«Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada». Eraclito
«[…] gli uomini scompaiono davanti al lavoro; […] il bilanciere della pendola è divenuto la misura esatta dell’attività relativa di due operai, come lo è della velocità di due locomotive […], non si può più dire che un’ora di un uomo vale un’ora di un altro uomo, ma piuttosto che un uomo di un’ora vale un altro uomo di un’ora. Il tempo è tutto, l’uomo non è più niente; è tutt’al più la carcassa del tempo».
Karl Marx, Miseria della filosofia, Rinascita, Roma 1949, pp. 44-45.
«Una condizione della produzione fondata sul capitale è quindi la produzione di un cerchio della circolazione costantemente allargato […]. La tendenza a creare il mercato mondiale è data immediatamente nel concetto del capitale stesso. Ogni limite si presenta come un ostacolo da superare. […] La produzione di valore eccedente relativo […] richiede produzione di nuovo consumo […]. In primo luogo espansione quantitativa del consumo esistente; in secondo luogo: creazione di nuovi bisogni mediante la diffusione di quelli esistenti in una cerchia più ampia; in terzo luogo: produzione di nuovi bisogni e scoperta e creazione di nuovi valori d’uso. […] In conformità con questa sua tendenza il capitale tende a trascendere […] il soddisfacimento tradizionale […] dei bisogni esistenti, e la riproduzione di un vecchio modo di vivere. Nei confronti di tutto questo esso è distruttivo […]».
Karl Marx, Grundrisse. Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica, a cura di G. Backhaus, 2 voll., Pgreco, Milano 2012, pp. 374-377.
«[…] La circolazione del denaro come capitale è fine a sé stessa, poiché la valorizzazione del valore esiste soltanto entro tale movimento sempre rinnovato. Quindi il movimento del capitale è senza misura».
Karl Marx, Il Capitale. Critica dell’economia politica. Libro primo, vol. I, Editori Riuniti, Roma 1970, p. 168.
Perché non voglio essere complice di una espropriazione simbolica
[…] Amazon non è una libreria, ma un ipermercato. […] Per Amazon non c’è differenza tra l’istituzione culturale e un supermercato alimentare e commerciale. […] Persino oggi, che Amazon produce serie televisive, offre musica online, ha recentemente aggiunto alla sua offerta pezzi di ricambio per auto e motociclette e progetta di diventare un operatore di telefonia mobile, tutti collegano questo marchio all’oggetto e al simbolo che chiamiamo libro. […]
Perché tutti siamo cyborg, ma non robot
[…] non vogliamo essere dei robot. Il lavoro che devono compiere i dipendenti di Amazon è robotico. Lo è stato fin dall’inizio: nel 1994, quando a lavorare nel garage della casa di Jeff Bezos a Seattle erano cinque persone, erano già ossessionati dalla rapidità. […] Oggi gli amazonians sono coadiuvati da robot Kiva, capaci di sollevare 340 chili e di muoversi alla velocità di un metro e mezzo al secondo. Sincronizzati con i lavoratori umani tramite un algoritmo, si incaricano di alzare e spostare gli scaffali per facilitare la raccolta dei prodotti. Una volta messi insieme i prodotti che il cliente ha acquistato, un’altra macchina, chiamata Slam, dotata di un grande nastro trasportatore, si incarica di incanalarli e impacchettarli. Kiva e Slam sono il risultato di anni di ricerche. Amazon ha organizzato competizioni di robot, nell’ ambito dell’International Conference on Robotics and Automation di Seattle, allo scopo di perfezionare lo smistamento degli ordini. […] Amazon ha progressivamente eliminato il fattore umano. Nei primi anni contava su redattori che scrivevano recensioni dei libri in vendita; adesso non c’è alcuna mediazione neanche nel procedimento di impaginare e mettere in rete un libro auto-pubblicato. Ha robotizzato la catena di distribuzione e pretende che noi consumatori agiamo allo stesso modo. Invece no.
Perché rifiuto l’ipocrisia
[…] Su Amazon sono in vendita svariate edizioni di Mein Kampf […]. A quanto pare Amazon rifiuta la censura. Tuttavia, la cosa certa è che Amazon censura o privilegia i libri a seconda dei propri interessi. […]. Le uniche cose che contano sono la rapidità e l’efficienza del servizio. Sembra addirittura che non vi sia intermediazione. Che tutto sia automatico, quasi istantaneo. Ma dietro tutte queste operazioni individuali esiste una grande struttura economica e politica. Una struttura che esercita pressioni sulle case editrici per ottenere il massimo beneficio del prodotto, come fa con i fabbricanti di monopattini o con i produttori di pizze congelate. Una macrostruttura che decide la visibilità, l’accesso, l’influenza: che sta modellando il nostro futuro.
Perché non voglio essere complice del neo-impero
In Amazon non ci sono librai. La partecipazione umana nel settore è stata eliminata perché ritenuta inefficiente. Perché mina la rapidità, l’unico valore dell’azienda. Il procedimento è nelle mani di un algoritmo. L’algoritmo è il culmine della fluidità. La macchina trasforma il cliente in un influencer. […] Amazon elimina gli intermediari o li rende invisibili (equivalenti a robot). Sembra una macchina computerizzata. Aspira a essere talmente fluida da apparire invisibile. Eliminando le spese di spedizione, trattando sul prezzo con i grossi clienti per ottenere il minor prezzo possibile per il cliente individuale, Amazon sembra a buon mercato. Molto economico. Ma sappiamo che ciò che è economico costa caro. Molto caro. Perché l’invisibilità è un camuffamento: tutto è così rapido, così trasparente, così fluido, che sembra non vi sia intermediazione. E invece c’è. La paghi in denaro e in dati. Domanda, oggetti, prezzi, invio: i processi individuali si dissolvono nella logica immateriale della fluidità. Per Jeff Bezos come per Google o Facebook – il pixel e il link possono avere una correlazione materiale: il mondo delle cose può funzionare allo stesso modo del mondo dei byte. Queste tre aziende hanno in comune la volontà imperialista di conquistare il pianeta, sostenendo l’accesso illimitato alle informazioni, alla comunicazione e ai beni di consumo, mentre al contempo fanno firmare ai loro dipendenti contratti di riservatezza, tessono complesse strategie per non pagare le tasse nei paesi in cui operano e costruiscono uno stato parallelo, trasversale, globale, con regole e leggi proprie, con una propria burocrazia e gerarchia, con una loro polizia. E con propri servizi di intelligence e laboratori ultrasegreti. Google [X], il centro di ricerca e svi1uppo di progetti futuri dell’azienda, si trova in un luogo indeterminato, più o meno vicino al quartier generale della compagnia. Il suo progetto più ambizioso è lo sviluppo di palloni sonda stratosferici che nel giro di dieci anni assicurino l’accesso a Internet alla metà della popolazione mondiale che attualmente non è connessa. Il progetto parallelo di Amazon è Amazon Prime Air, la sua rete di distribuzione tramite droni, che oggi sono un ibrido tra l’aereo e l’elicottero, con un peso di venticinque chili. A partire dallo scorso agosto è stato cambiato il regolamento della Federal Aviation Administration degli Stati Uniti, per agevolare il volo di droni a scopi commerciali e per far sì che diventasse più semplice accedere alla licenza di pilota di droni. Viva il lobbying. E che il cielo sia invaso da robot volanti che consegnano biscotti Oreo, cagnolini di peluche, monopattini, tostapane, paperelle di gomma e … libri. […] Amazon possiede fin dall’inizio tutti i tuoi dati reali, fisici, legali. Persino il tuo numero di carta di credito. Forse non riescono ad accedere al tuo profilo sentimentale, emozionale e intellettuale così facilmente come Google o Facebook, ma in cambio sanno quasi tutto riguardo a ciò che leggi, mangi, regali. È facile dedurre il profilo del tuo cuore e del tuo cervello a partire dalle tue cose. E l’impero è nato dalle cose che possiedono il maggior prestigio culturale: i libri. Amazon si è appropriata del prestigio del libro. Ha costruito il maggior ipermercato del mondo con una spessa cortina fumogena sotto forma di biblioteca.
Perché non voglio che mi spiino mentre leggo
Tutto è cominciato con un dato. Nel 1994 Bezos lesse che il World Wide Web cresceva a un ritmo mensile di nuovi utenti del 2300%, lasciò il suo lavoro a Wall Street, si trasferì a Seattle e decise di cominciare a vendere libri via Internet. Da allora i dati hanno continuato a moltiplicarsi, si sono raggruppati organicamente assumendo la forma di un mostro tentacolare o di una nube tempestosa o una seconda pelle: ci siamo trasformati gradualmente in dati. Li lasciamo nelle migliaia di operazioni quotidiane che contengono le nostre impronte digitali su Internet. Li emettono i sensori del nostro cellulare. Stiamo costantemente scrivendo la nostra autobiografia digitando sulla tastiera, con le nostre azioni, con i nostri passi. In occasione dell’ultima Giornata del Libro, Amazon ha rivelato quali sono state le frasi più sottolineate in questi cinque anni sulla piattaforma Kindle. Se leggi libri sul loro dispositivo, sanno tutto sulle tue letture. A quale pagina le abbandoni. In quali casi invece arrivi fino alla fine. A che ritmo leggi. Cosa sottolinei. Il grande vantaggio del libro cartaceo non è la sua maneggevolezza, la durata, l’autonomia o l’intimo rapporto con i nostri processi di memoria e apprendimento, ma il fatto che è disconnesso in modo permanente. Quando leggi un libro cartaceo l’energia e i dati che emetti attraverso i tuoi occhi e le tue dita sono soltanto tuoi. Il Grande Fratello non ti può spiare. Nessuno può privarti di tale esperienza né analizzarla o interpretarla: è soltanto tua. […]
Perché sostengo la lentezza accelerata, la vicinanza relativa
[…] In primo luogo, convincendo il resto dei lettori della necessità del tempo dilatato. Il desiderio non può essere esaudito immediatamente, perché in tal caso cesserebbe di essere un desiderio, perderebbe senso. Il desiderio deve durare. Bisogna andare in libreria; cercare il libro; trovarlo; sfogliarlo; decidere se il desiderio aveva una ragion d’essere; forse lasciare quel libro e desiderare il desiderio di un altro; fino a trovarlo; oppure no […]
Perché non sono ingenuo
No: non lo sono. Non sono ingenuo. […] Credo nella resistenza minima e necessaria. Nella preservazione di certi rituali. Nella conversazione, che è un’arte del tempo; nel desiderio, che è il tempo fatto arte. Nel fischiettare, mentre passeggio tra casa mia e una libreria, melodie che ascolto soltanto io, che non appartengono a nessun altro. […]
Jorge Carrión, Contro Amazon. Diciassette storie in difesa delle librerie, delle biblioteche e della lettura, Edizioni e/o, Roma, 2020, pp. 13-22.
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