Giancarlo Paciello – La Costituzione tradita. Intervista a cura di Luigi Tedeschi

Costituzione tradita

 

L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro. Così recita l’art. 1 della costituzione italiana. Tuttavia la svolta liberista di stampo anglosassone imposta alla struttura economico – sociale del paese sembra smentire questo principio fondativo. Anzi, tutte le norme costituzionali che affermano i principi di dignità e tutela del lavoro sembrano aver subito una abrogazione materiale. Il principio lavorista viene spesso contestato come un vecchio residuo ideologico, si vuole infatti sostituire il fondamento del lavoro con quello della libertà.

Potrebbe secondo me essere una cosa positiva, perché libertà è libertà dal bisogno. Servirebbe una visione più vasta della libertà umana. Ma di fatto non si vuole tener conto che la dignità umana si basa sul lavoro. Bergoglio usa questa espressione poetica: “Il lavoro unge di dignità l’uomo”. Questa è una formulazione recente della Chiesa. Pio XII in particolare in un suo discorso bollava “la smodata bramosia di piaceri” degli operai italiani che chiedevano aumenti salariali. Io insisto a riferirmi al dettato cattolico perché è quello che domina l’immaginario collettivo dell’Italia. Il Papa è sempre un valore assoluto riconosciuto da tutti. E’ il caso di rifarsi a persone al di sopra di ogni sospetto. Il quadro che tu descrivi è in realtà l’obiettivo che il neoliberismo dominante ha intenzione di colpire. Perché il soggetto si caratterizza come soggetto di consumo e quindi la dialettica sociale non è più quella di capitale e lavoro…[Continua a leggere]

Fonte: Italicum

Luigi Tedeschi intervista Giancarlo Paciello
La Costituzione tradita

 

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cicogna petite

Sante Notarnicola – Tentai di gettare l’anima al di là del muro … cercando di seguire la farfalla.

Sante_Notarnicola

A Sante,
alla sua capacità di esser stato,
e di essere,
ad un tempo,
fragile e misteriosa
cristalide,
come gioventù
ricca di speranze,
di possibili metamorfosi,
matrice di trasformazioni
– condizione della realizzazione –
e farfalla
che col suo diafano
e lieve battito d’ali
punteggia
la trama
di Iride.
———————– C. F.

 


 

L'anima e il muro

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Sante Notarnicola
L’anima e il muro


Introduzione e cura
di Daniele Orlandi
disegni di Marco Perroni

pp.192 € 18,00

ISBN 978-88-96487-29-7

 

 

dalla quarta di copertina

Questa scelta antologica di poesie scritte durante un trentennio diventa l’occasione per una particolare scansione della storia d’Italia, perché questi versi oscillano, lenti o vorticosi, tra l’anima e il muro di tante prigioni. Corredato di un ampio saggio introduttivo e di note che ne inquadrano la mole di rimandi alla cronaca e alla cultura di quegli anni che l’autore riversa sulla pagina, L’anima e il muro, duellanti senza pace, ne raccoglie i momenti principali. Sante Notarnicola ha attraversato il Novecento italiano da ribelle: operaio, bandito, carcerato. I tre tempi della sua vicenda biografica sono scanditi dalla poesia, una vera e propria autobiografia in versi, contemporanea a quella generazione che ingaggiò una guerra senza esclusione di colpi con lo Stato lunga circa un ventennio. In disaccordo con la linea attendista del Pci negli anni Cinquanta, rompe con il Partito e seguendo un progetto di guerriglia diviene rapinatore con la famigerata Banda Cavallero. Arrestato nel 1967 e condannato all’ergastolo, prosegue e insieme inizia la sua vera attività politica. Da allora, la Storia d’Italia s’incaricherà di fargli visita nelle varie patrie galere del suo lungo soggiorno. Notarnicola la accoglierà a suo modo: animando il movimento per i diritti dei detenuti sul finire degli anni Sessanta; conoscendo e confrontandosi con lo stato maggiore della lotta armata, dalle Br ai Nap a Prima Linea, tentando l’evasione e sperimentando sulla pelle il regime di articolo 90 nelle carceri speciali. Dopo vent’anni, otto mesi e un giorno si riaffaccerà alla vita esterna fino alla lenta estinzione della pena. Poesie di lotta e inni rivoluzionari, gridi muti di rabbia e squarci di lirismo nati in un contesto, come la carcerazione politica, dove la speranza della libertà è una quotidiana collettiva eucarestia o non è.

Sante Notarnicola (Castellaneta 1938), «operaio, comunista, rapinatore di banche, carcerato, scrittore, poeta». Nel 1972 ha pubblicato con Feltrinelli la sua semibiografia L’evasione impossibile (ristampata da Odradek a partire dal 1997). È autore di tre raccolte poetiche: Con quest’anima inquieta (Senza Galere, 1979), La nostalgia e la memoria (Giuseppe Maj, 1986) e l’ibrido Materiale interessante (Edizioni della Battaglia, 1997). Alcuni suoi versi compaiono nel volume collettivo Mutenye. Un luogo dello spirito (Odradek, 2001).


 

L'evasione impossibile, Feltrinelli, 1972

L’evasione impossibile, Feltrinelli, 1972

 

L'evasione impossibile

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Sante Notarnicola
L’EVASIONE IMPOSSIBILE

Con un’introduzione di Pio Baldelli e un’intervista all’autore

II edizione 2005 Con una prefazione di Erri de Luca

L’evasione impossibile ha attraversato con grande forza il ciclo di movimenti tra il ’68 e il ’77. Libro di culto per la generazione degli anni ’70, ormai introvabile, aggiunge all’interesse per le autobiografie esemplari quello dell’analisi distaccata nei confronti di nodi impresentabili – e quindi rimossi – per la sinistra; come la violenza e il carcere.
E’ il racconto della nascita e del percorso di quel gruppo che attraversò i fugaci onori della cronaca alla fine degli anni ’60 come “banda Cavallero” una banda di rapinatori di banche, nata per autofinanziare un’improbabile rivoluzione, e che aveva mantenuto per anni la propria salvaguardia evitando qualsiasi rapporto con la malavita. Un’anomalia che ne fece allora una leggenda.
Piero Cavallero, Sante Notarnicola, Adriano Rovoletto, I’ex partigiano Danilo Crepaldi sono invece fino in fondo figli del “popolo comunista” torinese, delle “boite” e delle officine della ricostruzione industriale del dopoguerra.
La grande forza emotiva non fa velo alla capacità di comunicare con lucidità e distacco il quadro storico-sociale che fa da sfondo alla trasformazione del Pci, alla nascita della sinistra extraparlamentare e poi delle organizzazioni guerrigliere.
Furono fortunati e abili nel riuscire a operare per tanti anni; furono sfortunatissimi nell’essere arrestati proprio un attimo prima che il ’68 facesse la sua apparizione, dando nuova linfa e nuove idee alla trasformazione radicale dell’esistente. Anche se c’è da dubitare che questi uomini – esclusi ormai da anni dal confronto con le realtà di base – sarebbero stati in grado di maturare un rapporto proficuo con un movimento tanto diverso da quello che si potevano attendere o sperare.
La condizione di prigionieri, paradossalmente, favorì invece questo incontro. E furono i gruppi extraparlamentari (non senza contraddizioni) a riconoscere in questa banda dei “compagni di strada” provenienti dalla generazione “perduta”: quella che era stata troppo giovane per fare la Resistenza, e troppo vecchia per attendere un nuovo ciclo radicale di lotte.

L’intervista al Sante di oggi, in appendice, chiude il cerchio di una vita spesa senza rimpianti alla ricerca di una rivoluzione che non ha vinto. Un capitolo della lunga “guerra civile” italiana, visto dall’ interno dei gruppi sociali che in modi diversi, ma più di tanti altri, hanno pagato sulla propria pelle il prezzo della “normalizzazione” del conflitto: la classe operaia torinese e i detenuti. In tempi di pensiero debole, l’unica ricaduta positiva è probabilmente il rinnovato interesse per le “vite”, per la memoria, per le testimonianze.
Quella di Sante Notarnicola è una coscienza estesa e possente, che sviluppa ed elabora una minuziosa e basilare critica della politica e della rappresentanza, perché il carcere, come luogo della intensificazione delle espenenze, dell’elaborazione collettiva, risulta un momento estremo di analisi della politica e di conoscenza dello Stato.

 


La Farfalla

Sante Notarnicola

La farfalla

Versi rubati

a cura di Daniele Orlandi.

In copertina: Marco Perroni, Prison, 2015.

Editrice Petite Plaisance

indicepresentazioneautoresintesi

 

Dalla Introduzione di Daniele Orlandi:

In un precedente libro di poesie che ebbi l’onore di curare, l’intento non era quello di raccontare in un’ottica cronistico-giudiziaria la storia di Sante Notarnicola (Castellaneta, 15 dicembre 1938) “bandito” o, in una dimensione politica, quella del rivoluzionario (ammesso che per il potere le due definizioni possano andare disgiunte). Non era nemmeno quello di fare critica letteraria. Rappresentava semmai il tentativo di scovare le maglie più larghe in cui i tre aspetti potessero collegarsi per fornire, in una prospettiva storica, un ritratto di Sante il più possibile vicino al vero. Per questa storia, quindi, che prima o poi il lettore ricercherà vanamente in queste pagine, non si può che rimandare a quella sintesi… [continua a leggere].

Daniele Orlandi, Introduzione

 

Notarnicola_S

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Baruch Spinoza (1632-1677) – La via che conduce al vero compiacimento dell’animo sembra estremamente difficile, può tuttavia essere trovata. E arduo, in verità, deve essere ciò che tanto raramente si trova. Ma tutte le cose eccellenti sono tanto difficili quanto rare

Spinoza

«[…] il saggio, in quanto è considerato tale, è difficilmente turbato nell’animo;
ma, consapevole di sé […],
possiede il vero compiacimento dell’animo.

Se, ora, la via che  […] conduce a ciò sembra estremamente difficile,
può tuttavia essere trovata.

E arduo, in verità, deve essere ciò che tanto raramente si trova.

Come infatti potrebbe avvenire,
se la salvezza fosse sotto mano e potesse essere ottenuta senza molta fatica,
che fosse negletta quasi da tutti?

Ma tutte le cose eccellenti sono tanto difficili quanto rare».

Baruch Spinoza, Etica, 1667.

 

 

 

Spinoza a cura di Diego Fusaro.

 

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Luigi Tedeschi intervista Andrea Bulgarelli, coautore con Costanzo Preve del libro “Collisioni – Dialogo su scienza, religione e filosofia”

Collisioni

242 ISBN

Andrea Bulgarelli – Costanzo Preve

Collisioni. Dialogo su scienza, religione e filosofia

ISBN 978-88-7588-153-5, 2015, pp. 96,  Euro 10 – Collana “Il giogo” [64]

indicepresentazioneautoresintesi

 

 1) Secondo Norberto Bobbio, “tra la religione e la scienza, quale è il posto riservato alla filosofia? O si mantiene valida la pretesa all’assoluta verità, e da allora sembra che non si possa fare a meno dell’esperienza religiosa – la filosofia deve cedere alla religione; o si rinuncia alla validità assoluta, ed allora si hanno buone ragioni di credere che bastino le scienze – la filosofia deve cedere alle scienze”. Religione, scienza e filosofia sono dunque, secondo Bobbio, ideazioni umane tra loro del tutto distinte ed autonome, con conseguente delegittimazione del sapere filosofico. In tal caso, una volta eliminati gli elementi del processo dialettico, verrebbe meno il fondamento stesso della filosofia. Secondo Costanzo Preve invece, l’unità dialettica tra scienza e religione verrebbe ad essere realizzata mediante la sintesi messa in atto dalla filosofia, quale momento di mediazione tra i due elementi dialettici. Ma allora scienza e religione non avrebbero di per se stessi alcun fondamento veritativo se non quali elementi del processo dialettico, o meglio, i loro fondamenti non sussistono se non in quanto funzionali alla verità filosofica?

Non sono sicuro che Preve intendesse la filosofia come sintesi dialettica tra scienza e religione. Questo significherebbe, come giustamente suggerisci tu, una subordinazione de facto delle prime due alla terza. Avremmo così una vera e propria assolutizzazione del pensiero filosofico, cosa che è in netto contrasto con la tesi dell’autonomia delle forme di conoscenza sostenuta da Preve e da me. Quando in Collisioni. Dialogo su filosofia, scienza e religione (Petite Plaisance 2015) io e Costanzo parliamo di unità dialettica, intendiamo polemizzare con quanti chiudono scienza e religione in compartimenti stagni, strumentalizzandole per mettere in scena il teatro “laici” contro “credenti”.
Chi cerca di sviluppare una ricostruzione razionale della genesi delle idee sa perfettamente che la scienza non è caduta miracolosamente dal cielo nel XVII secolo, magari come reazione contro una fumosa “religione” tout court. In realtà la genesi della scienza, esattamente come quella della religione (e della filosofia) è “sporca”, non rimanda a nessuna purezza originale. L’intreccio tra religione e scienza è stato oggetto di specifici studi, tra i quali ricordo quelli di Thomas Merton, secondo i quali l’istituzionalizzazione del pensiero scientifico moderno sarebbe in gran parte la ricaduta non prevista dell’etica puritana. Ciò non significa assimilare le due sfere, o fare della scienza una sorta di secolarizzazione di determinati contenuti religiosi, ma solo rendersi conto che è lo sviluppo storico complessivo dell’uomo a determinare i suoi singoli elementi, e non il contrario. Non si tratta quindi di una posizione oscurantista: anche Stephen Jay Gould ha trattato spesso delle influenze che il contesto storico ha esercitato sul progresso della scienza …[continua a leggere]

Fonte: Italicum
Intervista di Luigi Tedeschi ad Andrea Bulgarelli coautore con Costanzo Preve del libro “Collisioni – Dialogo su scienza, religione e filosofia”

 

 

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