Michel Pastoureau – Il rosso per millenni è stato dominante sia nella cultura materiale, che nei codici sociali e nei sistemi di pensiero.

Michel Pastoureau
Rosso. Storia di un colore

Rosso. Storia di un colore

008«Lo storico deve costantemente rammentare che non esiste alcuna verità universale del colore, né per quanto riguarda le sue definizioni, le sue pratiche o i suoi significati, né per quanto riguarda la sua percezione. Anche in questo caso, tutto è culturale, strettamente culturale». M. Pastoureau, in Medioevo simbolico.


Michel Pastoureau, Rosso. Storia di un colore, traduzione di Guido Calza, Ponte alle Grazie, 2017, pp. 261.

 


 Risvolto di copertina

Nella civiltà occidentale, il rosso è il primo colore che viene usato sia in pittura che in tintoria. Probabilmente è per questo che è stato a lungo il colore per eccellenza, il più ricco dal punto di vista sociale, artistico e simbolico. Nell’Antichità è stato il simbolo della guerra, della ricchezza e del potere. Nel Medioevo ha assunto una forte connotazione religiosa, evocando sia il sangue di Cristo che le fiamme dell’Inferno, ma nella dimensione profana è stato anche il colore dell’amore, della gloria e della bellezza e la Rivoluzione francese lo farà diventare anche un colore ideologico e politico. Il primo colore che l’uomo abbia padroneggiato, fabbricato, riprodotto e dunque quello sul quale lo storico, il sociologo o l’antropologo hanno più cose da dire che su tutti gli altri. Rosso – quarto capitolo di un’opera di alto profilo che vede in libreria Blu, Nero, Verde e prevede il giallo come quinta e ultima tappa – è un testo ricchissimo, che considera il rosso lungo un orizzonte temporale molto ampio e sotto tutti i punti di vista: una bussola che ci permetterà di orientarci nel labirinto cromatico di questo colore archetipico della storia e della cultura occidentale.


 

«Oggi il blu è il colore preferito in Occidente ma nell’antichità contava poco, al contrario del rosso che per millenni è stato dominante sia nella cultura materiale, che nei codici sociali e nei sistemi di pensiero».
«La sua egemonia nasce per questioni materiali visto che è il colore i cui pigmenti sono più facili da trovare in natura e da fabbricare, con una vasta gamma di tonalità. Come sempre, al dato materiale si aggiunge quello simbolico. È il colore ambivalente, ispirato al sangue, dunque alla vita ma anche alla morte, o a un elemento distruttore come il fuoco».
«Già durante il paleolitico viene considerato come un colore che protegge. I capi se lo cospargono sul corpo, viene messo nei sepolcri con blocchi d’argilla. Nell’antica Roma solo l’imperatore ha il diritto di vestirsi interamente di porpora. Anche i Papi per secoli sono stati ammantati di rosso, solo dopo il Medioevo è comparso il bianco. Ancora oggi la simbologia degli onori sociali è legata a questo colore: si dice per esempio “stendere il tappeto rosso”. È anche un accessorio della bellezza, dei primi trucchi, tra l’altro anche maschili. Fino al Diciottesimo secolo, i nobili si truccavano il viso di rosso».
«L’evoluzione più recente si ha con la storia della bandiera rossa sventolata come simbolo di pace durante una manifestazione della Rivoluzione francese, nel 1791. Allora l’esercito sparò lo stesso e con i martiri quel drappo è diventato emblema politico della rivolta popolare, poi della sinistra».
«E poi c’è l’amore in ogni sua forma …».
Michel Pastoureau

Michel Pastoureau

Medioevo simbolico
Laterza
Sinossi
La mitologia di alberi e boschi, i bestiari delle fiabe, il gioco degli scacchi, la storia e l’archeologia dei colori, l’origine degli stemmi e delle bandiere, la leggenda di re Artù e quella di Ivanhoe. Un grande storico dei simboli alle prese con l’affascinante complessità di segni e sogni del Medioevo occidentale.
Indice

Il simbolo medievale. In che modo l’immaginario fa parte della realtà

Una storia da costruire – L’etimologia – L’analogia – Lo scarto, la parte e il tutto – I modi di intervento

L’animale

I processi ad animali. Una giustizia esemplare?

Il Medioevo cristiano di fronte all’animale – La scrofa di Falaise – Una storiografia deludente – Tipologia dei processi – Perché tanti maiali in tribunale? – L’anima delle bestie – La buona giustizia

L’incoronazione del leone. In che modo il bestiario medievale si è dato un re

Leoni dappertutto – La fauna del blasone – Una triplice eredità – Nascita del leopardo – L’arca di Noè – L’orso detronizzato

Cacciare il cinghiale. Dalla selvaggina regale alla bestia impura: storia di una svalutazione

Le cacce romane – I libri di caccia coi cani – Dai testi cinegetici ai documenti di archivio – Il cinghiale, un animale diabolico – Il cervo, un animale cristologico – La Chiesa di fronte alla caccia

Il vegetale

Le virtù del legno. Per una storia simbolica dei materiali

Un materiale vivente – La materia per eccellenza – Il taglialegna e il carbonaio – L’ascia e la sega – Gli alberi benefici – Gli alberi malefici

Un fiore per il re. Per una storia medievale del giglio di Francia

Un fiore mariano – Un fiore regale – Un ornamento cosmico – Un fiore condiviso – Una monarchia vegetale, p. 97

Il colore

Vedere i colori del Medioevo. È possibile una storia dei colori?

Difficoltà documentarie – Difficoltà metodologiche – Difficoltà epistemologiche – Il lavoro dello storico – Speculazioni dotte – Pratiche sociali – Vedere i colori nel quotidiano

Nascita di un mondo in bianco e nero. La Chiesa e il colore dalle origini alla Riforma

Luce o materia? – La chiesa medievale, tempio del colore, p. 125 – Liturgia del colore – L’abito: dal simbolo all’emblema – Un colore onesto: il nero – La «cromoclastia» della Riforma

I tintori medievali. Storia sociale di un mestiere riprovato

Artigiani divisi e litigiosi – Il tabù delle mescolanze – Le raccolte di ricette – Difficoltà della tintura medievale, p. 165 – Un mestiere svalutato – I dati del lessico – Gesù tra i tintori

L’uomo rosso. Iconografia medievale di Giuda

Giuda non è solo – Il colore dell’altro – Rosso, giallo e chiazzato – Tutti i mancini sono rossi

L’emblema

La nascita delle arme. Dall’identità individuale all’identità familiare

La questione delle origini – Il problema della datazione, p. 197 – L’espressione dell’identità – La diffusione sociale, p. 201 – Figure e colori – Brisure e arme parlanti – La lingua del blasone – Dallo scudo al cimiero – La mitologia della parentela

Dalle arme alle bandiere. Genesi medievale degli emblemi nazionali

Un oggetto storico poco studiato – Dall’oggetto all’immagine – Una storia lunga – L’esempio bretone – Quando l’emblema fa la Nazione – Un codice europeo a scala planetaria – Come nascono le bandiere – Stato o Nazione?

Il gioco

L’arrivo del gioco degli scacchi in Occidente. Storia di una acculturazione difficile

Un gioco venuto dall’Oriente – La Chiesa e gli scacchi – L’avorio, un materiale vivente – Ripensare i pezzi e la partita – Dal rosso al nero – Una struttura infinita – Un gioco per sognare

Giocare al re Artù. Antroponimia letteraria e ideologia cavalleresca

Una letteratura militante – Dai nomi letterari ai veri nomi, p. 272 – Rituali arturiani – Tristano, l’eroe preferito – Ideologia del nome

Risonanze

Il bestiario di La Fontaine. L’armerista di un poeta nel XVII secolo

Un bestiario familiare – Un armerista letterario – Animali emblematici – Araldica della favola

Il sole nero della malinconia. Nerval lettore delle immagini medievali

Un manoscritto prestigioso – Il sole nero – I fermenti della creazione – Un’opera aperta

Il Medioevo di «Ivanhoe». Un best-seller d’epoca romantica

Uno straordinario successo di libreria – Dalla storia al romanzo e ritorno – Un Medioevo esemplare

Note

Fonti

Indice analitico



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Ludovico Geymonat (1908-1991) – Si sostiene oggi da varie parti che nel mondo attuale non vi è più posto per la filosofia. Io non sono affatto di questo parere. Le ricerche specialistiche non si rivelano in grado di generare un’autentica cultura.

Ludovico Geymonat 01
Contro il moderatismo

Contro il moderatismo

 

008[…] si sostiene oggi da varie parti che nel mondo attuale non vi è più posto per la filosofia. Io non sono affatto di questo parere. Le ricerche specialistiche hanno dei compiti via via più importanti, vero è però che esse non si rivelano in grado di generare un’autentica cultura.


«[…] si sostiene oggi da varie parti che nel mondo attuale non vi è più posto per la filosofia. Tutti sono disposti a riconoscere che in altre epoche essa rappresentò il grande tronco della cultura: tronco da cui si diramarono a poco a poco le singole branche del sapere (dalle scienze matematiche alle scienze fisiche, a quelle sociali) e che costituì per molti secoli la base ultima su cui esse si reggevano; oggi però – si aggiunge – tali discipline sono diventate maggiorenni, non hanno più bisogno di cercare fuori di sé il proprio fondamento, possono fare tranquillamente a meno della matrice da cui hanno tratto la loro prima origine. Oggi la cultura si concretizza nelle indagini specialistiche, le quali sole hanno i mezzi per accrescere sul serio le nostre conoscenze; al di là di queste indagini vi è unicamente il vuoto dei discorsi retorici, indegni di un qualsiasi studioso serio.

Se accettassimo tali argomentazioni, non ci resterebbe che proporre la chiusura di tutti gli Istituti di Filosofia o la loro trasformazione in Istituti di carattere specialistico, rivolti all’approfondimento di qualche settore particolare della cultura; per esempio dell’antropologia, della storia della filosofia, della metodologia delle scienze, o di qualche altro campo che possa apparire più in linea con la moda culturale del momento.

Desidero dichiarare subito, con molta franchezza, che io non sono affatto di questo parere.

Se è indubbiamente vero che oggi le ricerche specialistiche hanno dei compiti via via più importanti e danno prova di saperli assolvere con grande efficacia accrescendo di giorno in giorno il dominio dell’uomo sul mondo, vero è però che esse non si rivelano in grado di generare un’autentica cultura.

[…] Va poi osservato che non è neanche vero che l’impostazione rigorosamente specialistica risulti oggi del tutto soddisfacente per le stesse scienze particolari. Al contrario, sono proprio esse a dare segni manifesti di una esigenza antitetica: sono cioè gli stessi specialisti ad accorgersi di non poter approfondire oltre un certo limite le loro indagini senza impegnarsi in problemi che richiedono discussioni più ampie […]».

Ludovico Geymonat, Per un nuovo insegnamento della filosofia [1964], in Id., Contro il moderatismo. Interventi dal 1945 al 1978, a cura di Mario Quaranta, Feltrinelli, Milano 1978, pp. 137-138.

«Ludovico Geymonat, un intellettuale “indisciplinato” rispetto all’ortodossia dei partiti che per varie ragioni respingevano – spesso in modo sbigativo – atteggiamenti autonomi, proposte innovative e di critiche alla cultura […]». Mario Quaranta, in ibidem, p. 7.


Ludovico Geymonat

Nato a Torino l’11 maggio 1908, deceduto a Rho (Milano) il 29 novembre 1991, filosofo e matematico. È considerato uno dei più importanti filosofi italiani del Novecento. Di famiglia valdese, si era laureato in filosofia all’Università di Torino nel 1930 e, due anni dopo, aveva conseguito la laurea in matematica. Durante il ventennio, avendo rifiutato di iscriversi al PNF, gli fu preclusa la carriera accademica; si mantenne insegnando in scuole private.

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Nel 1942, Geymonat aderì al Partito comunista clandestino e, dopo l’armistizio, fece della sua casa di Barge il centro organizzativo delle Brigate Garibaldi della zona.
I fascisti lo arrestarono nel novembre del 1943, ma il professore, incarcerato a Saluzzo, fu rilasciato per mancanza di prove. Prese così la strada dei monti e, con il nome di copertura di “Luca Ghersi”, divenne commissario politico della 55° Brigata “Carlo Pisacane”, operante nella valle del Po.
Dopo la Liberazione, Geymonat (che fu capo redattore dell’edizione piemontese de l’Unità e assessore al Comune di Torino), intraprese l’insegnamento universitario.
Dal 1956 al 1978, tenne all’Università di Milano la prima cattedra di Filosofia della scienza istituita in Italia. Partecipò anche alla fondazione del Centro di Studi metodologici di Torino e, nel 1963, cominciò a dirigere la collana di classici della Scienza, della Casa editrice UTET.
Negli ultimi anni della sua vita, Geymonat lasciò il PCI, si avvicinò a Democrazia Proletaria e aderì, infine, al Partito della Rifondazione Comunista. Grande divulgatore della storia della filosofia (molto diffuso nei Licei il suo manuale Storia del pensiero filosofico e scientifico), Geymonat ha lasciato molte importanti opere. Ricordiamo: Il problema della conoscenza nel positivismo (1931), La nuova filosofia della natura in Germania (1934), Studi per un nuovo razionalismo (1945), Saggi di filosofia neorazionalistica (1953), Galileo Galilei (1957), Filosofia e filosofia della scienza (1960), Scienza e realismo (1977). Di Geymonat sono anche i sette volumi della Storia del pensiero filosofico e scientifico, scritti tra il 1970 e il 1976. Del 1974 è Attualità del materialismo dialettico, in collaborazione con Bellone, Giorello e Tagliagambe e, del 1986 (con Giorello e Minazzi) Le ragioni della scienza.

Geymonat e Dal Pra

Geymonat e Dal Pra

 



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