlo Paciello. ISBN 978-88-7588-188-7, 2017, pp. 160, formato 140×210 mm., Euro 15 – Collana “Il giogo” [81]. In copertina: Henri Matisse, Icaro, tavola a pochoir, pubblicata nel 1947 sulla rivista Jazz.

285
Maura Del Serra, L’albero delle parole. Con uno scritto di Domenico Segna: Lettera ad una professoressa delle scuole medie. ISBN 978-88-7588-184-9, 2017, pp. 64, formato 130×200 mm., Euro 10. In copertina: Elaborazione grafica del fotogramma di Andreas Kassel, 3XTonino, dedicato a Tonino Guerra.

286
Daniele Orlandi, T. Lettera ad una madre sul primo amore. Disegni di Sara Prebottoni.
ISBN 978-88-7588-180-1, 2017, pp. 432, formato 140×210 mm., Euro 20. In copertina: Sara Prebottoni, Afonie emotive. Disegno e composizione fotografica, 2017. Elaborazione grafica di Sara Bolletta.

287
Giorgio Mazzanti, Edi Natali, Diego Pancaldo, Roberto Presilla, Francesco Ricci, Antonella Spitaleri, Fausto Tardelli, La città tra idealità e realtà. A cura di Edi Natali.
ISBN 978-88-7588-182-5, 2017, pp. 160, formato 140×210 mm., Euro 15. In copertina: Allegoria ed Effetti del Buono e del Cattivo Governo, ciclo di affreschi di Ambrogio Lorenzetti (1338-1339), Palazzo Pubblico di Siena.

288
José Jorge Letria, Il deserto innominabile. Poesie. Testo portoghese a fronte. Cura e traduzione di Simonetta Masin.
ISBN 978-88-7588-192-4, 2017, pp. 96, formato 130×200 mm., Euro 10. In copertina: Salin de Giraud, Camargue. Fotografia di Simonetta Masin.

289
Mario Vegetti, Il coltello e lo stilo. Animali, schiavi, barbari e donne alle origini della razionalità scientifica. ISBN 978-88-7588-228-0, 2018, pp. 192, formato 140×210 mm., Euro 20 – Collana “Il giogo” [82]. In copertina: Affresco raffigurante gli Istrumenta sciptoria. In quarta: bassorilievo del tempio di Esculapio di Atene.

 290
Lapo Ferrarese, Progresso scientifico e naturalismo nella concezione di Larry Laudan.
ISBN 978-88-7588-226-6, 2018, pp. 208, formato 140×210 mm., Euro 20 – Collana “Il giogo” [83]. In copertina: Disegno di Leonardo da Vinci.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Copertine e schede editoriali (071-080) – Massimo Bontempelli, Fabio Bentivoglio, Giancarlo Paciello, Luca Grecchi, Carmine Fiorillo, Gianfranco La Grassa, Giuseppe Bailone, Nello De Bellis, Enrico Berti, Alberto G. Biuso, Domenico Losurdo, Michele Marolla, Costanzo Preve, Giovanni Stelli, Mario Vegetti, Antonella Lumini.

071-080

071
Massimo Bontempelli, Tempo e Memoria. La filosofia del tempo tra memoria del passato, identità del presente e progetto del futuro.  ISBN 88-87296-69-3, 1999, pp. 112, formato 140×210 mm., Euro 10. In copertina: M. Chagall, Il giocoliere (1943). Chicago, The Art Institute.

072
Fabio Bentivoglio, Giustizia conoscenza e felicità. Idee, miti e attualità ne La Repubblica di Platone.
ISBN 88-87296-29-4, 1998, pp. 112, formato 140×210 mm., Euro 10 – Collana “Le passioni dell’anima” [1]. In copertina: Platone, Musei Vaticani.

073
Giancarlo Paciello, Quale processo di pace? Cinquant’anni di espulsioni e di espropriazioni di terre ai palestinesi.
ISBN 88-87296-65-0, 1999, pp. 144, formato 140×210 mm., Euro 10 – Collana “Divergenze” [18]. In copertina: Il ponte di Allenby, simbolo della guerra del 1967.

074
Luca Grecchi, Il necessario fondamento umanistico della metafisica.
ISBN 978-88-7588-093-4, 2005, pp. 64, formato 140×210 mm., Euro 10 – Collana “Il giogo” [6]. In copertina: Auguste Rodin, La cattedrale. 1908. Pietra, cm. 64×29,5×31,8. Meudon, Musée Rodin.

075
Fabio Bentivoglio, Aristotele: Metafisica. Scienza, natura e destino dell’uomo.
ISBN 88-88172-12-2, 2002, pp. 104, formato 140×210 mm., Euro 10 – Collana “Le passioni dell’anima” [2]. In copertina: Ritratto di Aristotele, da Aristoteles cum Leonardi Aretini commentario.

076
Costanzo Preve, Verità filosofica e critica sociale. Religione, filosofia, marxismoISBN 88-88172-22-X, 2004, pp. 112, formato 170×240 mm., Euro 12. In copertina: René Magritte, Les vacances de Hegel, olio su tela, Galerie Isy Brachot.

077
Massimo Bontempelli Carmine Fiorillo, Il sintomo e la malattia. Una riflessione sull’ambiente di Bin Laden e su quello di Bush.  ISBN 88-87296-50-2, 2001, pp. 128, formato 140×210 mm., Euro 10. In copertina: F. Goya, Il sonno della ragione genera mostri, foglio 43 dei Capricci, 1799. Fondazione Antonio Mazzotta, Milano.

078
Gianfranco La Grassa, Considerazioni del dopoguerra. Insegnamenti dell’aggressione USA (e NATO) alla Jugoslavia.
ISBN 88-87296-60-X, 1999, pp. 80, formato 140×210 mm., Euro 8 – Collana “Divergenze” [29]. In copertina: P. Klee, Luogo colpito, 1922.

079
Giuseppe Bailone Nello De Bellis Enrico Berti Alberto Giovanni Biuso Luca Grecchi – Domenico Losurdo – Michele Marolla – Costanzo Preve – Giovanni Stelli – Mario Vegetti, Dialettica oggi.
“Koiné”. Anno XII – NN° 3-4 / Settembre – Dicembre 2005.
ISBN 978-88-7588-094-1, 2005, pp. 240, formato 140×210 mm., Euro 15 – Collana “Il giogo” [8]. In copertina: Antonio di Jacopo Benci, detto il Pollaiolo, La Dialettica. Roma, S. Pietro, Grotte Vaticane.

080
Antonella Lumini, Caino. Dramma del buio e della luce. Con uno scritto di Paolo Coccheri. ISBN 978-88-7588-087-3, 2005, pp. 96, formato 120×180 mm., Euro 10 – Collana di teatro, “Antigone” [10]. In copertina: Amalia Ciardi Duprè, La morte di Abele,1980.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Copertine e schede editoriali (311-320) – Claudia Baracchi, Enrico Berti, Arianna Fermani, Silvia Gastaldi, Luca Grecchi, Silvia Gullino, Alberto Jori, Giulio A. Lucchetta, Lucia Palpacelli, Luigi Ruggiu, Mario Vegetti, Carmelo Vigna, Marcello Zanatta, Maurizio Migliori, Giovanni Casertano, Claudio Iozzo, Sergio Arecco, Antonio Vigilante, Alberto Gajano, Daniela Marcheschi, Eros Barone, Alberto G. Biuso, Salvatore Bravo, Giovanni Carosotti, Lucrezia Fava, Rossella Latempa, Claudio Lucchini, Romano Luperini, Fernanda Mazzoli, Alessandro Pallassini, Lucio Russo, Franco Toscani, Lorenzo Varaldo.

311-320

311
Claudia Baracchi, Enrico Berti, Arianna Fermani, Silvia Gastaldi, Luca Grecchi, Silvia Gullino, Alberto Jori, Giulio A. Lucchetta, Lucia Palpacelli, Luigi Ruggiu, Mario Vegetti, Carmelo Vigna, Marcello Zanatta, Teoria e prassi in Aristotele, a cura di Luca Grecchi.
ISBN 978-88-7588-254-9, 2018, pp. 448, formato 140×210 mm., Euro 35 – Collana “Il giogo” [95]. In copertina: Il busto di Aristotele a Calcide.

312
M. Antunes, C. Arcangelo, G. Conti, N. Dal Falco, S. Gavriilidis, U. Kindl, W. Louw, P. Macadré, D. Marcheschi, P. Merchant, P. Paolicchi, L. Pascale, A. Rita, La Favola nelle Letterature Europee. Atti del II Seminario Internazionale di studi sulla Favola, promosso dal Centro Internazionale di Studi Europei Sirio Giannini. A cura di D. Marcheschi e C. Tommasi.
ISBN 978-88-7588-252-5, 2018, pp. 152, formato 140×210 mm., Euro 12. In copertina: Guido Conti, Lupo e cane.

313
Giulio A. Lucchetta, L’olio profumato di Itaca. La coltivazione esemplare dell’ulivo e il proficuo modello produttivo dell’olio nell’Odissea.
ISBN 978-88-7588-250-1, 2018, pp. 48, formato 140×210 mm., Euro 5 – Collana “Il giogo” [96]. In copertina: Rappresentazione della raccolta delle olive. Anfora attica, VI sec. a.C., British Museum, Londra.

314
Eros Barone, Alberto Giovanni Biuso, Salvatore A. Bravo, Giovanni Carosotti, Lucrezia Fava, Arianna Fermani, Luca Grecchi, Silvia Gullino, Rossella Latempa, Claudio Lucchini, Romano Luperini, Fernanda Mazzoli, Alessandro Pallassini, Lucio Russo, Franco Toscani, Lorenzo Varaldo, Per una scuola vera e buona
ISBN 978-88-7588-248-8, 2018, pp. 272, formato 170×240 mm., Euro 25 – Collana “Il giogo” [98]. In copertina: Marc Chagall, L’Acrobata (The Acrobat), 1914.

315
Maurizio Migliori, La bellezza della complessità. Studi su Platone e dintorni. Introduzione di Luca Grecchi.
ISBN 978-88-7588-247-1, 2019, pp. 592, formato 140×210 mm., Euro 38 – Collana “Il giogo” [100]. In copertina: Vasilij Kandinskij, Verso l’alto (Empor), 1929, Collezione Peggy Guggenheim, Venezia.

316
Claudio Iozzo, Il silenzio malato. Storie di recovery in salute mentale. Introduzione di Paolo Pini. ISBN 978-88-7588-249-5, 2019, pp. 160, formato 130×200 mm., Euro 15. In copertina: Vasilij Kandinskij, Molle durezza, 1927.

317
Sergio Arecco, Fisica e metafisica del cinema. Il battle study dal muto al digitale.
ISBN 978-88-7588-253-2, 2019, pp. 224, formato 140×210 mm., Euro 20 – Collana “il pensiero e il suo schermo” [3]. In copertina: Charlie Chaplin, Charlot soldato (Shoulder Arms), 1918, fotogramma.

318
Giovanni Casertano, Venticinque studi sui preplatonici. Introduzione di Luca Grecchi.
ISBN 978-88-7588-251-8, 2019, pp. 488, formato 170×240 mm., Euro 35 – Collana “Il giogo” [99]. In copertina: Statue di filosofi greci: Socrate, Antistene e altri. British Museum di Londra. In quarta: Anassimandro, bassorilievo. Roma, Museo Nazionale Romano.

319
Antonio Vigilante, L’essere e il tu. Aldo Capitini in dialogo con Nishitani Keiji, Enrique Dussel e Murray Bookchin.
ISBN 978-88-7588-166-5, 2019, pp. 144, formato 140×210 mm., Euro 15. In copertina: Max Ernst, Configuration N.16. 1974.

320
Alberto Gajano, Dialettica della merce. Introduzione allo studio di Per la critica dell’economia politica di Marx. Postfazione di Roberto Finelli: Il peso storico di un’astrazione: tra logica e realtà. ISBN 978-88-7588-205-1, 2019, pp. 160, formato 140×210 mm., Euro 15. Collana “Divergenze” [62]. In copertina: Wassily Kandinsky, Rose Fondant, 1928.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Copertine e schede editoriali (331-340) – Diego Lanza, Enrico Berti, Luciano Canfora, Bruno Centrone, Franco Ferrari, Francesco Fronterotta, Silvia Gastaldi, Antonio Fiocco, Maura Del Serra, Jules Vallès, Giangiuseppe Pili, Sergio Rinaldelli, Carlo Carrara, Livio Rossetti, Giovanni Casertano, Lidia Palumbo, Anna Beltrametti, Fernanda Mazzoli, Silvano Tagliagambe

331-340*

331
Diego Lanza, La disciplina dell’emozione. Un’introduzione alla tragedia greca. Prefazione di Anna Beltrametti.
ISBN 978-88-7588-235-8, 2019, pp. 416, formato 140×210 mm., Euro 35 – Collana “Il giogo” [107]. In copertina: Alcesti, i figli e altri personaggi, Loutrophòros apula vicina al Pittore di Laodamia, 340 a.C. circa., Basel, Antikenmuseum.

332
Enrico Berti, Luciano Canfora, Bruno Centrone, Franco Ferrari, Francesco Fronterotta, Silvia Gastaldi, La filosofia come esercizio di comprensione. Studi in onore di Mario Vegetti. Nota di Fiorinda Li Vigni. Prefazione di Giovanni Casertano e Lidia Palumbo.
ISBN 978-88-7588-237-2, 2019, pp. 128, formato 140×210 mm., Euro 13 – Collana “Il giogo” [108]. In copertina: Mario Vegetti.

333
Antonio Fiocco, Ideare il futuro comunitario per viverne l’essenza nel presente.
ISBN 978-88-7588-239-6, 2019, pp. 80, formato 170×240 mm., Euro 10 – Collana “Divergenze” [64]. In copertina: V.V. Kandinskij, Giallo, rosso, blu (1925), Musée National d’art Moderne, Centre Georges Pompidou.

334
Enrico Berti, Scritti su Heidegger.
ISBN 978-88-7588-241-9, 2019, pp. 176, formato 140×210 mm., Euro 35 – Collana “Il giogo” [109]. In copertina: Statua in bronzo di Aristotele, ingresso della Albert-Ludwigs-Universität di Friburgo, Germania. In quarta di copertina: Paul Klee, Die Zeit, 1933.

335
Maura Del Serra, Altro Teatro. Introduzione di Marco Beck.
ISBN 978-88-7588-243-3, 2019, pp. 208, formato 130×200 mm., Euro 18 – Collana di Teatro “Antigone” [12]. In copertina: Beato del San Andrés de Arroyo, El fuego de Babilonia, iluminación sobre pergamino. Folio 147, Paris, Bibliothèque Nationale de France.

336
Jules Vallès, L’insorto. Introduzione, traduzione e cura di Fernanda Mazzoli.
ISBN 978-88-7588-207-5, 2019, pp. 320, formato 140×210 mm., Euro 27. In copertina: Jules Vallès.

337
Giangiuseppe Pili, Anche Kant amava Arancia meccanica. La filosofia del cinema di Stanley Kubrick. Prefazione di Silvano Tagliagambe.
ISBN 978-88-7588-230-3, 2019, pp. 128, formato 140×210 mm., Euro 15 – Collana “il pensiero e il suo schermo” [4]. In copertina: Stanley Kubrick sullo sfondo di una sequenza di 2001. Odissea nello spazio, con l’astronauta David Bowman (interpretato da Keir Dullea). In quarta: il monolito nero.

338
Sergio Rinaldelli, Vento di sogni. Note di pittura (1976-2018).
ISBN 978-88-7588-170-2, 2020, pp. 120, formato 130×200 mm., Euro 10. In copertina: Sergio Rinaldelli, Vento di sogni sulla parete antica, 2005, olio su faesite, 70×80.

339
Carlo Carrara, Essere e Dio in Heidegger.
ISBN 978-88-7588-234-1, 2020, pp. 200, formato 140×210 mm., Euro 20 – Collana “Il giogo” [110]. In copertina: Robert Ryman, Twin (1965).

340
Livio Rossetti, Parmenide e Zenone, sophoi ad Elea. Presentazione di Mariana Gardella Hueso.
ISBN 978-88-7588-256-3, 2020, pp. 160, formato 130×200 mm., Euro 15 – Collana “Il giogo” [112]. In copertina: Parmenide e Zenone alla porta di Elea.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Aristotele (384-322 a.C.) – «Protreptico. Esortazione alla filosofia». La felicità della vita non consiste nel possesso di grandi sostanze, quanto piuttosto nel trovarsi in una buona condizione dell’anima. La conoscenza e il pensiero filosofico costituiscono il compito proprio dell’anima. Questa è la cosa più desiderabile per noi.

Aristotele- Protreptico
Aristotele, Protreptico. Esortazione alla filosofia, a cura di Enrico Berti, UTET, Torino 2008.

La felicità della vita non consiste nel possesso di grandi sostanze,
quanto piuttosto nel trovarsi in una buona condizione dell’anima.

Si può chiamare felice soltanto quell’anima che sia educata, e soltanto l’uomo educato,
non colui che è ornato di splendidi beni esterni, ma che personalmente non vale nulla.

Bisogna considerare uomini meschini
coloro per i quali l’acquisizione di qualche ricchezza è più importante del loro carattere
.

La saggezza filosofica  è il risultato del proprio più serio impegno e della ricerca
di quelle cose che la filosofia ci pone in grado di cercare; perciò dobbiamo dedicarci alla ricerca filosofica
.

Dobbiamo diventare filosofi se vogliamo attendere rettamente
agli affari dello stato e ordinare utilmente la nostra vita privata.

Il filosofo soltanto vive mirando costantemente alla natura ed al divino.
Come il buon capitano di una nave, egli ormeggia la sua vita a ciò che è eterno e costante,
là getta l’ancora e vive padrone di sé.

Coloro che si dedicano alla filosofia
non ne hanno dagli uomini una ricompensa che li possa spronare a tali sforzi
.

La saggezza filosofica è una parte dell’eccellenza dell’anima e della vita felice.

La conoscenza e il pensiero filosofico costituiscono il compito proprio dell’anima.
Questa è la cosa più desiderabile per noi
.

La gioia che deriva dal pensiero costituisce la più eminente delle gioie della vita.

Per gli uomini non c’è nulla di divino e di beato all’infuori di quell’unica cosa che sola merita i nostri sforzi,
cioè quanto esiste in noi di intelligenza e capacità della mente.


lI tuo desiderio di sapere e i tuoi sforzi, mio caro Temisone, per conseguire l’eccellenza e una vita felice, mi sono noti per sentito dire, ed io sono convinto [B1] che nessuno è in condizioni più propizie delle tue per accostarsi alla filosofia, dal momento che tu sei ricco, sicché puoi prodigare del denaro a questo scopo, e la tua posizione è eminente. Ora la maggioranza delle persone pensa che una vita felice si fondi sul possesso dei beni esterni, e non del tutto senza ragione, perché vediamo che ad alcuni tutto procede per il meglio, e il successo arride, sebbene siano stolti. Ma certamente tu hai anche sperimentato dei casi in cui accade il contrario. Sia, quindi, dalla tua conoscenza del passato, che per la tua personale esperienza ti verranno in mente molti casi in cui l’orgogliosa grandezza è caduta in rovina; tu hai conosciuto degli uomini che riponevano troppa fiducia nella ricchezza, nella felicità e nel potere, e che quindi dovettero provare una repentina caduta nell’infelicità. Quanto maggiore fu il loro successo, tanto più grave sentono l’insuccesso e l’infelicità, e si vergognano perché la loro attuale posizion [B2] impedisce loro di prendere l’iniziativa di compiere ciò che considerano il loro dovere. E poiché vediamo le disgrazie di queste persone, dovremmo evitare una sorte simile, e tenere presente che la felicità della vita non consiste nel possesso di grandi sostanze, quanto piuttosto nel trovarsi in una buona condizione dell’anima. Anche per quanto riguarda il corpo, nessuno dirà che è favorito perché è avvolto in abiti magnifici, ma piuttosto si dice così di quello che è dotato di buona salute e si trova in buona condizione, dovessero pure mancargli tutti quegli ornamenti esterni. Allo stesso modo, si può chiamare felice soltanto quell’anima che sia educata, e soltanto l’uomo educato, non colui che è ornato di splendidi beni esterni, ma che personalmente non vale nulla. Così è anche per un cavallo; può portare un morso d’oro e finimenti preziosi, ma se per il resto non vale nulla, non lo apprezziamo affatto, e diamo invece la preferenza a quello che possiede delle buone qualità. [B3] Inoltre accade che, quando gente dappoco giunge in possesso di grandi sostanze, spesso apprezzi queste proprietà perfino più dei beni dell’anima, che è la cosa fra tutte più vergognosa. Se un signore apparisse da meno del suo servo, sarebbe oggetto di derisione; allo stesso modo, bisogna considerare uomini meschini coloro per i quali l’acquisizione di qualche ricchezza è più importante del loro carattere.

[B4] Così è in realtà; poiché, come dice il proverbio, sazietà genera insolenza; e quando la mancanza di educazione si accompagna al potere, ne nasce la megalomania. A coloro la cui anima è mal disposta, né la ricchezza, né la forza, né la bellezza sono utili, ma invece quanto più abbondantemente essi posseggono queste cose, tanto più profondamente e per modi più numerosi questo possesso li danneggia, se non è accompagnato da saggezza. Il detto “al bambino non dare un coltello” significa “non dare potere alle persone da poco”. [B5] La saggezza filosofica per contro – su questo punto tutti concorderanno – è il risultato del proprio più serio impegno e della ricerca di quelle cose che la filosofia ci pone in grado di cercare; perciò dobbiamo dedicarci alla ricerca filosofica senza cercar scampo in pretesti. [B6] L’espressione “filosofare” significa da un lato chiedersi se bisogna dedicarsi alla filosofia, e dall’altro dedicarsi alla filosofia. [B7] Poiché ci rivolgiamo a uomini, e non a quegli esseri la cui vita è divina, allora dobbiamo aggiungere a quelle anche altre esortazioni che siano di utilità pratica nella vita sociale. Si dirà dunque così. [B8] Ciò che abbiamo a disposizione per vivere, cioè il corpo, e ciò che serve al corpo, costituisce per noi come una sorta di strumento. L’uso di questi strumenti è esposto a pericolo: per le persone che non li sanno usare nel modo retto, essi producono per lo più l’effetto opposto. Noi dobbiamo dunque aspirare a quella forma di sapere che ci possa aiutare ad adoperare nel modo migliore tutti questi strumenti, dobbiamo conseguirla ed usarla in modo appropriato. Dobbiamo diventare filosofi, se vogliamo attendere rettamente agli affari dello stato e ordinare utilmente la nostra vita privata.

[B9] Esistono, ora diversi tipi di conoscenza; quella conoscenza che produce i beni della vita, e quella che se ne serve. Un’altra partizione è questa: ci sono tipi di conoscenza subordinati, ed altri che impongono l’ordine. Questi ultimi occupano il posto più elevato, e presso di loro si trova il bene in senso autentico. Se ora soltanto quella sorta di sapere che è capace di esprimere un giudizio esatto, che usa la ragione ed ha di mira il bene nella sua totalità, vale a dire la filosofia, sa servirsi di tutti gli altri tipi di conoscenza e dirigerli in accordo ai princìpi della natura, questo è un ulteriore argomento che indica che dobbiamo dedicarci alla filosofia. Infatti soltanto la filosofia include in sè l’esattezza di giudizio e l’infallibile saggezza, la quale ha la capacità di determinare con i suoi ordini che cosa bisogna fare e che cosa no. […]

[B40] Tutti gli uomini decidono a favore di ciò che ha maggiore consonanza con il loro carattere, così per esempio il giusto sceglie la vita giusta, il valoroso la vita valorosa, l’uomo temperato la vita secondo la temperanza. Similmente è chiaro che l’uomo dotato di capacità intellettuali si deciderà per la filosofia, perchè il filosofare è compito di quella capacità. Da questo giudizio, espresso con la maggiore sicurezza possibile, risulta chiaramente che la capacità dell’intelletto è il più alto di tutti i beni. [B41] Con ancora maggiore chiarezza la verità di questa tesi risulta dai seguenti argomenti. La riflessione e la conoscenza sono desiderabili dagli uomini di per sè, in quanto senza di esse non è possibile vivere una vita degna di un uomo. Ma esse sono anche utili per la vita pratica, perché nulla ci appare buono, se non è portato a compimento con la riflessione e mediante un’attività avveduta. Ora, la vita felice, può consistere nella gioia e nel benessere, o nel possesso dell’eccellenza morale, o nell’esercizio della capacità intellettuale: in ognuno di questi casi, comunque, bisogna dedicarsi alla filosofia, perché un giudizio chiaro su queste cose si può conseguire soltanto mediante la filosofia.

[B42] Chi cerca da ogni forma di scienza un risultato diverso da essa ed esige che ogni scienza debba essere utile, ignora completamente quale fondamentale differenza ci sia tra ciò che è buono e ciò che è necessario; è, infatti, una differenza straordinariamente grande. Perché quelle cose che noi desideriamo in vista di qualcos’altro, e senza le quali non è possibile vivere, le chiamiamo necessarie e concause; ciò , invece, che desideriamo per se stesso, anche se non ci procura null’altro, lo chiamiamo bene in senso proprio. Infatti una cosa non è desiderabile sempre in vista dell’altra, e così avanti all’infinito: da qualche parte ci deve essere un punto fermo. E’, di fatto, completamente ridicolo cercare ovunque un’utilità che sia diversa dalla cosa stessa, e chiedersi: “quale vantaggio ne abbiamo?”, e “a cosa può servire?“. Chi parla così, in nessun modo, come s’è detto, risulta simile a colui che conosce il bello ed il bene e sa distinguere tra causa e concausa. […]

[B44] Non dobbiamo perciò preoccuparci se la filosofia non si dimostra utile o vantaggiosa perché non affermiamo innanzi tutto che sia vantaggiosa, ma piuttosto che è buona, e che la si debba scegliere non per qualcos’altro, ma per se stessa. […] [B45] Così ora abbiamo preso le mosse dal finalismo della natura per un’esortazione alla filosofia, convinti che il dedicarsi alla filosofia costituisca un bene ed è nobile cosa già per sé, anche se non ne dovesse derivare alcuna utilità per la vita pratica.

[B46] Che però la speculazione filosofica sia realmente utile anche per la vita pratica di ogni giorno si comprenderà facilmente se lo si esemplifica con le arti e le professioni. […] Allo stesso modo anche il politico deve avere certi termini di riferimento, che desume dalla natura stessa e dalla verità, con l’aiuto dei quali potrà giudicare che cosa è giusto, che cosa è bello e che cosa è conveniente. Infatti, come gli strumenti del tipo di cui abbiamo parlato sono i migliori nelle attività professionali, così anche il miglior termine di riferimento è quello che in massimo grado si conformi alla natura. […] [B50] Infatti il filosofo soltanto vive mirando costantemente alla natura ed al divino. Come il buon capitano di una nave, egli ormeggia la sua vita a ciò che è eterno e costante, là getta l’ancora e vive padrone di sé. [B51] Ora questa conoscenza è di per sè teoretica, però ci offre la possibilità di regolare su di essa ogni nostra azione. Come cioè, la vista non crea né produce nulla, perché la sua funzione è soltanto quella di distinguere a rendere evidenti ognuna delle cose visibili, però ci pone in grado di fare certe cose ricorrendo ad essa, e ci offre l’aiuto più importante per l’azione (infatti saremmo pressoché completamente incapaci di muoverci, se non la possedessimo), così anche risulta chiaro che mediante questo sapere noi compiamo innumerevoli azioni, sebbene esso sia teoretico; con il suo aiuto decidiamo se una certa cosa deve essere ricercata, un’altra evitata; ma soprattutto, mediante questa conoscenza, conseguiamo tutto ciò che è buono.

[B52] Chi si propone di verificare ciò che abbiamo detto, deve avere ben chiaro che tutto ciò che per l’uomo è buono e utile alla vita sta nell’esercizio e nell’azione, e non nella sola conoscenza del bene. […] ciò che importa più di tutto, non viviamo una vita più bella e più nobile perché conosciamo qualcosa dell’essere, ma piuttosto perché il nostro agire è buono; questa infatti è veramente la vita felice. Ne consegue che anche la filosofia, se è davvero utile come noi asseriamo, o è un esercizio di azioni rette, oppure è giovevole per tali azioni. [B53] Quindi non bisogna fuggire la filosofia, se davvero la filosofia è, come io credo, acquisizione e applicazione della sapienza, e si annovera la sapienza tra i beni più alti. Se per amore del denaro si viaggia fino alle colonne d’Eracle e ci si espone a molti rischi, perché non si dovrebbe affrontare qualche fatica e qualche spesa per la filosofia? E’ tipico dell’uomo comune, in realtà, di desiderare la vita e non la vita buona, di seguire le opinioni del volgo invece di aspettarsi che sia esso a dare ascolto alla sua opinione, di essere avido di denaro, ma di non occuparsi per nulla delle cose nobili. (B54) L’utilità e l’importanza dell’oggetto mi sembrano ormai sufficientemente provate. Ci si dovrebbe poi convincere che è molto più facile conseguire la conoscenza filosofica che qualsiasi altro bene in base a quanto segue. [B55] Coloro che si dedicano alla filosofia non ne hanno dagli uomini una ricompensa che li possa spronare a tali sforzi. Essi possono aver dedicato molta fatica per conseguire altre capacità, e tuttavia in tempo minore compiono rapidi progressi verso la scienza esatta; questo mi sembra indicare con quale facilità si può conseguire la conoscenza filosofica. [B56] Un ulteriore argomento è che tutti gli uomini si sentono a loro agio nella filosofia, e volentieri si dedicano ad essa, mentre lasciano ogni altro interesse. Anche questo costituisce una prova non piccola che è un piacere occuparsi di essa, giacché, se fosse semplicemente una fatica, nessuno si tormenterebbe a lungo con essa. Inoltre l’attività filosofica ha un altro grande vantaggio rispetto a tutte le altre; non si ha cioè bisogno di un particolare strumento, né di una sede particolare per esercitarla, ma in qualunque punto della terra uno si ponga all’opera con il pensiero, dovunque gli sarà allo stesso modo possibile afferrare la verità, come se essa fosse presente. [B57] Così dunque è provato che è possibile dedicarsi alla filosofia, che essa è il maggiore di tutti i beni, e che è facile conseguirla. Per tutti questi motivi, vale la pena di coltivarla con passione.

[B58] Affrontiamo ora il problema del compito specifico della conoscenza filosofica, e per quale motivo a essa tutti aspiriamo. Vorrei giungere a una risposta procedendo da un diverso punto di partenza. […] [B68] Sicché nessuna delle virtù particolari, di cui si parla comunemente, costituisce l’opera della saggezza filosofica; infatti essa è superiore a tutte queste. Il fine conseguito è sempre superiore alla conoscenza mediante la quale lo si consegue. Per altro non ogni eccellenza dell’anima è un risultato della saggezza filosofica, e neppure la vita felice. Se infatti la saggezza filosofica fosse produttiva, allora produrrebbe qualcosa di diverso da se stessa, così come l’architettura fabbrica le case, pur senza essere una parte della casa; la saggezza filosofica, invece, è una parte dell’eccellenza dell’anima e della vita felice. Infatti io affermo che la vita felice, o ne deriva, oppure è essa stessa.

[B69] In base a questo argomento, la saggezza filosofica quindi non può essere una scienza produttiva; il fine deve stare al di sopra della via che conduce ad esso; ma non esiste nulla di più alto della vita filosofica, se non forse una delle cose che abbiamo menzionato prima, cioè eccellenza e vita felice: ma la loro opera non è niente altro che la vita filosofica. Bisogna quindi tener per fermo che la conoscenza di cui parliamo è teoretica, dal momento che il suo fine non può essere una produzione. [B70] La conoscenza e il pensiero filosofico costituiscono dunque il compito proprio dell’anima. Questa è la cosa più desiderabile per noi, paragonabile, io credo alla vista, che certamente si apprezzerebbe anche nel caso in cui grazie ad essa non si ottenesse altro risultato se non appunto e soltanto il vedere. […] [B89] Parimenti chiamiamo vita felice quella vita felice la cui presenza dà felicità alle persone che la vivono; non parliamo di vita felice nel caso di persone che nel vivere hanno gioia da qualche cosa, ma nel caso di coloro per i quali la vita stessa costituisce una gioia, e che appunto provano gioia nel vivere. (B90) In base a queste considerazioni, diciamo che chi è desto vive in maggior grado di chi dorme, chi è intelligente in maggior grado di chi manca di intelligenza, e riteniamo che la gioia nella vita dipenda dall’uso che si fa dell’anima; l’attività dell’anima costituisce realmente la vita. (B91) Si può essere attivi con l’anima in diversi modi, però l’attività più importante di tutte è comunque quella di pensare quanto più intensamente si può. E’ un punto acquisito, quindi, che la gioia che deriva dal pensiero costituisca l’unica, o la più eminente delle gioie della vita. Vivere felicemente e provare la vera gioia è dunque una prerogativa esclusiva o preminente del filosofo. Infatti l’esercizio dei nostri pensieri più veri, che traggono alimento dai più alti princìpi dell’essere e custodiscono continuamente e con saldezza la compiutezza che a essi è accordata, è proprio quella che procura in massimo grado la gioia della vita fra tutte le altre attività. [B92] Proprio per gustare le gioie vere e buone gli uomini intelligenti devono dunque dedicarsi alla filosofia.

[B102] Anche la paura della morte che è propria dell’uomo comune attesta il desiderio di conoscenza dell’anima. Essa infatti fugge ciò che le è ignoto, l’oscurità ed il mistero, e per sua natura cerca ciò che è visibile e conoscibile. […]

[B104] Si potrebbe capire questa stessa cosa anche in base a ciò che diremo ora, se soltanto si considerasse la vita umana spassionatamente. Allora si scoprirebbe che tutte quelle cose che appaiono importanti agli uomini, altro non sono che un gioco delle vane ombre. Perciò a ragione si dice anche a ragione che l’uomo è un nulla, e che nulla delle cose umane ha stabilità. Infatti la forza, la grandezza e la bellezza sono cose risibili, e prive di ogni valore; esse ci appaiono tali soltanto perché non siamo in grado di vedere nulla rettamente.

[B105] […] Onore e reputazione, le cose a cui solitamente l’uomo aspira più che ad ogni altra, sono piene di indescrivibile stoltezza; infatti chi ha visto qualcuna delle realtà eterne giudica assurdo faticare per tali scopi. Che cosa c’è tra le cose umane che viva a lungo o abbia una durata consistente? Soltanto per la nostra debolezza e per la brevità della nostra vita, a mio giudizio, anche queste ci appaiono grandi. […] [B108] Per gli uomini non c’è dunque nulla di divino e di beato, all’infuori di quell’unica cosa che sola merita i nostri sforzi, cioè quanto esiste in noi di intelligenza e capacità della mente. Di tutto ciò che è nostro, questo solo sembra incorruttibile.

Aristotele, Protreptico. Esortazione alla filosofia, a cura di Enrico Berti, UTET, Torino 2008.


Aristotele – Questa è la vita secondo intelletto: vivere secondo la parte più nobile che è in noi
Aristotele (384-322 a.C.) – La «crematistica»: la polis e la logica del profitto. Il commercio è un’arte più scaltrita per realizzare un profitto maggiore. Il denaro è l’oggetto del commercio e della crematistica. Ma il denaro è una mera convenzione, priva di valore naturale.
Aristotele (384-322 a.C.) – La mano di Aristotele: più intelligente dev’essere colui che sa opportunamente servirsi del maggior numero di strumenti; la mano costituisce non uno ma più strumenti, è uno strumento preposto ad altri strumenti.
Aristotele (384-322 a.C.) – Da ciascun seme non si forma a caso una creatura qualunque. La nascita viene dal seme.
Aristotele (384-322 a.C.) – In tutte le cose naturali si trova qualcosa di meraviglioso.
Aristotele (384-322 a.C.) – Se l’intelletto costituisce qualcosa di divino rispetto all’essere umano, anche la vita secondo l’intelletto sarà divina rispetto alla vita umana. Per quanto è possibile, ci si deve immortalare e fare di tutto per vivere secondo la parte migliore che è in noi
Aristotele (384-322 a.C.) – Se uno possiede la teoria senza l’esperienza e conosce l’universale ma non conosce il particolare che vi è contenuto, più volte sbaglierà la cura, perché ciò cui è diretta la cura è, appunto, l’individuo particolare.
Aristotele (384-322 a.C.) – Diventiamo giusti facendo ciò che è giusto. Nessuno che vuol diventare buono lo diventerà senza fare cose buone. Il fine deve essere ipotizzato come un inizio perché il fine è l’inizio del pensiero, e il completamento del pensiero è l’inizio di azione. ⇒ Una Trilogia su Aristotele: «Sistema e sistematicità in Aristotele». «Immanenza e trascendenza in Aristotele». «Teoria e prassi in Aristotele».
Aristotele (384-322 a.C.) – Le radici della ‘paideia’ sono amare, ma i frutti sono dolci. Il modello più razionale di ‘paideia’ abbisogna di tre condizioni: natura, apprendimento, esercizio.
Aristotele (384-322 a.C.) – La virtù è uno stato abituale che orienta la scelta, individua il giusto mezzo e lo sceglie. Il male ha la caratteristica dell’illimitato, mentre il bene ha la caratteristica di ciò che è limitato.
Aristotele (384-322 a.C.) – Tutti gli uomini per natura tendono al sapere. L’intelletto è quanto di più elevato si possa pensare, è il «toccare» il vero, rappresenta la realtà più divina ed eccellente che c’è in noi.
Aristotele, La mano è azione: afferra, crea, a volte si direbbe che pensi. La mano ha fatto l’uomo, è l’uomo stesso, è lo strumento degli strumenti. In verità il pensiero si impone come artigianale così come la mano.
Aristotele (384-322 a.C.) – La poesia è qualche cosa di più filosofico e di più elevato della storia. La poesia tende piuttosto a rappresentare l’universale, la storia il particolare
Aristotele (384-322 a.C.) – In qualunque campo si raggiungerebbe la migliore visione della realtà, se si guardassero le cose nel loro processo di sviluppo e fin dalla prima origine.
Aristotele (384-322 a.C.) – Il fatto di vivere è comune anche alle piante. Ciò di cui andiamo in cerca per l’uomo è qualcosa di specifico. Il bene umano risulta essere l’attività dell’anima secondo virtù in una vita umana compiuta, in atto nel senso più proprio. un solo giorno o un breve periodo di tempo non rendono beato e felice nessuno.
Aristotele (384-322 a.C.) – Non si deve nutrire un infantile disgusto verso lo studio dei viventi più umili: in tutte le realtà naturali v’è qualcosa di meraviglioso che offre grandissime gioie a chi sappia comprenderne le cause, cioè sia autenticamente filosofo.
Aristotele (384-322 a.C.) – Moralmente bello significa fare il bene senza mirare al contraccambio. L’uomo moralmente retto ricerca per sé il bello morale e antepone il bello a tutto il resto.
Aristotele (384-322 a.C.) – Tra tutti i beni quelli scelti in vista di se stessi sono fini. Tra questi, poi, sono belli tutti quelli che sono degni di lode. Infatti questi sono quelli da cui derivano azioni che sono degne di lode ed essi stessi sono degni di lode.
Aristotele (384-322 a.C.) – La moneta è nata per convenzione. Essa ha il nome di moneta (nomisma), perché non esiste per natura ma per legge (nomos), e dipende da noi cambiarne il valore e porla fuori corso.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

Enrico Berti – Senza filologia non c’è buona filosofia, ma senza filosofia la filologia, almeno ai filosofi, non interessa.

Enrico Berti, filologia - filosofia

La scarna indicazione, che Giambattista Vico offre nella Scienza nuova, della differenza tra la filosofia, «scienza del vero», e la filologia, «coscienza del certo», ha sicuramente una portata universale, cioè sta a indicare due momenti della conoscenza in generale, quelli che già Aristotele aveva caratterizzato come conoscenza del «che» (hoti), ovvero esperienza, e conoscenza del «perché», ovvero scienza, presupponendo che la conoscenza del vero sia, appunto, conoscenza del perché, cioè della causa (Metaph., I 1.981a 28-30; II 1.993 b 23-24). Se però si applica tale distinzione allo studio storico di un filosofo, come intenderei fare nella presente occasione, la filologia assume il suo significato più circoscritto, e anche più proprio, di conoscenza dei testi, cioè di «che cosa» il filosofo ha esattamente detto, o meglio scritto, e la filosofia assume il significato di spiegazione di tali testi, cioè di conoscenza del «perché» l’ha detto («causa» infatti, nel senso aristotelico, indica qualunque tipo di spiegazione).

Ovviamente il momento filologico è tutt’altro che semplice, perché non si riduce alla comprensione del dettato linguistico, ma include anche l’accertamento della sua autenticità, cioè della sua effettiva appartenenza all’autore studiato; della sua affidabilità, cioè dell’attendibilità dei testi, per gli antichi in genere manoscritti, in cui esso è contenuto, e quindi dell’origine e della storia di questi; del suo esatto significato lessi cale e grammaticale, e quindi del lessico e della grammatica delle lingue antiche. Non meno importante dell’accertamento di che cosa un filosofo ha realmente detto è l’accertamento di che cosa egli non ha detto, cioè di che cosa non si trova affatto nei suoi testi, il che serve a evitargli attribuzioni troppo generose, o troppo rancorose, di dottrine da lui non mai effettivamente professate.

Il momento filosofico, a sua volta, ha tutta la complessità messa in luce dalle diverse forme di ermeneutica, e quindi comprende la conoscenza del contesto anzitutto testuale (l’intera opera e l’intero corpus delle opere del filosofo), ma poi anche culturale, sociale, insomma storico in generale, e la conoscenza delle interpretazioni che di un testo sono state date nella storia, delle controversie che esso ha suscitato, dell’influenza che esso ha esercitato, ma anche la valutazione del significato che esso ha per noi oggi, cioè del suo valore, sia pure relativo, di verità. È più onesto, infatti, che tale valutazione sia esplicita, piuttosto che taciuta e tuttavia tacitamente operante e influente sull’interpretazione. In tal modo il lettore sarà più libero di prendere, a sua volta, posizione, e di giudicare l’attendibilità dell’interprete. Va detto infatti che, almeno nello studio dei filosofi, la filologia è di per sé poco interessante, se non serve a una conoscenza approfondita del loro pensiero, la quale permetta eventualmente di farne tesoro per il proprio modo di pensare. La tesi che intendo proporre è che senza filologia non c’è buona filosofia, ma senza filosofia la filologia, almeno ai filosofi, non interessa.

Enrico Berti, Filosofia e filologia nello studio di Aristotele, in Id., Storicità e attualità di Aristotele, Edizioni Studium , Roma 2020, pp. 51-52.


Enrico Berti – La mia esperienza nella filosofia italiana di oggi.
Enrico Berti – Per una nuova società politica
Enrico Berti – La capacità che una filosofia dimostra di risolvere i problemi del proprio tempo è la condizione necessaria, anche se non sufficiente, perché essa sia giudicata eventualmente capace di risolvere i problemi di altri tempi, o del nostro tempo, e dunque possa essere considerata veramente “classica”.
Enrico Berti – Ciò che definisce l’uomo è anzitutto la parola. Non è del tutto appropriata la traduzione latina della definizione di uomo messa in circolazione dalla scolastica medievale, cioè animal rationale, la quale si basa sulla traduzione di logos con ratio. Certamente l’uomo è anche animale razionale, ma il concetto di logos è molto più ricco di quello di “ragione”.
Enrico Berti – Nichilismo moderno e postmoderno
Enrico Berti – È risonata più volte la proclamazione heideggeriana della fine dell’epoca della metafisica. Di fatto è esistita, e quindi ha una storia. Anche le più famose negazioni di essa sono state ridimensionate, e la metafisica appare oggi ancora viva e vigorosa.
Enrico Berti – Nessuno vorrà ritornare a concezioni metastoriche e disincarnate della filosofia. Il far filosofia non può essere infatti un’attività a buon mercato, non comportante alcun rischio, ma deve costar caro […].
Enrico Berti – «Scritti su Heidegger».
Enrico Berti – Recensione al libro di Maurizio Migliori, «Il “Sofista” di Platone. Valore e limiti dell’ontologia». Per migliori il “Sofista” mostra che in Platone l’amore del dialogo supera ogni desiderio di affermare tesi particolari.
Enrico Berti – La crematistica va contro la stessa natura dell’uomo, è ingiusta e immorale. Vorrei una città in cui l’uomo realizzi tutte le proprie capacità, non solo fisiche, ma anche spirituali, per mezzo dell’educazione, dell’arte, della scienza, della filosofia.
Enrico Berti – Aristotele non era un teologo.
Enrico Berti – La fortuna di Aristotele nella storia della cultura. Oggi le sue idee sono tornate in auge in tanti modi: come l’irreversibilità del tempo di I. Prigogine, l’unità mente-corpo o il continuo matematico in R. Thom. Fanno sorridere le accuse rivolte ad Aristotele da Heidegger e dai suoi inconsci epigoni.
Enrico Berti – Pensare con la propria testa? La filosofia deve essere insegnata a tutti per sviluppare in ciascuno la razionalità, lo spirito critico, la capacità di “pensare con la propria testa”. Filosofare significa fare filosofia insieme con i grandi filosofi, “confilosofare” con loro.
Enrico Berti – Il platonismo ha il grande merito di mostrare che c’è un’altra possibilità, che dunque la giustizia è possibile. Un messaggio che lascia indifferente chi se la spassa, ma non chi soffre, lotta e spera. Non si tratta, con buona pace di Nietzsche, di nichilismo, né passivo né attivo, né, con altrettanta pace di Heidegger, di oblìo dell’essere, ma di autentico impegno, filosofico, etico e politico.
Enrico Berti – Nuovi studi aristotelici. Volume V – Dialettica – Fisica – Antropologia – Metafisica
Enrico Berti – Il dio di Aristotele.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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