William Shakespeare (1564-1616) – C’è un momento in cui l’uomo è padrone del suo destino: la colpa non è nella nostra stella, ma in noi stessi, che ci lasciamo sottomettere
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«C’è un momento in cui l’uomo è padrone del suo destino: la colpa, caro Bruto, non è nella nostra stella, ma in noi stessi, che ci lasciamo sottomettere».
William Shakespeare, Giulio Cesare, atto I, scena II, Rizzoli, Milano 1981.
William Shakespeare (1564-1616) – Nell’uomo che non ha la musica in se stesso, i moti del suo cuore sono spenti come la notte.
William Shakespeare (1564-1616) – Date parole al dolore. La sofferenza interiore che non parla, sussurra al cuore troppo gonfio fino a quando si spezza.
William Shakespeare (1564-1616) – Se la musica è l’alimento dell’amore, seguitate a suonare, datemene senza risparmio. Oh, spirito d’amore, quanto sei vivo e fresco! Così multiforme si presenta amore, da esser, lui solo, il trionfo della fantasia.
William Shakespeare (1564-1616) – Beati son coloro i cui impulsi e il cui giudizio non assomigliano per nulla a una zampogna su cui le dita della Fortuna possan suonare il tasto che le aggrada.
William Shakespeare (1564-1616) – L’uomo che non ha musica in se stesso, che l’armonia dei suoni non commuove, sa il tradimento e la perfida frode. Le sue emozioni sono una notte cupa. I suoi pensieri un Erebo nero. Alla musica credi, non a lui.
