John Daverio – ROBERT SCHUMANN Araldo di una “nuova era poetica”. A cura di Enrico Maria Polimanti

Schumann

Daverio, Robert Schumann

In questo imponente studio sulla vita e sull’opera del grande compositore tedesco, Daverio, facendo giustizia della massa di miti biografici (a cominciare dalle circostanze e dalla natura della sua malattia mentale), storici (ad esempio, l’immagine di Schumann come un musicista geniale agli inizi e poi sempre meno ispirato), e critici (come la presunta mancanza di talento nell’orchestrazione o l’immaginaria incapacità di controllare le forme ampie), che avvolge la figura di Schumann, si concentra sulla sua concezione estetica, l’idea di una continuità indissolubile tra letteratura e musica. L’osmosi tra formazione letteraria, filosofica e musicale si rivela una chiave fondamentale per comprendere la personalità e l’opera del musicista, nonché la sua passione per la critica musicale.
La traduzione dell’opera è stata relizzata con il contributo del SEPS – Segretariato Europeo per le Pubblicazioni Scientifiche.

Astrolabio-Ubaldinicollana: Adagio
codice ISBN: 9788834016886
pagine: 568, ill.
prezzo: € 38.00

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Joe Hill (1879-1915) – Un sindacalista rivoluzionario in musica

Joe Hill

«Un opuscolo, per buono che sia, lo leggi una volta e basta,
ma una canzone la impari a memoria e la canti e la canti […]
puoi raggiungere tanti lavoratori troppo poco istruiti
o troppo indifferenti per leggere un opuscolo o un editoriale».

Joe Hill, militante del sindacato rivoluzionario degli Industrial Workers of the World (Iww), musicista e poeta, messo a morte dai Tribunali e dallo Stato dello Utah a Sugar House, il 19 novembre del 1915.


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Massimo Mila (1910-1988) – Mella musica vi è un’originalità dello stile che non dipende dalla novità del linguaggio

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«Le ultime generazioni dei compositori italiani si schierano praticamente lungo tutta la gamma delle posizioni che oggi presenta la musica contemporanea: tutte possibili di validità artistica, anche quelle conservatrici, purché siano rivissute con personale schiettezza di sentire, e tutte capaci di condurre al fallimento, anche quelle d’avanguardia, se le formule del linguaggio più aggiornato vengono accettate con passivo e meccanico conformismo. C’è un’originalità dello stile che non dipende dalla novità del linguaggio».

Massimo Mila, Breve storia della musica, Einaudi, 2005.

 

 

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Claudio Abbado (1933-2014) – Nell’arte e nella letteratura di un paese ho imparato a comprenderne meglio anche la musica

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«Avvicinandomi all’arte e alla letteratura di un paese ho imparato a comprenderne meglio anche la musica. Quando studiavo le opere di Musorgskij come il Boris Godunov o la Khovanscina ritrovavo la disperazione e insieme la fantasia della cultura russa che avevo amato nelle pagine di Puskin, Gogol’, Dostoevskij, Cecov, Tolstoj o Pasternak. […]».

Claudio Abbado, La musica scorre a Berlino. Conversazioni con Lidia Bramani, Bompiani, 2015.

Musica scorre a Berlino

Musica sopra Berlino

Arnold Schönberg – Compito della teoria è risvegliare l’amore per il passato e aprire lo sguardo verso il futuro

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«L’impulso più nobile, quello della conoscenza, ci impone il dovere della ricerca; e una erronea dottrina che sia frutto di una onesta ricerca sta sempre più in alto della sicurezza contemplativa di chi la rinnega, perché crede di sapere senza aver cercato di persona. È addirittura nostro dovere meditare continuamente sulle cause misteriose di ogni risultato artistico, senza mai stancarci di cominciare da principio, sempre osservando e sempre cercando un nostro ordine […].
Uno dei compiti più nobili della teoria è di risvegliare l’amore per il passato e di aprire, nello stesso tempo, lo sguardo verso il futuro: in tal modo essa può essere storica, stabilendo legami tra ciò che è stato, ciò che è e ciò che presumibilmente sarà. Lo storico può svolgere un compito fecondo quando presenta non delle date ma una concezione della storia, e quando non si limita ad enumerare, ma si adopera a leggere nel passato il futuro. […]
Abbiamo il diritto e l’obbligo di dubitare, ma farsi indipendenti dall’istinto è difficile quanto pericoloso, perché accanto alle cose giuste e sbagliate, accanto alle esperienze e alle osservazioni dei nostri padri, accanto a ciò che noi dobbiamo alla loro e alla nostra tradizione, abbiamo forse nell’istinto una capacità in divenire, che è la conoscenza del futuro; e forse ne possediamo anche altre, di cui l’uomo acquisterà un giorno coscienza, e che oggi può al massimo presentire e intravedere senza poterle però mettere in azione».

Arnold Schönberg, Manuale di armonia, Il Saggiatore, 1980.

Mario Brunello – «Silenzio», Il Mulino, 2014. «Più penso al silenzio e più la musica mi parla»

Mario Brunello

Mario Brunello

«Silenzio, parola controtempo: il silenzio sta fuori del tempo, fuori dal suo gioco, fuori dal sopravvenire del tempo. Il controtempo viene a sorprendere il tempo nella sua inerzia, che lo spinge verso un’unica direzione. Il silenzio prende controtempo il tempo. In musica il controtempo si prende lo spazio cosiddetto “debole” della battuta, ma è lo spazio che dà la libertà all’esecuzione, che dà la libertà di un “rubato”, sia con il suono sia con il silenzio.
Anche nella scansione del tempo data dal ticchettio dell’orologio, il silenzio è in controtempo, e se la scansione è lenta il silenzio che intercorre può essere infinito. Il battere del tempo riporta alla realtà, il silenzio controtempo lascia spazio al sogno.

 

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Il silenzio, per prendere in controtempo il tempo, si presenta in ogni momento del giorno, ma il succedersi frettoloso degli eventi lo pone in ombra.
Scrivo la parola “silenzio” per metterlo in controtempo, per ascoltarlo, come questo libro che è più da ascoltare che da leggere. Nel silenzio.
Lo stesso silenzio, che assomiglia di più alla “cura” con cui si preparava l’ascolto di un trentatré giri, un LP, su un giradischi. Non so quanti lo ricordano. Provo a ripassare mentalmente i passaggi e i gesti di quell’ascoltare privilegiato, la possibilità di ascoltare la musica in casa, preceduta da un rituale in un certo senso silenzioso. Dedicarsi a una sola cosa, senza preoccuparsi del tempo richiesto.
Senza pretendere che quell’atto abbia più di un risultato, nessun collegamento a link, playlist, siti senza luogo nel mondo o condivisioni di “mi piace” con sconosciuti.
L’ascoltare è da molto tempo ormai collegato al vedere o, peggio, al fare; l’ascoltare è strettamente collegato a un’altra azione.
Il vinile prevedeva prima di tutto un tempo per una scelta, ponderata, molto spesso premeditata e pregustata, in quanto si era consapevoli del tempo e della quantità di azioni che l’ascolto del disco metteva in moto. Era previsto anche uno spazio fisico ben preciso in casa, una specie di rifugio musicale dove, oltre alla postazione di ascolto, c’era anche il posto fisso per il giradischi e per stivare i dischi. Ora lo spazio musicale è trasportabile facilmente, ricreabile direttamente intorno o dentro le nostre orecchie, e la scelta passa attraverso un touch screen dalle infinite possibilità di collegamenti. Era prevista anche la cura dell’oggetto, la pulizia dei solchi entro i quali magicamente la musica veniva scritta e letta poi dalla puntina, delicatissima estremità di un ancora più delicato braccio. Con gesto lento e calibrato bisognava accompagnare il braccio del giradischi a posarsi sul vinile in movimento e soprattutto c’era, una volta messo in pista, l’invito implicito a non assentarsi ma ad aspettare la fine del disco e perciò stare ad ascoltare. Prendersi volutamente uno spazio e un tempo per ascoltare.
Tra ciò che mi ha spinto a scrivere sul silenzio vi è proprio il ricordo di questi gesti. Il silenzio è un tema talmente sconfinato e profondo: il mio sguardo è certo parziale, ma privilegiato. È quello di chi il silenzio lo usa e vive quotidianamente come materia prima. Circoscritto nell’ambito musicale, mi è sembrato un tema di grande stimolo.
Prendermi cura del silenzio che incontro ogni giorno nella musica che faccio, cercare di descriverlo e comprenderlo, mi ha riportato ai gesti e alla considerazione necessari all’ ascolto di un vinile, come ricordato sopra. Ho immaginato di offrire un momento di “ascolto” più che una lettura. Una serie di riflessioni “lente” che, come la musica, hanno bisogno di tempo.
Il libro è suddiviso in quattro movimenti, da “ascoltare” come una Sonata: il primo movimento in forma sonata nella sua tipica struttura di esposizione, sviluppo, ripresa e coda, il secondo in forma di Lied, il terzo uno Scherzo, e un Finale con Tema e Variazioni.
Come dire “il silenzio non si legge, si ascolta”».

 

Mario Brunello, Silenzio, Il Mulino, 2014: Premessa, pp. 7-11.

 

 

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Recensioni:

Oliviero La Stella, Il suono del silenzio

 

Antonio Bonacchi – Che lavoro fai? …IL VIOLINISTA! Sì, ma di lavoro? Arte, mestiere, misteri del suonare il violino

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Che lavoro fai? …IL VIOLINISTA! Sì, ma di lavoro?

Arte, mestiere, misteri del suonare il violino. ISBN 9-788863-951196, Edizioni CURCI, 2012.

IL VIOLINISTA, un manuale completo per strumentisti e aspiranti tali, violino ed arco analizzati e spiegati in tutti i loro aspetti estetici e funzionali. Che suoniate per diletto o per passione il vostro violino non avrà più segreti. La viola… è solo un po’ più grande! Lo trovate nei negozi di musica e nelle librerie.

Acquistabile on line su www-musicherie.com

 

Antonio Bonacchi

Che lavoro fai? …IL VIOLINISTA! Sì, ma di lavoro?
Arte, mestiere, misteri del suonare il violino.

ISBN 9-788863-951196, Edizioni CURCI, 2012,
pp. 224, formato 14 x 21 cm., € 19,00

Edizioni Curci logo

In copertina: Pietro Gargini, violino – Giovanni Lucchi, arco (cb). Foto Lucio Ghilardi


 

Antonio Bonacchi

Babbo a giorni alterni, scrittore della domenica, editor e grafico quasi per caso, violinista per passione, liutaio e archettaio per diletto, tornitore autodidatta, informatico per necessità, imprenditore per divertimento, inventore per passatempo, cuoco per amicizia.

WHAT IS HE (D. H. Lawrence)

Che cos’? è
– Un uomo, naturalmente.
Si, ma cosa fa?
– Vive, ed è un uomo.
Certo, ma deve pur lavorare. Avrà una qualunque occupazione.
– Perché?
Perché si vede che non appartiene ad una classe agiata.
– Non so. Ha molto tempo per sé, e fa delle bellissime sedie.
Qui ti volevo! Allora è un ebanista.
– No, No!
Insomma un falegname.
– Nient’affatto.
Ma l’hai detto tu.
– Che cosa avrei detto io?
Che faceva sedie, era un falegname.
– Ho detto che faceva sedie, non che è un falegname.
Va bene. Allora le fa per diletto?
– Forse! Secondo te, un tordo è un flautista di professione, o solo un dilettante?
Direi che è soltanto un uccello.
– E io dico che lui è solo un uomo.
Ho capito! Cavilli sempre.

Alcune pagine dal libro

Origini

Il capitolo si apre con le due pagine relative alla nomenclatura.

la nomenclatura del violino

La nascita del violino

Per mia praticità parlerò del violino, ma quanto segue è per buona parte consono agli altri strumenti della famiglia: viola, violoncello, contrabbasso.

Per quanto si cerchino documenti e fonti è ancora difficile attribuire un luogo ed un momento esatto per la comparsa del violino, quindi più che di “nascita” parlerei di un suo “divenire” dalla progressiva evoluzione e trasformazione di strumenti simili per forme, numero di corde e modo di produrre il suono (come il rebeb, la gigua, la ribeca, la viola da braccio, la viella ed altri), sicuramente influenzato dalle dirompenti idee del Rinascimento fiorentino¹ incentrate sulla ricerca di proporzioni, armonia di linee, rapporti geometrici. Sulla sua oggettiva paternità, su forme, varianti e misure ideali, sono stati scritti fiumi di parole e si trovano eccellenti ed esaustive pubblicazioni; le ipotesi più accreditate vedono la sua comparsa intorno al 1530, probabilmente a Cremona ad opera di Andrea Amati, altre, ugualmente valide, a Brescia per mano di Gasparo da Salò. Alcuni documenti riguardanti l’acquisto di violini cremonesi da parte di Carlo IX di Francia fanno ipotizzare che la liuteria di Cremona abbia avuto più tempo per propagare la sua notorietà e sia quindi antecedente a quella bresciana, ma niente toglie che in entrambi i casi si possa aver ottenuto parimenti lo stesso risultato: nel bresciano, Zanetto da Montichiari veniva registrato nel 1527 come Joannettus de li violettis. In quegli stessi anni gli Amati avevano nel cremonese botteghe liutarie già avviate, ma non erano gli unici ad operare intorno agli strumenti, sto infatti trascurando del tutto la contemporanea e fervente attività liutaria […] tutto il resto lo trovate nel libro!

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1 I toscanacci son sempre in mezzo! Per altro il M° Fiorenzo Copertini Amati scrive in un intrigante articolo, nel n° 2/2009 di Liuteria Musica Cultura, sul “violino raffigurato nel bassorilievo del Palazzo Scala a Firenze (1480). E chissà che pure Leonardo da Vinci non ci abbia messo del suo!

 

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Ernst Chladni – pag. 12

figure di Chladni in liuteria

[…]

Negli anni Cinquanta Carleen Maley Hutchins, oltreoceano, inizia e porta avanti interessanti ricerche partendo dalle teorie del Savart il quale affermava che i migliori violini presentano una tavola armonica che se percossa, emette una nota di un semitono più alta del fondo. L’ausilio di strumentazioni elettroniche rivoluzionarie per l’epoca ed i suggerimenti nonché le collaborazioni con liutai, chimici e ricercatori (Karl a. Berger, alvin S. Hopping, fernando Sacconi) la portano a scoprire ed applicare alla liuteria le figure di Ernst Chladni. Grazie alla Hutchins la costruzione del violino si può avvalere di una nuova tecnica scientifica […]

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Chiamato frequentemente anche archetto, dal francese archet specialmente se da violino o viola, fino al ’600 era realizzato con legni comuni quali acero, noce, pioppo, faggio; un arco piuttosto grossolano e poco efficace. La necessità di allungarlo e la modifica radicale della curva portarono alla scelta di legni più compatti ed elastici quali il legno ferro ed il legno serpente¹ ancora oggi utilizzati per gli archi barocchi. Un tassello di legno, che diventerà il moderno nasetto, veniva incastrato nella zona “al tallone” tra crine e bacchetta per mettere in tensione il crine.

A partire dall’arco “curvo” (con i crini semplicemente fissati in cima ed in fondo), possiamo definire l’evoluzione dell’arco in Italia in quattro periodi:


Non esistono ancora la punta d’avorio², la slitta in madreperla³, l’anello, la coulisse, il ginocchio e la fasciatura, propri dell’arco moderno che deve probabilmente la sua evoluzione al trinomio Corelli-Tartini-Viotti, musicisti virtuosi, teorici geniali e “girelloni”. Dai loro incontri con i vari costruttori di Cremona, Parigi, Mirecourt, Londra, per assecondare teorie ed esigenze personali, si origina l’evoluzione dell’arco barocco fino alle forme e caratteristiche che a tutt’oggi mantiene. Se vogliamo cercare una data per la nascita dell’arco moderno possiamo pensare al 1785-86 quando Louis Spohr lo descrive minuziosamente (pubblicandolo nel 1832 nel suo Violinschule) o al 1792 circa quando Tourte aveva oramai definite con Viotti le misure e le caratteristiche che perfezionerà in seguito con Kreutzer. Anche se in Italia i liutai cremonesi avevano già dato il via diversi anni prima all’evoluzione dell’arco, Tourte fu il primo ad utilizzare il legno di pernambuco8 e la tecnica della piegatura a caldo: la bacchetta veniva tagliata praticamente dritta (o quasi, seguendo la venatura del legno) e piegata dopo una parziale lavorazio- ne; in questo modo la fibra della bacchetta ha una continuità che consente migliore elasticità e maggiore resistenza anche alle rotture.

[…] tutto il resto lo trovate nel libro!

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1 Il nome scientifico è Piratinera Guianensis o Brosimum Guianensis e proviene dalle Guiane (Brasile ai confini con le Guiane-Venezuela). Il suo peso specifico è 1,05-1,30, il colore è bruno rossastro o rosso cupo maculato nero. Conosciuto anche come Snake wood (Ingl.) Pau tartarugo o Amoretta.
2 O scarpetta, voluta da Tartini.
3 Introdotta da Vuillaume.

 

 


 

 

INDICE DEL LIBRO

Scritto con un entusiasmo contagioso da un cultore della materia, arricchito di un prezioso apparato iconografico di oltre 360 immagini, IL VIOLINISTA è un libro indispensabile per gli strumentisti di tutti i livelli (studenti, professionisti, amatori) ma per la varietà degli argomenti trattati e lo stile quasi narrativo è godibile anche dagli appassionati di musica e dello strumento.

Puoi virtualmente sfogliare tutto il libro per avere un’idea panoramica di tutto il volume.

da pag 1 a pag 100

 

da pag 101 a pag 224

 

 

Alcuni commenti

 

Luca Rinaldi

Una splendida lettura per chi si occupa di strumenti ad arco e di musica in genere. Mi congratulo con l’amico Antonio per l’interessante libro, in cui si trovano notizie molto utili, curiosità e aneddoti tratti da una vita dedicata alla musica, scritti in maniera simpatica e leggera.

Complimenti e grazie

https://www.facebook.com/luca.rinaldi.526

 


Angelo Andrulli

Angelo Andrulli

Non è un semplice libro ma, un MERAVIGLIOSO TRATTATO artistico/formativo, di facile lettura e comprensione. Ho trovato numerose informazioni e illuminanti argomenti che mi hanno regalato infiniti stimoli artistici. Non sfugge l’entusiasmo e la passione con cui l’opera è stata creata. Nei miei seminari rivolti ai ragazzi “Il Bonacchi”  lo porto ormai sempre con me, come se fosse una bibbia… Con tanta stima e affetto rivolgo al caro Maestro Bonacchi i miei complimenti… e un grazie per gli insegnamenti trasmessi.

Angelo R. Andrulli

http://www.angeloandrulli.it


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