Werner Jaeger (1888-1961) – Assistiamo ad uno spezzettamento della vera paideia, che sempre era stata educazione dell’uomo alla «areté intera», in una quantità di capacità speciali senza un fine dominante. Restituire questo fine alla vita dell’uomo e così conferire, di nuovo, significato e unità a tutte le singole parti, ormai disgregate, dell’esistenza.

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008Non è lecito in nessun caso dare poca importanza alla vera educazione: è dovere di ognuno dedicarsi a questo fine per tutta la vita e con tutte le forze. Assistiamo ad uno spezzettamento della vera paideia, che sempre era stata educazione dell’uomo alla «areté intera», in una quantità di capacità speciali senza un fine dominante. Restituire questo fine alla vita dell’uomo e così conferire, di nuovo, significato e unità a tutte le singole parti, ormai disgregate, dell’esistenza.


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Sostiene Platone che «l’educazione degli educati» nel loro insieme è di altissima importanza per la polis, perché ne fa uomini di reale capacità che fanno tutto come si deve […]. Cultura (paideia) produce vittoria, ma non sempre la vittoria produce anche cultura: spesso anzi ne nasce incultura (apaideusìa).

[…] Nell’uso comune, spiega Platone, si suol chiamare paideia la formazione acquisita in ogni specie di attività, e si suol parlare di paideia o del suo contrario perfino nei mestieri di mercante o di padrone di nave o in qualsiasi altra simile attività.
Però se la paideia si considera dal nostro punto di vista, cioè da quello di un educatore, che vuol infondere nello stato un certo ethos, uno spirito che lo penetri in tutto, allora per cultura si deve intendere piuttosto una educazione alla virtù iniziata fin dalla prima fanciullezza, che ecciti nell’uomo il desiderio di divenire un compiuto cittadino […].

A tutte le altre specie di formazione riferentisi solo a qualcosa di particolare si dovrebbe, a rigore, rifiutare il nome di cultura, paideia, giacché sono banausiche, mirano al guadagno o a un’altra qualunque capacità o conoscenza, priva di principio spirituale che la governi e di fine retto, o sono puro mezzo e strumento. […] Giacché non c’è dubbio per lui che gli uomini educati bene, in generale, diventano uomini valenti. Non è lecito in nessun caso dare poca importanza alla vera educazione; essa è anzi, per i migliori tra gli uomini, il più alto di tutti i valori ideali […]. E quando questo valore venga a scadere e il restaurarlo appaia possibile, è dovere di ognuno dedicarsi a questo fine per tutta la vita e con tutte le forze.

Con queste parole Platone caratterizza se stesso e l’opera della sua vita. Come ai suoi occhi si presenti lo stato di fatto, egli lo dice qui chiaramente: si tratta dello spezzettamento della vera paideia, che sempre era stata educazione dell’uomo alla «areté intera», in una quantità di capacità speciali senza un fine dominante. La filosofia di Platone vuoi restituire questo fine alla vita dell’uomo e così conferire, di nuovo, significato e unità a tutte le singole parti, ormai disgregate, dell’esistenza. Egli dové accorgersi a fondo che la sua epoca, nonostante la mirabile ricchezza di capacità e conoscenze speciali, rappresentava in realtà una caduta di livello della cultura.

Quel che egli intenda per ricostruzione della paideia, lo rappresenta chiaramente con la contrapposizione della vera educazione umana, che egli cerca, alla formazione meramente speciale e professionale.

Riconquistare al suo tempo questa totalità dell’areté, e quindi dell’uomo e della vita, era il compito più duro e meritorio di tutti, non paragonabile con qualsiasi altro servizio che lo spirito filosofico potesse rendere in questo o quel campo di conoscenza.

La soluzione che di tal problema Platone concepisce si può meglio che altrove scorgere nella Repubblica, il cui edificio tutto si fonda sul fatto che l’idea del bene, principio primo di tutti i valori, è posta dominatrice nel centro del cosmo. La scoperta decisiva, per quel che spetta all’educazione, è che essa ha da prendere le mosse da questo quadro del cosmo, e deve volgersi intorno all’idea del bene, come intorno al suo sole. […]

Il suo ideale di paideia è, nella sua più intima essenza, autodominio, non dominio esercitato da altri, dal di fuori, con la forza […].

 

 

Werner Jaeger, Paideia. La formazione dell’uomo greco, 3 voll., La Nuova Italia, Firenze 1999, vol. III, pp. 387-395.


Werner Jaeger (1888-1961) – L’arte ha in sé una illimitata capacità di comunicazione spirituale, perché possiede ad un tempo quella universalità e quell’evidenza vitale immediata che sono le due condizioni più importanti dell’efficacia educativa. La poesia si trova così sempre in vantaggio, rispetto ad ogni ammaestramento meramente razionale e a tutte le verità di ragione universali. La poesia è più filosofica della vita reale, ma è anche più piena di vita che la conoscenza filosofica, mercé la sua concentrata realtà spirituale.

Werner Jaeger (1888-1961) – L’importanza storica dei Greci quali educatori deriva dalla nuova e consapevole concezione della posizione dell’individuo nella comunità. La loro scoperta dell’uomo non è la scoperta dell’Io soggettivo, ma l’acquistar coscienza delle leggi universali della natura umana.

Werner Jaeger (1888-1961) – Stato non è mai mera potenza, ma è sempre la struttura spirituale del portatore di questa potenza, dell’uomo. L’incultura è la causa per cui gli stati vanno in rovina. È chiaro allora che bisogna togliere agl’incolti la possibilità d’influire sull’azione del governare.

Werner Jaeger (1888-1961) – Assistiamo ad uno spezzettamento della vera paideia, che sempre era stata educazione dell’uomo alla «areté intera», in una quantità di capacità speciali senza un fine dominante. Restituire questo fine alla vita dell’uomo e così conferire, di nuovo, significato e unità a tutte le singole parti, ormai disgregate, dell’esistenza.


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