Salvatore Bravo – Scrive Nietzsche che la mancanza di senso storico è il difetto ereditario dei filosofi. Perciò, da ora in poi, è necessario il filosofare storico, e, con esso, la virtù della modestia. Coniugare filosofia e storia è una delle modalità per trascendere le vuote verità.

Friedrich Nietzsche astratto concreto
Salvatore Bravo

Astratto e concreto

Scrive Nietzsche che la mancanza di senso storico è il difetto ereditario dei filosofi.
Perciò, da ora in poi, è necessario il filosofare storico, e, con esso, la virtù della modestia.
Coniugare filosofia e storia è una delle modalità per trascendere le vuote verità.

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«Difetti ereditari dei filosofi. – Tutti i filosofi hanno in comune il difetto di partire dall’uomo attuale e di credere di giungere allo scopo attraverso la sua analisi. “L’uomo” si delinea automaticamente ai loro occhi come una aeterna veritas, come un essere sempre uguale a se stesso in ogni vortice, come una sicura misura delle cose. Ma tutto quello che il filosofo enuncia sull’uomo non è altro che una testimonianza sull’uomo di un periodo quanto mai limitato. La mancanza di senso storico è il difetto ereditario di tutti i filosofi: alcuni di essi arrivano persino a prendere di punto in bianco la più recente configurazione dell’uomo, quale è venuta delineandosi sotto l’influsso di determinate religioni e di determinati avvenimenti politici, come la forma fissa dalla quale si deve partire. Non vogliono imparare che l’uomo si è fatto, che anche la capacità di conoscere si è fatta: mentre alcuni di loro da questa capacità di conoscere si fanno addirittura inventare il mondo intero. Ora, tutto l’essenziale del progredire umano è avvenuto in tempi remoti, molto precedenti a quei quattromila anni che noi approssimativamente conosciamo e nei quali l’uomo non può essersi cambiato di molto. Ma il filosofo vede nell’uomo attuale “istinti”, e presume che questi faccian parte dei fatti immutabili dell’uomo e possano pertanto fornire una chiave per la comprensione del mondo in generale; l’intera teleologia si basa sul fatto che si parla dell’uomo degli ultimi quattromila anni come di un uomo eterno, verso il quale convergono naturalmente, sin dal loro inizio, tutte le cose del mondo. Ma tutto si è fatto: non esistono fatti eterni, come non esistono verità assolute. Perciò, da ora in poi, è necessario il filosofare storico, e, con esso, la virtù della modestia».[1]

L’aforisma di Nietzsche ci è di ausilio per orientarci nella «società liquida» dalla granitica economia di mercato. L’astratto è la destoricizzazione del presente: l’economia di mercato ha operato un taglio nel tempo, ha decontestualizzato il presente dal passato come dal futuro. L’effetto è la negazione della processualità storica e l’ipostatizzazione del presente che, in tal modo, si eternizza e si automatizza. Se il presente è fuori dal tempo, e pertanto le sue strutture e sovrastrutture sono eternizzate, la loro riproduzione è automatizzata. Alla storia dei popoli, ai loro conflitti dialettici, si sostituisce un tipo di automa assolutamente sconosciuto, mai apparso nella storia umana: il tempo automa nel quale le strutture e le sovrastrutture sono coazione a ripetere, è il tempo di Sisifo che ha perso ogni teleologia. Il presente è divinizzato nelle liturgie mediatiche e in suo nome ogni olocausto è legittimo. La storia e la centralità dell’essere umano sono sostituite da un nuovo feticcio: il tempo automatizzato. Se il tempo procede con le sue strutture e si incarna eternamente negli esseri umani, ormai solo mezzo per la riproduzione del tempo del neoliberismo, a cui si obbedisce meccanicamente. Si vuole cancellare con l’Umanesimo lo spirito rivoluzionario che, come direbbe Ugo Foscolo, rugge in ogni essere umano.[2]

Perversione dello spinozismo
Ci si trova dinanzi ad uno spinozismo perverso,[3] in cui l’assoluto è il tempo del capitale che vive nei pensieri e nel corpo dell’umanità, i quali fungono da riproduttori, sono il sostrato secondario della sostanza prima. I saperi analitici con il loro terminismo sono il frutto di tale nuovo ordine mondiale. Operano su frammenti, rimuovendo la complessità della coscienza che si incarna e si forma nella storia. La società liquida e la famiglia evanescente sono, nel contempo, causa ed effetto. Come causa consentono al neoliberismo di riprodursi, in assenza di strutture solide che possano favorire con il concetto l’opposizione al sistema capitale. Come effetto sono mosse dal nuovo “motore immobile”, l’economicismo che permea ogni atto e comportamento. La causa e l’effetto si toccano, si sostengono e si sovrappongono, poiché il sistema implementa i suoi mezzi di riproduzione concedendo ad essi un’apparente autonomia. L’astratto si riproduce nelle miriadi di narcisismi ed estetiche dell’orrore che visualizziamo ed a cui ci si abitua senza scandalo. Si pensi agli interventi estetici migliorativi, a cui si sottopongono uomini e donne: ingigantiscono o rimodellano parti di sé, mentre la restante parte rimane “naturale”, denunciando, così, la frammentazione nella percezione del proprio corpo. Si assiste all’ingrandirsi di bocche, all’affinarsi di nasi, al prevalere di parti sul tutto, un archivio del brutto e dell’astratto non riconosciuto.
La bruttura dell’astratto avanza in ogni campo. L’architettura palesa in modo evidente la sua violenza nella devastazione del paesaggio, nella folle riproduzione di stili architettonici avulsi dal contesto, fino ad arrivare alle chiese, il cui interno color cemento tra le forme stilizzate rende la bruttura relativistica palese, poiché ai simboli significanti si sostituisce l’efficienza degli spazi resi anonimi. L’astratto governa con l’impeto di una fatale tempesta che avanza e sparge i suoi esiziali semi ovunque. La patologia regna: Hegel definisce la malattia come il prevalere di una parte sul tutto. Il tempo attuale è il regno della patologia non riconosciuta.

Filosofia e struttura
Nietzsche ipotizza la via per uscire dall’astratto: la filosofia deve coniugarsi con la storia. Ogni essere umano è all’interno di una lunga storia biologica e spirituale, pertanto capire il presente significa storicizzarlo a livello diacronico[4] e sincronico[5]. La filosofia deve rispondere ai problemi che la storia pone con la consapevolezza che appartiene a quella storia, a quelle parole dietro le quali vi sono secoli di significati che si sono sedimentati e che ci parlano. Pur intessuti di storia possiamo, mediante categorie interpretative, approssimarci alla verità, collocarci in modo critico e dialettico verso i processi storici. La verità è un cammino: il viandante si avvicina ad essa dileguando le ombre della menzogna e della superstizione. All’automatismo dell’astratto che Nietzsche deplora, bisogna opporre il concreto della prassi storia, nella quale il soggetto è sì all’interno del movimento storico, ma decodificandolo lo rigenera per riproporlo in modo attivo.[6] Se la storia è concettualizzata è inevitabile ripensarla in modo olistico,[7] per cui la totalità consente di cambiare prospettiva percettiva, in quanto il dato è interconnesso al tutto storico, e dunque le disarmonie, le violenze dell’astratto possono essere oggetto del giudizio critico, mentre prima ci si limitava a registrare una parte ignorando il contesto.

Ateismo
Nietzsche non era un ateo, dinanzi agli ideali ed alle verità dogmatiche filosofava con il martello per ascoltare «la consistenza argomentativa» delle verità oggetto della sua «analisi chimica», ma non era un ateo. L’ateo è chi non crede nella verità, nella possibilità di decodificarla, di porsi in modo critico per elaborare nuove strategie veritative. Nietzsche, invece, coniugando filosofia e storia si mette in cammino verso la verità, sfida le risposte semplici, gli automatismi macchinali che già intravede avvolgere i popoli plebeizzati, pronti a belare gli slogan dei partiti, dei nazionalismi e dei mercati. Non fu un ateo, ma un cercatore di verità. Coniugare filosofia e storia nella sua sperimentale filosofia è una delle modalità per trascendere le vuote verità dell’astratto. Se, come alcuni sostengono, le vecchie metafisiche sono finite, sul piano teoretico non è logicamente e concettualmente giustificato consegnarsi all’immediato ed all’economicismo senza teleologia. Se vogliamo restare umani dobbiamo capire il passato ed il presente storico per trasformarli in forza plastica che ci consenta di “girare l’angolo”, di orientarci verso nuove verità “mostrate” ed “argomentate”:

«Alcuni gradini all’indietro. – Un livello, certo molto alto, di cultura è raggiunto quando l’uomo supera le idee e le paure superstiziose e religiose e, ad esempio, non crede più ai cari angioletti o al peccato originale, e ha disimparato anche a parlare di salvezza delle anime: giunto a questo grado di liberazione, egli deve ancora superare, con grandissimo sforzo della sua riflessione, la metafisica. Poi però è necessario un movimento all’indietro: egli deve arrivare a una giustificazione storica, come pure psicologica, di tali rappresentazioni, deve riconoscere come di lì sia venuto il massimo incentivo per l’umanità e come, senza questo movimento all’indietro, ci si priverebbe dei migliori risultati sinora raggiunti dall’umanità. Riguardo alla metafisica filosofica, vedo ora che sempre più numerosi sono coloro che han raggiunto la meta negativa (che cioè ogni metafisica positiva sia un errore), ma pochi sono ancora quelli che scendono altri gradini in giù: si deve infatti guardare oltre l’ultimo gradino della scala, non voler restare fermi su di esso. I più illuminati arrivano solo a liberarsi dalla metafisica e a guardare ad essa con superiorità: mentre anche qui, come all’ippodromo, è pur necessario girare al termine della pista».[8]

L’essere umano concreto vive nella sua coscienza la sua storia come una stella pronta ad aprire nuove danze. L’oscurantismo ateo contemporaneo ha rimosso la verità e il problema della coscienza per sostituirle con vaghe formule che consentono all’attività mercantile il suo duraturo attuale triste trionfo.

Salvatore Bravo

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[1] F. Nietzsche, Umano troppo umano, aforisma II.

[2] U. Foscolo, Alla sera, Sonetto, in Id., Sepolcri Odi Sonetti, Mondadori, Milano 2019.

[3] Come dice G. Deleuze in Logique du sens, trad. it. Logica del senso, Feltrinelli, Milano 1974: «[…] ogni perversione è un altrui-cidio […], quindi un uccisione di possibili».

[4] Diacronico, dal greco, composto da dia-, “attraverso” e χρόνος “tempo”.

[5] Sincronico, dal greco, composto da sun-, “insieme” e χρόνος, “tempo”.

[6] «La società nicciana degli Ultimi Uomini è la geniale anticipazione di almeno un secolo dell’avvento di una società capitalistica assoluta globalizzata. In questo senso la genialità previsionale di Nietzsche è stupefacente, e fa effettivamente di Nietzsche un profeta nel senso etimologico ebraico del termine, cioè qualcuno che “dice prima degli altri” quanto dovrà accadere. Nella previsione nicciana dell’avvento della società degli ultimi uomini si riannodano una serie di fili spezzati della storia della filosofia precedente, e possiamo quindi generosamente perdonargli di avere annunciato l’avvento di un profilo antropologico che non esiste, non può esistere e non esisterà mai, l’Übermensch superuomo-oltreuomo, pura proiezione ipostatizzata del suo personale delirio di volontà di potenza, e pura sintesi di onnipotenza astratta e di concreta impotenza (uso qui la formula di Lukács, che mi sembra assolutamente geniale). Nietzsche riannoda il filo della concezione greca che ha anticipato con altri concetti il tema della morte di Dio e dell’avvento di una società di ultimi uomini. I Greci avevano perfettamente capito che lo scatenamento della soggettività ha un nome (hybris), che la hybris è del tiranno, il più spregevole fra gli uomini (Platone), che il perseguimento dell’infinito e dell’indeterminato (apeiron) è semplicemente distruttivo per qualunque comunità (koinonia), ed è necessario socialmente che la ragione umana (logos) possa frenare questa deriva dissolutiva e distruttiva (katekon). In mancanza di tutto questo, l’avvento della società degli ultimi uomini (che i Greci non chiamavano in questo modo, ma di cui avevano già interamente il concetto) era inevitabile, ed avrebbe comportato addirittura la fine del mondo (apokalypsis)» Costanzo Preve, Una nuova storia alternativa della filosofia, Petite Plaisamnce, Pistoia 2006, pp. 395-396.

[7] Olistico, dal greco ὅλος, hòlos, cioè “totale”, “globale”.

[8] F. Nietzsche, Umano troppo umano, aforisma 20.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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