Rayen Kvyeh – La voz de un indómito pueblo: MAPUCHE. A Siena il 12 ottobre e a Livorno il 13 ottobre.

Rayen Kvyeh

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Rayen Kvyeh

La voz de un indómito pueblo

MAPUCHE

A Siena il 12 ottobre e a Livorno il 13 ottobre

 

 

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L’incontro del 12 ottobre a Siena

Locandina del 12 ottobre a Siena

Introduce Lucia Lorenzini

A seguire la voce e la chitarra di Lucia

***

 

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L’incontro del 13 ottobre a Livorno

Locandina del 13 ottobre a Livorno

Lucia Lorenzini canta Violeta Parra.

Intervengono: Virginia Tonfoni e Rodja Bernardoni

***

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Rayen Kvyeh è nata in Cile. Costretta all’esilio dalla feroce dittatura di Pinochet, va a vivere in Germania, dove collabora attivamente alle attività politiche e culturali degli esiliati. A metà degli anni Ottanta, realizza un progetto di ricerca in Nicaragua sulla cultura niskita. Negli anni Novanta crea e dirige la “Mapu Ñuke Kimce Wejiñ” (Casa d’Arte, Scienza e Pensiero Mapuche) a Temuko. Dal 1991 al 2003 dirige anche la rivista di cultura mapuche Mapu Ñuke. In questi stessi anni cresce la sua fama internazionale e tiene dei recitals di poesia in tutta Europa. Nel 1995 riceve a Cuba il premio José Maria Eredia. Nel 1998, sempre a Cuba, è nominata Presidente Onorario del Centro Internazionale delle culture Indigene. Nel 2006 esce il suo primo libro tradotto in italiano: Luna dei primi giorni, edizioni Goreé

I Mapuche, “uomini della terra” (in lingua Mapudungun, Mapu Che = appartengono alla terra) sono un popolo antico che ha sempre vissuto tra il Cile e l’Argentina, il loro forte legame con la terra e l’indisponenza ad assecondare i processi di colonizzazione prima e di “modernizzazione” e “progresso” dopo, ha fatto si che siano vittime di una feroce repressione da parte di governi e multinazionali senza scrupoli. La loro colpa è resistere: resistere a governi e multinazionali che li vogliono cacciare dai loro territori per costruire dighe gigantesche, autostrade, fabbriche inquinanti o come la nostra Benetton che pretende di spostare una loro comunità per far posto ai suoi pascoli.

 

Luna dei primi germogli

Luna dei primi germogli

 

Valdivia egu Lawxaru

Poesia di Rayen Kvyeh
Da Luna dei primi germogli (We coyvn ñi kvyeh)
Edizioni Gorée, Iesa (SI), 2006
Cura e traduzione di Antonio Melis e Luciano Giannelli

Con un prologo di Antonio Melis

VALDIVIA E LAUTARO

Uno di fronte all’altro

Europa – Indoamerica
Impero – popolo
Dominio – libertà
Oro – radice
Palazzo – tronco sacro
Morte – vita

Don Pedro de Valdivia
Capitano dell’esercito imperiale di Carlo V
Splendido
Nella sua armatura
Di argento e d’oro.

Lautaro
Figlio di questa terra.

Valdivia, grande condottiero
Vincitore nelle Fiandre
E in America
La sua spada affilata conosce
Il trionfo del suo impero.

Lautaro…
Ha la grande forza
La forza del sapere,
Valdivia guarda con odio
Senza capire
Il servo, il “paggio”
Educato
Evangelizzato
Istruito come amico
Per difendere
La corona di Spagna
Lo sfida
In una battaglia corpo a corpo.

È in pericolo
La sua vita
È in pericolo
Il suo regno
È in pericolo
Il suo impero.

Valdivia
Si accorge
Che il suo discorso
Di dominazione

Non è riuscito
A rendere schiavi
I mapuche.
Con tutte le sue forze prepara
La sua battaglia
E la difesa della fede
E del potere.

In questo tramonto
Indimenticabile,
Le stelle
Si uniscono
Per baciare
La nostra terra.

Lautaro e Valdivia
Combattono
Ripetutamente
Fino alla morte.

Come una bella canzone sorge
Un arcobaleno
Accarezza la terra
Stendono le ali
I werken e cantano
Un dolce canto
Di libertà.


Luna di cenere

Luna di cenere

 

Antonio Melis scrive:

Luna de cenizas (Luna di cenere) è una raccolta poetica che Rayen Kvyeh ha voluto scrivere in spagnolo, quasi per non contaminare il suo mapudungun, la lingua dei mapuche, con le parole legate all’esperienza del carcere. La prima parte del libro, dalla quale sono tratte le prime due poesie, ci restituisce insieme la violenza della reclusione e la capacità di resistenza che fa parte del patrimonio genetico del popolo mapuche. È una forza che viene dalla mapu ñuke, da quella terra madre che dà il titolo a una delle sue poesie più conosciute. Si manifesta attraverso la natura, ma anche attraverso gli affetti familiari e lo spirito comunitario. Le ragioni della vita si oppongono ai messaggi di morte che provengono da un potere arbitrario. L’immagine dell’”embrione ribelle” suggella in maniera indimenticabile questa professione di lotta e di dignità. Nella seconda poesia, oltre al rapporto con la luna che richiama il nome della poetessa (kvyeh in mapudungun significa ‘luna’), troviamo soprattutto la metafora dei libri come strumento di liberazione. La montagna che essi costruiscono si spinge fino alla finestra della cella, per conversare con la luna e rompere le catene.

La seconda parte del libro, intitolata “Menzogne moderne”, contiene brevi poesie di denuncia, che assumono toni quasi epigrammatici.  Al centro sta un altro tema cruciale per Rayen e per il suo popolo. La difesa della natura è parte integrante della difesa della propria identità, contro l’assalto dell’”uomo progressista”, animato da uno spirito di onnipotenza. Lo stravolgimento dell’ordine naturale viene rappresentato da un albero sterile, dove il verde non è quello delle piante, ma del denaro che prepara strumenti di morte. In “Uomo Moderno” questo delirio si concretizza nel riferimento puntuale alle dighe costruite per imprigionare l’acqua, uno dei simboli più universali di libertà. C’è un’allusione esplicita alla battaglia del popolo mapuche contro le multinazionali che costruiscono i grandi invasi, provocando l’inondazione delle terre che da millenni appartengono agli indigeni. Nell’ultima poesia tradotta da questa sezione, prevale il sarcasmo verso la carità pelosa dei grandi della terra, che si degnano di lasciare le briciole alle loro vittime, per salvarsi l’anima.

Con questa raccolta Rayen dimostra di saper usare alla perfezione la lingua del winka, del dominatore di origine europea, facenda esplodere dall’interno e trasformandola in uno strumento di lotta.


 

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Ricordo di Antonio Melis – Antonio Prete

Antonio Prete

Antonio Prete

«Antonio Melis è stato un ponte sempre attivo, sempre transitabile, un ponte con una serie di culture, non una cultura, ma le tante che il mondo latino americano raccoglieva in sé … Antonio era un tessitore … di relazioni culturali e intellettuali, ed era conosciutissimo in questo suo tessere relazioni … Questa sua conoscenza così plurale, così diffusa, la teneva con leggerezza: mai un atto di supponenza, o neppure di orgoglio. Per lui, studioso di letterature latinoamericane, lingua latinoamericana, ma di culture latinoamericane, era normale che tenesse rapporti, conoscenze e amicizie con quel mondo, sia invitando il più possibile questi personaggi, sia entrando in relazione con loro, sia traducendoli. Antonio è stato un grande traduttore, ha tradotto moltissimo, ha fatto conoscere in Italia grandi scrittori … e le sue conoscenze non erano soltanto quelle cosiddette letterarie ufficiali della cultura e della lingua ispanica, erano le conoscenze che andavano “oltre”, andavano verso le radici di quel mondo, le radici precolombiane: andavano verso le culture e le lingue indigene. E era straordinario come si muovesse verso questo orizzonte sepolto, cancellato, represso. Non solo conosceva il quechua, e traduceva dal quechua, ma ha imparato rapidamente una lingua nuova, la lingua dei Mapuche, del popolo della terra, per poter tradurre una poetessa, che lui ha invitato, che ci ha fatto conoscere … Rayen Kvyeh, che era la prima poetessa (poetisa de la tierra) di lingua mapuche. E Antonio ha imparato questa nuova lingua per tradurre questa poetessa. Luna dei primi germogli[1] è un libro di questa poetessa tradotto in italiano… Antonio era sorprendente in queste navigazioni, in queste relazioni … E il suo lavoro non si fermava a questo, ma continuava sempre con grande rigore …»

Antonio Prete,

14 settembre 2016, Giardino della Biblioteca Umanistica della Università di Siena

[1] Un popolo che lotta per la libertà della propria cultura e che riscopre l’orgoglio di radici antichissime attraverso il canto della poesia: è il popolo mapuche del Cile. Attraverso i versi della poetessa cilena Rayen Kvyeh. Antonio Melis è il curatore e traduttore del volume, docente di lingue e letterature ispano-americane e civiltà indigene d’America all’Università di Siena. La raccolta di poesie Luna dei primi germogli è uscita per la prima volta in Germania – paese d’esilio di Rayen negli anni della dittatura cilena – nel 1991. Per molto tempo la cultura mapuche è stata soltanto orale, linguisti e antropologi hanno raccolto il repertorio di canti in lingua mapudungun trascrivendoli con i caratteri latini e usando l’alfabeto spagnolo castigliano. L’importanza della edizione italiana bilingue (aprile 2006) di Edizioni Gorée, sta nell’aver trascritto la lingua mapudungun senza passare dall’alfabeto castigliano e nel proporre una versione italiana che non è una traduzione dallo spagnolo, ma cerca di rispettare lo spirito del testo originale.

Luuna dei primi germogli

Luuna dei primi germogli



 

Ricordo di Antonio Melis – Riccardo Badini

Riccardo Bardini

Riccardo Badini

 

«Ci eravamo recati con Antonio sulla tomba di Gamaliel Churata, a Puno in Perù, sulla sponda occidentale del lago Titicaca. Antonio, rivolgendosi allo scrittore proprio come se fosse vivo lì davanti a lui, gli disse che avremmo pubblicato le sue opere in Italia, e in quel momento io ho sentito veramente una emozione, perché in qualche modo ho capito che il sapere si trasmette in tanti modi e che intenzioni prese dal qualcun altro, vengono poi portate avanti in altro modo da altri. Penso che questa sia stata una delle ultime, tra le tante, lezioni che Antonio mi ha dato».

Riccardo Badini


Maurizio Masini

Maurizio Masini

«La cosa più bella che mi ha insegnato è che mi ha insegnato a insegnare».

Maurizio Masini


Ricordo di Antonio Melis – Daniela Brogi

Daniela Brogi

Daniela Brogi

«Antonio diceva sempre sì alla vita …, ma era anche capace di dire no, con una fermezza, … con una vitalità assolute. Lui mi ha fatto capire che studiare è importante, ma non basta per avere la lode dei migliori. E di questa comprensione gli sarò sempre molto grata, e cercherò di tenere in vita il più possibile questa memoria, questa presenza di Antonio».

Daniela Brogi


Ricordo di Antonio Melis – Mauro Chechi

 

Mauro Chechi

Mauro Chechi

 

«Antonio era vestito come noi. Nessuno avrebbe detto che era un professore universitario. Parlava in modo molto semplice, ma con concetti molto profondi …».

Mauro Chechi


Ricordo di Antonio Melis – Antonella Cancellier

 

Antonella Cancellier

Antonella Cancellier

 

«Ho imparato da Antonio come avvicinarsi all’America Latina, con molta delicatezza … Lui ha lasciato il suo cuore nelle Ande che amava tantissimo …».

Antonella Cancellier


Ricordo di Antonio Melis – Martha Canfield

 

Martha Canfield

Martha Canfield

 

«Antonio è stato più che un collega, è stato un amico carissimo e molto vicino ad ognuno di noi e agli studenti… Ciò che desidero sottolineare di lui  è la sua straordinaria umanità che emergeva nei suoi rapporti… e anche il quel suo “umorismo” … Solo lui sapeva giocarein modo così stupefacente con l’italiano e lo spagnolo, che conosceva in maniera straordinaria … Aveva anche uno spiccato senso ludico del rapporto con la cultura. Il poeta peruviano Antonio Cisneros era amico di Antonio ed a lui ha dedicato una poesia, il cui tema è la memoria, dove la memoria non è legata a grandi eventi o a grandi cose, ma a piccole cose che costituiscono semplicemente la quotidianità e l’emotività. Antonio Cisneros parlando di Antonio Melis faceva appello in questa poesia a questo tipo di memoria, e credo che qui ci ritroviamo tutti a evocare qui anche il nostro Antonio …».

Martha Canfield

Antonio Cisneros

Antonio Cisneros

 


Ricordo di Antonio Melis – Romano Luperini

Romano Luperini

Romano Luperini

«Non credo che basti l’Università per definire il profilo di una persona, ed infatti i miei ricordi di Antonio sono soprattutto fuori dell’Università anche se con Antonio Melis e con Antonio Prete siamo stati tra i fondatori di questa Università… In primavera facevamo lezione all’aperto; tutte le cariche erano a turno: non c’era competizione, non c’era sopraffazione. Questa comunità di docenti e di studenti era una comunità, per dir così, innocente. Prima di quella società di oggi invece basata sul controllo reciproco, sulla sopraffazione, oppure sulla valutazione e sull’autovalutazione; prima della burocratizzazione che è avvenuta poi nell’Università. Ciò che importava era insegnare, divertirsi a insegnare, imparare, imparare insieme. Questa atmosfera oggi è letteralmente inimmaginabile. Antonio è stato uno dei protagonisti di questa comunità, pre-gerarchica. I miei ricordi più vivi … sono comunque fuori dell’Università … Ho conosciuto Antonio nel 1965 … quando io e lui avevamo 24-25 anni, e l’ho conosciuto ad una riunione indetta da Ferruccio Rossi-Landi, per la rivista Ideologie, dato che Rossi-Landi voleva fare un numero su Cuba … Melis ed io ci siamo trovati a collaborare insieme a questa rivista … E lo ricordo quando si è presentato ad una riunione con i pantaloni corti: parlava sommessamente, in questo suo modo mite e discreto, assolutamente alieno (ciò che me lo ha reso sempre caro) da qualsiasi forma di narcisismo … Non solo ha insegnato ad amare la cultura, ma ha insegnato a vivere, e questo è ancora più importante».

Romano Luperini


Ricordo di Antonio Melis – Pietro Clemente

 

Pietro Clemente

Pietro Clemente

«Nel modo di fare di Antonio c’era questa sistematica compresenza di una grandissima socievolezza e di un impegno, possiamo dire anche militanza, che era sempre leggero e ironico… Una delle caratteristiche di Antonio era di offrire in continuazione occasioni, cioè il contrario esatto dell’avarizia: Antonio era la generosità. Tutte le iniziative che intraprendeva, in qualche modo cercava di estenderle, le seminava, favoriva incontri… Antonio ha perseguito sempre un’idea della cultura non strettamente specialistica, un’idea secondo cui la cultura è qualcosa che dobbiamo diffondere, far comprendere, estendere a campi diversi per conoscere le connessioni tra i mondi che traversiamo. Antonio era un antropologo di per sé, come aveva imparato da José María Arguedas … Antonio ci lascia un po’ questo messaggio: concepire il nostro lavoro, la nostra intelligenza in un ambito della cultura in senso più generale … Lo spirito delle iniziative che si facevano per passione più che per mestiere universitario, continui ad essere presente intorno all’Università perché è il bagno d’acqua in cui vive, e si trasmette, e senza il quale rischia sempre di essere uno specialismo arido perdendo il rapporto con il mondo».

Pietro Clemente


Ricordo di Antonio Melis – Giovanni Preto

 

Giovanni Preto

Giovanni Preto

«Ho sempre apprezzato in Antonio il grande senso di umanità che aveva e la sua determinazione, il suo impegno politico e sociale».

Giovanni Preto


Ricordo di Antonio Melis – Giovanni Bartolomei

Giovanni Bartolomei

Giovanni Bartolomei

 

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Condor Melis

Per Antonio Melis

Un giorno Antonio perse braccia e mani
ma acquistò l’ali se se ne volò via.
Un Condor Pasa lasciò l’Illimani
e oggi ci sorvola per magia.
Magia della memoria degli umani
che quando quell’oscura lotteria
si porta via un amico od un maestro
di conservar l’essenza ha l’arte e l’estro.

Gli umani non son bestie da capestro,
la libertà gli guida nel cammino
e sanno liberarsi dal sequestro
che gli imprigiona a quel fatal destino.
L’irrazionale emisfero destro
ci fa sentire Antonio a noi vicino
e il razional sinistro man ci dà
a rammentar del Melis la realtà.

D’Antonio proprio tutto mancherà:
L’arguzia e la sapiente parlantina,
il suo ascolto attento, l’onestà,
la sua cultura obrera y campesina.
Lloran La Paz y Lima y Bogotà,
llora toda la América Latina.
Lo piangono gli amici ed i parenti,
lo piangono i compagni qui presenti.

Antonio io lo so che non mi senti
ma so che ognuno un po’ della tua essenza
porta con sé, sicché se state attenti
voi garantite qui la sua presenza.
Il sol dell’avvenire par che stenti
a sorgere ma sento l’incombenza
di dire che ogni uomo nasce eguale
cantando in coro l’Internazionale.

 

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Giovanni Bartolomei da Prato
14 settembre 2016

 


Ricordo di Antonio Melis – Guido Melis

Guido Melis

Guido Melis

«Desidero lasciarvi, come mio ringraziamento, il ricordo che ho quando con il mio papà e insieme a mia sorella, eravamo allora piccoli, dopo la scuola e, dopo il pranzo, andavamo in sala e mettevamo un disco, e lo ascoltavamo dall’inizio fino alla fine: questo per dirvi quanto per lui la musica fosse qualcosa di importante che permeava tutta la sua curiosità verso il sapere».

Guido Melis

 


L'Internazionale, per Antonio Melis

Ricordo di Antonio Melis – L’Internazionale

 

 


 


In ricordo di Antonio Melis

 

Testimonianze di

Martha Canfield

Università di Firenze

Flavio Fiorani

Università di Modena

Manuel Plana

Università di Firenze

 

In ricordo di Antonio Melis_Locandina

 



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Federico García Lorca (1898-1936) – La poesia è qualcosa che cammina per le strade. Il teatro è sempre stato la mia vocazione. Adesso sto lavorando a una nuova commedia. Gli uomini non riusciranno mai a immaginarsi l’allegria che esploderà il giorno della Grande Rivoluzione. Non è vero che sto parlando proprio come un socialista?

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F. G. Lorca, Poeta en Nueva York

 

«La poesia è qualcosa che cammina per le strade. Che si muove, che passa accanto a noi. Tutte le cose hanno il loro mistero, e la poesia è il mistero che hanno tutte le cose. Si passa accanto a un uomo, si guarda una donna, si percepisce l’incedere obliquo di un cane, e in ciascuno di questi oggetti umani c’è la poesia».

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«Adesso sto lavorando a una nuova commedia. Non sarà più come quelle precedenti. Adesso è un’opera della quale non posso scrivere nulla, nemmeno una riga, perché si sono liberate e vagano per l’aria la verità e la menzogna, la fame e la poesia. Mi sono sfuggite dalle pagine. La verità della commedia è un problema religioso e socio-economico. Il mondo è immobile di fronte alla fame che devasta i popoli. Finché ci sarà squilibrio economico, il mondo non potrà pensare. Ne sono sicuro. Due uomini camminano sulla riva di un fiume. Uno è ricco, l’altro è povero. Uno ha la pancia piena, l’altro insozza l’aria con i suoi sbadigli. E il ricco dice: “Che bella barca si vede sull’acqua! Guardi, guardi il giglio che fiorisce sulla riva”. E il povero dice: “Ho fame, non vedo nulla. Ho fame, tanta fame”. È naturale. Il giorno in cui la fame sparirà, si produrrà nel mondo l’esplosione spirituale più grande che l’Umanità abbia mai conosciuto. Gli uomini non riusciranno mai a immaginarsi l’allegria che esploderà il giorno della Grande Rivoluzione. Non è vero che sto parlando proprio come un socialista?».

Da un’intervista realizzata da Felipe Morales,
pubblicata su La Voz di Madrid
il 7 aprile 1936.

Traduzioine di Antonio Melis.

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Pablo Neruda (1904-1973) – Amo i libri esploratori, ma odio il libro ragno in cui il pensiero ha disposto filo velenoso.

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Ode al libro

Ode al libro

«Amo i libri
esploratori,
libri con bosco o neve,
profondità o cielo,
ma
odio
il libro ragno
in cui il pensiero
ha disposto filo velenoso
perché là s’impigli
la giovanile e svolazzante mosca».

Pablo Neruda, Odi elementari.

Traduzione di Antonio Melis

 

Odi elementari

 


Pablo Neruda (1904-1973) – È cosi che nasce la poesia: viene da altezze invisibili. Canto e fecondazione è la poesia: l’ho concentrata come prodotto vitale della mia stessa esperienza, circondato dalla folla adorabile, dall’infinita e ricca moltitudine dell’uomo.

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Jorge Luis Borges (1899-1986) – Non c’è libro meno bisognoso di prologo di questo, dalla genesi indolente, formato da una sedimentazione di prologhi …

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J. L. Borges, L'idioma degli argentini

Logo Adelphi

Jorge Luis Borges, L’idioma degli argentini, Adelphi, 2016

A cura di Antonio Melis.
Traduzione di Lucia Lorenzini.

Risvolto di copertina

Che ci racconti del truco, grazie al quale i giocatori, dimesso l’io abituale, diventano criollos che «vogliono spaventare la vita a grida»; o di coltelli che cercano i sentieri della morte e del Chileno, signore dell’insolenza, che si dissangua a terra; o dell’origine del tango, la cui patria sono gli angoli delle case rosate dei sobborghi, la protervia domenicale del guappo e il chiasso delle popolane sui portoni; o di una notte serena capace di rivelare miracolosamente il «senso reticente o assente dell’inconcepibile parola eternità»; o della felicità, che «non è meno sfuggente nei libri che nella vita»; o del metodo insospettabile e segreto con il quale Cervantes suscita nel lettore «una reazione di compassione e perfino di collera di fronte alle infinite iniquità che affliggono l’eroe»; o, infine, delle differenze fra lo spagnolo degli spagnoli e quello della conversazione argentina, il Borges di questo libro giovanile, ripudiato e ora finalmente ritrovato, è già, inconfondibilmente, il grande Borges. E solo apparente è l’«aria enciclopedica e guerrigliera», giacché tre direzioni cardinali lo governano: «La prima è un sospetto, il linguaggio; la seconda è un mistero e una speranza, l’eternità; la terza è questo godimento, Buenos Aires».

Scrive Maria Grazia Profeti (Alias, il manifesto, 18-12-2016): «Forse uno dei più evidenti motivi di interesse dell’Idioma degli argentini risiede proprio nel tentativo dell’autore di fare i conti con il legato spagnolo, come veniva percepito in Amertica Latina, riflettendo insomma sulla formazione di quell'”idioma”. Lo sottolinea adeguatamente Antonio Melis, nel saggio conclusivo, nel quale ripercorre la storia editoriale del libro, e dove nota come Borges “non perda l’occasione per scrivere un altro capitolo della polemica contro la letteratura spagnola”».

Maria Grazia Profeti,
Eroici furori giovanili di fronte al legato spagnolo

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César Vallejo (1892-1938) – Me moriré en París con aguacero, un día del cual tengo ya el recuerdo. Hay golpes en la vida, tan fuertes… ¡Yo no sé!

César Vallejo

Vallejo

Piedra negra sobre una piedra bianca

Me moriré en París con aguacero,
un día del cual tengo ya el recuerdo.
Me moriré en París – y no me corro –
tal vez un jueves, como es hoy de otoño.

Jueves será, porque hoy, jueves, que proso
estos versos, los húmeros me he puesto
a la mala y,
jamás como hoy, me he vuelto,
con todo mi camino, a verme solo.

César Vallejo ha muerto, le pegaban
todos sin que él les haga nada;
le daban duro con un palo y duro

también con una soga; son testigos
los días jueves y los huesos húmeros,
la soledad, la lluvia, los caminos…

***

Pietra nera su una pietra bianca

Morirò a Parigi nello scroscio
di un giorno che ho già vivo nel ricordo.
Morirò a Parigi – non m’inganno –
come oggi forse un giovedì d’autunno.
Di giovedì sarà. Oggi che proso
questi versi e gli omeri ho malmesso,
è giovedì e mai come oggi giunsi,
con tanta strada a rivedermi solo.
César Vallejo è morto, lo picchiavano
tutti senza che lui facesse nulla;
lo legnavano sodo e duramente
lo cinghiavano: sono testimoni
i giorni giovedì, l’ossa degli omeri,
la vita sola, la pioggia, le strade…

***

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  LOS HERALDOS NEGROS

Hay golpes en la vida, tan fuertes… ¡Yo no sé!
Golpes como del odio de Dios; como si ante ellos,
la resaca de todo lo sufrido
se empozara en el alma… ¡Yo no sé!

Son pocos; pero son… Abren zanjas oscuras
en el rostro más fiero y en el lomo más fuerte.
Serán tal vez los potros de bárbaros Atilas;
o los heraldos negros que nos manda la Muerte.

Son las caídas hondas de los Cristos del alma
de alguna fe adorable que el Destino blasfema.
Esos golpes sangrientos son las crepitaciones
de algún pan que en la puerta del horno se nos quema.

Y el hombre… Pobre… ¡pobre! Vuelve los ojos, como
cuando por sobre el hombro nos llama una palmada;
vuelve los ojos locos, y todo lo vivido
se empoza, como charco de culpa, en la mirada.

Hay golpes en la vida, tan fuertes… ¡Yo no sé!

César Vallejo, 1918



César Vallejo, Opera Poetica completa, Edizioni Gorée

A cura di Roberto Paoli e Antonio Melis
Traduzione di Roberto Paoli
Prefazione di Antonio Melis e Roberto Paoli

L’opera, in due volumi, è pubblicata con testo a fronte in lingua originale spagnola. Comprende l’opera completa di César Vallejo (composta dalle raccolte “Araldi neri”, “Trilce”, “Poemi in prosa”, “Poemi umani”, “Spagna, allontana da me questo calice”),

Il poeta peruviano César Vallejo (1892-1938), emerge sempre di più come la voce più originale e profonda della poesia latinoamericana. Il suo messaggio umano e poetico ha profonde radici nell’anima india, ma non nasce da un’intenzione bardica e celebrativa, esterna e, per così dire, paternalistica rispetto ai valori di un gruppo emarginato ed oppresso, bensì da un’originaria identità. Con Vallejo il lettore europeo si trova davanti a un linguaggio tanto inaudito e atipico quanto sommamente espressivo.

 

***

César Vallejo es uno de los poetas peruanos más reconocidos de todo el mundo, dada la impresionante innovación que supuso su obra para la poesía del siglo XX. Nació el 16 de marzo de 1892 en Santiago de Chuco y falleció en París a los 46 años.
Su poesía se caracteriza por presentar un lenguaje poético muy auténtico que, si bien se apoyó en sus comienzos (“Los heraldos negros“) en las bases del modernismo, poco a poco consiguió diferenciarse tanto que no tuvo punto de comparación (“Trilce“). Además cultivó la narrativa, ofreciendo obras como “Escalas” y “Paco Yunque“, uno de sus relatos más famosos.
Se considera que Vallejo es uno de los autores que supo anticipar el vanguardismo; su legado como artista implicó una renovación del lenguaje literario al que se unirían muchos poetas que le sucedieron, como Huidobro o Joyce.
La mirada de Vallejo siempre había estado puesta en el viejo mundo y cuando finalmente consiguió visitarlo se sintió tan cerca de todo lo que siempre había deseado que jamás deseó volver a su tierra natal. Estuvo en Francia, España y Rusia pero lamentablemente, a causa de trabajar excesivamente, falleció siendo aún muy joven. Como se lo había pedido su esposa, sus restos fueron enterrados en el Cementerio de Montparnasse.

***

César Vallejo, in un disegno di Pablo Picasso

César Vallejo, in un disegno di Pablo Picasso


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In ricordo di Antonio Melis. Testimonianze di: Martha Canfield, Flavio Fiorani, Manuel Plana .

Melis Antonio_03

 

Centro Studi e Iniziative America Latina

Centro studi Jorge Elelson

Circolo Vie Vuove

Centro Studi e Iniziative America LatinaCentro studi Jorge EielsonCircolo “Vie Nuove”

 

melis antonio

In ricordo di Antonio Melis

 

 

 

Testimonianze di

Martha Canfield

Università di Firenze

Flavio Fiorani

Università di Modena

Manuel Plana

Università di Firenze

 

 

Martedì 8 novembre 2016, dalle ore 21,00

Centro Studi America Latina
Circolo “Vie Nuove”

Viale Donato Giannotti, 13 Firenze
Tel. 055.683388

Tre sudiosi dell’America Latina faranno rivivere la dimensione umana e l’opera del grande letterato drammaticamente scomparso, con l’affetto e la riconoscenza di chi non solo ne apprezzava l’eccezionale valore scientifico, ma anche l’impegno civile che l’ha da sempre caratterizzato.

In ricordo di Antonio Melis_Locandina

 



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Giovanni Bartolomei da Prato – «Per Antonio Melis»: magia della memoria degli umani che quando quell’oscura lotteria si porta via un amico od un maestro di conservar l’essenza ha l’arte e l’estro.

Giovanni Bartolomei_Antonio Melis

Mercoledì 14 settembre 2016, alle ore 17, nel giardino della Biblioteca Umanistica, in via di Fieravecchia a Siena, si è fatta memoria di Antonio Melis, insegnante e studioso di Letterature ispano-americane, scomparso il 7 agosto scorso a La Paz. Al suono della musica e delle parole che amava, insieme ai suoi familiari lo hanno ricordato amici, colleghi e studenti. Prima di intonare con un folto gruppo di amci di Antonio le note dell’Internazionale, Giovanni Bartolomei ha letto i versi qui di seguito pubblicati.


In una trattoria di Orgia

«In una trattoria di Orgia, il nostro dopocena era stato accompagnato, come altre volte, dalle canzoni e dal suono della chitarra. Questa manifestazione musicale aveva suscitato l’interesse e l’entusiasmo di alcuni clienti, dei turisti tedeschi, che accompagnavano con applausi le nostre esibizioni. A un certo punto, sconcertando tutti noi e producendo un effetto esilarante, Antonio Tabucchi si alzò, prese il cappello (una specie di coppola) e iniziò un giro fra i tavoli come per raccogliere soldi. Fra le canzoni che cantavamo quella sera, c’era una ninnananna toscana, che apparteneva al repertorio di Caterina Bueno, la grande cantante e raccoglitrice della musica popolare, amica di Antonio e presente più di una volta nella nostra Facoltà» (Antonio Melis, Avevo un cavallino brizzolato, in Roberto Francavilla [ed.], Parole per Antonio Tabucchi con quattro inediti, Roma, Artemide, 2012, pp. 25-34)

Melis Antonio_sfumato 02

Condor Melis

Per Antonio Melis

Un giorno Antonio perse braccia e mani
ma acquistò l’ali se se ne volò via.
Un Condor Pasa lasciò l’Illimani
e oggi ci sorvola per magia.
Magia della memoria degli umani
che quando quell’oscura lotteria
si porta via un amico od un maestro
di conservar l’essenza ha l’arte e l’estro.

Gli umani non son bestie da capestro,
la libertà gli guida nel cammino
e sanno liberarsi dal sequestro
che gli imprigiona a quel fatal destino.
L’irrazionale emisfero destro
ci fa sentire Antonio a noi vicino
e il razional sinistro man ci dà
a rammentar del Melis la realtà.

D’Antonio proprio tutto mancherà:
L’arguzia e la sapiente parlantina,
il suo ascolto attento, l’onestà,
la sua cultura obrera y campesina.
Lloran La Paz y Lima y Bogotà,
llora toda la América Latina.
Lo piangono gli amici ed i parenti,
lo piangono i compagni qui presenti.

Antonio io lo so che non mi senti
ma so che ognuno un po’ della tua essenza
porta con sé, sicché se state attenti
voi garantite qui la sua presenza.
Il sol dell’avvenire par che stenti
a sorgere ma sento l’incombenza
di dire che ogni uomo nasce eguale
cantando in coro l’Internazionale.

 

l_internazionale

Giovanni Bartolomei da Prato
14 settembre 2016


Commento di “Biancastella”
(effettopace@gmail.com)

Ora i condor saranno meno soli
due ali in più accanto al loro volo
Il vento delle Ande che sussurra
avrà una dolcezza inesplorata
e quando il sole staccherà le nubi
sapremo che Antonio ci sorride.

Biancastella


 

Giovanni Bartolomei

 

Barto01

Bartolomei Giovanni nato a Prato
classe sessantatre, che a lavorare
fa il chimico e per sorte gli è toccato
la Caterina Bueno d’incontrare.
Da allora l’estro suo s’è riversato
nella poesia e nel canto popolare
e con l’ottave propugna sincero
la fratellanza e il libero pensiero.

Barto05

Barto04

Giovanni BartolomeiGli anni sessanta a Prato – YouTube

                                     Canzoni contro la guerra

                                     La Bergoglieide – YouTube

 



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Fernanda Elisa Bravo Herrera – Parodias y reescrituras de tradiciones literarias y culturales en Leopoldo Marechal.

Marechal e Fernanda copia

 

copertina Marchegal

Fernanda Elisa Bravo Herrera

Parodias y reescrituras de tradiciones literarias
y culturales en Leopoldo Marechal

Colección “La vida en las Pampas”, Buenos Aires. Corregidor, 2015.
Palabras preliminares de Zulma Palermo.
Bio-cronología de María de los Ángeles Marechal.
ISBN. 978-950-05-3083-5.

Il Testo riprende i risultati della tesi dottorale discussa nel 2006 nel Dottorato in Letteratura Comparata e Traduzione del Testo Letterario (coordinato dal Professore Antonio Prete, docente di Letterature Comparate) presso l’Università degli Studi di Siena, sotto la guida del Professore Antonio Melis, docente di Letterature Ispanoamericane presso la stessa università e la co-tutela della Professoressa Zulma Palermo, Professoressa emerita all’Universidad Nacional de Salta.

Il libro forma parte della collana “La vida en las Pampas” della casa editrice Corregidor, di Buenos Aires, che riunisce saggi e monografie sulla letteratura argentina. Questa collana, che ha un comitato di referee internazionale, è diretta dalla Professoressa María Rosa Lojo, ricercatrice del Conicet radicata nell’Instituto de Literatura Argentina “Ricardo Rojas” dell’Universidad de Buenos Aires e docente presso l’Universidad del Salvador e co-diretta dal prof. Jorge Bracamonte, ricercatore del CONICET e docente presso l’Universidad Nacional de Córdoba). La pagina della casa editrice Corregidor è: http://www.corregidor.com/ La pagina della collana è: http://www.corregidor.com/?page_id=520

In questo libro si analizzano ed indagano le differenti iscrizioni intertestuali presenti nella scrittura di Leopoldo Marechal. L’opera di Leopoldo Marechal richiede riletture permanenti, aperture e revisioni per poter entrare nelle sue biforcazioni semantiche. Questo libro si propone di studiare la parodia, nelle sue molteplici modalità, come chiave interpretativa per ricostruire la concezione ideologica ed estetica, i dialoghi intertestuali, intertemporali ed interculturali delle tradizioni letterarie e culturali all’interno della produzione marechalliana. Viene presa in esame la parodia come lettura/riscrittura e incorporazione della voce dell’altro nelle sue molteplici sfaccettature stilistiche, ideologiche, culturali e temporali; come memoria sociale, fatta di frammenti di testo e discorsi culturali, al fine di delineare le costanti e le variazioni. Epica ed erotismo, sublimazioni e discese infernali, tradizioni letterarie e letture non sempre canoniche, definiscono alcuni degli itinerari e delle sfide di questa scrittura, sempre attuale, che affonda le proprie radici nel quadro nazionale argentino, cercando, però, costantemente di trascenderlo per raggiungere l’universalità.

Lo scopo di questo libro è quello di ricostruire la concezione ideologica ed estetica di Leopoldo Marechal, prestando attenzione principalmente alle tematiche della definizione delle tradizioni culturali e letterarie in un continuo dialogo intertestuale, intertemporale e intrerculturale. La chiave di lettura di tutto questo processo è stata individuata nella parodia, che viene concepita come lettura e riscrittura della parola, della scrittura, del discorso, della tradizione. In altre parole, la parodia rappresenta l’assimilazione, l’incorporazione del discorso dell’altro in tutte le sue sfaccettature stilistiche, ideologiche, culturali e temporali. La tradizione è concepita come una rete o un ordito di differenti modalità di lettura e scrittura che costituiscono un modello di identità culturale ed ideologica, un registro di identificazione, differenziazione, incorporazione e partecipazione nella memoria sociale, che è costituita di frammenti di testo e di discorsi culturali.

Il punto di partenza è la presenza di costanti stilistiche, semantiche e simboliche, che conferiscono alla scrittura marechalliana un carattere fortemente unitario. La narrativa si connota come riscrittura dell’epica, attualizzata e adattata alle nuove condizioni storico-culturali, attraverso i due principi che definiscono la epopea: l’esperienza metafisica degli eroi e la traduzione di quest’ultima secondo un simbolismo che rimanda alla guerra e al viaggio. Il modello di riferimento privilegiato è l’epopea classica, in particolar modo quella omerica dell’Iliade e dell’Odissea con i loro simboli della guerra e del viaggio. In Marechal, tali simboli vengono cristianizzati attraverso la rilettura e la riproposizione delle Confessioni di Sant’ Agostino, del Cantico e ascesa al monte Carmelo di San Giovanni della Croce (San Juan de la Cruz), dei Dialoghi dell’amore di Leon Ebreo. Marechal si appoggia quindi su una linea di pensiero neoplatonica medievale che, però, viene tradotta e riscritta appoggiandosi sulla situazione argentina in una sorta di traduzione della metafisica in pensiero immanente e vissuto. Proprio per questo la ricerca di un equilibrio tra ordine divino (metafisico) e terreno è costante, così come è costante la ontologizzazione e la universalizzazione delle esperienze nazionali argentine. In questo processo di appropriazione dell’epica sono fondamentali differenti aspetti: la costruzione della quotidianità a partire dalla imitazione delle azioni secondo quanto codificato nella Poetica di Aristotele, la distanza tra il mondo epico e quello contemporaneo inteso come degradazione, l’umorismo, le strategie di verosimiglianza secondo i principi della cronaca, il percorso dell’Autore attraverso le sue crisi spirituali fino ad arrivare all’ordine classico. In questo processo, gioca un ruolo fondamentale la parodia nelle sue distinte manifestazioni interne o nelle differenti modalità di manifestazione esterne, il tutto nel solco della tradizione dell’Orlando Furioso e del Don Quijote, così come ricopre importanza la distanza frapposta tra una interpretazione letterale e quella allegorica in un perenne dialogo con l’Ulisse di Joyce. La struttura religiosa e metafisica organizza la parole, la concezione del mondo, la costituzione del soggetto culturale e la sua qualificazione deontologica e assiologica. Questa struttura include, concentrandola all’interno di una voce ideologica unitaria, le differenti strategie carnevalesche e la molteplicità parodica. La fondazione religiosa del cosmo costruisce l’ordine ideologico mistico e l’equilibrio utopico tra la sfera celeste e la terrestre. Il percorso di questa scrittura definisce un eros spirituale e un affermazione politica, nel solco della lettura allegorica ed esoterica fatta da Luigi Valli circa i poeti del Dolce Stil Novo, ovvero i Fedeli d’Amore.

Nel libro si include una Bio-cronologia di Leopoldo Marechal, redatta da María de los Ángeles Marechal, figlia dell’Autore, che assieme alla sorella Malena dirige la Fundación Leopoldo Marechal, istituzione che cura, protegge e diffonde l’opera di Marechal. La pagina della fondazione è: http://www.marechal.org.ar/

La presentazione è a cura della Profesoressa Zulma Palermo, autrice di numerosi libri tra cui Desde la otra orilla. Pensamiento crítico y políticas culturales en América Latina (Alción Ed.), Cuerpo(s) de Mujer. Representación simbólica y crítica cultural (Ferreyra Ed.), Las culturas cuentas, los objetos dicen (Fundación Pajcha), Colonialidad del poder: discursos y representaciones (U.N.Sa.: Consejo de Investigación), Arte y estética en la encrucijada descolonial y Pensamiento argentino y opción descolonial (Ed. del Signo).

Fernanda Elisa Bravo Herrera è ricercatrice del CONICET (Consejo Nacional de Investigaciones Científicas y Técnicas – Argentina) presso l’ILA – FFyL – UBA (Instituto de Literatura Argentina della Facoltà di Filosofia e Lettere dell’Università di Buenos Aires; Dottoressa di Ricerca in Letteratura Comparata e Traduzione del Testo Letterario; Magister in Conservazione e gestione dei Beni Culturali e in Letteratura Comparata per l’Università degli Studi di Siena; laureata in Lettere per l’Università Nazionale di Salta (Argentina). Premio dell’Accademia Argentina di Lettere e Menzione d’Onore della Facoltà di Lettere dell’Università Nazionale di Salta (1997). Ha ricevuto borse di ricerche del Consiglio di Ricerca dell’Università Nazionale di Salta (1997), della Regione Toscana (1997), del Governo Italiano (1999-2000) e del CONICET (Post-dottorale, 2009). Ha lavorato presso le Facoltà di Lettere di Siena e Arezzo dell’Università degli Studi di Siena come docente a contratto di Letterature Ispanoamericane, Letteratura Spagnola, Cultura Ispanoamericana. Ha pubblicato El Fondo de Mercedes de Tierras y Solares (1583-1589) del Archivo y Biblioteca Históricos de Salta (2010) e Sátira política y representaciones de género en la prensa de Salta a fines del siglo XIX  (2010), Huellas y recorridos de una utopía. La emigración italiana en la Argentina  (2015), Parodias y reescrituras de tradiciones literarias y culturales en Leopoldo Marechal  (2015).

 

Índice:

Agradecimientos

Palabras preliminares, por Zulma Palermo

Bio-cronología de Leopoldo Marechal, por María de los Ángeles Marechal

Introducción

  1. Problemáticas de la tradición y de la parodia
  2. Tradición y tradiciones
  3. La parodia como hilo conductor
  4. Parodia y tradición en Marechal
  5. Sobrevivencia del Epos
  6. La novela como actualización épica
  7. La heroicidad épica y patriótica en la lírica
  8. Huellas y versiones

III. El Itinerario Ascendente

  1. El Orden buscado
  2. Los descensos infernales
  3. Madonna Intelligenza

Mínimas conclusiones y grandes desafíos

Apéndice

Bibliografía

 


copertina Marchegal

Zulma Palermo

Zulma Palermo

Prólogo de Zulma Palermo

 

Zulma Palermo, Professoressa emerita all’Universidad Nacional de Salta.

Un altro suo importante saggio:

Leopoldo Marechal

e alcuni suoi libri

 

LeopoldoMarechal

***

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El Banquete de Severo Arcángelo

 

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Adán Buenosayres

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Adán Buenosayres

Detalle de la imagen de la primera edición de Adán Buenosayres

Detalle de la imagen de la primera edición de Adán Buenosayres

 

Obras Completas

Obras Completas

 

Marechal en Santiago de Compostela

Marechal en Santiago de Compostela




 

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Fernanda Elisa Bravo Herrera

 

Libri di Fernanda Elisa Bravo Herrera

 

Parodias y reescrituras de tradiciones literarias y culturales en Leopoldo Marechal. Buenos Aires: Corregidor, 2015. Colección La vida en las Pampas. [ISBN 978-950-05-3083-5]. 432 pp.

***

Huellas y recorridos de una utopía. La emigración italiana en la Argentina. Buenos Aires: Teseo, 2015. [ISBN 9789877230048]. 372 pp.

***

El Fondo Mercedes de Tierras y Solares (1583 – 1589) del Archivo y Biblioteca Históricos de Salta. Salta: Fundación Capacit-Ar del NOA, 2010. [I.S.B.N. 978-987-22728-3-8]. 172 p. + CD ROM.

***

Sátira política y representaciones de género en la prensa de Salta a fines del siglo XIX. La Civilización, La Revista Salteña y La Revista. Avances de Investigación CEPIHA N° 8, 2010. Salta: CEPIHA – Fac. de Humanidades – Univ. Nac. de Salta, 2010. 142 pp.

***


 Articoli

“Parodias y reescrituras de tradiciones literarias en Leopoldo Marechal” en Hammerschmidt, Claudia (ed.), Leopoldo Marechal y la fundación de la literatura argentina moderna. Potsdam: Inolas Publishers LTD, 2015, pp. 411-431 [ISBN 978-3-946139-03-4].

“Memoria y paisaje en la poesía de Vicente Gerbasi y Jorge Isaías” en Grillo, Rosa Maria (a cura di), Venimos de la noche y hacia la noche vamos. Salerno – Milano: Oèdipus, 2015, pp. 131-148. [ISBN 978-88-7341-206-9].

“E(in)migración italiana en la Argentina y conflictos lingüísticos. Representaciones literarias y variaciones en las dos orillas” en Revista del Instituto de Investigaciones Lingüísticas y Literarias Hispanoamericana (RILL), Vol. 19, núm. 1, 2014, pp. 60-85 [ISSN 2250-6799].

“Recuperación de la memoria en la escritura de Rubén Tizziani y de Roberto Raschella” en Zibaldone. Estudios Italianos, Vol. III, N. 5, enero 2015, pp. 221-228 [ISSN: 2255 – 3576].

“Narrar la memoria y los exilios. Viaje e inmigración en ‘Mar de olvido’ de Rubén Tizziani”, Anales de Literatura Hispanoamericana, 43 (2014) Número especial: Escribir la frontera: itinerancias y sujetos migrantes en la literatura hispanoamericana, pp. 101-113 [ISSN 0210-4547 ISSN-e 1988-2351].

“Rosalba Campra, Travesías de la literatura gauchesca. De Concolocorvo a Fontanarrosa. Buenos Aires, Corregidor, 2013, 153 pp. ISBN 9789500520720”. [Reseña] en Cuadernos AISPI. Estudios de lenguas y literaturas hispánicas 3/2014, de la Associazione Ispanisti Italiani, pp. 239-241 [ISSN 2283-981X].

“Edmondo De Amicis en Argentina” en Claves. Salta: abril, Año XXIII, N° 228, 2014, pp. 12-13.´ Publicado también en: La Gazeta del Progreso. Periódico del Club del Progreso. Año 3. http://gazetaprogreso.com.ar/?page_id=2039 [Recuperado Agosto de 2014].

“La inmigración italiana en Argentina entre la memoria y el olvido” en Grillo, Rosa Maria – Perugini, Carla (a cura di), El olvido está lleno de memoria. Salerno: Oèdipus, 2014, pp. 79-112, CD-Rom [ISBN 978-88-7341-185-7].

“Expansión colonial y Política Nacionalista de la Emigración Italiana en la Argentina”

“Tiempos y espacios de formación de identidades colectivas en Cambacérès, Balbi, Aparicio e Iparraguirre”.

“Inmigración y nacionalismo en El diario de Gabriel Quiroga de Manuel Gálvez”.

“Violencia discursiva y conflicto social en tres revistas salteñas del siglo XIX”

“Cuestiones en torno al poder y la palabra: el entrecruzamiento del proyecto político y de los programas periodísticos del siglo XIX”

“La pasión de los nómades de María Rosa Lojo: contrapunto extraterritorial de Una excursión a los indios ranqueles de Lucio V. Mansilla”

“Teoría y praxis de la narración en la escritura de Ricardo Piglia: el mito del Diario y del secreto”

“Syria Poletti y el oficio de escribir exilios”

“Racconti di viaggio in Argentina: interpretazioni e proposte di lettura. Problemi di storiografia letteraria e conformazione del canone”

“(Des)articulación de memorias, soledades y exilios: Augustus y Fragmentos de Siglo de Liliana Bellone”

“Presentazione. Quando la scrittura diventa amazzone”

“(Auto)biografía e historia en El arpa y la sombra de Alejo Carpentier”

“Entre dos fuegos. Alejandro y los pescadores de Tancay de Braulio Muñoz”

“Los (im)posibles regresos a la tierra (perdida): Si hubiéramos vivido aquí de Roberto Raschella y La tierra incomparable de Antonio Dal Masetto”

“El arte del contrapunto. La copla en el norte argentino”

“Desarraigos, fronteras y exilios de la inmigración: Stéfano de Armando Discépolo y Gris de ausencia de Roberto Cossa”

“Anarchismo ed emigrazione in Argentina nella scrittura di Pietro Gori e Maria Luisa Magagnoli”

“El yo y la otredad en la nueva novela histórica. A propósito de La pasión de los nómades de María Rosa Lojo”

“Censure, assenze e prigioni. La “poetica” di Ricardo Piglia”

“Memoria, emigración y entrecruzamiento de la palabra de Quasimodo en Oscuramente fuerte es la vida y en La tierra incomparable de Antonio Dal Masetto”

“Utopías en torno a las fronteras entre civilización y barbarie. Nuevas excursiones a los indios ranqueles”

“Cruces y encrucijadas en Al cielo sometidos de Reynaldo González”

“Scavare nella metamorfosi perlongheriana: Tu svástica en las tripas. Corpo e storia in Néstor Perlongher di Edoardo Balletta (Gorée, 2009)”

“Si hubiéramos vivido aquí de Roberto Raschella: pertenencias y extrañamientos identitarios”

“Conjeturas e indagaciones: el doble movimento enunciativo de Ricardo Piglia”

“Cooperación internacional y protección del patrimonio cultural: la gestión de la UNESCO y de la OEA”

“Memoria y relato en Alejandro y los pescadores de Tancay de Braulio Muñoz”

“La emigración italiana en la Argentina entre el fracaso y la epopeya: Emigrati de Antonio Marazzi e I Roscaldi de Nella Pasini”

“La conformación de la tradición cultural en la escritura de Leopoldo Marechal”

“La configuración de la mujer en tres revistas de Salta a fines del siglo XIX”

“Espacio, huella y ausencia de la cultura indígena en la escritura de Leopoldo Marechal”

“Dante, Valli y Marechal: Fedeli d’Amore en diálogo”

“Lo épico en ‘La Patriótica’ de Leopoldo Marechal”.

“Configuraciones del viaje en la literatura de emigración italiana en la Argentina”

“Los asedios y las batallas en ‘Megafón o la guerra’ de Leopoldo Marechal”

“Viajes y fronteras en torno a la e(in)migración”

“Percorsi nella memoria: il lessico nell’esilio affettivo dell’immigrazione”

“Fronteras y conflictos emergentes en el discurso homogeneizador del siglo XIX. Un recorrido por revistas salteñas”

“Reescrituras de textos italianos en la producción de Leopoldo Marechal: sublimación y censura de lo erótico”

La risa antropofágica como sostén de relatos del mundo: estrategias de carnavalización y efecto polifónico en la producción de Leopoldo Marechal

“La escritura marechaliana como apropiación de textos pictóricos”

“La narrativa marechaliana como espacio macarrónico de construcciones míticas”

Tesis Doctoral: “La parodia en la producción de Leopoldo Marechal como lectura/re-escritura de las tradiciones literarias y culturales”.

Tesis de Maestría “El Fondo de Mercedes de Tierras y Solares (1583-1589) del Archivo y Biblioteca Históricos de Salta”

Tesis de Licenciatura «La Teoría del Humor en la producción de Leopoldo Marechal»

RESEÑA. Fernanda E. Bravo Herrera. Diario de viaje a Oriente (1850-51) y otras crónicas del viaje oriental, de Lucio V. Mansilla. Edición, introducción y notas de María Rosa Lojo By Fernanda Elisa Bravo Herrera and Cuadernos del Hipogrifo. Revista de Literatura Hispanoamericana y Comparada (ISSN 2420-918X)


Vedi anche:

Fernanda Elisa Bravo Herrera
Tracce e percorsi di un’utopia: L’emigrazione italiana in Argentina. Il libro di Bravo Herrera, ovvero come si riempie un vuoto culturale.



Si può accedere  ad ogni singola pagina pubblicata aprendo il file word     

  logo-wordIndice completo delle pagine pubblicate (ordine alfabetico per autore) al 21-07-2016


N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo: info@petiteplaisance.it, e saranno immediatamente rimossi.


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Pablo Neruda (1904-1973) – È cosi che nasce la poesia: viene da altezze invisibili. Canto e fecondazione è la poesia: l’ho concentrata come prodotto vitale della mia stessa esperienza, circondato dalla folla adorabile, dall’infinita e ricca moltitudine dell’uomo.

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Antonio Melis, Neruda, Il Castoro, n. 38 del 1970

A. Melis, Neruda, Il Castoro, n. 38 1970


 

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«Andando molti anni fa per il lago Ranco verso !’interno mi sembrò di trovare la fonte della patria o la culla silvestre della Poesia, attaccata e difesa da tutta la natura.
Il cielo si stagliava tra le superbe chiome dei cipressi, l’aria agitava le sostanze balsamiche della macchia, tutto aveva voce ed era silenzio, il sussurro degli uccelli nascosti, i frutti e gli stecchi che cadendo sfioravano il fogliame, tutto stava sospeso in un istante di solennità segreta, tutto nella selva sembrava aspettare.
Era imminente una nascita e quello che nasceva era un fiume. Non so come si chiama, ma le sue prime acque, vergini e oscure, erano quasi invisibili, deboli e silenziose, cercando un’uscita in mezzo ai grandi tronchi morti e alle pietre colossali.
Mille anni di foglie cadute nella sua sorgente, tutto il passato voleva trattenerlo, ma imbalsamava soltanto la sua strada. Il giovane fiume distruggeva le vecchie foglie morte e si impregnava di freschezza nutritiva che sarebbe andato ripartendo nel corso del suo cammino.
lo pensai: è cosi che nasce la poesia. Viene da altezze invisibili, è segreta e oscura nelle sue origini, solitaria e fragrante, e, come il fiume, dissolverà tutto quello che cade nella sua corrente, cercherà una strada tra le montagne e scuoterà il suo manto cristallino nelle praterie. Irrigherà i campi e darà pane all’affamato. Camminerà tra le spighe. Sazieranno in essa la loro sete i viandanti e canterà quando lottano o riposano gli uomini. E li unirà allora e tra di loro passerà, fondando paesi. Taglierà le vallate portando alle radici la moltiplicazione della vita.
Canto e fecondazione è la poesia. Ha lasciato le sue viscere segrete e corre fecondando e cantando. Accende l’energia con il suo movimento accresciuto, lavora producendo farina, conciando il cuoio, tagliando il legno, dando luce alle città. È utile e si risveglia con bandiere ai suoi margini. Le feste si celebrano accanto all’acqua che canta.
Mi ricordo a Firenze un giorno in cui andai a visitare una fabbrica. Vi lessi alcune mie poesie agli operai riuniti, le lessi con tutto il pudore che un uomo del continente giovane può provare parlando accanto all’ombra sacra che li soprawive. Gli operai della fabbrica mi fecero poi un regalo. Lo conservo ancora. È un’edizione del Petrarca dell’anno 1484.
La poesia era passata con le sue acque, aveva cantato in quella fabbrica e aveva convissuto per secoli con i lavoratori. Quel Petrarca, che vidi sempre imbacuccato sotto un cappuccio da monaco, era uno di quei semplici italiani e quel libro, che presi nelle mie mani con adorazione, assunse per me un nuovo prestigio, era solo un arnese divino nelle mani dell’uomo».

Pablo Neruda, dal discorso pronunciato a Santiago il 12 luglio del 1954, in occasione del 50° anniversario dell’Università del Cile.

***

«Sincerità, in questa parola cosi modesta, cosi arretrata, cosi calpestata e disprezzata dal seguito sfavillante che accompagna eroticamente l’estetica, si trova forse definita la mia azione costante. Ma semplicità non significa un abbandono semplicistico all’emozione
o alla conoscenza.
Quando rifuggii prima per vocazione e poi per decisione qualsiasi posizione di maestro letterario, ogni ambiguità esteriore che mi avrebbe esposto al rischio continuo di esteriorizzare, e non di costruire, compresi in maniera vaga che il mio lavoro doveva prodursi in forma cosi organica e totale che la mia poesia fosse come la mia stessa respirazione, prodotto ritmato della mia esistenza, risultato della mia crescita naturale.
Per questo, se qualche lezione proveniva da un’opera cosi intimamente e cosi oscuramente legata al mio essere, questa lezione avrebbe potuto essere sfruttata al di là della mia azione, al di là della mia attività, e soltanto attraverso il mio silenzio.
Sono uscito in strada durante tutti questi anni, disposto a difendere principi di solidarietà con uomini e con popoli, ma la mia poesia non ha potuto essere insegnata a nessuno. Volli che si diluisse sulla mia terra, come le piogge delle mie latitudini natali. Non ho preteso che frequentasse cenacoli o accademie, non l’ho imposta a giovani emigranti, l’ho concentrata come prodotto vitale della mia stessa esperienza, dei miei sensi, che rimasero aperti all’estensione dell’amore ardente e del mondo spazioso.
Non pretendo per me nessun privilegio di solitudine: non l’ebbi se non quando mi fu imposta come condizione terribile della mia vita. E allora scrissi i miei libri, come li scrissi circondato dalla folla adorabile, dall’infinita e ricca moltitudine dell’uomo. Né la solitudine né la società possono alterare i requisiti del poeta e quelli che si richiamano esclusi vamente all’una o all’altra falsificano la loro condizione di api che costruiscono da secoli la stessa cellula fragrante, con lo stesso alimento di cui ha bisogno il cuore umano. Tuttavia, non condanno né i poeti della solitudine né gli altoparlanti del grido collettivo: il silenzio, il suono, la separazione e l’integrazione degli uomini, tutto è materiale adeguato affinché le sillabe della poesia si aggreghino precipitando la combustione di un fuoco incancellabile, di una comunicazione inerente, di un’eredità sacra che da migliaia di anni si traduce nella parola e si innalza nel canto.

Pablo Neruda, da La torre, Prado e la mia stessa ombra (Discorso pronunciato all’Università del Cile il 30 marzo 1962).

Pablo-Neruda

I testi sono publicati in: Antonio Melis, Neruda, «Il Castoro», n. 38, Febbraio 1970, La Nuova Italia, pp. 6-8.


 

AntonioMelis

Antonio Melis.

 

Antonio Melis è nato nel 1942, a Vignola (PD). È professore ordinario di Lingue e Letterature Ispanoamericane presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Siena, dove insegna anche Civiltà Indigene d’America. Presso la stessa Facoltà coordina il Master in Traduzione Letteraria e Editing dei Testi e dirige il CISAI (Centro Interdipartimentale di Studi sull’America Indigena). È professore onorario dell’Università Nacional Mayor de San Marcos di Lima. Fa parte del comitato di redazione della Revista de Crítica Literaria Latinoamericana e di In Forma di Parole. Ha fatto parte della giuria di numerosi premi letterari internazionali, tra i quali il Casa de las Américas, il Juan Rulfo, il José Donoso e il Premio Italo Calvino. A partire dallo studio di alcune figure centrali dell’esperienza letteraria contemporanea come José Carlos, Mariátegui, César Vallejo e José María Arguedas, la sua ricerca si è andata orientando progressivamente verso le radici precoloniali e coloniali della cultura andina, con lavori su Juan de Espinosa Medrano e Waman Puma. Alla letteratura peruviana contemporanea ha dedicato numerosi studi e le traduzioni di poeti come Martín Adán, Carlos Germán Belli, Alejandro Romualdo, César Calvo, Luis Hernández, Antonio Cisneros, José Luis Ayala.  Accanto a questo filone centrale ha condotto ricerche sull’area antillana, in particolare con lavori su José Martí, Fernando Ortiz e Alejo Carpentier. Ha tradotto buona parte dell’opera poetica di Ernesto Cardenal. Negli ultimi anni, insieme a Fabio Rodríguez Amaya e Tommaso Scarano, cura per la casa editrice Adelphi l’edizione italiana delle opere complete di Borges, di cui ha tradotto Finzioni. Lo studio delle culture indigene americane è stato sviluppato in direzione del rapporto tra oralità e scrittura e in riferimento alla problematica ecologica. Per la casa editrice Gorée cura la collana “Le voci della terra”, dedicata alla poesia indigena, e “Impronte di parole”, che si occupa delle forme dell’improvvisazione poetica nel Mediterraneo e nell’America Latina. Ha pubblicato saggi monografici su Pablo Neruda, Federico García Lorca ed Ernesto Che Guevara.


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