Arianna Fermani – Fare di se stessi la propria opera significa realizzarsi, dar forma a ciò che si è solo in potenza. attraverso l’energeia, e nell’energeia, l’essere umano si realizza come ergon, si fa opera. Chi ama, nutrendosi di quell’energeia incessante che è l’amore, scrive la sua storia d’amore, realizza il suo ergon, la sua opera. È solo amando che un amore può essere realizzato, esattamente come è solo vivendo bene che la vita buona prende forma

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Il saggio si propone di riflettere sul modello classico del bios teleios, cioè della felicità della vita nella sua totalità, cercando di mostrare come il dialogo con gli antichi fornisca ancora “utili” schemi concettuali. Più in particolare si cerca di mostrare come il confronto con le rifªlessioni etiche di Platone e Aristotele permetta di dipanare i numerosi fili che costituiscono la trama di ogni esistenza umana (come i dolori, i piaceri, l’ampia gamma di beni e di risorse che la costituiscono), e di individuare alcuni rilevanti nodi concettuali (tra cui, ad esempio, quello di “misura”) che costituiscono la semantica della nozione di eudaimonia. Il modello antico di eudaimonia come “eu prattein”, inoltre, cioè come capacità strategica di “giocar bene”, sembra risultare particolarmente fecondo, invitando ad interrogarsi sulle modalità di attuazione della vita felice e sulla gestione di tutto ciò che ad ogni esistenza si offre per una “prassi di felicità”.

Ognuno è responsabile della propria vita o, per meglio dire, della sua riuscita, come un artista è responsabile della propria opera («come testimonia anche il fatto che la qualità di un individuo si giudica dalle opere», si legge Etica Eudemia).[1] Perché, se da un lato, attraverso uno sguardo dall’interno mirante a descriverne il funzionamento, la vita felice si configura come energeia, come operare incessante e inesauribile della vita su se stessa, d’altro canto, osservata nella sua manifestazione esteriore, la felicità si esplica come ergon, come opera.
E la nostra opera siamo noi; noi, autori di noi stessi, produttori e prodotto, energeia ed ergon.
Scrive Aristotele

«e infatti esistiamo per il fatto di vivere e di agire in atto, però l’opera è in qualche modo identica al produttore; quindi egli ama la sua opera perché ama la sua stessa esistenza. Ma questo è naturale. Infatti l’opera esprime, in atto, ciò che noi siamo in potenza».[2]

Fare di se stessi la propria opera, allora, significa, letteralmente, realizzarsi, compiere se stessi, attuarsi, ovvero dar forma a ciò che si è solo in potenza. Ed è proprio attraverso l’energeia, e nell’energeia, ovvero in quell’operare proprio dell’uomo in cui l’uomo stesso ha la possibilità di esprimere la propria umanità, che l’essere umano stesso si realizza come ergon, che l’individuo si fa opera. I due livelli interagiscono continuamente, rappresentando i due profili, le due facce (una interna e una esterna) di una stessa figura. Ecco perché si può dire, come fa Aristotele, che

«l’opera è un’attività (to gar ergon … energeia)».[3]

 Chi ama, infatti, come si legge sempre nel testo dell’Eudemia, nutrendosi di quell’energeia incessante che è l’amore, alimentandosi quest’anelito ininterrotto come il battito del cuore, dà forma a quella complessa alchimia di fattori mentali, psicologici, emozionali, e con essi scrive la sua storia d’amore, realizza il suo ergon, la sua opera; un’opera, scrive Aristotele, che «non è all’esterno, ma in colui stesso che ama».[4] È solo amando che un amore può essere realizzato, esattamente come è solo vivendo bene che la vita buona prende forma, che il capolavoro della vita felice viene compiuto.
Opera e operare, ergon ed energeia: due piani costantemente chiamati ad intrecciarsi, a sovrapporsi, ad incrociarsi, delineando così una complessa intelaiatura dell’esistenza, nonché il terreno di realizzazione e di edificazione della vita felice.

Arianna Fermani, VITA FELICE UMANA. In dialogo con Platone e Aristotele, eum edizioni Università di Macerata, 2006, pp. 336-337.

 

 

Note

[1] Aristotele, Etica Eudemia, II, 1, 1219 b 10-11.

[2] Aristotele, Etica Nicomachea, IX, 6,1168 a 5-9 (corsivo mio).

[3] Aristotele, Etica Eudemia, VII, 2, 1237 a 34-35.

[4] Aristotele, Etica Eudemia, VII, 2, 1237 a 34-35.

Sommario

Introduzione

Prima parte
Semantica della felicità

Capitolo primo
La felicità come domanda originaria
* Domande “di” felicità
* Domande “sulla” felicità
° Felicità: una questione terminologica
° Felicità e forma di vita

Capitolo secondo
Felicità e dolore
* L’esperienza del dolore
° Il dolore come accadimento
° Le forme del dolore
° Il dolore alla massima potenza: la morte
° Le figure della morte. Riflessioni conclusive
* Cicatrizzazione del dolore e cura di sè
° Approcci al dolore
° Cura del dolore e cura di sè
° L’assunzione del dolore
* Concludendo

Capitolo terzo
Felicità e piacere
* L’esperienza del piacere
* Fenomenologia del piacere
° Il piacere nell’orizzonte della corporeità
° Dinamiche piacevoli e dolorose
° Il corpo e i desideri: la veemenza di un fiume in piena
° Anima e corpo di fronte al piacere
° Verità / Falsità dei piaceri
° Unità e molteplicità della nozione di desiderio.
° Alcune note a margine dei testi platonici e aristotelici
° Piaceri e criteri di scelta
* Il ruolo del piacere nella vita felice

Capitolo quarto
Felicità e realizzazione di sé
* Profili della virtù: tentativi di un recupero
° Virtù come eccellenza
° Virtù come forza
° Virtù come disposizione
° Virtù come giusto mezzo
* La virtù come architettonica della felicità
° Vita felice e accordata: la virtù come musica
° Vita felice e ordinata: la virtù come misura
° La virtù come arte del viver beneCapitolo quinto

Capitolo quinto
Felicità e beni esteriori
* Primi approcci al problema
* Felicità e fortuna
° Lampi di felicità, colpi di fortuna
° Fortuna e virtù
° Felicità e fortuna: osservazioni conclusive
* Felicità e amministrazione dei beni
° Il possesso e l’utilizzo di due beni supremi: la sophia e la phronesis

Seconda parte
Prassi di felicità

Capitolo primo
Felicità e valorizzazione delle proprie risorse
* Vita felice e buon utilizzo dei propri talenti
° Per una eudaimonia nell’orizzonte della physis
° Felicità al singolare, felicità al plurale
° Alcune riflessioni sulle nozioni di corpo e anima in Platone e Aristotele
° Anime e progetti di vita: osservazioni conclusive
* Eudaimonia ritrovamento e buona allocazione del proprio daimon
° Felicità come consapevolezza
° Percorsi esistenziali e traiettorie di felicità
* Saggezza e sapienza di fronte alla felicità

Capitolo secondo
Felicità come conquista di pienezza
* Felicità: tra esperienze di pienezza e pienezza di vita
° Tentativi di articolazione della nozione di pienezza
* Per una pienezza nell’orizzonte dell’ energeia
* La difficoltà di far spuntar le ali: la felicità come conquista
° Felicità pienamente consapevole e pienamente umana
* Riflessioni conclusive

Conclusioni
Per concludere
Vita felice umana: appunti di viaggio

Bibliografia
Dizionari e lessici/Testi antichi/Testi moderni e contemporanei/
Letteratura critica e studi generali


Arianna Fermani – L’educazione come cura e come piena fioritura dell’essere umano. Riflessioni sulla Paideia in Aristotele
Arianna Fermani – La nostra vita prende forma mediante il processo educativo, con una paideia profondamente attenta alla formazione armonica dell’intera personalità umana per renderla libera e felice.
Arianna Fermani – L’armonia è il punto in cui si incontra e si realizza la meraviglia. Da sempre armonia e bellezza vanno insieme.

Arianna Fermani – VITA FELICE UMANA. In dialogo con Platone e Aristotele. il confronto con le riflessioni etiche di Platone e Aristotele permette di dipanare i numerosi fili che costituiscono la trama di ogni esistenza umana

Arianna Fermani – Divorati dal pentimento. Sguardi sulla nozione di metameleia in Aristotele

Arianna Fermani – Mino Ianne, Quando il vino e l’olio erano doni degli dèi. La filosofia della natura nel mondo antico

Arianna Fermani – Nel coraggio, nella capacità di vincere o di contenere il proprio dolore, l’uomo riacquisisce tutta la propria potenza, la propria forza, la propria dignità di uomo. Senza coraggio l’uomo non può salvarsi, non può garantirsi un’autentica salus.



La pena di morte viva: Ergastolo, 41 bis e diritto penale del nemico. Incontro-Dibattito il 13 maggio a Bologna.

La pena di morte viva 01

Lunedì 13 Maggio – ore 16.30

Aula III – Palazzo Malvezzi – Via Zamboni, 22 Bologna

La pena di morte viva: Ergastolo, 41 bis e diritto penale del nemico


Nel corso dell’ultimo secolo i paesi che hanno approvato la cancellazione della pena di morte, a vantaggio di misure detentive, hanno salutato il cambiamento come un passo in avanti nella tutela dei diritti civili. Ma l’ergastolo, la pena senza fine, è veramente una misura più umana? Elton Kalica ha deciso di scrivere della vita dei detenuti per aprire piccole finestre che permettano agli sguardi distratti della gente fuori di fermarsi un attimo e guardare dentro. Avvalendosi dei concetti di habitus ed ethos introdotti dal sociologo Pierre Bourdieu, Kalica raccoglie le testimonianze dei carcerati e riflette sulla disumanità dell’ergastolo ostativo.

Interventi di:

Elton Kalica

Elton Kalica è dottore di ricerca presso l’Università di Padova in “Scienze Sociali, Interazioni, comunicazione e costruzioni culturali”, ha svolto una ricerca sul tema dell’Ergastolo ostativo. Collabora all’organizzazione scientifica del Master di 1° livello in Criminologia critica e sicurezza sociale, devianza, istituzioni e interazioni psico-sociali. Membro del comitato redazionale della rivista “Ristretti Orizzonti” e dell’Associazione Antigone Veneto, ha curato, con Simone Santorso, Farsi la galera. Spazi e culture del penitenziario (2018).



Alvise Sbraccia

Alvise Sbraccia è ricercatore in SPS12 presso il dipartimento di Scienze Giuridiche dell’università di Bologna, dove tiene corsi in materie socio-criminologiche. Attraverso metodi prevalentemente qualitativi ha svolto ricerche sociologiche sui processi di criminalizzazione dei migranti, sul recidivismo penale, sul sistema di relazioni nelle strutture penitenziarie, sui dispositivi di controllo e segregazione in ambito urbano, sulla giustizia minorile e sul sentencing penale. Negli ultimi anni ha dedicato la sua attenzione all’evoluzione teorica della criminologia post-coloniale e al dibattito sociologico in tema di radicalizzazione. Inserito nei comitati di redazione delle riviste scientifiche “Studi sulla questione criminale” e “Antigone”, è membro dell’Osservatorio nazionale sulle condizioni di detenzione dell’associazione Antigone e ne coordina il comitato scientifico. Dal 2006 è rappresentante nazionale presso lo European Group for the Study of Deviance and Social Control”. Ha collaborato con il master in Criminologia critica e sicurezza sociale fin dalla prima edizione ed è attualmente membro del suo comitato ordinatore.



Stefano Anastasia

Stefano Anastasia, Università di Perugia, Garante dei Detenuti Lazio e Umbria, presidente di Antigone ai tempi in cui fu elaborata dall’associazione nel 1999 la prima proposta di legge diretta alla istituzione dell’ombudsman, direttore del primo ufficio locale di tutela dei diritti dei detenuti in Italia istituito dal comune di Roma nel 2003, promotore del Difensore Civico dei detenuti della stessa associazione che, dal 2008, ha seguito migliaia di casi, ricercatore in filosofia del diritto all’Università di Perugia, grande esperto e conoscitore del sistema penitenziario.


Rosa Ugolini

Rosa Ugolini, Avvocato, si è laureata con una tesi in diritto penitenziario: “Ergastolo: storia, profili d’incostituzionalità e prospettive di superamento”. Fa parte del Comitato Direttivo dell’Associazione Al-Sirat di promozione sociale per i diritti dei Migranti.