«Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada». Eraclito
Il divino, rappresentativo di tutti gli aspetti della realtà
Il mondo preolimpico
Il mostruoso in Omero e in Esiodo
Permanenza del mondo preolimpico
L’altra faccia dell’essere
III. Il pantheon olimpico
Il mito teo-cosmogonico
L’origine del mondo
La successione delle generazioni divine
3.1. I primi nati
3.2. La prima generazione.
A: La linea Chaos-Notte
3.3. La prima generazione.
B: La linea Gaia-Urano
3.4. La seconda generazione
Il governo di Zeus. La ripartizione delle timai
L’ordinamento olimpico. Le spose di Zeus
Un pantheon complesso
Schema teo-cosmogonico esiodeo
IV. Strutture razionali del mito greco
Gli dèi, simbolo non causa dei fenomeni
La ambivalenza del divino
Il Pantheon, un sistema di relazioni aperte
4. L’incontro-scontro della coppia regale
Relazioni oppositive. La battaglia degli dèi
Associazioni divine
L’unione-separazione dei contrari (gli amori di Ares e Afrodite)
V. Sophia, mythologia, philosophia
Un governo aristocratico del mondo
L’unità come equilibrio dinamico delle differenze
Sophia, il sapere del fondamento
La razionalità di sophia tra mythologia e philosophia
Bibliografia orientativa
Appendice
Themis, la dea del giusto consiglio
Mito e religione
Il mito, storicamente considerato, è intimamente connesso allo spirito religioso di un popolo. Non è pura costruzione della fantasia, il gioco soggettivo di una mentalità ingenua. I racconti intorno agli dèi e alle loro imprese nascono dalla coscienza profonda di una comunità, e sono in qualche modo una risposta alle difficoltà, ai timori, ai bisogni di sicurezza della gente. A quei racconti si accompagna sempre una sicura credenza, un’adesione interiore, una partecipazione emotiva, ciò che costituisce l’essenza di una fede religiosa. All’interno dello spirito religioso della comunità, il mito rappresenta il momento più riflessivo e più intensamente rappresentativo della sensibilità comune. Naturalmente, quella fede religiosa, e i miti che l’accompagnano, si atteggiano diversamente nelle varie comunità, assumono connotazioni che sono proprie di ciascun popolo (nelle condizioni storico-ambientali in cui esso si trovi a operare) e della particolare mentalità che vi si è sviluppata. La specifica religiosità di un popolo si riflette nelle sue rappresentazioni mitiche, e viceversa i tratti assunti dal pensiero mitico contrassegnano in una qualche misura l’atteggiamento religioso.
Il policentrismo greco e la sua koine
Le condizioni storico-ambientali della Grecia antica hanno finito per incidere notevolmente nella formazione della mentalità dell’uomo greco. La componente etnica indoeuropea, proveniente dall’esterno, conflisse ma anche interagì con le genti mediterranee che dall’origine abitavano quei luoghi. Inoltre, le caratteristiche geografiche favorirono quel particolarismo politico proprio delle comunità greche, ognuna gelosa della sua indipendenza. A differenza delle altre civiltà dell’Oriente antico, dove la vita si è evoluta in una realtà geo-politica relativamente uniforme, la Grecia arcaica non ha avuto un centro unico di irradiazione culturale, politica e religiosa. Le più compatte civiltà dei fiumi (l’egiziana, la mesopotamica, l’indo-iraniana) giunsero presto a dotarsi di un pantheon comune, abbastanza definito e mantenuto tale da una forte casta sacerdotale legata al potere centrale. In Grecia, invece, Eoli, Ioni e Dori, portatori di culture e sensibilità diverse, divise per giunta in tante piccole comunità spesso in lotta fra loro, contribuirono sì insieme a creare una koine culturale e religiosa, nella quale tuttavia le particolarità e le differenze non vennero annullate o riassorbite in un tutto omogeneo. Non a caso, sedi di culto come Olimpia, Delfi o Eleusi, centri di indubbia dimensione panellenica, servivano non soltanto a celebrare le comuni aspirazioni, ma anche a riaffermare nel confronto e nella competizione i tratti distintivi delle comunità che vi partecipavano. L’onore conquistato dai singoli vincitori nelle diverse manifestazioni agonistiche si traduceva, come insegna Pindaro, nella gloria delle loro città di origine.
Una religione senza dogmi
Il mito ha potuto esplicarsi e fiorire così liberamente in Grecia, come in nessuna altra civiltà antica, perché la Grecia, conservando gelosamente il suo policentrismo, non ebbe un’ortodossia religiosa, non adottò libri sacri, non conobbe una casta sacerdotale chiusa. E ciò costituì, se vogliamo, la sua maggiore fortuna, ossia permise la più ampia libertà spirituale. Ogni comunità venerava i suoi dèi, ma i suoi culti non erano esclusivi. Persino i riti misterici erano collegati alla città, e addirittura avevano una impronta panellenica. Poiché le divinità e i culti più importanti erano poliadi, non si poneva alcun conflitto tra religione e politica (diremmo ora, tra foro interno e foro esterno). La religione greca non era ripiegata sulla coscienza, non richiedeva un’intima e privata comunione con la divinità, poiché per la cultura greca l’uomo non era un peccatore (mancò l’idea di un peccato originale) e non avvertiva alcun bisogno di redenzione (R. Parker). L’anima individuale e quella collettiva vanno quasi all’unisono nella polis greca arcaica (S. Mazzarino). La religiosità seguiva l’ortoprassi, il corretto modo di venerare gli dèi, piuttosto che l’ortodossia, cioè l’adesione incondizionata a determinati principi. Poiché non vi era ortodossia, neppure si conoscevano eresie. Quei processi intentati ad Atene contro alcuni filosofi (Anassagora, Protagora, Socrate), dietro l’accusa di empietà (asébeia), nascondevano degli obiettivi politici. Il che non significa che i Greci non temessero la divinità, non nutrissero per essa sentimenti di lealtà e di fiducia. E tuttavia la pietà religiosa (eusébeia) era piuttosto una forma di rispetto che di onore. Inoltre, agli dèi greci «mancava la santità, ossia quella qualità che avrebbe dovuto farne dei modelli della moralità umana» (J. Burckhardt). La moralità non era il punto forte di questi dèi, che spesso anzi scandalizzavano con i loro comportamenti.
Ricchezza della riflessione mitica
Dati questi caratteri della religiosità greca, si comprende perché il mito abbia potuto svilupparsi colà con una libertà, una ricchezza e una varietà di racconti che non hanno equivalenti altrove. Di fronte ai misteri della vita, ai sorprendenti scenari della natura, agli eventi più inusitati dell’esistenza, i Greci s’interrogano, come tutte le altre popolazioni antiche, ma lasciano sempre la risposta aperta. Si affidano di volta in volta alle evocazioni contenute negli antichi inni rituali, ai canti degli aedi e dei poeti, alle massime dei sapienti, alle elaborazioni teo-cosmogoniche dei teologi; più tardi guarderanno stupiti anche alle opere degli artisti e dei pittori vascolari. Costoro si sentono quasi del tutto liberi di sviluppare questo o quel tratto della personalità di un dio o di un eroe, di dare versioni diverse di uno stesso racconto o epifania, di stabilire connessioni nuove fra eventi leggendari e circostanze della vita reale. Non c’è un modello fisso o una versione ortodossa dei singoli miti. Ognuno di loro ha la possibilità di interpretare il mito a proprio modo, e il pubblico non è obbligato a prendere per vero ciò che ascolta: l’importante è che la versione data risponda a un bisogno sentito, a una esigenza della gente o della città. È in base a ciò che si forma piano piano una tradizione, che però mai diventa rigidamenrte canonica.
Il mito, unione di fantasia e razionalità
Il racconto mitico può avere, e spesso ha, valori simbolici diversi, esprimere livelli di significato o gradi differenti di approfondimento. Un esempio molto semplice è quello della storia del rapimento di Persefone ad opera di Ade, della discesa della dea fra gli Inferi, della sua ricomparsa annuale a primavera: vi è chiaramente espresso un originario mito agrario o della vegetazione, che diventa poi un mito iniziatico della rinascita nell’oltretomba (il seme che muore e rinasce sui campi suggerisce l’idea di una vita felice dopo la morte). Le Horai sono divinità del tempo atmosferico, come tali dettano i ritmi delle stagioni e dei lavori adatti al loro succedersi; ma sono anche intese da Esiodo come indicanti i criteri adatti al buon governo della città. Da Omero ai grandi lirici, dai tragediografi ad Apollonio Rodio, affiorano pensieri più profondi intorno al destino dell’uomo, ai suoi rapporti con la divinità, alle ragioni della giustizia o del potere. Tali pensieri cercano una spiegazione più organica nelle cosmogonie e teo-cosmogonie, comprese quelle orfiche, dove si avverte una certa influenza di fonti orientali (miti sumerici, assiro-babilonesi, iranici), che vengono tuttavia ampiamente rielaborati e talora svolti in una chiave che sembra già filosofica o che anticipa la filosofia. Fondamentale, in questo senso, la Theogonia di Esiodo, con la sua storia delle generazioni divine succedutesi al governo del mondo e con altri miti di rilievo quali la titanomachia e la vicenda di Prometeo. Qui, come altrove, l’opera della fantasia si coniuga con un bisogno evidente di razionalità. La prima anima, quella fantastico-immaginativa, assume in Grecia (e solo lì) forte coloritura estetica, che lascia nello sfondo i valori morali per rispondere a un fondamentale piacere degli occhi e della mente, talché gli dèi vengono ammirati soprattutto in quanto dotati di sovrana bellezza, di eterna giovinezza, di immortale felicità. L’altra anima, quella razionale-speculativa, si aggiunge a quella fantastica, senza entrare in contrasto con essa, ed anzi la svolge quasi fisiologicamente nella vocazione tutta greca alla conoscenza e alla contemplazione disinteressata. Lo scambio o l’incontro frequente dell’elemento estetico e di quello teoretico è uno dei caratteri distintivi del mito greco.
Il divino, rappresentativo di tutti gli aspetti della realtà
Il divino, per i Greci, è dappertutto. Si accompagna a ogni manifestazione della vita o della natura (componenti cosmiche, fenomeni fisici, moti psichici). «Tutto è pieno di dèi», dirà Talete. Ma non si tratta di panteismo, semmai di realismo: le forme divine sono rappresentative dei molteplici aspetti del reale. La realtà tutta (cosmica, fisica, psicologica, sociale, politica) è un caleidoscopio di situazioni, di tensioni, di contraddizioni. E gli dèi, in effetti, indicano ora le forze attive del mondo (Zeus, Hera, Efesto ecc.), ora quelle latenti e minacciose (quali Gaia, Poseidone, Tifone); ora gli aspetti più luminosi (Apollo, Helios, Eos, ecc.), ora quelli più oscuri (Nyx, Ade, le Kere, ecc.); e ancora le potenze attrattive e unitive (Afrodite, Eros, Himeros) oppure quelle violente o distruttive (Ares, la Contesa-Eris, la Rovina-Ate, ecc.); infine, le rappresentanti dell’ordine (Themis, Dike, Nomos, ecc.) o quelle del disordine (Dioniso, Hybris, Bia, ecc.); le forme della bellezza (ancora Afrodite, le Charites, le Muse) e quelle della bruttezza (le Graie, l’orribile Stige, la spaventosa Echidna). Il mito antico è rappresentativo dell’essere, non del dover essere. E per questo, la divinità non identifica soltanto il lato positivo del mondo, ma sta dietro ed evoca anche il lato negativo o nefasto. Il fatto è che il politeismo in generale, non solo quello greco, è frutto di una concezione naturalistica in un senso universale, onnicomprensivo.
Aldo Lo Schiavo (n. 1934) è stato ispettore centrale nel Ministero della pubblica istruzione per l’insegnamento della filosofia. È stato redattore capo e poi direttore della rivista «Annali della Pubblica Istruzione». Ha presentato un’interpretazione critica del pensiero gentiliano nel saggio La religione nel pensiero di G. Gentile («La Cultura», 1968, pp. 333-378) e nei due volumi La filosofia politica di G. Gentile (Roma 1971) e Introduzione a Gentile (Roma-Bari 1974, collana «I Filosofi»). Si è poi dedicato allo studio del pensiero greco, ed ha pubblicato a riguardo: Il contributo della tragedia attica al razionalismo antico (Roma 1979) e Omero filosofo. L‘enciclopedia omerica e le origini del razionalismo greco (Firenze 1983).
N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo:
Il pátei mátos ovvero il razionalismo religioso di Eschilo
Ambiguità del pensiero sofocleo
La critica euripidea della religione
L’illuminismo di Euripide
Appendice
Polimorfia della methis e problematicità del nous
I saggi qui riuniti tentano di cogliere alcuni aspetti salienti del rapporto tra mito e riflessione razionale nel teatro greco quale si è venuto svolgendo nell’Atene del V secolo ad opera di Eschilo, di Sofocle e di Euripide. Si tratta di un momento di una più generale ricerca sulla storia del razionalismo antico, che si sviluppa in quattro saggi: Il pátei mátos, ovvero il razionalismo religioso di Eschilo, Ambiguità del pensiero sofocleo, La critica euripidea della religione, L’illuminismo di Euripide.
Nel quadro della stessa ricerca si colloca anche il testo Polimorfia della methis e problematicità del nous – qui inserito in appendice –, una importante analisi dell’Autore che prende le mosse dal libro Les ruses de l’intelligence. La metis des Grecs di M. Detienne e J.-P. Vernant.
Aldo Lo Schiavo (n. 1934) è stato ispettore centrale nel Ministero della pubblica istruzione per l’insegnamento della filosofia. È stato redattore capo e poi direttore della rivista «Annali della Pubblica Istruzione». Ha presentato un’interpretazione critica del pensiero gentiliano nel saggio La religione nel pensiero di G. Gentile («La Cultura», 1968, pp. 333-378) e nei due volumi La filosofia politica di G. Gentile (Roma 1971) e Introduzione a Gentile (Roma-Bari 1974, collana «I Filosofi»). Si è poi dedicato allo studio del pensiero greco, ed ha pubblicato a riguardo: Il contributo della tragedia attica al razionalismo antico (Roma 1979) e Omero filosofo. L‘enciclopedia omerica e le origini del razionalismo greco (Firenze 1983).
N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo:
«Sapienza è una condizione dello spirito, un modo di essere, e non un insieme di contenuti che si ritengano veri e saggi. È la posizione interiore del meditante e del contemplatore, che non si preoccupa di spiegare il mondo o le procedure del pensiero, ma è puro testimone, sic et simpliciter, specchio fluido in cui tutto appare e si dissolve, senza lasciare traccia sulla superficie. Il Sapiente è radicato nella sorgente delle cose […]. La Sapienza è un modo di essere, non di pensare. La filosofia è un modo di pensare, e fonda la sua capacità di distacco sulla procedura riflessiva del pensiero, non sulla contemplazione-meditazione. La filosofia è frutto dell’ego, la Sapienza del Sé. Il Sapiente è conoscenza, il filosofo si sforza di conoscere. La prestazione più eccellente della filosofia è nel suo farsi “esercizio spirituale”, secondo la bella formula applicata da Hadot alla filosofia antica […]» (pp. 21-22).
«Mirabilmente rappresenta il saggio morente Friedrich Hölderlin nel dramma La morte di Empedocle, quando il Sapiente si rivolge con queste parole ai cittadini che vorrebbero dissuaderlo dal morire:
O cara ingratitudine! Eppure io, a sufficienza, vi diedi di che vivere. È destino vostro di vivere fin tanto che avete fiato; non mio. Per tempo deve congedarsi colui dalla cui bocca lo spirito ha parlato. La natura divina si rivela spesso in questo modo e così la stirpe umana nelle sue ricerche può riconoscerla. Ma una volta che il mortale, a cui di delizia ha colmato il cuore, l’abbia proclamata, fate che infranga il vaso, affinché a usi diversi non serva il divino e non si trasformi in opera umana. Lasciate che questi eletti muoiano, lasciate che gli spiriti liberi, al tempo stabilito e con amore, si sacrifichino agli dèi, prima che si spengano in prepotenza, superbia e vergogna. E questa è la mia sorre; ne sono cosciente e da tempo, dai giorni della giovinezza, l’ho predetta a me stesso. Rispettatela! Domani, non trovandomi più, potrete dire: “Non doveva invecchiare, né contare i giorni, né essere schiavo di affanni e malattie. Non visto si è congedato; mano umana non l’ha sepolto, e nessun occhio sa delle sue ceneri, perché niente altro a lui si addice: innanzi a lui nell’ora sacra della morte gli dei sono apparsi senza velo … Alla luce e alla terra egli era caro, e lo spirito, lo spirito del mondo destava in lui il suo stesso spirito, in cui esse vivevano, e al quale morendo fa ritorno.[1]
Così morì il Sapiente che nei Physiká indagò con sguardo di fisico l’Origine di tutte le cose, e con penetrazione di veggente, nei Katharmoi, disse le peripezie dell’anima umana, di vita in vita, di morte in morte. Mai, nella filosofia, la Vita e la Natura conobbero più intensa celebrazione che nella morte di Empedocle, né la conoscenza si saldò altrettanto strettamente all’azione».
Angelo Tonelli, Sulle tracce della sapienza, Moretti & Vitali, 2009.
[1] F. Hölderlin, Der Tod des Empedokles, trad. italiana di E. Pocar, Milano 1983, pp. 141-143.
Sulle tracce della sapienza. Per una rifondazione etica della contemporaneità, Moretti & Vitali, Bergamo 2009.
Quarta di copertina Frutto e sintesi di trenta anni di ricerche filologiche intorno alla Sapienza, il libro di Tonelli ne presenta campionature significative, dalla tradizione iniziatica eleusina allo sciamanesimo originario, dai grandi tragici ai Presocratici, a Platone, alla teurgia degli Oracoli Caldaici, alle visioni dell’alchimista Zosimo di Panopoli, fino a un’incursione nel Moderno, con la rilettura di The Waste Land e di Four Quartets di Eliot in chiave mistico-rituale, e della psicologia analitica junghiana in chiave alchemica e gnostica. Per quel che riguarda la Sapienza d’Oriente, l’attenzione si concentra sulla sua dimensione di pratica spirituale, perché il Buddhismo e l’Induismo hanno saputo concretare nell’unità corpo-mente la condizione sapienziale, affinando tecniche meditative adatte a lenire la sofferenza e favorire lo sviluppo delle qualità etiche positive. In chiusura, l’autore riannoda il filo che lega l’inizio della filosofia con il principio della sua fine, ovvero Platone con Kant, per quel che riguarda la possibilità dell’esercizio di una influenza dei pensatori sul potere, rintracciando la causa della loro inefficacia, pur nella nobiltà del gesto, proprio nell’essere filosofi, e non Sapienti, e dunque propagatori di un modo di pensare, e non di un modo di essere totale.
SOMMARIO
Premessa
PARTE PRIMA: LA SAPIENZA D’OCCIDENTE
I. Che cos’è Sapienza? Lo specchio fluido della conoscenza Sapienza e filosofia Ritornare alla Sapienza La postazione sapienziale Chi è Sapiente?
II. La Sapienza greca tra Oriente e Occidente Due fiumi, una sorgente La veste di Brahma Kant, Buddha, Eleusis Ex Oriente lux? Sciamani d’Oriente e d’Occidente Eraclito e Chuang-tzu Eleusis, Dioniso, e l’Oriente
III. Essere Sapienza I Sophoi Tò soph6n L’essere è intuire Misticismo dei teurghi La mente sacra e indicibile Il Sapiente è Sapienza Dell’Amore Snaturamenti
IV. Alle radici della Sapienza: Dioniso attraverso-oltre L’equivoco su Dioniso Dioniso a Eleusi Katabasis, anabasis, epopteia Legómena Deiknymena, dramena La visione suprema Epopteia e immortalità Il dio dell’ebbrezza e della contemplazione Un dio che inebria Il Simposio e l’Ultima Cena
V. Parmenide, Eraclito, Empedocle: la parola come iniziazione Parola sapienziale Uno sciamano teoretico Le tre vie di Parmenide Il mondo è conoscenza? La quarta via Il libro sacro di Eraclito Le tavolette orfeodionisiache di Olbia Eraclito e i misteri Il contesto ellenico Performances sapienziali L’armonia nascosta Nondualismo Il Fuoco cosmico Psyché, Aión Come conoscere? Stati di coscienza Il Risveglio Amor mundi Sapienza come azione Interrogai me stesso Sperare l’insperabile I miracoli di Empedocle Il superuomo malinconico Il Signore della Morte Sciamano e maestro di sciamanesimo Poesia sapienziale, Sapienza poetica Le radici del cosmo L’Origine di tutte le cose Sphdiros Dal caos al k6smos Il molteplice Uno Transimmanenza Psicocosmogonia empedoclea Una civiltà dell’amore La morte mistica L’omaggio di Hölderlin
VI. Ontologia sapienziale del tragico Lo specchio e il théatron Tragedia come Sapienza Dietro le quinte dell’Essere Il riscatto La tragedia come iniziazione Un rito collettivo di Sapienza Tutto è pieno di dei Vita che guarda la vita Un rito profanato? Drómena, káharsis Eusébeia, sophrosyne Eschilo e la vertigine della hybris Orfeo tragico La tragedia, Dioniso e il sacrificio Il profanatore dei Misteri Páthei md/hos e iniziazione L’intuizione di Colli Paideia eschilea Katábasis, anábasis, e integrazione dell’Ombra Sofocle iniziatico La salutare disfatta dell’ego Sapienza compassionevole Accettazione deU’ assurdo strazio Edipo eleusino? Espansione deUa coscienza illuminazione delle Ombre Una medicina della pólis L’equivoco su Euripide Uomini e dèi Tormentata fiducia in una teodicea Anánke, e la malinconia Dov’è la gioia? Tutto vero e tutto falso Trame iniziatiche: Oreste, Ippolito, Elena, Alcesti; Eracle, Baccanti Baccanti e il trionfo della Sapienza dionisiaca Medèn agan Mania e misura
VII. Ritorno a Orfeo Poesia e rito Poeti-sacerdoti Poesia, musica, mistero Gli dèi e il mondo Orfeo L’Orfeo di adesso Anamorfosi, consacrazione Musica di parole Una disciplina contemplativa La danza e il sacro Soma-sema Corporificare l’incorporeo, spiritualizzare il corporeo La via orfica Gli Inni orfici Lo sguardo degli dei
VIII La rivoluzione platonica Il Grande Divisore Tragitti paralleli dell’ascesi La visione olimpica Sapienza è immortalità Lo sguardo dell’auriga Una rivoluzione sapienziale nella politica
IX. La Sapienza dei teurghi La bellezza e il sacro Gli Oracoli caldaici Posseduti dagli dèi Il rituale Statue animate Magie Il Superuomo mistico e illuminato Il fiore dell’intuire
X. Postille al più sapienziale dei filosofi
PARTE SECONDA: SAPIENZA D’ORIENTE
I. La divina arte del meditare Al vertice dell’esperienza sapienziale La vacuità Granelli di sabbia sulle rive del Gange Il Re che tutto crea Samsara e Nirvana L’attimo presente Il vuoto è forma Corpo di Sapienza La domanda dell’Ombra I limiti della meditazione e l’integrazione dell’Ombra Il Cristianesimo e la scissione dall’Ombra Repressione e rimozione La “buona coscienza” Etica dualistica e distruttività dell’Ombra rimossa Risanare la scissione Il problema del male e l’alchimia responsabile dell’Ombra Perfezione e totalità: la nuova etica Lasciar respirare l’Ombra
II. Il canto della Sapienza d’Oriente Poema di violenza e Sapienza Libertà dall’attaccamento Essere nel Sé Brahman Krishna Epifania del divino La spada della Sapienza divina Sattva, rajas, tamas Oltre la Natura Assolvere il proprio compito Il Figlio degli Dei
PARTE TERZA: NEL CUORE DEL MODERNO. SAPIENZA DELL’INCONSCIO, POESIA COME INIZIAZIONE
I. La Sapienza dell’inconscio Jung e l’alchimia La psicologia del profondo come disciplina iniziatica Le Visioni di Zosimo L’acqua divina Autosacrificio divino La pietra filosofale e il tempio infinito L’uomo aureo La fonte mercuriale Oltre l’Anthropos
II. Abraxas Septem sermones ad mortuos di C. G. Jung Verità è Menzogna Il Pleroma Vacua plenitudo Totalità è ambiguità Creatura e Pleroma Horror vacui La contraddizione redentrice Tenere a bada il pensiero
Imago dei
III. Eliot mistico, tra Oriente e Occidente Un archetipo del Moderno? I due Eliot Datta dayadhvam damyata Musica mistica Eliot e Eraclito Chrónos e Aión Poemi iniziatici Il Fuoco e la Rosa
EXPLICIT: PER UNA CIVILTÀ DELLA SAPIENZA
I. Fallimento e trionfo di Platone Kant, millequattrocento anni dopo Opus contra naturam, iuxta naturam Politica ancella dell’etica
II. Postilla Noi veniamo dopo
APPENDICE
Discorso ai politici sulla Sapienza Un Minotauro creato dalla storia Il politico illuminato Il laboratorio umano Sperare l’insperabile Una lettera del Presidente della Repubblica Bibliografia essenziale
In epoca moderna il filo-sophós, decadimento del sophós, decade ulteriormente a intellettuale, che non solo ha perduto come il primo ogni contatto con la sfera della sophia, ma anche è diventato incapace di pronunciare una visione del mondo dotata di una profonda radice sapienziale, e si è ridotto a ermeneuta del pensiero precedente o esegeta del costume contemporaneo, attraverso l’esercizio di una ratio ben diversa, per esempio, dal lógos unificante e intuitivo eracliteo.
La sfida che si pone è lavorare per una civiltà della consapevolezza, della pace, della solidarietà e dell’equilibrio ecologico
A. Tonelli
Passeggiando con i suoi libri …
Zozimo di Panopoli, Coliseum, 1988.
Eraclito. Dell’Origine, traduzione e cura di A. Tonelli, Feltrinelli, 1993.
Oracoli caldaici, cura e traduzione di Angelo Tonelli, Rizzoli, 1995.
Oracoli caldaici, cura e traduzione di Angelo Tonelli, Rizzoli, 1995.
Thomas S. Eliot, La terra desolata. Quattro quartetti, Traduzione e cura di Angelo Tonelli, Feltrinelli, 1995.
Frammenti del perpetuo problema, Camparotto editore, 1998.
Altramarea. Poesia come cosa viva. Antologia di poesia contemporanea, a cura di A. Tonelli, Camparotto editore, 1998.
Questo non è un libro di poesia nel senso vulgato del termine, perché i testi che compongono la raccolta sono giunti al curatore attraverso la comunicazione orale, diretta, formulata in un adeguato “témenos”, proprio come accadeva agli albori della poesia, nelle corti micenee di Omero, o nei giochi sacri di Pindaro, o nel tiaso di Saffo, o ancora, più vicino a noi nel tempo, nelle conversazioni dei poeti decadenti francesi, o dei futuristi. Questo non è un libro in senso stretto e tipico, ma – per usare un termine con cui Giorgio Colli rendeva “Erlebnis” – l’eco di “vissutezze” poetiche reiterate nel corso degli anni – e destinate a reiterarsi ancora, a ogni solstizio d’estate, con “Argonauti” nel Golfo degli Dei, e nell’agosto rovente, con “Altramarea” – che a quella “vissutezza” intende alludere, perché è in essa che la poesia si è fatta vita e sguardo sulla vita, ha acceso entusiasmi e presagito orrori planetari, creato incanto e graffiato con stridori metallici, nella circolazione vivente della parola incarnata dal suo autore, a rispecchiarsi nell’anima di un uditorio vivo. […].
María Zambrano, Seneca, Traduzione di Angelo Tonelli, Bruno Mondadori, 1998.
Properzio, Il libro di Cinzia. Elegie. Testo latino a fronte. Vol. 1, trad di A. Tonelli, Marsilio, 1999.
“Cinzia fu l’inizio, Cinzia sarà la fine”: con questo impegno di fedeltà il ventiduenne Properzio fissava in una formula emblematica l’essenza dell’amore elegiaco, assoluto e totalizzante. Con l’autorità e il fascino della donna bella, colta e raffinata, Cinzia segna il primo libro delle elegie properziane, il libro che rappresenta in modo esemplare la complessità di sentimenti del poeta innamorato: gelosie, tradimenti, riconciliazioni, momenti di tenerezza e di dedizione, di freddezza e di rifiuto. La sincerità della passione si unisce alla finzione letteraria, spesso filtrata attraverso la rievocazione del mito. Scelta di vita e scelta di poesia tendono a identificarsi creando un codice letterario, quello del genere elegiaco, che nella sua perfezione formale e nella sua breve vitalità rimase modello insuperato di poesia d’amore e specchio della vita mondana della società augustea.
Eschilo, Le tragedie, a cura di Angelo Tonelli, Marsilio, 2000.
Miti eterni, storie immortali che sfidano ogni epoca con la loro poesia e con il loro mistero, legami inestricabili con un passato che in modo immutato ancora ci seduce e ci angoscia con i suoi enigmi. Una voce poetica, tesa e vibrante, ci canta il lutto del re di Persia sconfitto dai greci, la disperazione del Prometeo crocifisso per amore, la tragedia dei figli di Edipo che si uccidono in un estremo duello alla settima porta di Tebe, il delirio di Cassandra e la furia di Clitennestra uxoricida, la vendetta, la follia e l’assoluzione di Oreste per l’assassinio della madre.
Sofocle, Le tragedieLe tragedie, a cura di Angelo Tonelli, Marsilio, 2004.
Celebrato per la purezza dello stile e per la perfezione della struttura drammaturgica, Sofocle è il più limpido ma anche il più complesso ed enigmatico dei tre grandi tragici greci. Ateniese, innamorato della sua città, ne esaltò la bellezza, ne difese le istituzioni, ma intravide anche i pericoli del passaggio epocale dall’individualismo conservatore delle famiglie aristocratiche all’egualitarismo democratico dello stato di diritto. Cantore della polis, ma anche di eroi perdenti e sfortunati, di donne assetate di giustizia e di vendetta, Sofocle è soprattutto il creatore del personaggio di Edipo re di Tebe, metafora esemplare delle alterne vicende della vita e della cieca crudeltà del caso.
Zozimo di Panopoli, Visioni e risvegli, a cura di Angelo Tonelli, Rizzoli, 2004.
Personaggi misteriosi, mostri crudeli, sacrifici rituali e “riti terribili” popolano questo testo complesso e affascinante che con la violenza delle sue visioni ha sedotto lo stesso Jung, a cui si deve il merito di averlo sottratto a un oblio millenario. Scritto agli inizi del IV secolo, Visioni e risvegli raccoglie quattro brevi trattati di alchimia, il più famoso dei quali, Sulla virtù, descrive con toni onirici e fantasiosi i diversi gradi di un rito di iniziazione. Dell’antica storia di questi testi, ricchi di aneliti mistici ed echi religiosi, parla nell’introduzione Angelo Tonelli, che analizza anche i legami tra l’alchimia greca e la psicologia dell’inconscio di Jung.
Euripide, Le tragedie, a cura di Angelo Tonelli, Marsilio 2007.
Con la traduzione integrale delle tragedie di Euripide si conclude un progetto di grande rilievo editoriale iniziato da Angelo Tonelli nel 2000 con la versione completa di Eschilo, cui è seguita nel 2004 quella di Sofocle. Per la prima volta e non solo in Italia, si possono leggere tutte le tragedie greche nella traduzione di uno studioso che è un profondo conoscitore del greco antico, esperto di drammaturgia antica e moderna, poeta egli stesso e creatore di eventi.
Canti di Apocalisse e d’estasi, Camparotto Editore, 2008.
Sulle tracce della sapienza. Per una rifondazione etica della contemporaneità, Moretti & Vitali, Bergamo 2009.
Frutto e sintesi di trenta anni di ricerche filologiche intorno alla Sapienza, il libro di Tonelli ne presenta campionature significative, dalla tradizione iniziatica eleusina allo sciamanesimo originario, dai grandi tragici ai Presocratici, a Platone, alla teurgia degli Oracoli Caldaici, alle visioni dell’alchimista Zosimo di Panopoli, fino a un’incursione nel Moderno, con la rilettura di The Waste Land e di Four Quartets di Eliot in chiave mistico-rituale, e della psicologia analitica junghiana in chiave alchemica e gnostica. Per quel che riguarda la Sapienza d’Oriente, l’attenzione si concentra sulla sua dimensione di pratica spirituale, perché il Buddhismo e l’Induismo hanno saputo concretare nell’unità corpo-mente la condizione sapienziale, affinando tecniche meditative adatte a lenire la sofferenza e favorire lo sviluppo delle qualità etiche positive. In chiusura, l’autore riannoda il filo che lega l’inizio della filosofia con il principio della sua fine, ovvero Platone con Kant, per quel che riguarda la possibilità dell’esercizio di una influenza dei pensatori sul potere, rintracciando la causa della loro inefficacia, pur nella nobiltà del gesto, proprio nell’essere filosofi, e non Sapienti, e dunque propagatori di un modo di pensare, e non di un modo di essere totale.
Le parole dei Sapienti. Senofane, Parmenide, Zenone, Melisso. Testo originale a fronte. Traduzione e cura di Angelo Tonelli, Feltrinelli, 2010.
Sapienza è una condizione dello spirito, un modo di essere, e non un insieme di contenuti che si ritengano veri e saggi. Il Sapiente è radicato nella sorgente delle cose, e dell’esperienza sapienziale possono farsi testimonianza scritta o orale parole, come quelle di Eraclito, Parmenide, Empedocle in Occidente, e delle Upanishad o dello ChuangTzu in Oriente, che vibrano della risonanza mistica da cui sorgono. A differenza della filosofia, la Sapienza è un modo di essere, non di pensare, ed è frutto del sé, mentre la filosofia lo è dell’ego. I Sapienti greci non erano uomini di scrivania, come forse amerebbero dipingerli a propria immagine e somiglianza gli esangui ermeneuti contemporanei, bensì individui che intraprendevano una via di continua ricerca di se stessi, all’insegna del motto delfico gnõthi sautón, e da questa pratica di ricerca spirituale venivano trasformati fin nelle intime midolla, come i Sapienti d’Oriente. Nel versante orientale, la Sapienza è un immenso commentario intorno alle folgorazioni mistiche e alle formulazioni religiose dei Veda, che trovano sistemazione nelle Upanishad. Diversa è la Sapienza greca, in cui fioriscono personalità spiccate, con maggiore differenziazione di linguaggio e di pensiero. Ma i temi di fondo sono gli stessi, e con ogni evidenza la Madre della Sapienza d’Oriente e d’Occidente è una sola e la medesima, benché da essa germoglino frutti ben diversi.
Sperare l’insperabile. Per una democrazia sapienziale, Armando, 2010.
Le tendenze negative di base – ignoranza, avidità, violenza e il dio denaro – hanno esercitato ed esercitano una pressione preponderante sulla psiche dell’umanità nel suo complesso, e hanno condotto a una situazione di discrimine: o si riesce a creare una nuova direzione, illuminata, della civitas globale, in grado di agire in controtendenza rispetto alla crisi ecoantropologica in atto, oppure si andrà a una vera e propria catastrofe della civiltà. E poiché la devastazione dell.habitat e gli ordigni di guerra nascono nella testa degli uomini, è lì che occorre disinnescarli.
Poemi dal Golfo degli Dèi, Ediz. italiana e inglese, Agorà & Co., Sarzana, 2011.
Sapienza ritrovata, Arcipelago Edizioni, 2011.
Tutte le tragedie greche. Testo greco a fronte, Bompiani, Milano 2011.
Frutto di oltre dieci anni di lavoro, questa edizione di tutta la tragedia greca con testo a fronte, la prima a essere realizzata interamente da un unico curatore, insieme poeta e filologo, consente di cogliere con sguardo unificante la fulgida stagione della tragedia ellenica che vide fiorire il genio creativo di Eschilo, Sofocle ed Euripide. Viene così restituita al lettore moderno, in tutta la sua feconda inattualità, una delle culminazioni dell’arte sapienziale e iniziatica del nostro Occidente, capace di riverberare la spiritualità orfeodionisiaca eleusina nella sua dimensione essoterica: in maniera esplicita, attraverso tragedie vistosamente iniziatiche come Baccanti, Oresteo, Alcesti, Edipo re ed Edipo a Colono; e in maniera indiretta, grazie alla forma apollodionisiaca dell’opera drammatica nella sua espressione scritta. Forma che a sua volta rinvia alla struttura stessa del théatron, che è luogo sapienziale in cui si contempla (theàomai) il gioco delle passioni con empatia e distacco. Con il greco a fronte i capolavori dei tragediografi a noi pervenuti brillano nella lingua in cui furono composti, e consentono di restituire con sufficiente approssimazione la phoné originaria in cui furono pronunciati: nel rito consacrato a Dioniso, alla luce del sole ellenico, sotto lo sguardo della collettività riunita nel nome del dio dell’ebbrezza e della contemplazione.
Ritografie. Opere figurative 1995-2012. Ediz. illustrata, Agorà & Co, 2012.
Seminare il possibile. Democrazia e rivoluzione spirituale, Alboversorio, 2015.
Questo pamphlet ha un intento: seminare slancio e speranza nel futuro mentre tutto sembra congiurare contro una possibilità di rinascita collettiva. Urge che si aboliscano i partiti, come già suggeriva Simone Weil, e si catalizzino energie nuove. Questo movimento, che è già in atto e trova già espressione in eventi dedicati alla relazione tra spiritualità, etica e politica, ha il compito fondamentale di preparare la democrazia del futuro, che sorgerà sulle rovine del sistema politico nazionale e internazionale fondato sul dominio del dio denaro.
Eleusis e Orfismo. I misteri e la tradizione iniziatica greca. Testo greco a fronte, a cura di Angelo Tonelli, Feltrinelli, Milano 2015.
A Eleusi, il centro iniziatico maggiore di tutta la grecità, nel mese di Boedromione (il nostro settembre-ottobre) affluivano tutti coloro che avessero i requisiti necessari per ricevere l’iniziazione, ovvero avere “mani pure”, non macchiate da delitto, e parlare la lingua greca. Sicuramente furono iniziati ai livelli più alti Sofocle, Eschilo, Pindaro, Platone. La suprema iniziazione, a cui si poteva accedere dopo avere fatto trascorrere un lungo periodo dalla partecipazione al rituale collettivo dei Grandi Misteri, dischiudeva all’esperienza diretta dell'”unità di tutte le cose” e della morte-rinascita, simboleggiata dalla spiga, che il mistero condivideva con Dioniso, il dio che muore e rinasce, come l’Osiride degli Egiziani. L’Orfismo introduce nella grecità una via ascetica e purificatoria, fondata sulla credenza nella reincarnazione, e nella necessità di un tragitto di progressiva liberazione dalla prigione della materia per ricongiungersi con la propria essenza divina. Le testimonianze consentono di ricostruirne le complesse e suggestive cosmoteogonie, e i miti fondamentali, tra cui la discesa agli Inferi di Orfeo alla ricerca della sposa Euridice e lo specchio di Dioniso, che rivela il mondo visibile come lampeggiamento transimmanente dello sguardo del dio su uno specchio.
[Giuliano il Teurgo], Oracoli caldaici, a cura di Angelo Tonelli, Bompiani, 2016.
Composti verso la fine del II secolo dopo Cristo, gli “Oracoli Caldaici” sono attribuiti a Giuliano il Teurgo, figlio dell’altro Giuliano che, secondo Suidas, compose un’opera sui demoni. Poeta e sciamano dei misteri teurgici, in cui la figura del mßntis-doche·s (il nostro medium) coincide con quella del profétes, Giuliano comunica in frammenti oscuri e insieme luminosi, come si addice all’oracolo, un’esperienza visionaria individuale fiorita nell’ambito di un Erlebnis mistico e sapienziale collettivo. Gli “Oracoli caldaici”, che Proclo paragonava per importanza al “Timeo” di Platone, sono una raccolta di frammenti in cui un medium in trance parla con la voce del nume, e ne comunica la Sapienza che conduce gli umani oltre il velo delle apparenze, fino all’intuizione dell’Assoluto e al congiungimento con esso. Unica testimonianza diretta di una tradizione esoterica che associava metafisica e magia in un accordo inscindibile, gli oracoli consentono di guardare dietro le quinte di una esperienza mistica e iniziatica di grande densità immaginale, che viene comunicata in un linguaggio densamente poetico. E’ un viaggio verso l’Assoluto che sta alla radice di tutte le cose, o meglio ancora verso il Divino indicibile che si manifesta attraverso ipostasi e numi, che prendono nome di Padre, Ecate, No³s, e la cui quintessenza brilla nell’animo dei teurghi.
Guardare negli occhi la Gorgone. Piccolo vademecum per attraversare le paure, Agorà & Co., Sarzana, 2016.
L’esperienza della paura è costitutiva della condizione umana, e nessuno ne è mai stato esente: non Cristo, che sulla croce grida il suo “Eli Eli lema sabachthani?”: “Padre Padre, perché mi hai abbandonato?”; non Buddha Sakhyamuni, che prima di imboccare la via dell’ascesi si imbatte, sgomento, nelle figure della vecchiaia, della malattia, della morte. Nessuno ha calcato il suolo di questo pianeta senza avere provato, in misura maggiore o minore, la vampa dell’ansia o l’angoscia dell’incubo notturno, il morso del panico, l’irrequieto aggirarsi del pensiero nelle lande livide del timore di ammalarsi o di morire, o del lutto per il trapasso di una persona preziosa, o per la fine di un grande amore. Qui si indicano alcune vie, tra cui la psicoanalisi junghiana, lo psicodramma, la danzaterapia, la meditazione e altre pratiche spirituali tratte da varie tradizioni, per attraversare indenni questa selva oscura, e trarne stimolo alla crescita spirituale.
Sulla morte. Considerazioni sul possibile oltre, La Parola, 2017.
Questo libro è il frutto di molti anni di riflessioni sulla morte e il possibile Oltre, con un approccio non accademico, ma neanche privo di riferimenti alla letteratura scientifica sul tema, nella convinzione che il momento più impegnativo, insieme con la nascita, della nostra permanenza sul pianeta terra, sia evento solenne e culmine di conoscenza, a cui è bene giungere il più possibile consapevoli e preparati. Vi si troveranno riferimenti allo sguardo sapienziale greco (il Fedone di Platone, Le lamine d’oro orfiche) e orientale (Il libro tibetano dei morti) sul grande passo, ma anche alla letteratura relativa alle esperienze di quasi morte (NDE), tra cui quella di C.G. Jung (e anche quella di Er, raccontata ne La Repubblica di Platone), e alle conseguenze che le esperienze documentate di OBE (Out Body Experience), ovvero di fuoriuscita dal corpo durante gli stati di coma, hanno sulla vexata quaestio del rapporto coscienza-cervello, anche alla luce della fisica quantistica. Un excursus esaustivo e indispensabile per farsi un’idea precisa sulla morte e sull’aldilà.
La degenerazione della politica e la democrazia smarrita. Una nuova etica per la sopravvivenza della civiltà, Armando, 2018.
Le tendenze negative di base – ignoranza, avidità, violenza e il dio denaro – hanno esercitato ed esercitano una pressione preponderante sulla psiche dell’umanità nel suo complesso, e hanno condotto a una situazione di discrimine: o si riesce a creare una nuova direzione, illuminata, della civitas globale, in grado di agire in controtendenza rispetto alla crisi ecoantropologica in atto, oppure si andrà a una vera e propria catastrofe della civiltà. E poiché la devastazione dell’habitat e gli ordigni di guerra nascono nella testa degli uomini, è lì che occorre disinnescarli. Sarà la Storia stessa in quanto bestemmia alla natura illuminata degli umani a generare dal suo grembo il seme della civitas illuminata: per sopravvivere la specie dovrà abdicare dalla propria tenebra interiore. Sono tre i metodi fondamentali che convergono in una sola via, per risorgere: la meditazione di presenza, l’indagine dell’inconscio e l’integrazione dell’Ombra e la frequentazione di testi ed esperienze sapienziali. In una parola, la vita come iniziazione: alla consapevolezza, alla liberazione, all’immortalità che nasce dall’esperienza óeWunità di tutte le cose (hèn pànta), secondo la folgorante sintesi di Eraclito, che è il mentore metaspaziotemporale di questo libro.
Attraverso oltre. Della conoscenza, della solidarietà, dell’azione, Moretti & Vitali, 2019.
La conoscenza non coincide con la padronanza filosofica e scientifica del pensiero, o l’accumulo di informazioni corrette intorno alla vita, ma con la stabilizzazione di livelli di coscienza illuminati, attraverso una costante disciplina e apertura interiore. Noi Occidentali dobbiamo rivolgere lo sguardo ai Misteri Eleusini, alle iniziazioni orfiche, e a quei pensatori che Platone definiva sophoí, ovvero Sapienti, e che hanno nome Eraclito, Empedocle, Parmenide, Pitagora, ma anche ai grandi maestri della conoscenza tragica (“patendo conocere”), Eschilo, Sofocle, Euripide, per non citare che i maggiori tra i Greci. Guardare alle radici della nostra cultura significa anche guardare alla Sapienza d’Oriente, perché anche di essa (oltre che dello sciamanesimo iperboreo e della spiritualità egiziana, persiana e mesopotamica) era pervasa la Sapienza di Pitagora, Eraclito, Parmenide, Empedocle, Democrito e Platone. Di questa connessione originaria tra Occidente, in particolare la nostra Magna Grecia, e Oriente, a cui Angelo Tonelli ha dedicato trenta anni di ricerche e di cui ha già fornito ampie documentazioni, viene qui presentata, in anteprima assoluta, una testimonianza archeologica di inconfutabile evidenza: la fotografia del ritratto del “Mongolo di Taranto”, raffigurato in una ceramica protolucanica databile al IV secolo a.C., ai tempi di Platone, in cui compare un volto di chiara etnia mongola, a dissipare ogni eventuale dubbio sulla interazione tra Mediterraneo greco e Estremo Oriente, in epoca antica, interazione fino a oggi silenziata o negata da un’Accademia ancora arroccata alle Termopili immaginarie per contrastare la manifesta presenza dell’Oriente nel nostro Occidente sapienziale. E questa obliterazione ha gravato e grava sulla nostra cultura, perché se ne è ignorata la radice eurasiatica meditativa, sciamanica, noetica, condannando gli individui, e con essi la civiltà d’Occidente, a livelli di interiorità, saggezza e consapevolezza infantili, che sono alla base della crisi ecoantropologica in atto: una sorta di “furto d’organo”, il nous, ovvero il luogo di connessione tra l’umano e il divino nella coscienza unitaria e illuminata. Questo tragitto “sulle tracce della Sapienza” a cui l’autore ha già dedicato un omonimo fortunato libro, di cui questo costituisce in qualche modo la continuazione, consente di fare collidere e colludere la grande esperienza conoscitiva originaria occidentale-orientale con le acquisizioni della scienza più avanzata e le domande di rinnovamento culturale e interiore poste dalla crisi della civiltà contemporanea.
María Zambrano, Seneca. Con una antologia di testi, traduttori Claudia Marseguerra e Angelo Tonelli, SE, 2019.
«Seneca non avrebbe potuto essere un martire: fu sempre un intellettuale e niente di più. Un intellettuale per cui la gloria è impossibile. Fedele a una ragione senza trascendenza, a una ragione naturale. La ragione di Platone e di Plotino, l’idea, non era più di questo mondo, come non lo è la pura verità. Seneca celebrava la ragione della mediazione, della relatività. Per questo il suo pensiero, e ancora più del suo pensiero, la sua immagine, la sua figura, è viva in tutti i tempi in cui la ragione, senza fede, vuole mediare tra un mondo irrazionale e il regno puro che ha dovuto lasciare. Seneca tornerà in vita ogni volta che di fronte all’inesorabilità della morte e del potere umano si troverà, tra una fede che si estingue e un’altra che la sostituisce, una Ragione abbandonata».
In epoca moderna il filo-sophós, decadimento del sophós, decade ulteriormente a intellettuale, che non solo ha perduto come il primo ogni contatto con la sfera della sophia, ma anche è diventato incapace di pronunciare una visione del mondo dotata di una profonda radice sapienziale, e si è ridotto a ermeneuta del pensiero precedente o esegeta del costume contemporaneo, attraverso l’esercizio di una ratio ben diversa, per esempio, dal lógos unificante e intuitivo eracliteo.
La sfida che si pone è lavorare per una civiltà della consapevolezza, della pace, della solidarietà e dell’equilibrio ecologico
A. Tonelli
«La conoscenza non coincide con la padronanza filosofica e scientifica del pensiero, o l’accumulo di informazioni corrette intorno alla vita, ma con la stabilizzazione di livelli di coscienza illuminati, attraverso una costante disciplina interiore. I cardini di questa Sapienza che rigenera la vita individuale e quindi collettiva vanno restaurati nella psiche dell’umanità di oggi attraverso un viaggio alle radici della sua cultura, e dunque in direzione delle tradizioni iniziatiche originarie e dello sciamanesimo, che sono la prima manifestazione di spiritualità umana: noi occidentali dobbiamo rivolgere lo sguardo ai Misteri Eleusini, alle iniziazioni orfiche, e a quei pensatori che Platone definiva sophoí, ovvero Sapienti, e che hanno nome Eraclito, Empedocle, Parmenide, Pitagora, ma anche ai grandi maestri della conoscenza tragica (páthei máthos, “patendo conoscere”), Eschilo, Sofocle, Euripide, per non citare che i maggiori tra i Greci. E guardare alle radici della nostra cultura significa anche guardare alla Sapienza d’Oriente, perché anche di essa (oltre che dello sciamanesimo iperboreo e della spiritualità egiziana, persiana e mesopotamica) era pervasa la Sapienza di Pitagora, Eraclito, Parmenide, Empedocle, Democrito e Platone. Questo tragitto “sulle tracce della Sapienza” a cui ho dedicato un omonimo libro [Sulle tracce della Sapienza, Moretti & Vitali, Bergamo 2009], consente di fare collidere e colludere la grande esperienza conoscitiva originaria occidentale-orientale con le domande di rinnovamento culturale e interiore poste dalla crisi della civiltà contemporanea, di gettare uno sguardo non intellettualisticamente filosofico o scientistico sulla vita e i suoi enigmi, e di apprestare strumenti insieme antichi e nuovi per attraversarla con il massimo possibile di serenità, creatività e consapevolezza» (p. 14).
«Nella prospettiva di una conoscenza che culmina nella possibilità di illuminazione a cui tutti, prima o poi, possono attingere, la riflessione si volge al luogo della relazione tra gli esseri umani, ovvero la civitas collettiva, perché la meta terrestre e la misura concreta dell’evoluzione individuale coincide proprio con la capacità di concorrere alla realizzazione di una società etica, solidale, illuminata, che si compone di individui etici, solidali, illuminati […]. Questa […] la sfida per le donne e gli uomini dei prossimi decenni, perché finalmente la Storia impone la più severa delle alternative: evolvere culturalmente e spiritualmente, ripensando i cardini della consociazione planetaria, o sprofondare nella barbarie e nella devastazione irreversibile e già in atto dello habitat naturale e umano» (p. 15).
«Già il filo-sophós greco – un Platone, un Aristotele – era frutto di un decadimento della figura del sophós (sapiente), che incarna uno stato di coscienza-verità (sophia) e non un insieme di metodi e contenuti di pensiero (filo-sophia): si pensi a Pitagora, Eraclito, Parmenide, Empedocle, per citare solo i maggiori del nostro Occidente preplatonico; e in Oriente a Buddha e ai grandi maestri della sapienza upanishadica, taoista, yogica eccetera. Potremmo anche affermare che la sophia ha dimora nel Sé, la filo-sophia nell’Io. In epoca moderna il filo-sophós, decadimento del sophós, decade ulteriormente a intellettuale, che non solo ha perduto come il primo ogni contatto con la sfera della sophia, ma anche è diventato incapace di pronunciare una visione del mondo dotata di una profonda radice sapienziale, e si è ridotto a ermeneuta del pensiero precedente o esegeta del costume contemporaneo, attraverso l’esercizio di una ratio ben diversa, per esempio, dal lógos unificante e intuitivo eracliteo. Le conseguenze di tutto questo sono estremamente gravi, perché la civitas umana si è evoluta a livello tecnico-scientifico, ma è rimasta priva di maestri di verità che non fossero reclutati nei vari miti-istituzioni religiosi (cristiano, islamico, buddhista) o ideologici (marxismo, liberismo, fascismo ecc.), e fossero liberi da questi blocchi di potere ideologico-politico-religioso: insieme sacrali e laici, capaci di testimoniare e ispirare i valori fondamentali dell’etica civile – solidarietà, giustizia, consapevolezza, compassione, onestà, spirito di servizio – e di indicare i contenuti e soprattutto i metodi adatti per formare popoli e reggenti eticamente saldi e consapevoli. Se pensiamo che la crisi ecoantropologica in atto è frutto di una scorretta gestione del pianeta, che a sua volta deriva da una carenza della mente collettiva e dei suoi rappresentanti nella amministrazione della civitas, risulta evidente la responsabilità di quanti si occupano del pensiero e della sua comunicazione nel collasso di un sistema fondato su tutto fuorché su una gestione sapienziale – vale a dire consapevole – della cosa pubblica: sono figli della cultura controsapienziale i politici corrotti e inadeguati, e gli economisti che speculano sulla povertà degli altri, tutti incapaci di limitare, in primis nella propria interiorità, gli impulsi della avidità, della prevaricazione e dell’ignoranza, attraverso i metodi che la Sapienza ha approntato nel corso dei millenni, ma che vengono occultati dalle armi di distrazione di massa. E di élite. Priva di una cultura della saggezza, dell’equilibrio e dell’illuminazione che la sostenga, la democrazia si sfalda perché non esiste più il démos (ovvero il popolo dotato di una propria identità), ma solo una sorta di ochtos (folla, insieme di individui mimetici), manipolata dai mass media consciamente o inconsciamente asserviti ai poteri e al dio denaro, e incapace di esprimere il proprio disgusto o dissenso con metodi che non siano manifestazioni violente, o adesione a caricature della demagogia o a apparati ideologici e partitici di destra, di sinistra o di centro, cattolici, marxisti o liberisti: congreghe che, ottenuto il potere grazie ai metodi della sofistica massmediatica imperante, lo gestiranno svincolandosi da coloro stessi che li hanno eletti a propri rappresentanti. La sfida che si pone è lavorare per una civiltà della consapevolezza, della pace, della solidarietà e dell’equilibrio ecologico, riunendo le origini antiche del pensiero con le nuove acquisizioni, per fornire strumenti culturali adeguati a chi, cittadino o professionista della politica, deve traghettare la società al di fuori delle acque tempestose della crisi ecoantropologica e gestire la rischiosa rivoluzione cibernetica in atto» (pp. 191-192).
Angelo Tonelli, Attraverso oltre. Della conoscenza, della solidarietà, dell’azione, Moretti & Vitali, Bergamo 2019.
Angelo Tonelli, poeta, performer, autore e regista teatrale è tra i massimi studiosi e traduttori italiani di classici greci. Edizioni di classici: Oracoli caldaici, Coliseum 1993 – Rizzoli 1995 e 2005; Eraclito, Dell’Origine, Feltrinelli 1993 e ristampa riveduta 2005; Properzio, Il libro di Cinzia, Marsilio 1993 (4 edizioni); T. S. Eliot, La Terra desolata e Quattro Quartetti, Feltrinelli 1995 (6 edizioni, con ristampa riveduta per il 2005); Seneca, Mondadori 1998; Zosimo di Panopoli, Coliseum 1988, Rizzoli 2004; Eschilo, Tutte le tragedie, Marsilio 2000 (vincitore Premio Città dei Trulli per la traduzione); Empedocle, Origini e Purificazioni, Bompiani 2002; Sofocle, Tutte le tragedie, Marsilio 2003. Euripide, Tutte le tragedie, Marsilio 2007. I lavori sui tragici sono raccolti in un unico cofanetto di 1750 pagine: Tutta la tragedia greca, Marsilio 2007. Opere di poesia: Canti del Tempo (vincitore premio Eugenio Montale), Crocetti 1988; Dell’Amore, Abraxas 1994; Dall’Ade, Abraxas 1995; Poemi per l’era dell’Acquario, Abraxas 1996; Della morte, Abraxas 1997; Frammenti del perpetuo poema, Campanotto 1998; Alphaomega, variazioni per violino e voce, Abraxas/Keraunós 2000; Poemi dal Golfo degli Dèi/Poems from the Gulf of the Gods, Agorà 2003; Canti di apocalisse e d’estasi, con appendice di traduzioni in inglese, tedesco, ungherese, latino (Campanotto 2008, vincitore assoluto Premio Città di Atri; menzione d’onore premio Lorenzo Montano 2009). Tra la letteratura critica sulla sua opera poetica si segnalano giudizi positivi sulla sua opera in lettere di Vittorio Sereni (non datata) e di Attilio Bertolucci (6/ 2/1988); M. Bacigalupo, Angelo Tonelli, un neoromantico poeta estivo, “Il Secolo XIX”, 22/10/1998; S. Crespi, L’eterno canto dell’amore là dove stridono i gabbiani, “Il Sole 24 ore”, 10/07/1988 e Il frammento e il perpetuo, “Il Sole XIV ore” 12/7/1998; G. Galzio, Angelo Tonelli, in G. Galzio, a cura di, Gli Argonauti. Eretici della poesia per il XXI secolo, Milano, Archivi del Novecento, 2001, pp. 199-202. E. Grasso, Nota su Canti del tempo, “Cenacoli esoterici”, 4, 1989 (Benevento, Ripostes); J. Marban, Closing Remarks in M. Maggiari, a cura di, “The Waters of Hermes”, II, Agorà, La Spezia 2002; S. Verdino, Angelo Tonelli, in S. Verdino, a cura di, La poesia in Liguria, Forum – Quinta generazione, Forlì 1986; M. L. Vezzali, Peregrinare nella luce, “Steve 21. Rivista di poesia”, Edizioni del Laboratorio, Modena autunno 2000. Tra i testi filosofici si segnalano: Apokalypsis, pensieri intorno all’ apocalissi in atto nel pianeta Terra. E altro; Il dio camaleonte (Abraxas 2009). Opere teatrali: Apokálypsis, 1995; Katábasis, 1996; Máinomai, 1997; Mysterium, 1998; Eleusis, 1999; Drómena, 2000; Alphaomega, 2002 (da Sette contro Tebe di Eschilo); New World Order, 2003; V.I.T.R.I.O.L.U.M. Alchimia per Edipo re, 2004; Orghia, ovvero il trionfo della sapienza sul potere (da Baccanti di Euripide), 2005 e 2009; La terra desolata di T. S. Eliot, 2005; Orestea, 2006; Alcesti, mysterium mortis mysterium amoris, 2007; Antigone, ovvero la legge del cuore contro la logica spietata del potere, 2008; Baccanti, 2009; Christus rediens, 2009. E’ intervenuto in programmi culturali della RAI tra cui, nel dicembre 2000 Tutti dicono poesia (Rai 1) con una performance mistico-apocalittica. Dal 1998, su incarico della Città di Lerici, è Presidente della Associazione Culturale Arthena e della omonima Scuola di Arti e Mestieri, e Direttore Artistico di Altramarea, Rassegna Nazionale di Poesia Contemporanea e di Argonauti nel Golfo degli Dèi. Nella primavera del 2005 ha pubblicato Per un teatro iniziatico, un libro sui primi dieci anni del teatro, e del genere di teatro, da lui stesso fondato. Nell’ottobre del 2007 ha dato alle stampe Alla ricerca del Sé (Tipografia Stella-Edizioni dell’Arthena) una miscellanea di saggi e conferenze intorno ai temi della sapienza, della psicoanalisi e della meditazione. Suoi testi, con una nota introduttiva di Roberto Bertoni, compaiono in Sei poeti liguri, Bertolani, Bugliani, Conte, Giudici, Sanguineti, Tonelli, a cura di Roberto Bertoni (Trauben, 2004) e nella antologia dedicata a 9 poeti liguri e curata da Roberto Bertoni e Roberto Bugliani, Voci di Liguria, Manni editore, 2007. Di recente pubblicazione Sulle tracce della Sapienza (Moretti e Vitali editore 2009), un libro in cui sintetizza trenta anni di ricerche sulla sapienza presso i Greci, in Oriente, in Jung e in Eliot; il primo volume, Parmenide Zenone, Melisso, Senofane di Le parole dei Sapienti, in sette volumi per Feltrinelli, sul pensiero dei sapienti greci preplatonici; Sperare l’insperabile. Per una democrazia sapienziale (Armando 2010). Si segnala l’edizione Bompiani con testo greco a fronte di Tutta la tragedia greca già pubblicato con Marsilio; Attraverso oltre. Della conoscenza, della solidarietà, dell’azione, Moretti & Vitali, 2019.
Tra i libri di Angelo Tonelli
Zozimo di Panopoli, Coliseum, 1988.
Eraclito. Dell’Origine, traduzione e cura di A. Tonelli, Feltrinelli, 1993.
Oracoli caldaici, cura e traduzione di Angelo Tonelli, Rizzoli, 1995.
Oracoli caldaici, cura e traduzione di Angelo Tonelli, Rizzoli, 1995.
Thomas S. Eliot, La terra desolata. Quattro quartetti, Traduzione e cura di Angelo Tonelli, Feltrinelli, 1995.
Frammenti del perpetuo problema, Camparotto editore, 1998.
Altramarea. Poesia come cosa viva. Antologia di poesia contemporanea, a cura di A. Tonelli, Camparotto editore, 1998.
Questo non è un libro di poesia nel senso vulgato del termine, perché i testi che compongono la raccolta sono giunti al curatore attraverso la comunicazione orale, diretta, formulata in un adeguato “témenos”, proprio come accadeva agli albori della poesia, nelle corti micenee di Omero, o nei giochi sacri di Pindaro, o nel tiaso di Saffo, o ancora, più vicino a noi nel tempo, nelle conversazioni dei poeti decadenti francesi, o dei futuristi. Questo non è un libro in senso stretto e tipico, ma – per usare un termine con cui Giorgio Colli rendeva “Erlebnis” – l’eco di “vissutezze” poetiche reiterate nel corso degli anni – e destinate a reiterarsi ancora, a ogni solstizio d’estate, con “Argonauti” nel Golfo degli Dei, e nell’agosto rovente, con “Altramarea” – che a quella “vissutezza” intende alludere, perché è in essa che la poesia si è fatta vita e sguardo sulla vita, ha acceso entusiasmi e presagito orrori planetari, creato incanto e graffiato con stridori metallici, nella circolazione vivente della parola incarnata dal suo autore, a rispecchiarsi nell’anima di un uditorio vivo. […].
María Zambrano, Seneca, Traduzione di Angelo Tonelli, Bruno Mondadori, 1998.
Properzio, Il libro di Cinzia. Elegie. Testo latino a fronte. Vol. 1, trad di A. Tonelli, Marsilio, 1999.
“Cinzia fu l’inizio, Cinzia sarà la fine”: con questo impegno di fedeltà il ventiduenne Properzio fissava in una formula emblematica l’essenza dell’amore elegiaco, assoluto e totalizzante. Con l’autorità e il fascino della donna bella, colta e raffinata, Cinzia segna il primo libro delle elegie properziane, il libro che rappresenta in modo esemplare la complessità di sentimenti del poeta innamorato: gelosie, tradimenti, riconciliazioni, momenti di tenerezza e di dedizione, di freddezza e di rifiuto. La sincerità della passione si unisce alla finzione letteraria, spesso filtrata attraverso la rievocazione del mito. Scelta di vita e scelta di poesia tendono a identificarsi creando un codice letterario, quello del genere elegiaco, che nella sua perfezione formale e nella sua breve vitalità rimase modello insuperato di poesia d’amore e specchio della vita mondana della società augustea.
Eschilo, Le tragedie, a cura di Angelo Tonelli, Marsilio, 2000.
Miti eterni, storie immortali che sfidano ogni epoca con la loro poesia e con il loro mistero, legami inestricabili con un passato che in modo immutato ancora ci seduce e ci angoscia con i suoi enigmi. Una voce poetica, tesa e vibrante, ci canta il lutto del re di Persia sconfitto dai greci, la disperazione del Prometeo crocifisso per amore, la tragedia dei figli di Edipo che si uccidono in un estremo duello alla settima porta di Tebe, il delirio di Cassandra e la furia di Clitennestra uxoricida, la vendetta, la follia e l’assoluzione di Oreste per l’assassinio della madre.
Sofocle, Le tragedieLe tragedie, a cura di Angelo Tonelli, Marsilio, 2004.
Celebrato per la purezza dello stile e per la perfezione della struttura drammaturgica, Sofocle è il più limpido ma anche il più complesso ed enigmatico dei tre grandi tragici greci. Ateniese, innamorato della sua città, ne esaltò la bellezza, ne difese le istituzioni, ma intravide anche i pericoli del passaggio epocale dall’individualismo conservatore delle famiglie aristocratiche all’egualitarismo democratico dello stato di diritto. Cantore della polis, ma anche di eroi perdenti e sfortunati, di donne assetate di giustizia e di vendetta, Sofocle è soprattutto il creatore del personaggio di Edipo re di Tebe, metafora esemplare delle alterne vicende della vita e della cieca crudeltà del caso.
Zozimo di Panopoli, Visioni e risvegli, a cura di Angelo Tonelli, Rizzoli, 2004.
Personaggi misteriosi, mostri crudeli, sacrifici rituali e “riti terribili” popolano questo testo complesso e affascinante che con la violenza delle sue visioni ha sedotto lo stesso Jung, a cui si deve il merito di averlo sottratto a un oblio millenario. Scritto agli inizi del IV secolo, Visioni e risvegli raccoglie quattro brevi trattati di alchimia, il più famoso dei quali, Sulla virtù, descrive con toni onirici e fantasiosi i diversi gradi di un rito di iniziazione. Dell’antica storia di questi testi, ricchi di aneliti mistici ed echi religiosi, parla nell’introduzione Angelo Tonelli, che analizza anche i legami tra l’alchimia greca e la psicologia dell’inconscio di Jung.
Euripide, Le tragedie, a cura di Angelo Tonelli, Marsilio 2007.
Con la traduzione integrale delle tragedie di Euripide si conclude un progetto di grande rilievo editoriale iniziato da Angelo Tonelli nel 2000 con la versione completa di Eschilo, cui è seguita nel 2004 quella di Sofocle. Per la prima volta e non solo in Italia, si possono leggere tutte le tragedie greche nella traduzione di uno studioso che è un profondo conoscitore del greco antico, esperto di drammaturgia antica e moderna, poeta egli stesso e creatore di eventi.
Canti di Apocalisse e d’estasi, Camparotto Editore, 2008.
Sulle tracce della sapienza. Per una rifondazione etica della contemporaneità, Moretti & Vitali, Bergamo 2009.
Frutto e sintesi di trenta anni di ricerche filologiche intorno alla Sapienza, il libro di Tonelli ne presenta campionature significative, dalla tradizione iniziatica eleusina allo sciamanesimo originario, dai grandi tragici ai Presocratici, a Platone, alla teurgia degli Oracoli Caldaici, alle visioni dell’alchimista Zosimo di Panopoli, fino a un’incursione nel Moderno, con la rilettura di The Waste Land e di Four Quartets di Eliot in chiave mistico-rituale, e della psicologia analitica junghiana in chiave alchemica e gnostica. Per quel che riguarda la Sapienza d’Oriente, l’attenzione si concentra sulla sua dimensione di pratica spirituale, perché il Buddhismo e l’Induismo hanno saputo concretare nell’unità corpo-mente la condizione sapienziale, affinando tecniche meditative adatte a lenire la sofferenza e favorire lo sviluppo delle qualità etiche positive. In chiusura, l’autore riannoda il filo che lega l’inizio della filosofia con il principio della sua fine, ovvero Platone con Kant, per quel che riguarda la possibilità dell’esercizio di una influenza dei pensatori sul potere, rintracciando la causa della loro inefficacia, pur nella nobiltà del gesto, proprio nell’essere filosofi, e non Sapienti, e dunque propagatori di un modo di pensare, e non di un modo di essere totale.
Le parole dei Sapienti. Senofane, Parmenide, Zenone, Melisso. Testo originale a fronte. Traduzione e cura di Angelo Tonelli, Feltrinelli, 2010.
Sapienza è una condizione dello spirito, un modo di essere, e non un insieme di contenuti che si ritengano veri e saggi. Il Sapiente è radicato nella sorgente delle cose, e dell’esperienza sapienziale possono farsi testimonianza scritta o orale parole, come quelle di Eraclito, Parmenide, Empedocle in Occidente, e delle Upanishad o dello ChuangTzu in Oriente, che vibrano della risonanza mistica da cui sorgono. A differenza della filosofia, la Sapienza è un modo di essere, non di pensare, ed è frutto del sé, mentre la filosofia lo è dell’ego. I Sapienti greci non erano uomini di scrivania, come forse amerebbero dipingerli a propria immagine e somiglianza gli esangui ermeneuti contemporanei, bensì individui che intraprendevano una via di continua ricerca di se stessi, all’insegna del motto delfico gnõthi sautón, e da questa pratica di ricerca spirituale venivano trasformati fin nelle intime midolla, come i Sapienti d’Oriente. Nel versante orientale, la Sapienza è un immenso commentario intorno alle folgorazioni mistiche e alle formulazioni religiose dei Veda, che trovano sistemazione nelle Upanishad. Diversa è la Sapienza greca, in cui fioriscono personalità spiccate, con maggiore differenziazione di linguaggio e di pensiero. Ma i temi di fondo sono gli stessi, e con ogni evidenza la Madre della Sapienza d’Oriente e d’Occidente è una sola e la medesima, benché da essa germoglino frutti ben diversi.
Sperare l’insperabile. Per una democrazia sapienziale, Armando, 2010.
Le tendenze negative di base – ignoranza, avidità, violenza e il dio denaro – hanno esercitato ed esercitano una pressione preponderante sulla psiche dell’umanità nel suo complesso, e hanno condotto a una situazione di discrimine: o si riesce a creare una nuova direzione, illuminata, della civitas globale, in grado di agire in controtendenza rispetto alla crisi ecoantropologica in atto, oppure si andrà a una vera e propria catastrofe della civiltà. E poiché la devastazione dell.habitat e gli ordigni di guerra nascono nella testa degli uomini, è lì che occorre disinnescarli.
Poemi dal Golfo degli Dèi, Ediz. italiana e inglese, Agorà & Co., Sarzana, 2011.
Sapienza ritrovata, Arcipelago Edizioni, 2011.
Tutte le tragedie greche. Testo greco a fronte, Bompiani, Milano 2011.
Frutto di oltre dieci anni di lavoro, questa edizione di tutta la tragedia greca con testo a fronte, la prima a essere realizzata interamente da un unico curatore, insieme poeta e filologo, consente di cogliere con sguardo unificante la fulgida stagione della tragedia ellenica che vide fiorire il genio creativo di Eschilo, Sofocle ed Euripide. Viene così restituita al lettore moderno, in tutta la sua feconda inattualità, una delle culminazioni dell’arte sapienziale e iniziatica del nostro Occidente, capace di riverberare la spiritualità orfeodionisiaca eleusina nella sua dimensione essoterica: in maniera esplicita, attraverso tragedie vistosamente iniziatiche come Baccanti, Oresteo, Alcesti, Edipo re ed Edipo a Colono; e in maniera indiretta, grazie alla forma apollodionisiaca dell’opera drammatica nella sua espressione scritta. Forma che a sua volta rinvia alla struttura stessa del théatron, che è luogo sapienziale in cui si contempla (theàomai) il gioco delle passioni con empatia e distacco. Con il greco a fronte i capolavori dei tragediografi a noi pervenuti brillano nella lingua in cui furono composti, e consentono di restituire con sufficiente approssimazione la phoné originaria in cui furono pronunciati: nel rito consacrato a Dioniso, alla luce del sole ellenico, sotto lo sguardo della collettività riunita nel nome del dio dell’ebbrezza e della contemplazione.
Ritografie. Opere figurative 1995-2012. Ediz. illustrata, Agorà & Co, 2012.
Seminare il possibile. Democrazia e rivoluzione spirituale, Alboversorio, 2015.
Questo pamphlet ha un intento: seminare slancio e speranza nel futuro mentre tutto sembra congiurare contro una possibilità di rinascita collettiva. Urge che si aboliscano i partiti, come già suggeriva Simone Weil, e si catalizzino energie nuove. Questo movimento, che è già in atto e trova già espressione in eventi dedicati alla relazione tra spiritualità, etica e politica, ha il compito fondamentale di preparare la democrazia del futuro, che sorgerà sulle rovine del sistema politico nazionale e internazionale fondato sul dominio del dio denaro.
Eleusis e Orfismo. I misteri e la tradizione iniziatica greca. Testo greco a fronte, a cura di Angelo Tonelli, Feltrinelli, Milano 2015.
A Eleusi, il centro iniziatico maggiore di tutta la grecità, nel mese di Boedromione (il nostro settembre-ottobre) affluivano tutti coloro che avessero i requisiti necessari per ricevere l’iniziazione, ovvero avere “mani pure”, non macchiate da delitto, e parlare la lingua greca. Sicuramente furono iniziati ai livelli più alti Sofocle, Eschilo, Pindaro, Platone. La suprema iniziazione, a cui si poteva accedere dopo avere fatto trascorrere un lungo periodo dalla partecipazione al rituale collettivo dei Grandi Misteri, dischiudeva all’esperienza diretta dell'”unità di tutte le cose” e della morte-rinascita, simboleggiata dalla spiga, che il mistero condivideva con Dioniso, il dio che muore e rinasce, come l’Osiride degli Egiziani. L’Orfismo introduce nella grecità una via ascetica e purificatoria, fondata sulla credenza nella reincarnazione, e nella necessità di un tragitto di progressiva liberazione dalla prigione della materia per ricongiungersi con la propria essenza divina. Le testimonianze consentono di ricostruirne le complesse e suggestive cosmoteogonie, e i miti fondamentali, tra cui la discesa agli Inferi di Orfeo alla ricerca della sposa Euridice e lo specchio di Dioniso, che rivela il mondo visibile come lampeggiamento transimmanente dello sguardo del dio su uno specchio.
[Giuliano il Teurgo], Oracoli caldaici, a cura di Angelo Tonelli, Bompiani, 2016.
Composti verso la fine del II secolo dopo Cristo, gli “Oracoli Caldaici” sono attribuiti a Giuliano il Teurgo, figlio dell’altro Giuliano che, secondo Suidas, compose un’opera sui demoni. Poeta e sciamano dei misteri teurgici, in cui la figura del mßntis-doche·s (il nostro medium) coincide con quella del profétes, Giuliano comunica in frammenti oscuri e insieme luminosi, come si addice all’oracolo, un’esperienza visionaria individuale fiorita nell’ambito di un Erlebnis mistico e sapienziale collettivo. Gli “Oracoli caldaici”, che Proclo paragonava per importanza al “Timeo” di Platone, sono una raccolta di frammenti in cui un medium in trance parla con la voce del nume, e ne comunica la Sapienza che conduce gli umani oltre il velo delle apparenze, fino all’intuizione dell’Assoluto e al congiungimento con esso. Unica testimonianza diretta di una tradizione esoterica che associava metafisica e magia in un accordo inscindibile, gli oracoli consentono di guardare dietro le quinte di una esperienza mistica e iniziatica di grande densità immaginale, che viene comunicata in un linguaggio densamente poetico. E’ un viaggio verso l’Assoluto che sta alla radice di tutte le cose, o meglio ancora verso il Divino indicibile che si manifesta attraverso ipostasi e numi, che prendono nome di Padre, Ecate, No³s, e la cui quintessenza brilla nell’animo dei teurghi.
Guardare negli occhi la Gorgone. Piccolo vademecum per attraversare le paure, Agorà & Co., Sarzana, 2016.
L’esperienza della paura è costitutiva della condizione umana, e nessuno ne è mai stato esente: non Cristo, che sulla croce grida il suo “Eli Eli lema sabachthani?”: “Padre Padre, perché mi hai abbandonato?”; non Buddha Sakhyamuni, che prima di imboccare la via dell’ascesi si imbatte, sgomento, nelle figure della vecchiaia, della malattia, della morte. Nessuno ha calcato il suolo di questo pianeta senza avere provato, in misura maggiore o minore, la vampa dell’ansia o l’angoscia dell’incubo notturno, il morso del panico, l’irrequieto aggirarsi del pensiero nelle lande livide del timore di ammalarsi o di morire, o del lutto per il trapasso di una persona preziosa, o per la fine di un grande amore. Qui si indicano alcune vie, tra cui la psicoanalisi junghiana, lo psicodramma, la danzaterapia, la meditazione e altre pratiche spirituali tratte da varie tradizioni, per attraversare indenni questa selva oscura, e trarne stimolo alla crescita spirituale.
Sulla morte. Considerazioni sul possibile oltre, La Parola, 2017.
Questo libro è il frutto di molti anni di riflessioni sulla morte e il possibile Oltre, con un approccio non accademico, ma neanche privo di riferimenti alla letteratura scientifica sul tema, nella convinzione che il momento più impegnativo, insieme con la nascita, della nostra permanenza sul pianeta terra, sia evento solenne e culmine di conoscenza, a cui è bene giungere il più possibile consapevoli e preparati. Vi si troveranno riferimenti allo sguardo sapienziale greco (il Fedone di Platone, Le lamine d’oro orfiche) e orientale (Il libro tibetano dei morti) sul grande passo, ma anche alla letteratura relativa alle esperienze di quasi morte (NDE), tra cui quella di C.G. Jung (e anche quella di Er, raccontata ne La Repubblica di Platone), e alle conseguenze che le esperienze documentate di OBE (Out Body Experience), ovvero di fuoriuscita dal corpo durante gli stati di coma, hanno sulla vexata quaestio del rapporto coscienza-cervello, anche alla luce della fisica quantistica. Un excursus esaustivo e indispensabile per farsi un’idea precisa sulla morte e sull’aldilà.
La degenerazione della politica e la democrazia smarrita. Una nuova etica per la sopravvivenza della civiltà, Armando, 2018.
Le tendenze negative di base – ignoranza, avidità, violenza e il dio denaro – hanno esercitato ed esercitano una pressione preponderante sulla psiche dell’umanità nel suo complesso, e hanno condotto a una situazione di discrimine: o si riesce a creare una nuova direzione, illuminata, della civitas globale, in grado di agire in controtendenza rispetto alla crisi ecoantropologica in atto, oppure si andrà a una vera e propria catastrofe della civiltà. E poiché la devastazione dell’habitat e gli ordigni di guerra nascono nella testa degli uomini, è lì che occorre disinnescarli. Sarà la Storia stessa in quanto bestemmia alla natura illuminata degli umani a generare dal suo grembo il seme della civitas illuminata: per sopravvivere la specie dovrà abdicare dalla propria tenebra interiore. Sono tre i metodi fondamentali che convergono in una sola via, per risorgere: la meditazione di presenza, l’indagine dell’inconscio e l’integrazione dell’Ombra e la frequentazione di testi ed esperienze sapienziali. In una parola, la vita come iniziazione: alla consapevolezza, alla liberazione, all’immortalità che nasce dall’esperienza óeWunità di tutte le cose (hèn pànta), secondo la folgorante sintesi di Eraclito, che è il mentore metaspaziotemporale di questo libro.
Attraverso oltre. Della conoscenza, della solidarietà, dell’azione, Moretti & Vitali, 2019.
La conoscenza non coincide con la padronanza filosofica e scientifica del pensiero, o l’accumulo di informazioni corrette intorno alla vita, ma con la stabilizzazione di livelli di coscienza illuminati, attraverso una costante disciplina e apertura interiore. Noi Occidentali dobbiamo rivolgere lo sguardo ai Misteri Eleusini, alle iniziazioni orfiche, e a quei pensatori che Platone definiva sophoí, ovvero Sapienti, e che hanno nome Eraclito, Empedocle, Parmenide, Pitagora, ma anche ai grandi maestri della conoscenza tragica (“patendo conocere”), Eschilo, Sofocle, Euripide, per non citare che i maggiori tra i Greci. Guardare alle radici della nostra cultura significa anche guardare alla Sapienza d’Oriente, perché anche di essa (oltre che dello sciamanesimo iperboreo e della spiritualità egiziana, persiana e mesopotamica) era pervasa la Sapienza di Pitagora, Eraclito, Parmenide, Empedocle, Democrito e Platone. Di questa connessione originaria tra Occidente, in particolare la nostra Magna Grecia, e Oriente, a cui Angelo Tonelli ha dedicato trenta anni di ricerche e di cui ha già fornito ampie documentazioni, viene qui presentata, in anteprima assoluta, una testimonianza archeologica di inconfutabile evidenza: la fotografia del ritratto del “Mongolo di Taranto”, raffigurato in una ceramica protolucanica databile al IV secolo a.C., ai tempi di Platone, in cui compare un volto di chiara etnia mongola, a dissipare ogni eventuale dubbio sulla interazione tra Mediterraneo greco e Estremo Oriente, in epoca antica, interazione fino a oggi silenziata o negata da un’Accademia ancora arroccata alle Termopili immaginarie per contrastare la manifesta presenza dell’Oriente nel nostro Occidente sapienziale. E questa obliterazione ha gravato e grava sulla nostra cultura, perché se ne è ignorata la radice eurasiatica meditativa, sciamanica, noetica, condannando gli individui, e con essi la civiltà d’Occidente, a livelli di interiorità, saggezza e consapevolezza infantili, che sono alla base della crisi ecoantropologica in atto: una sorta di “furto d’organo”, il nous, ovvero il luogo di connessione tra l’umano e il divino nella coscienza unitaria e illuminata. Questo tragitto “sulle tracce della Sapienza” a cui l’autore ha già dedicato un omonimo fortunato libro, di cui questo costituisce in qualche modo la continuazione, consente di fare collidere e colludere la grande esperienza conoscitiva originaria occidentale-orientale con le acquisizioni della scienza più avanzata e le domande di rinnovamento culturale e interiore poste dalla crisi della civiltà contemporanea.
María Zambrano, Seneca. Con una antologia di testi, traduttori Claudia Marseguerra e Angelo Tonelli, SE, 2019.
«Seneca non avrebbe potuto essere un martire: fu sempre un intellettuale e niente di più. Un intellettuale per cui la gloria è impossibile. Fedele a una ragione senza trascendenza, a una ragione naturale. La ragione di Platone e di Plotino, l’idea, non era più di questo mondo, come non lo è la pura verità. Seneca celebrava la ragione della mediazione, della relatività. Per questo il suo pensiero, e ancora più del suo pensiero, la sua immagine, la sua figura, è viva in tutti i tempi in cui la ragione, senza fede, vuole mediare tra un mondo irrazionale e il regno puro che ha dovuto lasciare. Seneca tornerà in vita ogni volta che di fronte all’inesorabilità della morte e del potere umano si troverà, tra una fede che si estingue e un’altra che la sostituisce, una Ragione abbandonata».
«Chi mai, tranne gli dei, scorre la vita eternamente senza mai dolore?». Eschilo, Agamennone.
«Solo il vero sapere ha potenza sul dolore». Eschilo, Agamennone, vv.177-178.
«Strangulat inclusus dolor atque exaestuat intus, cogitur et vires multiplicare suas. [Il dolore represso soffoca e brucia dentro, ed è costretto a moltiplicare la sua forza]». Publio Ovidio Nasone, Tristia, V, 1, vv. 63-64.
«Hör auf, mit deinem Gram zu spielen, Der wie ein Geier dir am Leben frisst! [Smettila dunque di giocare con il dolore che, come un avvoltoio, ti divora la vita!]». Johann Wolfgang Goethe, Faust, Prima parte, Studio.
«O douleur! O douleur! Le Temps mange la vie Et l’obscur Ennemi qui nous ronge le coeur Du sang que nous perdons croît et se fortifie! [O dolore, o dolore, il Tempo mangia la vita, ed il Nemico oscuro cresce del sangue che perdiamo e si rafforza; questo Nemico che ci rode il cuore!]». CharlesBaudelaire, I fiori del male, Spleen e Ideale – X, Il Nemico, vv. 12-14.
«Date parole al dolore;
la sofferenza interiore che non parla
sussurra al cuore troppo gonfio
fino a quando si spezza».
William Shakespeare, Macbeth [1606], Atto IV, scena III.
***
«Il dolore, che è il verme roditore della bellezza». William Shakespeare, La Tempesta, I, 2.
«Un cuore addolorato non può avere una lingua complimentosa». William Shakespeare, Pene d’amor perdute, V, 2.
Clitennestra si presenta al pubblico con la spada levata, ancora sporca del sangue di Agamennone; Edipo mostra agli spettatori le orbite vuote dopo essersi accecato; Agave agita trionfalmente la testa mozzata del figlio. Per tutta la durata del v secolo a.C. i tragediografi non risparmiarono al loro pubblico le emozioni più intense. Ma perché oggi, dopo 2500 anni, queste emozioni puntualmente si rinnovano, perché ne avvertiamo ancora la necessità? Che senso possono avere per noi quelle antiche storie di dèi ed eroi? Questo libro ricostruisce con vivacità le circostanze storiche e le regole istituzionali della tragedia greca, conducendoci a considerarne la funzione sociale e a penetrare nel suo ricco patrimonio simbolico: un libro, come scrive A. Beltrametti, «pensato e articolato a supporto-approfondimento delle lezioni universitarie e destinato agli studenti e agli studiosi non solo di Filologia classica». È soprattutto uno strumento per intendere la polifonia del dettato tragico, il susseguirsi dei diversi ritmi drammatici, l’uso degli attori e del coro, in una parola il complesso funzionamento della macchina teatrale di cui i tragici greci furono maestri a tutto il teatro europeo.
Diego Lanza (1937-2018), grecista e accademico dei Lincei, è stato titolare della cattedra di Letteratura greca all’Università di Pavia a partire dal 1968. Studioso di rara sensibilità, nel corso della sua prolifica carriera ha curato edizioni critiche di Anassagora e Aristotele e ha contribuito a opere collettive come Lo spazio letterario della Grecia antica (Salerno Editrice, 1992-1996) e I Greci. Storia, cultura, arte, società (Einaudi, 1996-2002). È autore di saggi di grande respiro storico-letterario come Il tiranno e il suo pubblico (Einaudi, 1977) e Lo stolto. Di Socrate, Eulenspiegel, Pinocchio e altri trasgressori del senso comune (Einaudi, 1997). Nel 2013 esce Interrogare il passato. Lo studio dell’antico tra Ottocento e Novecento (Carocci), e nel 2017 Tempo senza tempo. La riflessione sul mito dal Settecento ad oggi (Carocci). Nel 2018 Bompiani ha pubblicato la nuova edizione delle Opere biologiche di Aristotele a cura di D. Lanza e M. Vegetti, con il titolo Aristotele, La vita. Testo greco a fronte. Nel 2019 è uscito postumo, sua unica prova narrativa, Il gatto di piazza Wagner (L’Orma).
Anna Beltrametti è professore ordinario di Letteratura greca e Drammaturgia antica all’Università di Pavia. Ha scritto di Erodoto (La Nuova Italia 1986) di Euripide (Einaudi 2002) del rapporto tra storiografia e teatro nel v secolo di Atene (La storia sulla scena, Roma 2011), di letteratura imperiale, Plutarco, Dione di Prusa, Luciano, di ricezione antica e moderna dei classici.
Sommario
Prefazione di Anna Beltrametti : Diego Lanza, signore delle emozioni ***
In luogo di premessa: Ricordo di tre incontri
L’ISTITUZIONE TEATRALE IN ATENE
I. Le regole delgioco scenico
1. Cori, cori tragici, tragedia 2. Le feste teatrali 3. Le Grandi Dionisie 4. Il teatro di Dioniso 5. I testi 6. Gli ingredienti dello spettacolo 7. Attori, coreuti, comparse Indicazioni bibliografiche
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II. Rappresentare dèi, rappresentare eroi
1. Mito, mitologia, poesia 2. Dèi ed eroi tra epica e dramma 3. Teofanie tragiche 4. L’eroe e la drammatizzazione del mito Indicazioni bibliografiche
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III. Maestri della città
1. I caratteri della gnome drammatica 2. Greci e barbari, liberi e schiavi 3. Atene e una nuova geografia del mito 4. La guerra e la politica 5. Sapere e saggezza 6. Maschile vs femminile Indicazioni bibliografiche
IV. Il ritmo tragico
1. Interdetti e trasgressioni 2. Curve dell’emozione 3. Disagio e sollievo Indicazioni bibliografiche
PERCORSI DI LETTURA
Clitennestra: il femminile e la paura La paura di Edipo Edipo rivisitato da Sofocle Una ragazza, offerta in sacrificio … La donna nella tragedia greca Ridondanze del mito nella tragedia greca Lo spettacolo della parola Finis tragoediae
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Cronologia essenziale della tragedia di v secolo a.C. Indice dei nomi e delle opere Pianta di teatro greco Pianta e spaccato di teatro romano
1971-1996 Opere biologiche di Aristotele, Utet. Con Mario Vegetti.
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1976 Belfagor
Contiene il saggio: Alla ricerca del tragico.
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1977 Il tiranno e il suo pubblico.
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1977 Aristotele, La ricerca psicologica
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1977 L’ideologia della città
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1977 Aristotele e la crisi della politica.
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1979 Lingua e discorso nell’Atene delle professioni.
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1987 Aristotele, Poetica.
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1993 Aristotele, Poetica.
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1997 La disciplina dell’emozione.
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1997, Lo stolto.
Lo stolto. Di Socrate, Eulenspiegel, Pinocchio e altri trasgressori del senso comune, Einaudi, 1997
Lanza sviluppa la sua ricerca delle diverse figurazioni della “stultitia” recuperandole in Aristofane e in Platone, in Andersen e Collodi, Cervantes e Woody Allen e sottolineando come sia lo stolto che la stoltezza non costituiscono né un elemento chiaramente definibile una volta per tutte, né una figura semplicemente ripetitiva. La “stultitia” è infatti un’incognita a cui di volta in volta viene attribuito ciò che disturba il senso comune, ciò che in quel momento è considerato ridicolo, ripugnante o riprovevole. Così la figura dello stolto è mutevole, essa cambia infatti con il trasformarsi dello stesso senso comune e della razionalità che la definiscono: Socrate, Pinocchio, Till Eulenspiegel, Calandrino, Zelig, sono esempi in questo senso.
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2001 Dimenticare i Greci.
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2007 Atene e l’Occidente. I grandi temi.
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2007 La Poetica e la sua storia.
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2009 Aristotele, Poetica.
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2012 Aristofane, Acarnesi
Aristofane, Acarnesi, Introd. traduz. e commento di Diego Lanza, Carocci, Roma 2012.
Acarnesi, la prima commedia del giovane Aristofane giunta fino a noi, vede Atene impegnata nel quinto anno di guerra contro Sparta. Dal miraggio della pace, che appare ancora remota, muove la vicenda rappresentata: la tregua che il protagonista riesce a concludere privatamente con il nemico e i benefici che ne conseguono. La commedia mostra già tutta la maestria compositiva e linguistica del grande comico. La traduzione che accompagna il testo rispecchia efficacemente la vivacità della scrittura aristofanea, con il variare dei ritmi, i continui scarti stilistici, i giochi allusivi e manipolatori della lingua. L’introduzione e un agile commento accompagnano il lettore alla scoperta della complessa partitura drammaturgica che si rivela a un’attenta considerazione del testo.
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2013 Interrogare il passato.
Interrogare il passato. Lo studio dell’antico tra Otto e Novecento, Carocci, 2013.
I maggiori studiosi del mondo classico degli ultimi due secoli hanno sempre avuto occhi e orecchi attenti al rapporto tra la loro disciplina e la società in cui vivevano. Il libro ripercorre le esperienze di alcuni grandi maestri dell’antichistica: Friedrich August Wolf tra Goethe e Schelling, Wilamowitz e Nietzsche di fronte all’affermarsi dell’impero prussiano, Werner Jaeger e Bruno Snell nell’Europa lacerata dall’avvento del nazismo, Jean-Pierre Vernant tra marxismo e strutturalismo, fino al filologo immaginato da Thomas Mann come suo alter ego nel Doctor Faustus, nella ricorrente memoria dell’intransigenza di Lutero e della compiacente tolleranza di Erasmo da Rotterdam. Il lettore è così condotto, fuori di ogni tecnicismo ma sempre nel merito della disciplina, fino al più recente classicismo invocato come fulcro di una pretesa identità occidentale.
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2016 Storia della filologia classica.
Con G. Ugolini, Carocci, 2016.
Il volume traccia un profilo storico della filologia classica negli ultimi due secoli e mezzo, da quando cioè si è venuta definendo come disciplina autonoma, focalizzando l’attenzione sugli snodi teorici e metodologici attraverso cui si è sviluppata, sulle figure degli studiosi più significativi, sulle discussioni e le polemiche che ne hanno segnato il procedere, sui nessi con lo sfondo istituzionale e il contesto storico in cui ha operato. Il percorso diacronico è scandito in tre parti. Nella prima si parte dal modello della filologia anglosassone di Richard Bentley per arrivare all’istituzionalizzazione della disciplina nel mondo accademico tedesco (Heyne e soprattutto Wolf) e nella realtà scolastica (Wilhelm von Humboldt). Nella seconda si analizzano i contributi teorici e le principali dispute metodologiche che hanno avuto come protagonisti, tra gli altri, Lachmann, Hermann, Boeckh, Nietzsche e Wilamowitz. La terza e ultima parte è dedicata alla ridefinizione degli studi classici in Germania (Jaeger) e in Italia (Pasquali), all’apporto della papirologia, alle nuove immagini dell’antichità venute a delinearsi nelle opere di scrittori, narratori, registi e traduttori del nostro tempo, e infine ai personaggi più significativi degli ultimi decenni: Snell, Dodds, Vernant, Gentili, Loraux.
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2017 Tempo senza tempo
Tempo senza tempo. La riflessione sul mito dal Settecento a oggi, Carocci, 2017.
Che cos’è un mito? La sua definizione dipende dal contenuto, dalla struttura narrativa o dalla funzione sociale che assolve? Con questo tema si sono confrontate eminenti figure di studiosi di diversa origine e differenti interessi: Heyne, Nietzsche, Propp, Mann, Lévi-Strauss, Pavese, solo per citarne alcuni. Le loro riflessioni hanno mostrato che i racconti che definiamo miti hanno costituito o continuano a costituire un’espressione particolarmente significativa dell’immaginario di una società, di cui compendiano fedi religiose, credenze comuni, paradigmi di comportamento. Rievocando i termini essenziali di questo bisecolare dibattito, l’autore ne evidenzia i rapporti con il più vasto processo di trasformazione intellettuale della società europea.
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2018 Aristotele, La vita
Con Mario Vegetti.
Alcune sue teorie furono confutate solo nel Settecento, altre ancora dopo. La biologia di Aristotele (Stagira 383/4 a.C. – Calcide 322 a.C.) è studio scientifico di tutti i viventi, espressa attraverso trattati e trattatelli costituiti da appunti, dispense, opere interne alle aule del Liceo, non di prima mano del maestro. D’altra parte in tale veste ci sono giunte quasi tutte le opere aristoteliche, ben poco abbiamo di quelle rifinite, lineari, rivolte al pubblico esterno alla scuola. Dai trattati sui viventi dobbiamo aspettarci dunque un linguaggio a tratti aspro, ripetitivo, non sempre coerente, che molto fa rimpiangere l’assenza della voce di Aristotele che glossava, aggiungeva, spiegava. Siamo inoltre di fronte a due enormi novità: prima, non esisteva una scienza dei viventi, inoltre prima di Aristotele nessuna scienza era espressa in testi che non mescolassero diverse discipline, senza escludere la teologia e il sacro. Qui invece troviamo le “Ricerche sugli animali”, che descrivono quasi seicento specie diverse di animali direttamente osservati, classificati nelle “Parti degli animali” con la distinzione fondamentale tra ovipari e vivipari, nonché per esempio l’attribuzione di balene e delfini ai mammiferi, per il loro respirare tramite polmoni e non tramite branchie. La “Riproduzione degli animali” descrive la riproduzione sessuale, intesa come l’infusione attiva della forma da parte del maschio nella materialità della femmina. A brevi opere sulla percezione, la memoria, il sonno, i sogni, la lunghezza della vita e la respirazione segue il trattatello sul Moto degli animali, movimento che viene ricondotto alla forza di un assoluto primo immobile, necessario a ogni forma di mobilità.
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«aut aut» n. 184. Nuove antichità (Vernant, Lanza, Sircana, Casagrande, Vecchio, Ferrari).
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Euripide, Le tragedie. A cura di A. Beltrametti e un saggio di D. Lanza
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Lo spazio letterario della Grecia antica
Lo spazio letterario della Grecia antica
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Senofonte, Economico.
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Storia del mondo antico.
Rossella Saetta Cottone, Philippe Rousseau, Diego Lanza, lecteur des œuvres de l’Antiquité, OpenEdition Books
C’è bisogno di un pensiero profondo, salvifico, che si immerga nell’abisso come un tuffatore dallo sguardo limpido, sgombro dall’ebrezza del vino, onde rovina non tocchi la città …
N.B. Le immagini e i video sono stati reperiti nel web e quindi considerati di pubblico dominio. Qualora si ritenesse che possano violare diritti di terzi, si prega di scrivere al seguente indirizzo: info@petiteplaisance.it, e saranno immediatamente rimossi.
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Uomini che fanno il vino, dettaglio della pittura murale egizia della XVIII dinastia (XVI – XIV secolo a.C.), tomba di Nakht, Tebe.
«Specchio dell’immagine è il bronzo,
ma il vino lo è della mente»
Eschilo, Frammento 279 (=393 N; 670 M)
Jan van Bijlert (1598-1671), Giovane che beve un bicchiere di vino, 1635-1640 olio su tela, Collezione privata.
Giacomo Ceruti, detto Pitocchetto (1698-1767), Gli spillatori di vino, olio su tela, 117 x 151 cm. Collezione privata.
Jan Vermeer (1632 – 1675), Il bicchiere di vino, 1659 – 1660 circa, olio su tela (Berlino).
Paul Cézanne (1839-1906), Il bevitore, 1891 olio su tela, The Barnes Foundation (United States).
Henri de Toulouse-Lautrec (1864 – 1901), Postumi di sbornia (Suzanne Valadon), 1887 – 1889, olio su tela (Cambridge, MA, Harvard Art Museums, Fogg Art Museums).
Edouard Manet (1832 – 1883), Bar delle Folies-Bergère, 1881 – 1882, olio su tela (Londra, Courtauld Institute Galleries)
Edvard Munch (1863 – 1944), Il giorno dopo, 1894 – 1895, olio su tela (Oslo, Nasjonalgalleriet).
Joan Miró (1893-1983), La bottiglia di vino, 1924, Fondacion Joan Mirò, Barcellona.
Si può accedere ad ogni singola pagina pubblicata aprendo il file word
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Crisi viene dalla parola greca – eminentemente polisemica – krísis,[1] la cui radice è collegata al verbo kríno, anch’esso ricco di molteplici significati.[2]
È ben vero che crisi, anche in greco antico, connota un significativo e improvviso cambiamento, in senso favorevole o sfavorevole, che avviene nel decorso di una malattia. Individua altresì un accesso improvviso, un fenomeno violento, per lo più di breve durata (crisi isterica, crisi nervosa, crisi di pianto; anche: crisi di rigetto). In senso figurato, con riferimento alla singola persona, si dice appunto essere in crisi, di chi viva un momento difficile (crisi di coscienza, crisi spirituale, crisi religiosa, crisi adolescenziale, crisi matrimoniale); con riferimento alla vita di una collettività (crisi sociale), il turbamento vasto e profondo di una società (si pensi, tra gli altri, a testo di Huizinga La crisi della civiltà). L’espressione crisi economica è ormai diventata nell’uso corrente semplicemente crisi. Si parla anche di crisi parlamentare, crisi ministeriale, crisi politica, crisi costituzionale, crisi istituzionale, crisi sindacale, crisi energetica, crisi ecologica, crisi culturale. È parola davvero inflazionata.
Domandiamoci perché nel tempo si è andata perdendo la consapevolezza del senso originario più pregnante di crisi, come decisione e giudizio, come «decisione vitale» e «giudizio totale»? Forse proprio perché la filosofia, come la poesia,[3] vorrebbe essere ridotta alla stregua di mera «comunicazione», una «informazione» come un’altra. Preferiamo, anche per la parola crisi, tornare alle radici e rifarci a Eschilo,[4] a Sofocle,[5] a Platone: kríno tò aletés te kaì me,[6] a Omero,[7] a Senofonte .[8]
A chi le domandava se oggi si può parlare di “poesia in crisi” e di “poesia della crisi”, una delle più profonde voci poetiche del Novecento, M. Guidacci, rispondeva: «Per me ogni clausola determinativa aggiunta al nome “poesia” è fortemente riduttiva. Bisognerebbe accostare questi due termini: poesia e crisi; facendo sentire che è solo un accostamento nel tempo (con innegabili rispecchiamenti), ma non una fusione, la poesia resta crisi. A meno che non si ricorra, anche questa volta, al senso greco, crisi=decisione, giudizio; nel qual caso l’idea di poesia-crisi mi piace moltissimo: la poesia è una decisione vitale e un giudizio totale, tridimensionale sull’universo, poiché costituisce essa stessa un accrescimento di tutto ciò che esiste» (in: “Riscontri”, n. 3, luglio-settembre 1980, pp. 117-119).
Chi si pone delle domande e si interroga sui criteri di valore della filosofia e della poesia (momento valutativo della critica) oggi è fatto oggetto di scherno. Crisi della filosofia? Crisi della poesia? Meglio parlare di cedimento catastrofico, a partire dagli intellettuali. Per la filosofia come per la poesia continua ad essere valido lo Stirb und Werde, il «muori e diventa» goetiano. Crisi è per me decisione, giudizio: la filosofia è decisione vitale, giudizio totale.
Carmine Fiorillo
Note
1 forza distintiva, separazione; scelta; elezione; giudizio, decisione, sentenza; esito, risoluzione, evento, riuscita.
2 distinguo, scevero, secerno, separo; scelgo, preferisco; decido, giudico; fo entrare in fase decisiva o critica; stimo, penso, credo, giudico, dichiaro.
3 poíesis è l’arte poetica, la poesia, come ci dice Platone (Gorgia 502); poiéo significa: fo, fabbrico, costruisco, lavoro, fo con arte, compongo, scrivo in versi. In latino i versi erano chiamati carmina e la parola carmen è assimilabile al sanscrito karma. La radice sanscrita kri, da cui viene karma, si ritrova nel verbo latino creare e ha lo stesso significato del verbo greco poiéin, cioé fare, lavoro in cui si racchiude ad un tempo l’umano e l’arte, e da cui deriva poíhsis, poesia, un “fare” operoso che è conoscenza di sé e del mondo, canto “cultuale” che è una ri-creazione del cosmo.
4 «Nel giudizio degli Dei»; Eschilo, Agamennone 1288]; k. aftonon olbon [preferisco una felicità che non desta invidia; Eschilo, Agamennone 471].
5 «Quando si tratta di scegliere fra uomini giusti e virtuosi»; Sofocle, Filottete 1050].
6 «Distinguo il vero e ciò che non è tale»; Platone, Teeteto 150.
7 «Sceverare al soffio dei venti il grano e la pula»; Omero, Iliade 5, 501.
8«Distinguere i buoni dai cattivi»; Senofonte, Memorabilia 3, 1, 9.
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