«Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada». Eraclito
José Antonio Viera-Gallo sottosegretario alla Giustizia nel governo di Salvador Allende
«Una politica di bassi consumi di energia permette un’ampia scelta di stili di vita e di culture. Se invece una società opta per un elevato consumo di energia, le sue relazioni sociali non potranno che essere determinate dalla tecnocrazia e saranno degradanti comunque vengano etichettate, capitaliste o socialiste» (p. 8).
«La democrazia partecipativa postula una tecnologia a basso livello energetico; e solo la democrazia partecipativa crea le condizioni per una tecnologia razionale» (p. 10).
«La democrazia partecipativa richiede una tecnologia a basso consumo energetico, e gli uomini liberi possono percorrere la strada che conduce a relazioni sociali produttive solo alla velocità di una bicicletta» (p. 20).
«La liberazione dal monopolio radicale dell’industria del trasporto è possibile solo istituendo un processo politico che demistifichi e detronizzi la velocità» (p. 69).
Ivan Illich,Elogio della bicicletta, a cura di Franco la Cecla, Bollati Boringhieri, Torino 2006.
Descrizione
Una apologia della bicicletta: della sua bellezza e saggezza, della sua alternativa energetica alla crescente carenza di energia e al soffocante inquinamento. Illich nota che la bicicletta e il veicolo a motore sono stati inventati dalla stessa generazione. Ma sono i simboli di due opposti modi di usare il progresso moderno. La bicicletta permette a ognuno di controllare la propria energia metabolica (il trasporto di ogni grammo del proprio corpo su un chilometro percorso in dieci minuti costa all’uomo 0,75 calorie). Il veicolo a motore entra invece in concorrenza con tale energia.
Il tema di quest’opera è la nozione del pane come mixis, ovvero come mescolanza di elementi, o di “proprietà”, dissimili. Tale nozione verrà qui indagata in alcune delle sue più rilevanti implicazioni simboliche, in una prospettiva di storia delle idee e di filosofia della cultura: più specificamente, di filosofia dell’alimentazione. Con quest’ultima espressione intendiamo uno studio filosofico dell’alimentazione umana, considerata quale momento essenziale dell’attività di conferimento di senso con cui l’uomo, animal symbolicum per eccellenza, investe tutti gli aspetti e le componenti del proprio ambiente vitale.
Nella presente indagine, ci concentreremo sull’Antichità e, più in particolare, sul mondo mediterraneo, senza peraltro alcuna pretesa di fornire un quadro esauriente di tutte le formulazioni del concetto in esame storicamente emerse in tale contesto. Una ricerca di tal genere richiederebbe, infatti, spazi ben più ampi di quelli qui disponibili.
In relazione ai singoli momenti della storia del pensiero, oppure agli episodi storici (veri o presunti), che verranno presi in considerazione, inoltre, il nostro intento non sarà quello di vagliare con rigore filologico le testimonianze pertinenti, e neppure di ricostruire meticolosamente i relativi quadri storici.
Cercheremo invece, di volta in volta, di utilizzare quei dati che parranno maggiormente significativi per decifrare il significato delle utilizzazioni – filosofiche, teologiche, liturgiche – della nozione del pane nei vari contesti storico-culturali, in funzione del progetto ispiratore della presente indagine.
Nel contempo, ci studieremo sia di accertare un’eventuale permanenza nel tempo, ossia una relativa invarianza, di talune strutture concettuale-metaforiche associate alla nozione del pane come mixis, sia di verificare il “tasso di commensurabilità” esistente fra le diverse produzioni ideative, correlate appunto a questo alimento, attraverso il cui filtro differenti popoli e culture del mondo mediterraneo hanno dato espressione, in distinte fasi storiche, ai loro problemi strutturali e alle relative proposte di soluzione (a volte non del tutto dissimili fra loro).
Se fino a pochi decenni fa una ricerca come quella qui intrapresa si sarebbe inevitabilmente scontrata in aspre critiche, innanzitutto di carattere metodologico, avanzate dai più arcigni difensori dei vari settori disciplinari coinvolti, da loro considerati come dotati di confini sacri e invalicabili, oggi il quadro è cambiato, fortunatamente, in modo sostanziale: si è fatto assai più aperto alla ricezione e alla valorizzazione dei contributi scaturenti da esplorazioni interdisciplinari di questo tipo, non più condannate a priori quali meri “vagabondaggi” intellettuali. Nelle teorie di filosofia della cultura e di storia delle idee che nel frattempo si sono diffuse e sono anzi divenute classiche – si pensi, tra gli altri, a Geoffrey E.R. Lloyd, a Yehuda Elkana, a Paul U. Unschuld e, in Italia, a Mario Vegetti – si è infatti imparato a “leggere” l’agire simbolico dell’uomo anche nella forma del permanere e del mutare, secondo regole precise, di specifiche produzioni concettuali, da decodificare sullo sfondo dei dilemmi-chiave, di natura insieme teorica e funzionale, che si pongono alle singole società umane.
Che il pane abbia acquisito un ruolo simbolico di prim’ordine in ambiti del mondo mediterraneo pur fortemente differenziati sotto il profilo sociale, economico, religioso, giuridico, etc., non deve sorprendere. In tale vastissima area esso infatti costituisce sin da tempi remoti l’emblema e la sintesi di quel che è indispensabile all’uomo per vivere («dacci il nostro pane quotidiano», recita il Padre nostro), e rappresenta nel contempo il paradigma delle risorse che l’uomo stesso si è dovuto approntare, attraverso una sapiente manipolazione e ricomposizione dei fattori naturali, per soddisfare le proprie esigenze. Il pane, dunque, come modello di risposta culturale a bisogni scaturenti dalla natura umana.
Per tale motivo, e in siffatta prospettiva, esso è stato (ed è tuttora) una sorta di “universale” e ha potuto fornire la materia, il sostrato, a un’architettura pressoché inesauribile di elaborazioni concettuali e strutture ideative, in cui le più varie compagini istituzionali si sono di volta in volta storicamente contemplate nella propria realtà e hanno espresso, nel contempo, le proprie aspirazioni e finalità. E proprio considerando il pane in tale sua eminente funzionalità a tradurre iconicamente forme differenziate – ma non prive di parallelismi – di autocoscienza associativo-istituzionale, è possibile, a nostro avviso, tracciare un suggestivo itinerario di storia delle idee, utilizzabile anche in riferimento ad altre nozioni e ad altri contesti.
Il presente studio si articola in due parti. Nella prima, dopo un sintetico quadro di carattere storico-descrittivo, analizzeremo la nozione e il simbolismo del pane come mixis partendo dall’ antica Grecia. Nel mondo greco, il concetto in questione viene tematizzato per la prima volta, per quel che ne sappiamo, nella riflessione di Anassagora. Esso viene in seguito approfondito, caricandosi di una sorprendente ricchezza di spunti e associazioni, all’interno del Corpus Hippocraticum, ossia nel quadro del pensiero medico. In tale contesto, pur esibendo una valenza prioritariamente naturalistico-terapeutica, giunge a dispiegare suggestive correlazioni con un universo concettuale – la sfera della riflessione e della prassi politiche – apparentemente assai lontano dall’ambito cui sembrerebbe fare riferimento in termini più immediati.
Anche in virtù di tale suo referente politico, sotterraneo, ma non per questo meno incisivo, il tema del pane come mixis finisce col delineare un piano di tangenza tra la prospettiva ippocratica e quella, assai più tarda, di san Cipriano. In effetti, il Padre cartaginese, nella sua riflessione sul pane eucaristico quale realtà posta sotto il segno di un’assoluta unità, propone preoccupazioni e tensioni ideologiche non del tutto dissimili da quelle che erano sottese, in tutt’altro contesto storico, agli scritti ippocratici. Nel contempo, peraltro, egli – da uomo di fede – opera un significativo mutamento di visuale, con un correlativo spostamento della costellazione simbolica.
Prima, però, di soffermarci su san Cipriano e sulla sua nozione del pane eucaristico, faremo una tappa nell’antico Israele: in tale occasione, analizzeremo le complesse valenze simboliche e rituali associate a un pane di tipo particolare, il “pane della proposizione”, con riferimento, soprattutto, a un singolare episodio raccontato nel I Libro di Samuele.
Nella seconda parte del presente studio approfondiremo due aspetti di notevole rilievo emersi nella prima, e che sono sembrati meritevoli di un’analisi più puntuale. Nel primo capitolo di questa parte riprenderemo in esame, così, quello che ci si è rivelato come uno dei momenti centrali e, anzi, fondanti della concettualizzazione della realtà nel mondo antico, ossia il pensiero ippocratico. In tale quadro, indagheremo il tema dell’alimentazione e in particolare della consumazione del pane come aspetto dell’autopoiesi umana, quale affiora nel trattato L’antica medicina. Nel capitolo successivo proporremo invece un’indagine di taglio diacronico su due componenti tradizionalmente considerate quasi indisgiungibili dell’alimentazione mediterranea: il pane e il vino.
Infine, vengono le Appendici. Nella prima, si troverà la trattazione che il grande medico Claudio Galeno ha riservato ai cereali e ai prodotti da essi derivati (tra cui la farina e il pane) nel suo ampio trattato Le proprietà degli alimenti, vera e propria summa del sapere filosofico e scientifico dell’Antichità non solo sui cibi e le bevande, ma anche sulle loro relazioni con l’organismo umano. Nella seconda Appendice illustreremo invece in modo sintetico, anche con l’ausilio di alcune immagini, le tecniche e gli strumenti utilizzati nell’Antichità – dalle civiltà più antiche alla fase tarda dell’Impero Romano – per il trattamento dei cereali e la cottura del pane.
Il nostro auspicio – in conclusione – è di aver posto con questo volume la prima pietra di un’indagine comparativa delle concettualizzazioni del cibo che possa essere proseguita e approfondita in futuro, anche in relazione a epoche a noi più vicine.
Sia consentito a chi scrive di ringraziare di cuore in primo luogo il dottor Claudio Mazza, della Casa Editrice Nuova Ipsa, per l’entusiasmo con cui ha accolto la proposta di pubblicare questo saggio di filosofia della cultura e per la pazienza con cui ne ha atteso la stesura definitiva.
Profonda gratitudine provo pure per Monsignor Roberto Brunelli, sempre prodigo di suggerimenti di valore impagabile.
Un ringraziamento sentito va anche ai cari amici dottor Maurizio Poltronieri, dottor Raffaele Ghirardi e dottor Vittorio Robiati Bendaud, nonché ai colleghi, ai dottorandi e agli studenti delle università di Tübingen, Bonn e Ferrara, per le acute osservazioni e i preziosi consigli con cui hanno contribuito allo sviluppo e al completamento dell’opera.
Alberto Jori,Il pane tra sacro e profano. Metafore dell’alimentazione nel mondo mediterraneo, Saggio di filosofia della cultura, Nuova IPSA Editore, Palermo 2016, pp. 7-9.
Descrizione L’opera si accosta con un approccio originalissimo di ermeneutica semantica all’alimentazione mediterranea, e in particolare a uno dei suoi cardini: il pane. L’autore esplora innanzitutto i significati che in vari contesti del mondo antico sono stati attribuiti al pane, allo scopo di individuarne non solo le differenze, ma anche gli eventuali punti di tangenza reciproci. In questo esperimento ermeneutico, condotto con l’ausilio dei più raffinati strumenti interpretativi, emerge, pur nel variare dei quadri culturali indagati, un valore simbolico unitario. Il pane si configura – sia all’interno di discorsi ‘laici’, come quelli svolti dai filosofi presocratici e dagli autori della Collezione Ippocratica – sia in discorsi ispirati invece da preoccupazioni eminentemente religiose e teologiche – come emblema e archetipo dell’unità, intesa quale feconda armonizzazione di una preesistente molteplicità conflittuale. Questa valenza simbolica costituisce a sua volta la spia di un dominante interesse di carattere politico. Su tale base, nella seconda parte dell’opera viene ricostruita la filosofia della cultura di uno dei pensatori più arditi e profondi della Grecia antica: si tratta dell’autore del trattato ippocratico Sull’antica medicina. L’esame di questo trattato permette di riscoprire una proposta speculativa di sorprendente modernità, alla luce della quale la pratica gastronomica, vista come una forma di proto-medicina, si configura quale processo storico di autopoiesi dell’uomo. In tal modo, l’antico trattato può offrire stimoli preziosi anche alla riflessione attuale sui rapporti tra uomo e ambiente e tra uomo e alimentazione.
Sommario
PRIMA PARTE
CAPITOLO PRIMO
Il pane nei dibattiti filosofici e scientifici della Grecia del V sec. a.C.
Quadro storico: il pane degli antichi Greci
1.1. Il pane di frumento
1.2. Forni e tecniche di cottura
1.3. Un alimento ” interclassista”?
2. Il pane anassagoreo e le omeomerie
3. Pane e eguaglianza degli uomini in Antifonte
CAPITOLO SECONDO
Il pane nel trattato ippocratico L‘antica medicina
Le esigenze alimentari dell’uomo
2. La scoperta del regime
3. Dal grano al pane
4. Tecniche di temperamento delle dynameis
Il pane come obiezione alla medicina dei “postulati”
6. L’alimentazione come strategia terapeutica
CAPITOLO TERZO
Il pane dei medici
Grano e pane nel trattato Sul regime
2. li pane nel Corpus Hippocraticum
2.1. Dalla “natura” alle “nature”
2.2. Echi e approfondimenti platonici: la relazionalità dell’essere
Il pane come alimento appropriato all’uomo
L’influenza di Alcmeone e il paradigma politico
Metafora di una concordia discors
CAPITOLO QUARTO
Il mondo ebraico: il “pane della proposizione” nell‘amico Israele
1. Significato del pane azzimo nella cultura ebraica
2. Prescrizioni e proibizioni rituali
3. Il “pane della proposizione”
3.1. La tesi anfizionica: elementi a favore
3.2. Critiche
Un pane dalla funzione unificante
5. Un episodio singolare
Aspetti di rilievo dell’episodio
Significato della sosta di Davide a Nob
CAPITOLO QUINTO
Dal pane dei Romani al pane eucaristico di san Cipriano
Dalla polta alla focaccia e al pane
1.1. Farro e frumento
1.2. I diversi tipi di pane
1.3. Una categoria rispettata: i pistores
2. Dal pane di Pésach al pane dei Cristiani
2.1. Il pane sacramentale
2.2. Il nuovo ruolo delle comunità cristiane
Cipriano e il problema dell’unità della Chiesa
La Lettera LXIII
5. Ex pluribus unum: un messaggio di unità
Conclusioni
SECONDA PARTE
CAPITOLO PRIMO
Pane, alimentazione e antropogenesi nel trattato Sull‘antica medicina
Il modello essenzialista
Il modello “costruttivo”
2.1. Il tempo in Mb
2.2. Ritornare alle origini?
2.3. Autopoiesi e coscienza
Una scienza in divenire
4. Natura e cultura: dal frumento al pane
5. Techne e società politica
Dal sapere ontologico alla scienza funzionale
CAPITOLO SECONDO
Pane e vino: un binomio indissolubile
Il pane quotidiano
1.1. Un primato millenario
1.2. Dalla focaccia al pane lievitato
1.3. I primi veri maestri della panificazione: i Greci
1.4. I Romani si aprono all’influenza ellenica
1.5. Un capitolo a sé: i dolci
I vini nel mondo antico
2.1. Origini della viticoltura
2.2. Nel segno di Dioniso: il vino nel mondo greco
2.3. I Romani e la nascita della degustazione privata del vino
2.4. Il vino come base per manipolazioni e sperimentazioni
APPENDICI
APPENDICE I
Galeno di Pergamo
Le proprietà degli alimenti
Introduzione
Testo
APPENDICE II
Tecniche di frantumazione dei cereali e di cottura del pane nell’Antichità
L’Egitto, la Mesopotamia e la Palestina
1.1. La tipologia dei forni
1.2. Pestelli e mortai
1.3. Le tecniche della stacciatura
1.4. Metodi per la fermentazione: dal pane alla birra
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