Peter Sloterdijk – Devi cambiare la tua vita! Questo è il comando metanoico per eccellenza. Esso fornisce la parola chiave per la rivoluzione. È soggetto chi si dedica a un programma per eliminare da se stesso la passività e passa dal mero essere-formato al versante del darsi-forma.

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«Devi cambiare la tua vita! Questo è l’imperativo che supera l’alternativa tra ipotetico e categorico, l’imperativo assoluto, il comando metanoico per eccellenza. Esso fornisce la parola chiave per la rivoluzione, declinata alla seconda persona singolare. Esso definisce la vita come un dislivello tra le sue forme più elevate e quelle più basse. lo vivo, ma qualcosa mi dice con autorità inconfutabile: non vivi ancora correttamente. L’autorità numinosa della forma gode del privilegio di rivolgersi a me con un “tu devi”: è l’autorità di una vita diversa in questa vita. Questa autorità coglie in me una sottile insufficienza, che è più antica e più libera della colpa. Si tratta del mio più intimo non-ancora. Nel mio istante più cosciente vengo colto dalla protesta assoluta contro il mio status qua. Cambiare me stesso è ciò di cui ho bisogno. Se tu dunque cambi veramente la tua vita, non faresti che dare retta alla tua migliore volontà, non appena capisci che una tensione verticale, a te favorevole, sta scardinando la tua vita» (p. 33).

«L’acrobatica è sovversione dall’alto, […] cammina sopra e oltre l’“esistente”. Il principio sovversivo, o meglio, sopravversivo, non alberga nell’Über di Überheblichkeit (arroganza), né alberga nell’hyper di hybris o nel super di superbia, ma nell’“acro” di acrobatica. Il termine “acrobatica” rimanda all’espressione greca usata per indicare il camminare sulle punte dei piedi (da akros, alto, in cima, e bainein, andare, camminare). Designa la forma più elementare della naturale contronaturalità.» (p. 155).

«È soggetto chi si dedica a un programma per eliminare da se stesso la passività e passa dal mero essere-formato al versante del darsi-forma» (p. 239)

«Da quando è iniziata la catastrofe globale, con il suo parziale disvelamento, è comparsa nel mondo una nuova configurazione dell’imperativo assoluto, che si indirizza a tutti e a nessuno sotto forma di severo ammonimento: cambia vita! Altrimenti prima o poi il completo disvelamento della crisi vi dimostrerà che cosa vi siete lasciati sfuggire all’epoca dei segni preliminari» (p. 547).

Peter Sloterdijk, Devi cambiare la tua vita, Raffaello Cortina Editore, 2010.

 

 

Risvolto di copertina
"Devi cambiare la tua vita!": così intimava al poeta la voce che Rilke udì al museo del Louvre agli inizi del Novecento. Politica e religione ci hanno tentato per secoli, ma oggi l'una è in crisi mentre l'altra sembra cavalcare prepotentemente i nuovi fondamentalismi. In quest'ampia indagine sulla natura umana Peter Sloterdijk confuta che a ritornare sia il sentimento religioso. Semmai è presente in ogni piega della nostra società il disagio etico suscitato dalla constatazione che "così non possiamo più andare avanti" e che, dunque, ogni persona debba seriamente lavorare su se stessa per essere e rimanere all'altezza delle sfide del nostro mondo. Dopotutto, cosa accomuna un pizzaiolo e uno yogi, un sacerdote e una modella, un economista e una biologa se non il continuo esercizio teso a migliorare il proprio "rendimento"? Non si tratta solo del successo sulla scena pubblica, bensì di una elevazione che continuamente slitta dal piano fisico a quello spirituale e dal piano individuale a quello planetario. Al tempo degli antichi Greci era l'obiettivo della saggezza; oggi che tale parola sembra desueta non perde il suo mordente la stessa "pericolosa" pratica della filosofia.

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Ferruccio Rossi-Landi (1921-1985) – Quando i beni circolano sotto forma di merci essi “sono” messaggi; quando gli enunciati circolano sotto forma di messaggi verbali essi “sono” merci.

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«È rivoluzionaria l’azione che tende a ricongiungere coscienza e praxis;
è conservatrice l’azione che in un modo qualsiasi ostacola tale ricongiungimento».

F. Rossi-Landi, Il linguaggio come lavoro e come mercato, 1968.

 

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Risvolto di copertina

È questa l’edizione italiana, a cura di Cristina Zorzella Cappi (Università di Padova), di Linguistics and Economics di Ferruccio Rossi-Landi nella versione da lui stesso realizzata e fin ora rimasta inedita. «Il nostro interesse principale riguarda gli oggetti dei quali le due discipline, la linguistica e l’economia, si occupano: vale a dire, il linguaggio umano quale oggetto principale della scienza linguistica e lo scambio economico quale oggetto principale della scienza dell’economia. Tali “oggetti” vengono assunti nell’indagine nella misura in cui si prestano ad essere considerati in maniera unitaria. È mia intenzione iniziare un’elaborazione semiotica dei due processi sociali che si possono provvisoriamente identificare come “produzione e circolazione dei beni (sotto forma di merci)” e come “produzione e circolazione di enunciati (sotto forma di messaggi verbali)”. Questi sono due modi fondamentali dello sviluppo sociale umano. Sebbene appaiano di solito in campi separati, formuliamo qui l’ipotesi che essi siano “la stessa cosa” almeno nel senso in cui i due rami principali di un albero possono essere considerati “la stessa cosa”. Il saggio è dedicato ad alcuni aspetti di questa relativa “stessità”. Sosterrò che quando i beni circolano sotto forma di merci essi “sono” messaggi; e che quando gli enunciati circolano sotto forma di messaggi verbali essi “sono” merci» (“Introduzione” dell’Autore all’edizione italiana). Il collegamento tra economia e linguistica rende quest’opera estremamente attuale, soprattutto in vista di un ripensamento delle odierne strutture economiche, e ne fa un “classico” della filosofia e della semiotica contemporanee.

Ferruccio Rossi-Landi (Milano, 10 marzo 1921 – Trieste, 5 maggio 1985) è tra i maggiori rappresentanti della semiotica e della filosofia del linguaggio del Novecento. Insegnò fra il 1964 e il 1975 in varie università europee e americane e, come professore ordinario, Filosofia della storia nell’Università di Lecce dal 1975 e Filosofia teoretica nell’Università di Trieste dal 1977. Tra le sue opere: la trilogia (Bompiani): Il linguaggio come lavoro e come mercato (1968, 1983, n. ed. a c. di A. Ponzio 2003), Semiotica e ideologia (1972, 1979, n. ed. a c. di A. Ponzio, 2011), Metodica filosofica e scienza dei segni (1985, n. ed. a c. di A. Ponzio 2006); Charles Morris e la semiotica novecentesca, 1975; Between signs and non-signs, a c. di S. Petrilli, John Benjamins, 1992; The Corrispondence Morris – Rossi-Landi, a c. di S. Petrilli, Semiotica, Special Issue, 88, 1-2, 1992; Scritti su Gilbert Ryle e la filosofia analitica, 2003; Ideologia (1978, 1982, n. ed. a c. di A. Ponzio, 2005); Rossi-Landi – Bergmann, Analisi del linguaggio e ideal language in filosofia (Corrispondenza 1950-1956), a c. di C. Zorzella e M. Cappi, ZeL, 2011. Da Mimesis è anche edita la monografia di A. Ponzio sull’autore, Linguaggio, lavoro e mercato globale (2008).


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Johann Joachim Winckelmann (1717-1768) – Se vi sembra inconcepibile che si possa mostrare la forza del pensiero in un’altra parte del corpo, che non sia la testa, imparate qui come la mano d’un artista creatore abbia il potere di spiritualizzare la materia.

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Torso arcaico di Apollo

Non conoscemmo il suo capo inaudito,
e le iridi che vi maturavano. Ma il torso
tuttavia arde come un candelabro
dove il suo sguardo, solo indietro volto,

resta e splende. Altrimenti non potrebbe abbagliarti
la curva del suo petto e lungo il volgere
lieve dei lombi scorrere un sorriso
fino a quel centro dove l’uomo genera.

E questa pietra sfigurata e tozza
vedresti sotto il diafano architrave delle spalle,
e non scintillerebbe come pelle di belva,

e non eromperebbe da ogni orlo come un astro:
perché là non c’è punto che non veda
te, la tua vita. Tu devi mutarla.

Rainer Maria Rilke

 

 

Il bello nell'arte

Il bello nell’arte

 

 

Torso di Mileto

«Ti conduco davanti al tanto celebre e mai abbastanza lodato Torso d’Ercole, davanti a un’opera che, nel suo genere, tocca il culmine delle perfezione e deve annoverarsi tra le maggiori creazioni artistiche giunte fino ai tempi nostri. Ma come potrò descriverlo, se gli mancano le parti più belle e più importanti che la natura ha date all’uomo! Come d’una meravigliosa quercia abbattuta e spogliata dei rami e delle fronde non rimane che il nudo tronco, così, deturpata e mutilata si vede l’immagine dell’eroe: gli mancano la testa, le braccia, le gambe e la parte superiore del petto. Al primo sguardo forse non scorgerai altro che un sasso informe: ma se hai la forza di penetrare nei segreti dell’arte, osservando quest’opera con occhio tranquillo, vi scorgerai un prodigio: Ercole ti apparirà allora come circondato da tutte le sue imprese, ed in quella pietra vedrai insieme l’eroe e il dio […]. Se vi sembra inconcepibile che si possa mostrare la forza del pensiero in un’altra parte del corpo, che non sia la testa, imparate qui come la mano d’un artista creatore abbia il potere di spiritualizzare la materia. Mi pare di veder sorgere dal dorso, curvo in profonda riflessione, una testa che con letizia ricorda le sue prodigiose gesta. E mentre una simile testa, piena di maestà e di sapienza, appare al mio sguardo, anche le altre membra mancanti incominciano a formarsi nel mio pensiero».

Johann Joachim Winckelmann, Il bello nell’arte, Torino, Einaudi 1973, pp. 75-78).

Quarta di copertina
Pochi studiosi hanno inciso sul pensiero e sulla cultura artistica del proprio tempo come Johann Joachim Winckelmann; ma il suo lascito va ben oltre il Settecento, se è vero che da allora e anche oggi lo si riconosce come fondatore dell'archeologia classica e della storia dell'arte. Proprio l'unanimità di questo riconoscimento ha portato spesso a guardare alla sua opera come a una sorta di monumento, ingessandone il contenuto in rigide formule, oppure identificandola completamente con l'esperienza neoclassica. In realtà i Pensieri del 1755 e i brevi scritti degli anni successivi, come poi le opere della maturità - la Storia dell'arte nell'antichità e i Monumenti antichi inediti - mostrano continuamente la ricchezza e la vivacità del suo pensiero, l'acutezza delle osservazioni sull'arte degli antichi e su quella dei moderni, la capacità di proporre ampie visioni storiche, ma anche di decifrare il minimo dettaglio. Nel frattempo la modernità viene come posta di fronte al mondo classico e costretta a confrontarsi con quello, da una parte sul piano dell'arte, dall'altra secondo la prospettiva della vita culturale, dei comportamenti, delle strutture politiche. L'antologia di scritti, apparsa da Einaudi già nel 1943, viene ora riproposta con testi recuperati nella loro integrità, una nuova scelta di passi, una bibliografia aggiornata e un apparato di note di commento.

 

 

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Museo del Louvre


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