Cosimo Quarta – Se manca solo uno di questi momenti (critico, progettuale, realizzativo), non si dà coscienza utopica, e anzi, non si dà coscienza autenticamente umana.

Utopia 036 copia

homo-utopicus

«[… Il] processo formativo della coscienza critica si evince distintamente dall’opera di More. La dimensione critica è infatti chiaramente presente nel primo libro dell’Utopia, che costituisce, com’è noto, una severa e serrata critica alle istituzioni e ai costumi dell’epoca. Ma anche il secondo libro, in cui è concentrata la parte propriamente progettuale dell’opera, contiene elementi di critica tutt’altro che trascurabili. Sicché è davvero sorprendente notare come, pur in presenza di una critica così puntuale, rigorosa e, a tratti, radicale, molti studiosi abbiano potuto assimilare l’Utopia di More e, tramite essa, il fenomeno utopico tout court, all’irrealtà, al sogno, al gioco, all’illusione, all’astrattezza.
L’aggancio alla realtà storica è talmente forte ed evidente che soltanto dei lettori accecati dal pregiudizio possono non scorgere quel che invece i contemporanei di More e, in primis, Erasmo, davano per chiaro e scontato. Dovrebbe pur dire qualcosa, all’immenso stuolo di critici frettolosi, il fatto che il “principe degli umanisti”, in uno dei
suoi – peraltro rarissimi – giudizi sull’opera moriana, abbia riferito che More pubblicò l’Utopia “al fine di mostrare quali fossero le cause dei mali degli Stati; ma si soffermò a descrivere soprattutto l’Inghilterra, di cui aveva una più diretta e approfondita conoscenza” [Lettera di Erasmo a Ulrich von Hutten, in Erasmo da Rotterdam, Opus epistolarum Desiderii Erasmi Roterodami, Oxford, 1906-1958, vol. IV, p. 21].
Questo dimostra che anche l’utopia letteraria, lungi dal vagare nel sogno e nella fantasia, si trova invece profondamente radicata nella realtà storica. Essa nasce infatti dall’acuta coscienza, che è insieme critica ed etica, dei mali sociali e della volontà di superarli. Ed è appunto da questa volontà di bene che si origina il progetto di una società fondata sulla libertà, sulla giustizia, sull’eguaglianza, sulla pace.
Nasce cioè la coscienza progettuale, cui si connette l’impegno, o meglio, la tensione realizzativa. In More non solo la coscienza critico-progettuale, ma anche la tensione realizzativa è talmente forte da presentarci l'”ottimo Stato” come già realizzato. Senza dire che nell’hexastichon, come si è visto, è proprio tale tensione a marcare la differenza, ossia a sancire la superiorità dell’Utopia sulla Repubblica platonica

È opportuno sottolineare che, se manca solo uno di questi momenti (critico, progettuale, realizzativo), non si dà coscienza utopica, e anzi, non si dà coscienza autenticamente umana. Una coscienza, infatti, priva del momento critico rischia di essere fagocitata dalla dimensione onirica dell’esistenza; mentre, senza il progetto, l’uomo, invece di governare gli eventi, resta in balìa del loro caotico fluire, ossia è alla mercé di una storia che non ha direzione né senso né fine; una coscienza, inoltre, priva della tensione realizzativa rischia di sfociare in sterile velleitarismo, vale a dire in incapacità di produrre effetti positivi sul piano della prassi storica.
L’impegno etico, il dovere di realizzare il progetto è parte integrante della coscienza utopica. La quale, proprio perché conosce i suoi limiti, sa bene che vi sarà sempre uno scarto tra il pensiero e l’azione, tra la teoria e la prassi. E quindi è una coscienza sempre vigile, attenta a non scambiare per assoluto ciò che è relativo e caduco (compreso, ovviamente, il proprio progetto).
Il fatto poi che il progetto utopico sia definito “ottimo” non significa che lo sia in senso assoluto, ma solo relativamente alla coscienza che l’ha espresso. Via via che la coscienza storica matura, cambiano le aspirazioni dell’uomo e mutano, perciò, anche i suoi progetti.
La coscienza utopica è, per definizione, una coscienza aperta, in quanto non solo è protesa sul futuro (sul “non ancora”), ossia su ciò che di buono i nuovi tempi porteranno, ma è attenta anche a ciò che di buono il presente contiene, cercando il meglio ovunque esso si trovi. Questa protensione sull'”ora” e sull'”altrove” sfugge ai detrattori dell’utopia, quando accusano gli utopisti di progettare “società chiuse” e di sacrificare il presente al futuro. Eppure, More aveva più volte sottolineato l’estrema disponibilità degli Utopiani a mettere in discussione i propri ordinamenti, nel caso ne avessero scorti di migliori altrove».

Cosimo Quarta, Homo utopicus. La dimensione storico-antropologica dell’utopia,
edizioni Dedalo, 2015, pp. 124-125.

 

 

Risvolto di copertina

L’utopia non è solo un concetto letterario, come spesso erroneamente si pensa, bensì un carattere originario ed essenziale della specie umana: analizzandone per la prima volta la dimensione storica e antropologica, questo libro ci consente di capire che l’uomo non è solo sapiens, ma anche utopicus. L’utopia alimenta la speranza progettuale ed è una potente forza di mutamento sociale che, sia pure in forme diverse, è sempre presente nella storia umana.  Attraverso un’analisi originale della genesi della parola e un confronto puntuale con alcu­ni concetti similari (come mito, paradigma, ideale, ideologia) si arriverà a una definizione dell’utopia e del suo rapporto con alcuni tra i più importanti fenomeni socio-storico-culturali, come la rivoluzione, la scienza, la religione e l’ecologia. In questa nuova luce, si vedrà quindi come l’utopia possa costituire un valido antidoto culturale alle paure e al nichilismo del nostro tempo.

Indice del volume

Introduzione - I. IL FONDAMENTO ANTROPOLOGICOE STORICO DELL’UTOPIA - Capitolo 1 - L’utopia: una storia di fraintendimenti - 1. L’utopia non coincide con il fatto letterario - 2. Equivoci derivanti dall’assimilazionedell’utopia al fatto letterario - 3. Ulteriori fraintendimenti - Capitolo 2 -Homo utopicus. L’utopia come carattereoriginario della specie umana - 1. Sulla presunta fine dell’utopia - 2. L’utopia come fenomeno umano originario - 3. Homo utopicus - Capitolo 3 -Utopia e storia - 1. Genesi e prime forme dell’utopia storica - Il bisogno di cambiamento - 2. L’utopia delle origini: la preistoria, il mito - 3. Utopia e storia nel mondo antico - 4. L’utopia storica nel Medioevo cristiano - II. L’UTOPIA: IL TERMINE E IL CONCETTO - Capitolo 4 -Utopia. La genesi straordinaria e complessadi una parola-chiave - 1. La lunga gestazione: l’ipotesi di un Elogio della saggezza - 2. Il problema del nome: da Abraxa a Nusquama - 3. Da Nusquama a Utopia - 4. Il nesso ou-topia/ eu-topia - 5. L’utopia come coscienza critico-progettualee tensione storico-realizzativa - Capitolo 5 -Delucidazione concettuale I:paradigma, ideale, utopia - 1. Sul concetto di paradigma - 2. Sul concetto di ideale - 3. L’utopia - Capitolo 6 -Delucidazione concettuale II:ideologia e utopia - 1. Il contributo (e la responsabilità) di Karl Mannheim - 2. Capitalismo e marxismo versus utopia - 3. Per un risveglio della coscienza utopica - III. IL RUOLO DELL’UTOPIA IN ALCUNI TRA I PIÙ IMPORTANTIFENOMENI SOCIO-STORICO-CULTURALI - Capitolo 7 -Utopia e rivoluzione - 1. La rivoluzione - 2. Utopia e rivoluzione - 3. L’istanza utopica della rivoluzione non violenta - Capitolo 8 -Scienza e utopia - 1. Scienza versus utopia? - 2. La scienza nell’utopia letteraria - 3. Utopia e scienza in dialogo - Capitolo 9 -Utopia e trascendenza - 1. Sul rapporto utopia-trascendenza - 2. Homo utopicussivetranscendens: la scoperta dell’«oltre» - 3. Dall’utopia alla Trascendenza - Capitolo 10 -Ecologia e utopia - 1. Crisi ambientale e modernità: dalla Weltanschauungmeccanicistica all’esplosione dei consumi - 2. Carattere utopico della progettualità ecologica - Indice dei nomi

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