Euripide (480 a.C.-406 a.C.) – Che i miei figli possano vivere liberi, ricchi della loro libertà di parola. I malvagi presto o tardi sono fatalmente smascherati come fanciulle che amano vedersi allo specchio.

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«Che i miei figli possano vivere liberi nella nobile città di Atene, ricchi della loro libertà di parola (parrhesía) […]. I malvagi presto o tardi sono fatalmente smascherati come fanciulle che amano vedersi allo specchio».

Euripide, Ippolito, 422-430.


Euripide (480 a.C.-406 a.C.) – Gli dei non odiano chi è nobile d’animo, soltanto lo fanno soffrire di più di chi non vale niente.


Eschilo (525-456 a.C.) – C’è bisogno di un pensiero profondo, salvifico, che si immerga nell’abisso come un tuffatore dallo sguardo limpido, sgombro dall’ebrezza del vino, così che rovina non tocchi la città …

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C’è bisogno di un pensiero profondo,
salvifico, che si immerga nell’abisso
come un tuffatore dallo sguardo limpido,
sgombro dall’ebrezza del vino,
onde rovina non tocchi la città …

 

Eschilo, Supplici, 407 ss.

 

Le Danaidi di J.W. Waterhouse

Eschilo (525-456 a.C.) – «Specchio dell’immagine è il bronzo, ma il vino lo è della mente».
Eschilo (525-456 a.C.) – «È bello anche da vecchio imparare la saggezza».

Valeria Marzoli – Moreno Fabbri, ovvero la complessità dei sentimenti

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Valeria Marzoli

Moreno Fabbri, ovvero la complessità dei sentimenti

 
09/05/2019

Il fine fondamentale del teatro resta quello di sempre: farci da specchio in un’ottica formativa e conoscitiva che generi nello spettatore la necessaria empatia e catarsi.

FRANCOFORTE\ aise\ – Moreno Fabbri è senz’altro uno degli attori teatrali più interessanti del panorama culturale italiano. Attore toccante che riesce a mettere in scena la complessità dei sentimenti, ha all’attivo un intenso impegno di interprete in spettacoli di autori classici e contemporanei. Ha sempre avuto un’attenzione particolare per la poesia tenendo numerosi recitals, in luoghi di grande prestigio e suggestione come il Palazzo Vecchio a Firenze, la Sala Nervi delle Terme di Chianciano, il Salone del Consolato U.S.A. a Firenze, l’Istituto Italiano di Cultura di Marsiglia. Collabora abitualmente a giornali e riviste con articoli dedicati al costume, alla letteratura e all’arte. È stato per sei anni Presidente di “Un Club per l’Europa” e per nove anni ha organizzato e diretto il Festival “OttobrEuropa”, patrocinato dal Parlamento europeo e dalla Regione Toscana.

Moreno Fabbri sarà ospite della XII edizione del Festival itinerante della Poesia Europea di Francoforte sul Meno che si svolgerà il 16 e 17 maggio 2019 nella metropoli che diede i natali a Goethe. L’attenzione di questo Festival sarà appunto focalizzata sull’opera del sommo poeta tedesco e sarà l’attore italiano la voce recitante dell’evento poetico. Leggerà sia durante la serata inaugurale del Festival, sia la mattina del 17 maggio al Giardino Botanico e sia alle 19.00 al Café am Dom. Il Festival è patrocinato dal Comune di Francoforte sul Meno, sindaco Peter Feldman. 

Lo abbiamo incontrato. 

Ci parli del suo percorso d’attore.

A seguito della formazione canonica di ogni attore, in cui la dizione, la recitazione, e le arti sceniche in generale sono un necessario preludio, debuttai nel ruolo del giovane marchesino Carlo di Nolli dell’Enrico IV di Pirandello, cui seguirono diversi altri ruoli in drammi e commedie di autori per lo più contemporanei. Per completare i miei studi di ingegneria e di economia e per laurearmi in Scienza delle Finanze, sospesi poi l’attività in Compagnia e mi dedicai alla conduzione di spettacoli e di eventi culturali, nonché a recitals poetici che divennero una mia predilezione, unitamente ai monologhi teatrali, che per un certo periodo cercai di conciliare con il mio desiderio di applicarmi anche alla disciplina nella quale mi ero laureato. Dopo un’esperienza lavorativa in un’impresa multinazionale, coerente con i miei studi universitari, decisi di riprendere pienamente l’attività teatrale in Compagnia ricoprendo diversi ruoli in testi di autori classici e contemporanei, fra i quali: Aristofane, Molière, Bulgakov, Eliot, ecc.

 

Che cosa l’ha spinto verso il mondo del teatro?

Da quando ho memoria ho sempre avvertito un’intensa attrazione per il teatro, per la sua capacità di indagare tramite la finzione scenica le peculiarità più recondite e gli aspetti archetipici dell’animo umano e delle vicende societarie che ci accomunano.

 

Qual è il ruolo del teatro d’oggi?

Oggi anche in teatro si assiste ad una proliferazione di ricerche volte a cogliere tutte le potenzialità che ci sono offerte dai più innovativi strumenti della tecnologia, ma il fine fondamentale del teatro resta quello di sempre: farci da specchio in un’ottica formativa e conoscitiva che generi nello spettatore la necessaria empatia e catarsi.

 

L’attore interpreta ruoli sempre diversi. Qual è il personaggio che maggiormente ha sentito “suo” e perché?

Uno dei personaggi nei quali mi sono più immedesimato è quello di Beraldo, fratello di Argante, ne Il malato immaginario di Molière, perché coniuga una visione della vita giocosamente conciliante con perle di saggezza umanamente razionale.

 

Goethe è un poeta presente nella sua vita artistica. Da che cosa nasce il suo interesse per la sua opera?

Goethe è un classico della letteratura occidentale e comparata con un’attenzione profetica anche all’Oriente (basti pensare a Diwan occidentale-orientale) e la lettura delle sue opere assunse per me una nuova valenza venticinque anni fa allorché visitai la sua casa e il suo giardino a Weimar: al rientro da quel viaggio mi dedicai ad una più ampia lettura dei suoi testi, compreso il Faust e il suo Tasso, ma tuttora fa parte delle mie letture private ed elettive.

 

Che cosa bolle in pentola? In quali progetti la vedremo impegnato?

Negli ultimi mesi ho lavorato in televisione ed ho fatto qualche “cameo” nel cinema, anche in una produzione cinese (Dimmi chi sono, in uscita entro il 2019) che mi ha favorevolmente impressionato per la notevole dotazione di mezzi tecnici e per la grande professionalità di tutto il cast. In autunno sarà in programmazione su RAI 1 uno sceneggiato in diverse puntate (Pezzi unici) al quale ho collaborato. Nei prossimi mesi dovrò inoltre studiare per la messa in scena di un nuovo spettacolo teatrale di cui ancora non posso parlare.

VALERIA MARZOLI – AL CENTRO DELLE EMOZIONI: A FRANCOFORTE IL FESTIVAL DELLA POESIA EUROPEA con Moreno Fabbri e Maura Del Serra



Massimo Stella – «Madreparola. Risorgenze della Musa tra modernismo europeo e antichità classica». Il dono materno della parola e della voce poetiche è l’onda di una lunga memoria che, dall’Antico al primo Novecento europeo, continua a spirare.

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Madreparola

Madreparola

 

 

Descrizione
Il dono materno della parola e della voce poetiche è l’onda di una lunga memoria che, dall’Antico al primo Novecento europeo, continua a spirare. La verga esiodea della poesia – il meraviglioso ramo d’alloro fiorito, quel simbolo vegetale di fecondità e iniziazione – sta sotto l’insegna della Madre (Mnemosyne), che parla, si muove e incontra il mondo attraverso l’anodos e l’epifania delle sue Figlie (le Muse). Nel futuro-passato della tradizione, saranno, quelle Figlie, le jeunes filles en fleurs della Recherche proustiana, e ancora parleranno al giovane poeta – quasi si rinnovasse in lui la figura millenaria del kouros-cantore – nell’universo creativo della figurazione rilkiana. Il canto delle donne al poeta (così Rilke intitolava uno dei suoi Neue Gedichte), da Fattrici a Fattore, è Terribile: esso rievoca e ridice, per chi “fa” con le sole parole, la gestazione della vita, quella creazione del vivente che, nella lingua dell’uomo, prenderà il nome di “anima”. Il “canto delle donne” e il movimento del loro pensiero sono the Voice of Language, il flusso sonoro del mondo che Joyce, memore quant’altri mai dell’oralità omerica e dell’epos, catturerà, di nuovo (come fosse un’ultima volta?), nel suo libro-poema, restituendoci, in Molly-Penelope, il ritmo immemoriale e incessante della mente creativa.

Dante Gabriel Rossetti - La Donna della finestra

Dante Gabriel Rossetti – La Donna della finestra

Massimo Stella è ricercatore in Critica letteraria e Letterature comparate alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Classicista di formazione, ha studiato nelle Università di Pavia e di Padova. Lavora attualmente sulla ricezione dell’Antico (tra teatro e filosofia) nelle letterature e nel pensiero moderni e contemporanei.
Ha pubblicato, oltre a numerosi saggi in riviste scientifiche internazionali e capitoli di libro (in italiano, francese, inglese, portoghese), le seguenti monografie: Madreparola. Risorgenze della Musa tra modernismo europeo e antichità classica, Mimesis edizioni, 2018; Il romanzo della Regina. Shakespeare e la scrittura della sovranità, Roma, Bulzoni, 2014; Sofocle. Edipo re. Traduzione, Introduzione e Commento a cura di Massimo Stella, Roma, Carocci, 2010; Luciano di Samosata. Vite dei filosofi all’asta. La morte di Peregrino, traduzione, introduzione e commento a cura di Massimo Stella, Roma, Carocci, 2007; L’illusion philosophique. La mort de Socrate sur la scène des Dialogues platoniciens, Grenoble, Editions Jerôme Millon, 2006; e ha curato il volume collettivo sulle sopravvivenze del mito di Edipo nella memoria letteraria europea ed extraeuropea: Edipo. Margini Confini Periferie, Pisa, ETS, 2013 (in collaborazione con Patrizia Pinotti). Ha partecipato e partecipa a gruppi di ricerca nazionali e internazionali – tra i quali, ultimamente, il progetto Cofecub 2015 (collaborazione Parigi CNRS/ENS-Rio UFRJ) sulla tradizione delle poetiche antiche.
È membro di comitato scientifico di riviste internazionali (L’immagine riflessa), membro di comitato editoriale (Collana Testo a fronte – Aracne Editore), svolge attività di referee per Storia delle Donne. Collabora con il manifesto (Alias).

Dante Gabriel Rossetti. Mnemosyne

Dante Gabriel Rossetti. Mnemosyne


Altri libri di Masimo Stella

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2006 L'illusion philosophique. La mort de Socrate sur la scène des Dialogues platoniciens

L’illusion philosophique. La mort de Socrate sur la scène des Dialogues platoniciens, Grenoble, Editions Jerôme Millon, 2006.

 

Qu’en est-il de l’écriture de Platon hors des sentiers battus de la critique moderne, au-delà des notions traditionnelles de “dialogue” et de “philosophie”? Ce livre prend en considération les dialogues platoniciens comme un unique macro-texte narratif et s’efforce d’y tracer un parcours original au moyen de la mimesis : l’auteur joue avec l’écriture platonicienne et s’y construit un récit ou, plus exactement, la trame d’un récit possible qui devient, au fil des pages, celle de la mort de Socrate. Ce jeu des textes nous présente alors Platon non plus comme un philosophe, un maître ou un théoricien de la politique mais comme le conteur, le narrateur d’une expérience intellectuelle et idéale en lien direct avec la vie de sa cité, à travers l’éros, la mort et le pouvoir.

 

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2007 Luciano di Samosata. Vite dei filosofi all’asta. La morte di Peregrino

Luciano di Samostata, Vite dei filosofi all’asta. La morte di Peregrino.

Traduzione, introduzione e commento a cura di Massimo Stella, Roma, Carocci, 2007.

 

Tra le “Vite dei filosofi all’asta” e “La morte di Peregrino” si apre una medesima scena e si svolge, al contempo, una medesima vicenda del pensiero: è un teatro e una storia della mimesi, con la giostra – un po’ folle e bislacca – delle copie, delle imitazioni, dei simulacri che danzano ormai liberi e festeggianti sulla morte, inequivocabilmente definitiva, della verità. Il grande cadavere è quello della filosofia platonica e di tutte le filosofie che, sulle orme di Platone, hanno voluto porsi sul piedistallo della virtù e della conoscenza vera. Così Luciano, il grande scrittore di Samosata (II secolo d.C.), mette in vendita, anzi in svendita, tutte le filosofie possibili sulla piazza del mercato ed erige un grande rogo su cui, simbolicamente, con l’impostura di Peregrino, sale anche tutta quella vanagloria filosofica che ha spirato con potenti soffi di alterigia per secoli e secoli. Da queste ceneri possono così rinascere la scrittura e il racconto, liberati dai sequestri e dalle ipoteche della verità e della virtù, del bene e della politica. Ha l’aria della vendetta, tutto ciò, e lo è certamente. Ma è anche qualcosa in più. Questa scena, allestita da Luciano tra le “Vite” e il “Peregrino”, è una delle riflessioni più profondamente filosofiche che sia dato di leggere sul “ragno implicito” di ogni filosofia: l’ipocrita recita dell’esemplarità. Se poi questa recita ha già trovato dei pericolosi eredi, come i cristiani…

 

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2010 Sofoche, Edipo re

Sofocle, Edipo re

Traduzione, Introduzione e Commento a cura di Massimo Stella, Roma, Carocci, 2010.

Tragedia del potere, perché cronaca della destituzione d’un capo, tragedia della politica, perché analisi del conflitto tra poteri, l’Edipo re è un’opera teatrale che recide definitivamente i suoi legami con tutte le illusioni della tradizione (il mito, il rito) per farsi “opera di denuncia”: sono i sussurri e le grida di una comunità che divora sé stessa, sotto un cielo senza dèi, su una terra maledetta.

 

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2013 Edipo. Margini e confini

Edipo. Margini Confini Periferie, ETS, Pisa, 2013
(in collaborazione con Patrizia Pinotti).

 

Margini, confini, periferie dell’edipo: territori estremi, liminali e decentrati del mito di Edipo (riformulato da Sofocle) e del suo complesso (secondo Freud) nella geografia politica e culturale dell’Europa Occidentale tra Otto e Novecento, nonché dei suoi domini ed ex-domini coloniali. Questo il nodo problematico e lo snodo temporale intorno ai quali il volume è fondamentalmente costruito.
Su suolo europeo, tra Inghilterra (Dickens, Eliot), Francia (Hugo, Gide, Cocteau), Russia e Austria felix (Dostoevskij Freud) – nell’arco temporale che si estende dall’epopea capitalistico-borghese di seconda metà dell’Ottocento fino alle due guerre – vengono analizzate e studiate le forme latenti e dislocate della configurazione edipica, integrando nel percorso alcuni esemplari rovesciamenti e scardinamenti prodotti, durante gli Anni Settanta, dalla cultura della Contestazione (Morante, Testori, Deleuze e Guattari).
Per altro verso, dall’altra parte dell’Oceano e del Mediterraneo, ritornano, dall’America e dall’Africa (tra Faulkner e Rotimi), vere e proprie figurazioni speculari e distorte della stessa vicenda, storie familiari disfunzionali e post-edipiche, come a rammentare quali violente e regressive conseguenze abbia avuto sulle periferie e sui confini del mondo la vocazione civilizzatrice della civiltà borghese alle prese con i propri disagi.
Non manca l’attenzione per il destino dei personaggi non centrali e/o marginalizzati della storia di Edipo: Giocasta, innanzitutto, e i figli-fratelli dell’incesto, recuperati dal grande alveo della tradizione drammaturgica romana e da Seneca in particolare, per proseguire, con significativi affondi in Shakespeare (la Cordelia/Antigone di Re Lear), attraverso sentieri poco noti del teatro tardorinascimentale e secentesco (Manfredi, Pallavicino), fino al postmoderno (Molinaro). Chiude il volume la traduzione di The Gods Are Not To Blame di Ola Rotimi ad opera di Francesca Lamioni.

 

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2014 Il romanzo della regina

Il romanzo della Regina. Shakespeare e la scrittura della sovranità, Roma, Bulzoni, 2014.


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Camilla Migliori – Un archetipo in cerca di autore: «La carriera di Edipo». Dal 9 all’11 marzo al Teatro Tordinona (Sala Pirandello), Roma.

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Un archetipo in cerca di autore:

La carriera di Edipo, di Camilla Migliori

 

Dall’8 all’11 marzo 2018

Teatro Tordinona (Sala Pirandello),
Via degli Acquasparta 16, ore 21,
domenica ore 18, per la regia di Luca Milesi.


Il libro

 

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La condadina dello spettacolo

 

Teatro Tordinona - La Carriera di Edipo

Teatro Tordinona – La Carriera di Edipo

 

Locandina in PDF – Teatro Tordinona – La Carriera di Edipo


 

 

 


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L’introduzione di Daniele Orlandi

Un vecchio garage fiocamente illuminato da un lampadina. Un manichino impolverato che passa di mano in mano. Una compagnia minimale composta da due donne (regista e aiuto regista) e un attore egocentrico e di nessun talento. Un’ambizione non da poco: Sofocle, Edipo re.

     Avrebbe dovuto essere una rivisitazione dell’inconsapevole parricidio ma in La carriera di Edipo, di Camilla Migliori – autrice e regista teatrale con una quarantennale esperienza -, lo psicodramma familiare travalica i limiti del canovaccio sofocleo per divenire anche dramma politico. Se per famiglia s’intende ancora la cellula base della società, dunque di una polis. Consci della superfluità del riassunto in una prefazione, lasciamo la parola ad Adriana, la regista nella finzione scenica di questo Sofocle pirandellianamente rivisitato: «L’idea», spiega la donna al pragmatico dirigente, metà Innominato metà disprezzata figura paterna, «è quella di attualizzare il mito e renderlo più aderente alla realtà di oggi, più comprensibile». Questo basti ad una breve sinossi.

     In una recente intervista, l’intramontabile Franca Valeri invitava a lasciare in pace i classici se non si vuole che il teatro muoia per dissanguamento d’idee. L’odiato dirigente arriverà più o meno alla stessa conclusione quando, incurante dell’idealismo commovente della giovane donna, asserirà che «il voler andare oltre a tutti i costi è solo un pretesto per sterili quanto inutili giochi mentali». Di diverso avviso sarebbe stato Italo Calvino che individuava nei classici qualcosa a che vedere con l’inconscio collettivo molto più di quanto pensiamo. Com’è fin troppo noto, un classico era per il grande scrittore «un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire». In questo senso, la messa in scena della tragedia diviene speculare, nei suoi elementi tipici, al meta-teatro immaginato da Camilla Migliori: Guido-Edipo, Adriana-Antigone, Chiara-Ismene, il manichino-Laio… ma mentre l’originale si sviluppava sotto il segno del fato, l’ananke, nella sua impossibile riproposizione l’autrice rappresenta una guerra tra psyché e dikē, tra ribellione assetata di affrancamento dal padre costituito e dal ferreo regolamento della prassi sociale fatta sistema.

     Per realizzare lo spettacolo servono conoscenze in alto loco, autorizzazioni, bustarelle, insomma «olio e non sabbia», scriveva Günter Eich, «nell’ingranaggio del mondo». Adriana, l’idealista, non ci sta. Guido, il narciso, non può comprenderla mentre la docile Chiara si assume il ruolo di mediatrice senza medium. Ma i personaggi usciti dalla penna di Camilla Migliori sfuggono al determinismo dell’arché e trasformano l’equazione hegeliana tra razionale e reale in una strenua lotta contro i diaframmi congeniti di un’inevitabile trasfigurazione con l’autorità. Qui sta l’originalità – e la forza – di questo piccolo gioiello letterario: non appena ci si rende conto che l’immedesimazione con i mitopoietici personaggi consente sovrapposizioni ma non saldature.

     Scritta negli anni Ottanta, al termine di un’epoca storica dove il parricidio era stato anche e notevolmente uno slogan sopra lunghi tazebao per poi tornare – miracoli del “riflusso” – sui tavoli di conferenze unicamente come complesso più famoso della storia, quest’opera non teme il confronto col mondo attuale. Anzi, lo anticipa svelando relatori di oggi quali parricidi di ieri dietro il medesimo striscione. Ciò che il re di Tebe non aveva potuto prevedere era come il suo sconvolgente dilemma, il suo contrappasso ante litteram che da allora ci tormenta tutti, si sarebbe risolto nel denaro. Edipo ha fatto carriera e si è lasciato alle spalle le remore di una volta. Non v’è intuizione più geniale, a nostro parere, né più perfetta aderenza alla realtà. A noi resta la nostalgia che s’accompagna ad ogni tramonto, quando potevamo amare Giocasta e nello scotto pagato rivendicare una dignità.

     Per tornare alla contestazione di una qualche società, al parricidio e al necessario transfert avremmo bisogno anzitutto di ciò che oggi manca di più: i padri. Siamo dunque condannati al suicidio. O per sempre all’acculturazione borghese?

DANIELE ORLANDI

 

(Da D. Orlandi, Prefazione, in C. Migliori, La carriera di Edipo, Pistoia, Petite Plaisance, 2015, pp. 5-7)

 


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Leonardo Soldati – «Lo Spettro della Rosa». Il teatro di Maura Del Serra tradotto in Messico.

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CHT163698 Nijinsky performing the Danse Siamoise from 'Les Orientales' by Foquine (1880-1942) performed in Paris, 1910 (sepia photo) by French Photographer, (20th century); Private Collection; (add.info.: season of the 'Ballets Russes';); Archives Charmet; French, it is possible that some works by this artist may be protected by third party rights in some territories

 

 

 

«Non voglio denaro! Io non amo il denaro, Serjoža. Amo la vita, il ritmo della vita nel mondo, nella gente. Voglio che mi sentano, quando danzo. Che creino con me la bellezza, la verità». Vaslav Nijnskij,
in «Lo Spettro della Rosa»

Nijinsky

240 ISBN
indicepresentazioneautoresintesi

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S’intitola Lo Spettro della Rosa il testo teatrale della drammaturga pistoiese Maura Del Serra pubblicato in Messico nell’Antologia Drammaturgia italiana contemporanea. La prestigiosa raccolta contiene infatti testi teatrali in edizione bilingue (italiano e spagnolo) di sedici drammaturghi italiani viventi, editi nella “Colleccion Teatro” della Secreteria de Cultura del Gobierno De Jalisco a Guadalajara, coordinata da Efrain Franco Fris e Luis Miguel Lopez con traduzioni a cura di Enrique Vazquez Lozano e Giuseppina Mortola, distribuita in tutti i Paesi dell’America Latina. Il libro è stato presentatto anche in Italia, nel corso di un ricevimento tenutosi a Roma nella sede dell’Ambasciata del Messico, alla presenza di varie autorità e personalità del mondo della politica, della cultura, dello spettacolo e dell’arte di entrambi i Paesi. Durante la cerimonia Maura Del Serra è stata menzionata più volte, non solo come autrice del testo contenuto nella raccolta ma più in generale per la sua vasta attività poetica e drammaturgica, in particolare per aver dedicato a Sor Juana Inez de la Cruz, personalità storica della cultura messicana, il testo teatrale La Fenice di cui è stata annunciata la traduzione e pubblicazione per conto di una primaria casa editrice messicana.

                                                                     Leonardo Soldati

Settimanale “La Vita”, Cultura, p. 3, 14/1/2018

 

La Secretaría de Cultura de Jalisco ha pubblicato in Messico il libro Dramaturgia Italiana Contemporánea, che contiene la versione italiana e la traduzione spagnola dei monologhi di 16 autori del CENDIC, su invito dell’attore e produttore Luis Miguel López  A dimostrazione della necessità della istituzionalizzazione nel nostro Paese di un Centro di Drammaturgia Italiana Contemporanea, il CENDIC è stato contattato da Luis Miguel López tramite l’Ambasciata del Messico, come punto di riferimento della drammaturgia italiana. Edito da Samuel Gómez Luna Cortés nella collana “Colección teatro”, coordinato da Efraín Franco Frías e Luis Miguel López, tradotto da Enrique Vázquez Lozano y Giuseppina Mortola, il volume Dramaturgia Italiana Contemporánea è un’antologia di testi di Aquilino, Enrico Bagnato, Duska Bisconti, Angelo Callipo, Maria Letizia Compatangelo, Maura Del Serra, Gennaro Francione, Luciana Luppi, Guglielmo Masetti Zannini, Patrizia Monaco, Liliana Paganini, Luigi Passarelli, Massimiliano Perrotta, Antonio Sapienza, Flavio Sciolè e Angela Villa, con corredo di fotografie e curriculum degli autori.


Maura Del Serra – Adattamento teatrale de “La vita accanto” di Mariapia Veladiano
Maura Del Serra, Franca Nuti – Voce di Voci. Franca Nuti legge Maura Del Serra.
Intervista a Maura Del Serra. A cura di Nuria Kanzian. «Mantenersi fedeli alla propria vocazione e all’onestà intellettuale, senza cedere alle lusinghe di un facile successo massmediatico»
Maura Del Serra – Il lavoro impossibile dell’artigiano di parole
Maura Del Serra – La parola della poesia: un “coro a bocca chiusa”
Maura Del Serra, «Teatro», 2015, pp. 864
Maura Del Serra – Quadrifoglio in onore di Dino Campana
Maura Del Serra – I LIBRI ed altro
Maura Del Serra – Miklós Szentkuthy, il manierista enciclopedico della Weltliteratur: verso l’unica e sola metafora
Maura Del Serra – Al popolo della pace.
Maura Del Serra – «L’albero delle parole». La mia vita è stata un ponte per centinaia di vite, che mi hanno consumato e rinnovato, per loro libera necessità.

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Romeo Castellucci – «ETHICA. Natura e origine della mente». Il teatro è nato nella polis, è un mondo sperimentale, scuote, fa inciampare, cambiare direzione. Costringe a riconfigurare lo sguardo. L’essenza del teatro è stupore primario.

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ETHICA. Natura e origine della mente

Fotografie di Guido Mencari

«Il teatro è un pugno nello stomaco, necessariamente. […] Politico lo è per natura. Il teatro è nato nella polis, la tragedia greca è espressione della politica e della città, ha a che fare con il vivere comune, non c’è niente di mistico o di naturale: è un mondo sperimentale, un laboratorio in cui si constata la disfunzione dell’essere. Quindi sì, il teatro è politico. Ma quando i contenuti sono politici, per me è un fallimento. […] Il teatro deve scuotere necessariamente lo spettatore […]. È il lascito della tragedia greca […] Per questo lo spettacolo scuote, fa inciampare, cambiare direzione. Costringe a riconfigurare lo sguardo […] Nel teatro ci sono elementi viscerali che scavalcano la funzione stessa del linguaggio ed entrano nel corpo in modo diretto. Esattamente come fa la musica. […] Il teatro ha a che fare con una dimensione primaria che tocca corde profonde. […] L’essenza del teatro è stupore primario».

 

Intervista a cura di Annachiara Sacchi, pubblicata su la lettura, 18-06-2017, p. 34.

ETHICA. Natura e origine della mente

ETHICA. Natura e origine della mente

Fotografie di Guido Mencari

 

 

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ETHICA. Natura e origine della mente

Fotografie di Guido Mencari


Romeo Castellucci, ETHICA. Natura e origine della mente.

 

È il titolo del secondo dei cinque libri che compongono Ethica di Baruch Spinoza (1632-1677) e ispira l’azione.
In scena una giovane donna è sospesa a un cavo, a diversi metri dal suolo e impersona la Luce. Guardando più attentamente, lo spettatore si accorge che è tenuta solo dal dito indice della mano sinistra. Sembra che per poco possa essere vittima di una caduta vertiginosa. In mezzo al pubblico si aggira un cane poliglotta: parla sia il linguaggio dei gatti, sia quello umano. Il cane impersona una Telecamera. C’è poi un terzo personaggio, composto da una moltitudine di presenze, che dà voce alla Mente.
Lo spettacolo ha l’obiettivo di congelare questo pensiero nell’atto di ricevere l’immagine, non da un punto di vista scientifico, ma per consacrare la fusione tra la ricezione dello spettatore e la creazione dell’immagine d’orgine.
Il titolo è tratto dal libro secondo dell’Etica di Spinoza, nel quale il filosofo esplora la natura del pensiero superiore e la potenza dello spirito, ossia “la sorgente della mente”.

Romeo Castellucci nasce nel 1960 a Cesena. Si diploma in Pittura e Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Nel 1981 insieme a Claudia Castellucci e a Chiara Guidi fonda la Socìetas Raffaello Sanzio. Da allora realizza numerosi spettacoli come autore, regista, e creatore delle scene, delle luci, dei suoni e dei costumi. Noto in tutto il mondo – i suoi lavori sono stati presentati in più di cinquanta nazioni. Le sue regie propongono linee drammatiche non soggette al primato della letteratura, facendo del teatro un’arte plastica, complessa, ricca di visioni. Questo ha sviluppato un linguaggio comprensibile come possono esserlo la musica, la scultura, la pittura e l’architettura. Il suo lavoro è regolarmente invitato e prodotto dai più prestigiosi teatri di prosa, teatri d’Opera e festival internazionali.

Nel 1998 riceve il Premio Europa come nuova realtà teatrale, Taormina

Nel 2013 è insignito del Leone d’Oro alla Carriera da La Biennale di Venezia.

 

 

Epopea della polvere, Ubulibri, 2001

Epopea della polvere, Ubulibri, 2001

 

 

Intervista a cura di Matteo Marelli, pubblicata su il manifesto, 03-03-2017, p. 12.

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Epitaph, Ubulibri, 2000

Epitaph, Ubulibri, 2000


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Daniele Orlandi – Attraverso il prisma dostoevskijano, Camilla Migliori ci invita a considerare l’espressione artistica come un mezzo d’elevazione dell’uomo al di sopra dei suoi limiti.

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Dostoevskj

Camilla Migliori, Dostoevskij. Il destino di uno scrittore, la libertà di una coscienza, Aracne, 2016, pp. 270, € 12.

Ai vertici della letteratura universale si incontra l’opera di Fëdor Dostoevskij (1821-1881). Una letteratura tanto grande quanto enormi sono i temi – il tema, a ben vedere – che essa affronta: l’indagine spietata sul senso dell’esistenza, dal “sottosuolo” dell’animo umano fino all’eventualità (e, talvolta, al rimpianto) di Dio. I frutti della strenua ricerca vengono declinati in romanzi filosofici imperituri – da Povera gente (1846) a I fratelli Karamazov (1880), passando per Memorie dal sottosuolo (1864) e Delitto e castigo (1866), solo per citarne alcuni – dove il grandangolo dello scrittore russo si allarga via via ad inglobare l’intero enigma-uomo. Chiavi d’accesso ne sono la povertà e la ricchezza, la colpa e l’espiazione, la fede e l’ateismo, perenni irrisolvibili dicotomie.
Se fosse possibile comporre in un’unica degna citazione le molte anime che formano il «magma dostevskiano» (p. 181), sceglieremmo senza dubbio alcuno un luogo dell’intercessione di San Bernardo alla Vergine: «[…] Questi, che da l’infima lacuna/ de l’universo infin qui ha vedute/ le vite spiritali ad una ad una» (Dante, Par., XXIII 22-24).
Dopodiché, per pudore, più non diremmo.
Siamo invece chiamati a parlare di Camilla Migliori – regista teatrale, drammaturga e pittrice, con una quarantennale carriera alle spalle – e del suo coraggioso e appassionato confrontarsi con il creatore di Ivan Karamazov. Un dialogo ininterrotto che approda, per ora, a questa raccolta di tre testi teatrali basati sulla biografia e sulla poetica dell’autore. «Ne sono stata influenzata», confessa l’autrice, «coinvolta, a volte perseguitata e in ogni mio lavoro c’è una traccia che rimanda al pensiero del grande scrittore» (p. 5).
Dostoevskij. Il destino di uno scrittore, la libertà di una coscienza. Si tratta, ripercorrendolo di propria mano, del tentativo di illuminare il percorso spirituale dell’uomo Dostevskij riverso nelle opere fino a coincidere con esse. Vorremmo dire, fin da subito, che si è altresì davanti a un esempio pregevole non solo di costruzioni dialogiche da parte di Camilla Migliori ma anche di un’immersiva investigazione e trasposizione dell’autrice nell’autore, sia pure sotto le mentite spoglie di un narratore-personaggio. In questo senso, si potrebbe affermare che il contributo di Camilla Migliori alla comprensione del messaggio dostevskiano sia anche questo: Fëdor è destinato a divenire il doppio autobiografico di ogni artista che abbia un altissimo concetto dell’arte, impossibile da svilire in mere indagini di mercato.
Non è la prima volta che l’autrice va ingaggiando un corpo a corpo con classici che hanno scoraggiato (e spesso sconfitto) molti suoi colleghi. Abbiamo già avuto l’onorevole occasione di parlarne e di apprezzare la profondità dello scavo nonché l’eleganza del suo tocco prefando La carriera di Edipo (2015), mise en abyme della tragedia sofoclea. Allora parlammo di gioiello letterario. Nel presente caso rinnoviamo convintamente l’impressione.
Fotogrammi di una vita è il primo e più cospicuo capitolo di questa trilogia. Vi sono rappresentate, con fluido montaggio, le più significative stazioni della vicenda biografica dello scrittore, inesauribili fonti d’ispirazione per le sue opere. I lutti genitoriali in tenera età, le prime letture di Puškin e Turgenev, il tormento dell’epilessia, le difficoltà economiche, la morte di due adorati figli, il primo romanzo e l’avvicinamento – mai acritico – al socialismo utopistico di marca fourieriana, fino all’arresto e alla condanna a morte per attentato allo Stato poi commutata in quattro anni di lavori forzati nelle lande siberiane e cinque di esilio. Nasce in tal grembo quel grande affresco dell’universo concentrazionario che è Memorie di una casa di morti (1861-1862). Esperienza, quest’ultima, che costituisce uno spartiacque nella vita dell’autore, nell’esatto momento in cui il plotone d’esecuzione lo sta consegnando al nulla: «La consapevolezza che ciò è inevitabile. Questa è la coscienza del vero dolore» (p. 188).
Particolarmente pregnante è la messa in scena della differenza tra i due maggiori scrittori russi del tempo, Dostoevskij e Lev Tolstoj. Per l’autore di Anna Karenina, lo scontro tra Bene e Male può essere descritto solo oggettivamente, come frutto dei conflitti interni alle società mentre per Dostoevskij è il cuore umano l’unico vero «campo di battaglia» (p. 212) della guerra tra Dio e Satana. Siamo davanti a un Dostoevskij che ha abbandonato la poetica del realismo puro in favore di uno sguardo introspettivo nel pozzo della psicologia umana, «capace di riunire in sé tutti i possibili contrasti e di contemplare a un tempo i due abissi» (p. 216) dell’ideale e della degradazione.
In Dostoevskij. Un uomo, una moltitudine, secondo tempo del trittico, protagonisti sono lo scrittore e i suoi personaggi, in un momento scenico onirico e metaletterario di grande suggestione. Qui emergono in straordinaria sequenza i nuclei tematici maggiori del suo pensiero. Colpisce particolarmente l’interrogarsi sul problema del Male e segnatamente nei confronti degli innocenti, che sembra sconfessare o di certo mettere in discussione i disegni divini. E non può non venire in mente la domanda principe che Primo Levi pone al mondo, quasi al termine della sua lunga riflessione su Auschwitz, nel capitolo Vanadio del Sistema periodico: «Perché i bambini in gas?».
Infine, in Conversazione. Da Dostoevskij a Tarkovskij, Camilla Migliori mette in scena un dialogo tra un editore affarista e uno scrittore iconoclasta di se stesso e dedito alla difesa del supremo senso dell’arte e non sarà casuale il riferimento a Tarkoskij, regista inviso al regime stalinista per la scelta di seguire la libera ispirazione contro il diktat di un’arte asservita alla costruzione dell’uomo nuovo sovietico. Il cerchio dunque va chiudendosi dove l’abbiamo aperto seguendo la medesima circonferenza tracciata da Camilla Migliori. Attraverso il prisma dostoevskijano, l’autrice ci invita a considerare l’espressione artistica come un mezzo d’elevazione dell’uomo al di sopra dei suoi limiti, nel senso più nobile del termine. Se non negli abissi del cielo e della terra, certamente in quello della complessa, mutevole personalità di Fëdor Dostoevskij, luogo nel quale l’opera di Camilla Migliori fa, ancora una volta, da affidabile guida e lucerna.

DANIELE ORLANDI


I libri di Camilla Miglori

Un cuore che non trema

Un cuore che non trema

Noie, paranoie, piccole manie

Noie, paranoie, piccole manie

Narrativa in scena

Narrativa in scena

Le donne e il loro dòimon

Le donne e il loro dòimon

L'era del granchio

L’era del granchio

Effetto Mozart

Effetto Mozart

Crimini, finzioni, misfatti

Crimini, finzioni, misfatti

Coperta 233_ISBN

La carriera di Edipo

indicepresentazioneautoresintesi


Daniele Orlandi – Costanzo Preve sulla «zona grigia» di Primo Levi
Daniele Orlandi – Nostalgie semiserie di un medievista senza Eco
Daniele Orlandi – Quell’amore di Dino Buzzati

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Maria Letizia Compatangelo – La mia passione per il Teatro.

Maria Letizia Compatangelo 02

Lorca_disegnoSeppia

Il teatro è uno degli strumenti più espressivi
e più utili per la formazione di un paese,
ed è il barometro che ne segna la grandezza o la decadenza
.

Federico García Lorca

 

news_45948_1Maria Letizia Compatangelo

 

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Copertina 221

Maria Letizia Compatangelo

La cena di Vermeer

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La Cena di Vermeer racconta l’incredibile scommessa con l’arte e con la vita di Han van Meegeren, “il falsario che truffò i nazisti”. Obbligato a diventare falsario per sopravvivere, Han sceglie Vermeer: all’inizio vuole solo vendicarsi dei critici che lo hanno messo al bando, impedendogli di dipingere. Ma va oltre e non riesce più a fermarsi. Lui non “falsifica” Vermeer, lui diventa Vermeer. Crea dei nuovi originali, riconosciuti e venerati nei musei come opera del grande maestro di Delft. E quando accetterà di parlare per salvarsi la vita, non sarà creduto e dovrà combattere per farsi giudicare colpevole! La Cena di Vermeer affronta un tema nodale di tutti i tempi, e particolarmente del nostro: il rapporto tra verità e apparenza. Come in un borgesiano gioco di specchi, si confrontano e si contaminano apparenti verità e vere apparenze, in una sorta di giallo in cui di continuo i ruoli del detective e dell’assassino si invertono, ma alla fine è legittimo sospettare che siano entrambi una sola entità: la vita.


 

Come te. I figli del silenzio. Il Veliero e il Pesce Rosso

Come te. I figli del silenzio. Il Veliero e il Pesce Rosso

 

 

La maschera e il video, I

La maschera e il video, I

 

La maschera e il video, II

La maschera e il video, II

 

 

O capitano, mio capitano! Eduardo maestro di drammaturgia

O capitano, mio capitano! Eduardo maestro di drammaturgia


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Romeo Castellucci – Scandalo è una parola abusata e perlopiù misconosciuta. In senso greco l’etimologia è «la pietra d’inciampo». E’ qualcosa che ti arresta, solo per un momento, ma che ti rende presente il tuo cammino. La provocazione è stupida, avvilisce l’intelligenza.

Romeo Castellucci

Epopea della polvere, Ubulibri, 2001

Epopea della polvere, Ubulibri, 2001

«Scandalo è una parola abusata e perlopiù misconosciuta. Lo scandalo nell’arte non solo può succedere ma direi che è il destino, l’orizzonte di ogni opera: non si dà opera d’arte senza scandalo. Scandalo però in senso greco; l’etimologia è “la pietra d’inciampo“: quando tu inciampi sei costretto a riformulare il tuo passo; è qualcosa che ti arresta, solo per un momento, ma che ti rende presente il tuo cammino. ne divieni cosciente. Lo scandalo è un interruttore.
Poi. ovviamente. c’è un uso “giornalistico” di questa parola … ma non c’entra più niente, lì diventa provocazione, rientra a far parte di un vocabolario completamente diverso.
La provocazione è stupida, avvilisce l’intelligenza non solo di chi la fa ma anche quella delle persone a cui viene rivolta; è avvilente, è una tecnica pubblicitaria: miserabile perché troppo semplice, si smaschera inunediatamente.
Lo scandalo invece è qualcosa di molto più profondo e nascosto.
Un’opera scandalosa non necessariamente ha dei toni forti. Lo scandalo può essere sepolto molto all’interno, può essere un elemento estremamente soffice, quasi invisibile.
Mi viene in mente H6lderlin, uno dei poeti. degli artisti più scandalosi della storia.
Un altro è Robert Walser, nella sua opera tutto quanto è grazioso. eppure c’è uno scandalo profondissimo. lo scandalo della vita che viene nascosto sotto una patina di borotalco.
Queste sono tra le esperienze più radicali che mi vengono in mente. Bisogna capirsi attorno alla parola “scandalo”. che comunque è molto importante».

Romeo Castellucci

Intervista a cura di Matteo Marelli, pubblicata su il manifesto, 03-03-2017, p. 12.

A te, giovane artista ignoto, Bononia University Press, 2015,

A te, giovane artista ignoto, Bononia University Press, 2015,

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Epitaph, Ubulibri, 2000

Epitaph, Ubulibri, 2000


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