Le donne.
Ho chiesto un punto interrogativo al tema che mi veniva suggerito.
C’è anche un pensiero delle donne?
Il punto interrogativo è d’obbligo, perché la cultura greca antica, che pure ci arriva con ricche testimonianze, non ha voci di donne dirette per noi. Se togliamo una voce incantevole che è quella della poetessa Saffo, le donne ci arrivano sempre come voci mediate, come voci indirette. Potrebbero anche essere voci in qualche modo manipolate, adulterate: saranno voci vere?
Socrate, quasi attraverso un ventriloquio, ci riporta Diotima nel Simposio, quel racconto meraviglioso di Eros, nato dalla povertà e dall’espediente che certa di rimediare alle crisi e alle mancanze della povertà. È ancora Socrate, nel Menesseno, che riporta la voce di Aspasia, una intellettuale di primo ordine, di cui sappiamo che aveva insegnato a Pericle la retorica gorgiana, gli aveva insegnato a parlare dunque, ad essere convincente. Ma Aspasia ci arriva attraverso Socrate.
Dall’altra parte abbiamo un teatro, che è la forma di comunicazione per eccellenza dell’Atene democratica del V secolo a.C., di questo secolo d’oro. Abbiamo un teatro tragico e un teatro comico che è abitato – è affollato direi – di personaggi femminili: numerosi, forti, dirompenti.
Non sono soltanto di donne quelle voci del passato che non passa, sono anche talvolta le voci del futuro che incombe. Voglio pensare alle Baccanti, un capolavoro dell’umanità (come lo è l’Orestea, come lo sono le Troiane). Una tragedia tarda, e postuma: Euripide la scrive in Macedonia. È una tragedia con un Dio in scena e con il palazzo del potere che crolla. Ci stiamo ancora domandando – come studiosi – come questo palazzo del potere crolli: con quali effetti, quali erano i mezzi, non c’era scenografia in questo teatro. Che cosa poteva succedere? Il pubblico comunque lo percepiva. E ne percepiva la paura. Il palazzo del potere crolla e il Dio si libera dai legami e dalla prigione in cui il tiranno Penteo crede di averlo costretto. E le donne, sedotte da Dioniso, lasciano le case per il monte, lasciano la città per il bosco: sono le prime ad avvertire quella forza che il Dio, pur se escluso dal potere, libera in ogni caso nella città che lo rifiuta. Sono le prime ad avvertirla quella energia, quella forza, e le prime a sottrarsi a quell’arroganza del potente, di Penteo, che cerca di trattenerle, che vorrebbe con la forza riportarle nelle case. E se le donne sono le prime, sono proprio i pilastri della società che crollano, perché le donne, come madri, come figlie, come sorelle, sono coloro che sorreggono la società nei legami capitali e fondamentali.
Tutto ciò ci fa capire come i classici più che ascoltarci ci debbano inquietare. Come siano ineludibili le provocazioni che ci vengono da questi testi e come nel teatro le donne siano gli strumenti privilegiati di questa critica potente. Quello sguardo eccentrico delle donne che prima coglie e poi colpisce i centri nevralgici di una logica del vivere collettivo che non è più condivisibile. Ci sono le donne comiche che sono laboratori di utopia infiniti oltre che di risata e di liberazione. Sono talmente forti in questa loro energia utopica di un mondo da rifondare, da rinnovare, di un mondo possibile, che è la filosofia stessa, la filosofia platonica, attraverso Socrate, ad attingere a questa meravigliosa capacità e potenza delle donne del teatro comico e delle donne del tetro tragico di cui abbiamo parlato: sono esse i granelli di sabbia, creature a volte minuscole, queste madri e queste vergini, che fanno inceppare i meccanismi di una città che sembra molto ben oliata, che sembra procedere quasi in automatico, ma che rivela – proprio sotto questo attacco e questa critica femminile – fragilità inattese.
Come con essere affascinate, come non essere affascinati?
Soprattutto in questa tristezza di una regressione culturale femminile, che forse va più veloce, e va oltre quello che ci aspetteremmo e ci aspettiamo anche dalla società nel suo complesso.
Anna Beltrametti
Pubblicato su YouTube da youcafoscari il 01-06-2012
A cura di Alberto Camerotto e Filippomaria Pontani – Università Ca’ Foscari Venezia – Dipartimento Studi Umanistici – Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali – Associazione Italiana di Cultura Classica Venezia – Centro Studi “Antropologia e Mondo Antico” – Università di Siena – Comune di Vicenza Assessorato alla Cultura – Liceo Classico Antonio Pigafetta Vicenza – Daniela Caracciolo, Luciano Chiodi, Stefano Strazzabosco, Dino Piovan.
Progetto video a cura di Emanuele Basso, Marco Del Monte, Luca Pili.
Disegno dell’Equus Troianus di Luciano De Nicolo.
Alcuni libri di Anna Beltrametti
Anna Beltrametti, Erodoto, La Nuova Italia, 1986.
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Immagini della donna, maschere del logos, in I Greci, II/2, Torino, Einaudi, 1997.
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Tragedie di Euripide
Einaudi, 2002
Il volume raccoglie tutte le tragedie di Euripide nella traduzione di Filippo Maria Pontani. Ma la novità del commento, affidato a Anna Beltrametti, sta nella scelta di raggrupparle per temi, con introduzioni di tipo antropologico e storico-culturale per ogni sezione. Queste le aree tematiche: Eros e gamos; Alle radici del mito ateniese; Lo sguardo rovesciato delle donne di Troia; Dai legami di sangue ai crimini di famiglia; Gli eroi folli e la fine dell’eroe; Idoli e sostituzioni mitiche; Dioniso e Reso, il suo profeta.
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Repubblica. Da Platone
Ets, 2003. Pubblicazione della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Pavia.
Scegliendo la forma della riscrittura gli autori amplificano lo spazio interpretativo. Dei testi platonici il dramma svolge le implicazioni, sviluppa i sottintesi, esaspera le tensioni tra i personaggi. Dà la parola a quelli che erano muti nel dialogo platonico della kallipolis, evoca quelli che non erano là, nella casa di Cefalo, ma erano nella mente dei presenti, come Alcibiade, introduce quelli che non erano là per il dialogo, ma vi sarebbero entrati, per uccidere gli amici e confiscare i loro beni, all’alba del colpo di Stato. Innescate dalla memoria di Lisia, il sopravvissuto, riconsiderate dal punto di vista dei loro esiti di terrore e di orrore, di un futuro già del tutto compiuto, circostanze apparentemente slegate si concatenano in una sequenza sconcertante di cause e di effetti: il processo e la condanna di Socrate, su cui il dramma si apre e si chiude, appaiono l’ultimo episodio di una tragedia annunciata. Senza cercare facili effetti, il dramma, con le dislocazioni tipiche della tragedia greca e di tutto il buon teatro, proietta su Platone inquietudini della nostra contemporaneità, ma, soprattutto, scopre in Platone immagini, temi e personaggi che attraversano la storia e ancora sembrano cogliere, dire e far vedere, le ambiguità del nostro tempo. Nel montaggio incrociato di storia antica e disagio presente, personaggi forti, che si confrontano in scontri duri, su tutti i piani, secondo tutti i registri di linguaggio – colloquiale, quotidiano e colto; criptico; triviale, pragmatico e violento; nostalgico, sentimentale e introspettivo obbligano il pubblico a nuove domande sull’Atene che ha studiato e sull’attualità che sta vivendo (Anna Beltrametti).
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La letteratura greca. Tempi, luoghi, forme
Carocci, 2005.
l volume presenta ciò che ci resta della letteratura greca antica non solo secondo la sequenza cronologica, ma anche secondo la distribuzione geografica. Alla base c’è l’intento di contrastare periodizzazioni secche (il tempo non passa con la stessa velocità nei vari luoghi) e il consolidarsi di false prospettive, di mostrare come le forme si modifichino o si conservino non solo nel tempo o in funzione delle occasioni a cui rispondono, ma anche in relazione ai luoghi, profondamente e durevolmente segnati da cerimonie e rituali specifici, da consuetudini culturali precise. Anna Beltrametti insegna Lingua e letteratura greca presso l’Università di Pavia.
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Studi e Materiali per le Baccanti di Euripide. Storia Memorie Spettacoli
Ibis, 2007.
Le “Baccanti” sono state un classico di culto ricorrente nel Novecento e sono tornate al centro dell’attenzione sul volgere del secolo e del millennio. Perché questi ritorni? Perché l’ultima tragedia di Euripide, che aveva portato in scena un dio straniero fatto uomo e il crollo dei palazzi del potere, superando le regole di verosimiglianza e i mezzi di rappresentazione del teatro antico, ci si ripresenta con questa frequenza? Con quali significati? Le “Baccanti” hanno accompagnato la rivoluzione culturale degli Anni Sessanta, in Europa come in America: il dio della pace, dell’amore, del vino, delle corse montane e del ritorno alla natura traspariva allora in filigrana come memoria e come proiezione più o meno consapevole negli eccessi e negli abbandoni dei figli dei fiori. Ora, agli inizi del terzo millennio, ancora l’orizzonte sembra riempirsi di quel dio immaginato da Euripide, di quel dio giovane, nuovo, potente, seduttivo e crudele, di quello straniero che non tollerò rifiuti e condannò Penteo allo “sparagmos”. Anche per questo suo ripresentarsi, ciclico, nel nostro immaginario a interpretare gli snodi cruciali della nostra storia, questo studio mira a capire da quali radici storiche Euripide aveva maturato una divinità tanto diversa dagli altri dèi del pantheon politico coevo, attraverso un intreccio recepito fin dall’antichità come un affresco astorico, e come tale poi riproposto per diramazioni capricciose, re-immaginato e riaffabulato.
Il volume comprende studi di Anna Beltrametti, Stefano Caneva, Jesús Carruesco, Francesco Macrì, Francesco Massa, Giovanni Panno, Patrizia Pinotti, Ilaria Rizzini, Massimo Stella, Viviana Traficante, Martina Treu e altri.
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La storia sulla scena. Quello che gli storici antichi non hanno raccontato
Carocci, 2011.
I maestri del teatro ateniese, come solo i più grandi artisti, hanno superato quasi miracolosamente la loro contemporaneità. Forse anche al di là delle loro intenzioni. Non scrivevano infatti per i posteri, ma radicavano le loro drammaturgie nei drammi sociali del momento, in conseguenza o in preparazione di grandi eventi, a seconda delle personalità che dominavano il clima politico. La storia del V secolo traspare chiara nella presa diretta dei comici che spesso hanno fatto teatro di vicende, persone e luoghi chiamati con il loro nome. E si lascia intravedere sottesa anche nelle trame mitiche della tragedia: perché gli stessi soggetti tragici sarebbero stati variati dai diversi drammaturghi e riscritti dal medesimo maestro per illustrare altri temi e sotto segni talvolta rovesciati? Perché Edipo appare come grande sovrano e capitale trasgressore nell’Edipo Re per ricomparire come baluardo di salvezza nell’Edipo a Colono? Perché Oreste, eroe eschileo della nuova giustizia politica delle leggi e dei tribunali, torna in Euripide come criminale recidivo e folle? Su questa dimensione storica forse più caduca, ma tanto più specifica e incisiva, sulle forme e sulla potenza del rapporto, talvolta dissimulato, tra il grande teatro ateniese e i suoi contemporanei vogliono fare luce gli studi raccolti nel libro.
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