Martha Nussbaum – La scuola insegna cose utili per diventare uomini d’affari piuttosto che cittadini responsabili. Sfoltiamo proprio quelle parti dello sforzo formativo che sono essenziali per una società sana, producendo un’ottusa grettezza e una docilità in tecnici obbedienti e ammaestrati che minacciano la vita stessa della democrazia.

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«Le democrazie hanno grandi risorse di intelligenza e di immaginazione. Ma sono anche esposte ad alcuni seri rischi: scarsa capacità di ragionamento, provincialismo, fretta, inerzia, egoismo e povertà dello spirito. L’istruzione volta esclusivamente al tornaconto sul mercato globale esalta queste carenze, producendo un’ottusa grettezza e una docilità in tecnici obbedienti e ammaestrati che minacciano la vita stessa della democrazia, e che di sicuro impediscono la creazione di una degna cultura mondiale» (p. 153).

«Oggi possiamo ancora dire che ci piacciono le democrazie e la partecipazione politica, e ci piacciono anche la libertà di parola, il rispetto della differenza e la comprensione dell’altro. Formalmente rispettiamo questi valori, ma non pensiamo abbastanza a ciò che dovremmo fare per trasmetterli alla generazione futura e per garantirne la sopravvivenza. Distratti dall’obiettivo del benessere, chiediamo sempre più alle nostre scuole di insegnare cose utili per diventare uomini d’affari piuttosto che cittadini responsabili. Sotto la pressione del taglio dei costi, sfoltiamo proprio quelle parti dello sforzo formativo che sono essenziali per una società sana» ( p. 154).

Martha Nussbaum, Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, il Mulino, Milano 2014.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Lucio Anneo Seneca (4 a.C. – 65 d.C.) – Le letture sono necessarie anzitutto perché io non sia pago di me stesso. Poi perché, quando avrò conosciuto ciò che altri hanno trovato, allora possa riflettere su ciò che essi hanno scoperto e rifletta su ciò che ancora devo imparare.

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«Le letture ritengo siano necessarie anzitutto perché io non sia pago di me stesso; poi perché, quando avrò conosciuto ciò che altri hanno trovato, allora possa riflettere su ciò che essi hanno scoperto e rifletta su ciò che ancora devo imparare».

Lucio Anneo Seneca, Lettere a Lucilio, XI, 84,1, voI. II, a cura di L. Canali e G. Monti, Rizzoli, Milano 1992, p. 602.


Seneca – De brevitate vitae. Non è breve la vita, ma tale la rendiamo
Lucio Anneo Seneca (4 a.C. – 65 d.C.) – Da quando il denaro ha iniziato a venire in onore, il reale valore delle cose è caduto in discredito. Gli uomini consacrano il denaro come espressione massima delle cose umane.
Lucio Anneo Seneca (4 a.C. – 65) – Quale è la natura specifica dell’uomo? La ragione, che quando è retta e perfetta dà all’uomo la pienezza della felicità. Una tale ragione perfetta prende il nome di virtù, e altro non è che la coerenza morale.
Lucio Anneo Seneca (4 a.C. – 65) – La filosofia non è un’arte di cui si possa fare ostentazione: essa non consiste nelle parole, ma nelle azioni. La filosofia forma e foggia l’animo, regola la vita, governa le azioni, insegna ciò che si deve fare e ciò che si deve evitare, sta al timone e dirige il corso delle navi.
A. Seneca (4 a.C. – 65) – La filosofia si divide in sapere e disposizione d’animo. chi ha imparato e compreso che cosa si deve fare e che cosa si deve evitare non è ancora saggio, se il suo animo non si è trasformato in base a quanto ha appreso
Lucio Anneo Seneca (4 a.C. – 65) – Insistere su certi scrittori e nutrirsi di loro, per ricavarne un profitto spirituale duraturo. Chi è dappertutto, non è da nessuna parte. Quando uno passa la vita a vagabondare, avrà molte relazioni ospitali, ma nessun amico.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Alvaro Barbieri – Il «Milione» in un’edizione completa e nella traduzione latina dell’opera, accompagnata da una moderna traduzione in italiano appositamente preparata, con numerosi passi del perduto originale dettato da Marco Polo.

Alvaro Barbieri

Il celebre Milione in un’edizione completa e nella traduzione latina dell’opera, accompagnata da una moderna traduzione in italiano appositamente preparata. La redazione contiene anche numerosi passi del perduto originale dettato da Marco Polo (1254-1324), assenti nella versione trecentesca che viene correntemente pubblicata. Il favoloso rendiconto del lungo viaggio di Marco, compiuto tra il 1271 e il 1295, si arricchisce di nuovi particolari riguardanti soprattutto l’etnografia, il folklore e la vita delle popolazioni orientali.

Marco Polo, Il milione. A cura di Alvaro Barbieri, Redazione latina del manoscritto Z. Versione italiana a fronte, Guanda, 1998.


Alvaro Barbieri

I suoi interessi sono rivolti prevalentemente alla letteratura arturiana e alle scritture odeporiche medievali, con speciale riguardo alla tradizione manoscritta del Milione. Ha pubblicato in edizione critica due versioni del libro di Marco Polo: Milione. Redazione latina del manoscritto Z (1998); Il «Milione» veneto. Ms. CM 211 della Biblioteca Civica di Padova (1999). All’opera poliana ha dedicato anche contributi di taglio antropologico, dove le notizie fornite dal viaggiatore veneziano sulle popolazioni asiatiche sono studiate nella prospettiva dell’etnologia e della religionistica.


Un tuffo …

… tra alcuni dei  libri di Alvaro Barbieri…

Il milione. Redazione latina del manoscritto Z. Versione italiana a fronte, Guanda, 1998

Il Milione veneto, Marsilio, 1999

L’ eclissi dell’artefice. Sondaggi sull’anonimato nei canzonieri medievali romanzi, Edizioni dell’Orso, 2002

Dal viaggio al libro. Studi sul Milione, Fiorini, 2004

Culture, livelli di cultura e ambienti nel Medioevo occidentale, Atti del IX Convegno della Società Italiana di Filologia Romanza Bologna, 5-8 ottobre 2009, Aracne editrice, 205

Angeli sterminatori. Paradigmi della violenza in Chrétien De Troyes e nella letteratura cavalleresca in lingua d’oïl, Esedra, 2017

Eroi dell’estasi. Lo sciamanesimo come artefatto culturale e sinopia letteraria, Fiorini, 2017

L’ immagine riflessa. Testi, società, culture (2018). Ediz. critica. Vol. 1-2. A cura di Alvaro Barbieri, Massimo Bonafin, Rita Caprini, Edizioni dell’Orso, 2018

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Honoré de Balzac (1799-1850) – Quale bel libro non si potrebbe scrivere raccontando la vita e le avventure di una parola, le cui risonanze, così belle ancora nella Grecia, s’indeboliscono attraverso i progressi delle nostre successive civiltà.

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«Quale bel libro non si potrebbe scrivere raccontando la vita e le avventure di una parola?

Per certo essa ha ricevuto impressioni varie dagli eventi cui ha servito; secondo i luoghi, ha destato idee differenti; ma non è forse più grande ancora considerandola sotto il triplice aspetto dell’anima, del corpo e del movimento? Nell’esaminarla, a prescindere dalle sue funzioni, dai suoi effetti e dai suoi atti, come non cadere in un oceano di
La maggior parte delle parole non sono colorate dall’idea che rappresentano esteriormente? A qual genio esse son dovute! Se è necessaria una grande intelligenza per creare una parola, quale età ha dunque la parola umana?
L’insieme delle lettere, le loro forme, la figura che danno a una parola, disegnano esattamente, secondo il carattere di ciascun popolo, esseri ignoti il cui ricordo è in noi. Chi ci spiegherà filosoficamente il passaggio dalla sensazione al pensiero, dal pensiero al verbo, dal verbo alla sua espressione geroglifica, dai geroglifici all’alfabeto, dall’alfabeto all’eloquenza scritta, la bellezza della quale consiste in una serie di immagini classificate dai retori, e che sono come i geroglifici del pensiero?
L’antica pittura delle idee umane configurate dalle forme zoologiche non potrebbe aver determinato i primi segni di cui si è servito l’Oriente per scrivere i suoi linguaggi? E poi non potrebbe essa aver tradizionalmente lasciato qualche traccia nelle nostre lingue moderne, le quali tutte si sono divise i resti del verbo primitivo delle nazioni, verbo maestoso e solenne, la cui maestà, la cui solennità decrescono man mano che le società invecchiano; le cui risonanze così sonore nella Bibbia ebraica, così belle ancora nella Grecia, s’indeboliscono attraverso i progressi delle nostre successive civiltà? È forse a quell’antico Spirito che dobbiamo i misteri nascosti in ogni parola umana?»ı.

Honoré de Balzac, Louis Lambert, Paris, Èditions Grosselin, 1832, trad. it. Louis Lambert, in I capolavori della «Commedia umana», VI, Roma, Edizioni Casini, 1960, pp. 193-194.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Immanuel Kant (1724-1804) – Il melanconico ha dominante il sentimento del sublime.

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«La persona il cui sentire tende al melanconico non viene così definita perché, priva delle gioie della vita, si strugge in una oscura malinconia, ma perché le sue sensazioni, quando si dilatano oltre una certa misura, o imboccano una direzione errata, approdano a questa tristezza dell’anima più facilmente che ad altre condizioni di spirito. Il melanconico ha dominante il sentimento del sublime».

Immanuel Kant, Osservazioni sul sentimento del bello e del sublime, a cura di L. Novati, Fabbri, Milano 2003, p. 95.


Immanuel Kant (1724-1804)  – Nell’uomo esiste un tribunale interno: è la coscienza. Egli può magari cadere in un grado tale d’abbiezione da non prestare più alcuna attenzione a questa voce, ma non può evitare di udirla
Immanuel Kant (1724-1804) – Lo studente non deve imparare dei “pensieri”, ma a “pensare”. Non lo si deve “portare” ma “guidare”, se si vuole che in seguito sia capace di camminare da solo. Rovesciando questo metodo, lo studente acciuffa una sorta di ragione prima ancora che in lui si sia formato “l’intelletto” e s’appropria d’una “scienza” posticcia che in lui è soltanto appiccicata , non maturata.
Immanuel Kant (1724-1804) – Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me.
Immanuel Kant (1724-1804)  – Lettera di Kant a Marcus Herz. «Parlo dell’obiettivo di diffondere disposizioni d’animo buone, basate su princìpi solidi, e di salvaguardare queste disposizioni assicurandole fermamente nelle anime ricettive, indirizzando gli altri a coltivare i propri talenti solo in direzioni utili».
Immanuel Kant (1724-1804)  – Ho imparato che la scienza è inutile, se non serve a mettere in valore l’umanità. Agisci in modo da trattare l’uomo così in te come negli altri sempre anche come fine, non mai solo come mezzo. Agisci in modo che ogni tuo atto sia degno di diventare un ricordo.

Joaquín Rodrigo, Concierto de Aranjuez (1939)

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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María Zambrano (1904-1991) – Il pensiero filosofico ci permette di osare sentire. La Filosofia nasce dalla necessità che la vita umana ha di trasparenza e di visibilità. È intimità che aspira a farsi visibile, solitudine che vuole essere comunità nella luce.

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«Il pensiero filosofico ci permette di osare sentire quello che sentiremmo in ogni caso, ma senza osare, e che resterebbe per questo sospeso a metà nascita, come quasi sempre succede al nostro sentire. È per questo che la vita di tanta gente non va oltre il conato, un conato di vita. E questo è grave, perché la vita deve essere piena in qualche modo, in questo conato di essere che siamo»  (p. 41).

«La Filosofia nasce dalla necessità che la vita umana ha di trasparenza e di visibilità. Se la vita aspira a farsi terrena, chiede ugualmente di rendersi intelleggibile e non ha altra dimora se non la trasparenza; è intimità che aspira a farsi visibile, solitudine che vuole essere comunità nella luce» (p. 42).

María Zambrano, Hacia un saber sobre el alma, Losada, Buenos Aires, 1950. In versione italiana: Verso un sapere dell’anima, a cura di E. Nobili, Cortina, Milano, 1996, p. 41.


Maria Zambrano – La virtù della delicatezza
Maria Zambrano (1904-1991) – Il silenzio che accoglie la parola assoluta del pensiero umano diventa il dialogo silenzioso dell’anima con se stessa.
Maria Zambrano (1904-1991) – Saper guardare un’icona significa liberarne l’essenza, portarla alla nostra vita
María Zambrano (1904-1991 – Il punto dolente della cultura moderna è la sua mancanza di trasformazione della conoscenza pura in conoscenza attiva, che possa alimentare la vita dell’uomo di ciò che necessita.
María Zambrano (1904-1991) – L’amore è l’elemento della trascendenza umana. Originariamente fecondo, quindi, se persiste, creatore di luce, di vita, di coscienza. È l’amore a illuminare la nascita della coscienza.
María Zambrano (1904-1991) – La vita ha bisogno di rivelarsi, di esprimersi: se la ragione si allontana troppo, la lascia sola, se assume i suoi caratteri, la soffoca.
María Zambrano (1904-1991) – Vivere come figli è qualcosa di specificatamente umano; solo l’uomo si sente vivere a partire dalle sue origini e a queste si rivolge con rispetto. Se è così, non dovremmo temere che, smettendo di essere figli, smetteremo anche di essere uomini?
María Zambrano (1904-1991) – La cosa più umiliante per un essere umano è sentirsi portato, trascinato, senza possibilità di scelta, senza poter prendere alcuna decisione.
María Zambrano (1904-1991) – La violenza vuole, mentre la meraviglia non vuole nulla, le è estraneo e perfino nemico tutto quanto non persegue il suo inestinguibile stupore estatico.
María Zambrano (1904-1991) – Sogno e destino della pittura. Dal sogno la pittura ha la sua nascita. Perché essa è nata nelle caverne. I sogni hanno bisogno di salvarsi. E un sogno salvato è un sogno visibile.
María Zambrano (1904-1991) – L’esperienza precede ogni metodo. Ma il metodo si dà fin dal principio in una determinata esperienza, che proprio in virtù di ciò arriva ad acquistare corpo e forma, figura.
María Zambrano (1904-1991) – La vera musica non può essere trovata in un dogma, ma in un uomo concreto che percepisce con la sua armonia interiore l’armonia del mondo.
María Zambrano (1904-1991) – La finalità si sveglia, e quando arriva così è un tipico risveglio: da uno stato di abulia o dal lasciarsi vivere, ci svegliamo facendoci sentire che dobbiamo agire.
María Zambrano (1904-1991) – Vivere come figli è qualcosa di specificatamente umano; solo l’uomo si sente vivere a partire dalle sue origini e a queste si rivolge con rispetto.
María Zambrano (1904-1991) – Persona è colui che nella vita lascia intravedere, con la sua stessa vita, che un senso superiore ai fatti fa acquisire ad essi significato configurandoli in un’immagine: affermazione di una libertà imperitura pur nell’imporsi delle circostanze.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Carl Gustav Jung (1875-1961) – Solo la coscienza può individuare ciò che è privo di valore. Solo la coscienza può riconoscere questa funzione come pregevole e quella come priva di valore. Dove non vi è coscienza, dove regna ancora sovrano l’elemento istintuale inconscio, non vi è riflessione

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«Alla distinzione cosciente si deve senz’altro la separazione delle coppie di opposti, giacché solo la coscienza può individuare ciò che è conveniente e distinguerlo da ciò che non lo è o che è privo di valore. Solo la coscienza può riconoscere questa funzione come pregevole e quella come priva di valore e perciò fornire alla prima la forza della volontà respingendo in tal modo le pretese della seconda. Dove non vi è coscienza, dove regna ancora sovrano l’elemento istintuale inconscio, non vi è riflessione, non vi è un pro e un contro, e non vi è disaccordo, bensì un semplice succedersi di eventi, ordinata istintualità, proporzione di vita».

Carl Gustav Jung, Tipi psicologici (l921), tr. it. in Opere, vol. VI, Boringhieri, Torino 1969, p. 120.


Carl Gustav Jung (1875-1965) – Alla resa dei conti il fattore decisivo è sempre la coscienza
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Eugène Carrière (1849-1906) – In questo tempo così limitato abbiamo le nostre gioie, i nostri dolori che ci appartengono. Vedo gli altri uomini in me stesso e mi ritrovo in loro.

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Dans ce temps si limité, nous avons nos joies, nos douleurs; que du moins elles nous appartiennent, que nos manifestations en soient les témoignages et ne ressemblent qu’à nous – mêmes. C’est dans ce désir que je présente mes oeuvres à ceux dont la pensée est proche de la mienne. Je leur dois compte de mes efforts et je les leur soumets.
Je vois les autres hommes en moi et je me retrouve en eux, ce qui me passionne leur est cher.

Eugène Carrière, Écrits Et Lettres Choisies [Mercure de France, Paris (1907)], 2019.

In questo tempo così limitato, abbiamo le nostre gioie, i nostri dolori; che almeno ci appartengono, che le nostre manifestazioni ne sono testimonianza e assomigliano solo a noi stessi. È in questo desiderio che presento le mie opere a coloro il cui pensiero è vicino al mio. Devo loro il resoconto dei miei sforzi e a loro li sottopongo. Vedo gli altri uomini in me stesso e mi ritrovo in loro, ciò che mi affascina è loro caro.

Eugène Carrière, “Méditation”, circa 1900, Strasburgo, musée d’Art moderne e contemporain
Eugène Carrière, “Autoportrait”, New York, Metropolitan Museum of Art
Eugène Carrière, Nelly Carrière, 1895,
Eugène Carrière, Ritrato di Auguste Rodin
Eugène Carrière, Tenerezza
Eugène Carrière, Maternità.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Friedrich W. Nietzsche (1844-1900) – La musica unisce tutte le qualità. La sua funzione principale è di condurre i nostri pensieri verso cose più alte, elevarli, anche a costo di farci tremare

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«Dio ci ha dato la musica così che soprattutto ci possa portare verso l’alto. La musica unisce tutte le qualità: può esaltarci, divertirci, rallegrarci o rompere il più duro dei cuori con i più dolci dei suoi toni malinconici. Ma la sua funzione principale è di condurre i nostri pensieri verso cose più alte, elevarli, anche a costo di farci tremare […] L’arte musicale spesso si esprime in suoni più penetranti delle parole della poesia e penetra nelle fessure più nascoste del cuore. […] La canzone eleva il nostro essere e ci porta verso il buono e il vero. Se tuttavia la musica serve solo come un diversivo o come una specie di vana ostentazione è peccaminosa e dannosa».

Friedrich Wilhelm Nietzsche, cittato in: Julian Young, A Philosophical Biography Friedrich Nietzsche, Cambridge University Presse, London, 2010.

***

«Nel Tristan, fra la nostra più alta emozione musicale e la musica s’insinuano il mito tragico e l’eroe tragico, quale simboli delle verità più universali, di cui la musica sola può parlare per via diretta. Quale simbolo tuttavia il mito resterebbe inefficace. […] L’apollineo ci strappa all’universalità dionisiaca e ci attrae verso gli individui».

Friedrich Wilhelm Nietzsche, La nascita della tragedia, in La polemica sull’arte tragica, Sansoni, Firenze 1972, pp. 168, 169, poi 160.

***

«Forse, non c’è mai stato un filosofo che fosse, au fond, musicista quanto lo sono io […] non conosco più nulla, non sento più nulla, non leggo più nulla: e malgrado tutto ciò non c’è niente che, propriamente, mi interessi di più del destino della musica». 

Friedrich Wilhelm Nietzsche, Lettera al direttore d’orchestra Hermann Levi del 20 ottobre 1887.

***

«Possa la mia musica dimostrare che si può essere dimentichi del proprio tempo e che in ciò v’è qualcosa di ideale!” […] per me resta sempre un fatto straordinario come nella musica si riveli l’immutabilità del carattere; ciò che vi esprime un fanciullo è così chiaramente il linguaggio essenziale della sua intera natura, che anche l’adulto non ritrova nulla da cambiare”.

Friedrich Wilhelm Nietzsche, Lettera del 20 marzo 1875 all’amica Malwida von Meysenbug.

***

«Le mie improvvisazioni al pianoforte hanno non poco successo, e fui solennemente festeggiato con un brindisi in mio onore. Ernst ne è assolutamente incantato, come direbbe Lisabeth; dovunque io mi trovi debbo suonare e vengo applaudito: è ridicolo. Ieri, nel pomeriggio, ci recammo a Schwelm, […] la sera, in un ristorante, suonai, senza saperlo, alla presenza di un rinomato direttore d’orchestra, il quale rimase a bocca aperta e mi fece ogni sorta di complimenti, scongiurandomi di far parte, la sera, della sua società corale.».

Friedrich Wilhelm Nietzsche, Lettere alla amdre e alla sorella, Franziska ed Elisabeth, del dicembre 1864 e del 18 febbraio 1865.

 

Friedrich Nietzsche (1844-1900) – Scrivi col sangue: imparerai che il sangue è spirito
Friedrich Wilhelm Nietzsche (1844-1900) – Chi si sente completamente in accordo con questo presente, e lo assume come qualcosa ‘che si comprende da sé’ non è da noi certo invidiato. Tra costoro e i solitari, stanno tuttavia in mezzo i combattenti, cioè coloro che sono ricchi di speranza.
Friedrich Wilhelm Nietzsche (1844-1900) – Un’educazione, peraltro, che faccia intravedere alla fine del suo corso un impiego, o un guadagno materiale, non è affatto un’educazione in vista di quella cultura che noi intendiamo, ma semplicemente un’indicazione delle strade che si possono percorrere per salvare e difendere la propria persona, nella lotta per l’esistenza.
Friedrich Nietzsche (1844-1900) – La nostra cultura europea è come protesa verso una catastrofe: irrequieta, violenta, precipitosa; simile a una corrente che vuole giungere alla fine, che non riflette più e ha paura di riflettere.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Arthur Schopenhauer (1788-1860) – La musica oltrepassa le idee, è del tutto indipendente anche dal mondo fenomenico, è infatti oggettivazione e immagine dell’intera volontà, tanto immediata quanto il mondo anzi, quanto le idee.

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«La musica oltrepassa le idee, è del tutto indipendente anche dal mondo fenomenico, lo ignora, in un certo modo potrebbe continuare ad esistere anche se il mondo non esistesse più: cosa che non si può dire delle arti. La musica è infatti oggettivazione e immagine dell’intera volontà, tanto immediata quanto il mondo, anzi, quanto le idee, la cui pluralità fenomenica costituisce il mondo degli oggetti particolari».

Arthur Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, [1819l, ed. it. a cura di Ada Vigliani, Mondadori, Milano 1995.


Arthur Schopenhauer (1788-1860) – Non solo la filosofia, ma anche le arti belle mirano a risolvere il problema dell’esistenza.
Arthur Schopenhauer (1788-1860) – Perché si riconosca e si apprezzi spontaneamente il valore altrui, bisogna possederne del proprio.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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