Tony Judt (1948-2010) – Costruiscono un senso comune fondato sull’ossessione per la creazione di ricchezza, sul culto della privatizzazione e del settore privato. I ricchi non vogliono le stesse cose che vogliono i poveri.


«Siamo immersi in un mare di senso comune fondato sull’ossessione per la creazione di ricchezza, sul culto della privatizzazione e del settore privato, sulle disparità crescenti tra ricchi e poveri. […] I ricchi non vogliono le stesse cose che vogliono i poveri. Chi dipende dal posto di lavoro per la propria sussistenza non vuole le stesse cose di chi vive di investimenti e dividendi. Chi non ha bisogno di servizi pubblici (perché può comprare trasporti, istruzione, e protezione sul mercato privato) non cerca le stesse cose di chi dipende esclusivamente dal settore pubblico. [ … ] Le società sono organismi complessi, composti da interessi in conflitto fra di loro. Dire il contrario (negare le distinzioni di classe, di ricchezza, o di influenza) è solo un modo per favorire un insieme di interessi a discapito di un altro. Un tempo una simile affermazione era scontata: oggi ci incoraggiano a liquidarla come un incitamento irresponsabile all’odio di classe».
Tony Judt, Guasto è ilmondo, Laterza, Roma-Bari 2012, pp. 3, 12.
