Antonietta Provenza – La musica è la medicina delle muse e agisce come catarsi già nella Grecia antica influenzando i comportamenti individuali. È un «incantesimo cantato».

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I riferimenti agli effetti rasserenanti della musica sono ampiamente diffusi nei testi letterari greci sin dalle origini. Insieme con tale constatazione empirica, si sviluppa l’idea che la musica, nelle forme dell’“incantesimo cantato” (epodè) e del peana, sia in grado di curare i mali. Da questi aspetti della musicoterapia, strettamente connessi con religione e magia, nasce, a partire dai Pitagorici, la riflessione sull’efficacia psicagogica della musica, alla quale si riconosce un’affinità con l’anima che ne determina l’effetto terapeutico: agendo come catarsi, la musica controlla le emozioni, “corregge” le disposizioni caratteriali e influenza i comportamenti individuali. Le testimonianze su casi di terapia musicale appaiono pertanto come efficaci exempla della ricchezza di risorse offerte dalla musica, che – curando insieme l’anima e il corpo – instaura quella visibile compostezza in cui si riflette pienamente l’equilibrio psico-fisico dell’individuo.

Antonietta Provenza, La medicina delle Muse. La musica come cura nella Grecia antica, Carocci, Roma 2016.

Antonietta Provenza è dottore di ricerca in Filologia e Cultura greco-latina (Palermo, 2007), ed è attualmente Assegnista di ricerca di Lingua e Letteratura Greca presso il Dipartimento “Culture e Società” dell’Università di Palermo.
È membro di Moisa (International Society for the Study of Greek and Roman Music and its Cultural Heritage) e autrice di una monografia sulla musicoterapia nella Grecia antica (La medicina delle Muse. La musica come cura nella Grecia antica, Roma: Carocci, 2016) e di molti studi sulla musica greca e i suoi contesti, sul teatro e sulla medicina greca, pubblicati in riviste specialistiche e volumi miscellanei.

Indice

Introduzione

1. Il mondo della musica
Il cantore e l’arte delle Muse / Dilettare e celebrare. Le occasioni della performance musicale / Il piacere dell’ascolto musicale. Muse, Sirene e l’“incantesimo” della musica

2. Catarsi e incantesimo musicale. La musicoterapia nei poemi omerici e l’epodè
Premessa. I due generi di cura musicale nei poemi omerici / Medicina e magia nella Grecia antica / La catarsi tra religione e magia / Logoterapia in Omero / La peste e l’offerta di peani ad Apollo nel libro i dell’Iliade / Odisseo e l’epodè nel libro xix dell’Odissea / Empedocle, tra scienza e magia. Musicoterapia e logoterapia / Il dissenso della medicina ippocratica e la “razionalizzazione” platonica dell’epodè

3. Catarsi e terapia musicale nel pitagorismo antico
Ethos e mìmesis / I Pitagorici e la catarsi musicale: la testimonianza di Aristosseno di Taranto / Catarsi e medicina / Il peana catartico presso i Pitagorici / Aristosseno, Porfirio e Giamblico sui Pitagorici e la musicoterapia / Uso della terapia musicale per il controllo dell’ira e della violenza. Il ruolo dell’aulòs / Cura dell’anima, cura del corpo / Pitagora, essere sovrumano e prodigioso

Conclusioni
Bibliografia
Indice degli autori antichi e delle opere
Indice dei nomi e delle cose notevoli



Il potere magico della musica – ben noto nella tradizione greca fin da Omero, come mostra il termine ἐπαοιδή – è nella maggior parte dei casi inteso come ‘potere essenzialmente ‘calmante’ nei confronti di dolori e malattie’. Tale caratterizzazione si ritrova anche nel pitagorismo più antico, che elabora la concezione della musica-medicina nel senso di ‘una primigenia terapia musicale delle passioni e affezioni dell’animo, sviluppata dalla filosofia successiva nella c.d. teoria dell’ethos musicale’; pur senza negare alla musica poteri curativi sul corpo, i Pitagorici sembrano aver posto le basi per un più definito impiego della musica a fini psicagogici. Essi, però, a giudicare da Porph. Pyth. 33 (Pitagora curava gli ammalati nel corpo con epodaí e magie, gli ammalati nell’anima con la mousiké) combinato con Aristox. fr. 26 W. (i Pitagorici operano la catarsi del corpo con la medicina, quella dell’animo con la musica), sembrano distinguere fra epodé (sentita quale parte della iatriké) e vera e propria mousiké, distinta dall’ambito medico-magico e cui sola compete la purificazione dell’anima (nella teoria dell’ethos musicale, non a caso, ci si riferisce al potenziale psicagogico dei singoli modi e strumenti musicali, quelli della vera mousiké): la distinzione potrebbe essersi sviluppata in connessione con la concezione dell’anima come entità distinta dal corpo (aspetto centrale nel pitagorismo, appunto, e nell’orfismo). Del resto, epodé sembra indicare, più che un vero e proprio canto, una nenia rituale a scopo curativo (cfr. Soph. Ai. 581s.; Plat. Phaed. 77e); similmente il termine góes (mago-guaritore e psicagogo) è connesso con góos, il pianto rituale. La linea di demarcazione fra epodaí e vera e propria mousiké non fu comunque mai netta (cfr. Theophr. frr. 726A-B Fortenbaugh); in tale ottica rientrano le leggende su Terpandro e Talete di Gortina che con la musica liberarono Sparta e Creta dalla peste. [Gianfranco Mosconi]

Oscar Wilde (1854-1900) – Quel che un uomo ha davvero è ciò che è in lui. Nessuno sprecherà la sua vita ad accumulare cose. Per essere felici bisognerebbe vivere. Ma vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte della gente si limita ad esistere, e nulla più.

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È chiaro, quindi, che nessun socialismo autoritario potrà funzionare. […] Confesso che molte delle opinioni socialiste che ho incontrato mi sembrano maculate da idee autoritarie, se non di reale coercizione. Naturalmente, autoritarismo e coercizione sono fuori discussione. Tutte le associazioni debbono essere volontarie. È solo nelle associazioni volontarie che l’uomo si trova bene. Ci si potrebbe chiedere come la dimensione individuale, che adesso è più o meno dipendente dall’esistenza della proprietà privata, beneficerà dell’abolizione di tale proprietà. […] Nelle nuove condizioni l’individuo sarà di gran lunga più libero, più raffinato […] di quanto non lo sia adesso […]. Perché il riconoscimento della proprietà privata ha veramente nuociuto all’Individualo, e lo ha oscurato, confondendo un uomo con ciò che possiede. […] Ha reso il guadagno, non la crescita, il suo scopo ultimo. Cosicché l’uomo s’è messo a pensare che la cosa importante è l’avere, non sapendo che invece è l’essere. La vera perfezione dell’uomo sta non in ciò che l’uomo possiede, ma in ciò che l’uomo è. La proprietà privata ha schiacciato la vera essenza della dimensione individuale […]. La personalità dell’uomo è stata talmente assorbita dai suoi possedimenti che la legge inglese ha sempre trattato i reati contro la proprietà con molta più severità dei reati contro la persona, e la proprietà continua a essere la prova della cittadinanza completa. […]  Dispiace che la società sia costruita su tali basi, che l’uomo sia stato forzato in una routine in cui non può sviluppare liberamente ciò che in lui è meraviglioso e affascinante e delizioso – routine nella quale, di fatto, egli si perde il vero piacere e la vera gioia di vivere. […] Ora, niente dovrebbe essere in grado di danneggiare un uomo, se non egli stesso. Niente dovrebbe essere in grado di rapinare un uomo. Quel che un uomo ha davvero è ciò che è in lui. Ciò che è fuori di lui dovrebbe essere una faccenda di nessuna importanza. Con l’abolizione della proprietà privata, allora, noi potremo avere una Individualità vera, bella, salutare. Nessuno sprecherà la sua vita ad accumulare cose e simboli di cose. Per essere felici bisognerebbe vivere. Ma vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte della gente si limita ad esistere, e nulla più.

 

Oscar Wilde, L’anima dell’uomo nella società socialista [The Soul of Man under Socialism], 1891.

Oscar Wilde – Libri morali e/o immorali?