Omaggio a Maurizio Migliori – Incontro di studi in memoria di Maurizio Migliori, 27-28 Novembre 2024. Università degli Studi di Macerata – Aula Maurizio Migliori (ex Aula C – Via G. Garibaldi, 20) – «Una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta». Il “Multifocal Approach”, oltre l’interdisciplinarietà.

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M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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E. Giada Capasso, Francesca Eustacchi, Luca Grecchi, Mino Ianne, André Lanoue, Giulia Lombardi, Claudia Luchetti, Marianna Angela Nardi, Annamaria Pacilio, Federica Piangerelli, Dario Zucchello – «Platone e la teoria delle idee. Nuove prospettive di ricerca per antiche questioni teoriche», a cura di Federica Piangerelli

E. Giada Capasso, Francesca Eustacchi, Luca Grecchi, Mino Ianne, André Lanoue, Giulia Lombardi, Claudia Luchetti, Marianna Angela Nardi, Annamaria Pacilio, Federica Piangerelli, Dario Zucchello

Platone e la teoria delle Idee

Nuove prospettive di ricerca per antiche questioni teoriche

A cura di Federica Piangerelli

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Federica Piangerelli

Introduzione

“Platone e le Idee: una storia molto complicata”: è questo il titolo del Seminario organizzato dalla cattedra di Storia della Filosofia Antica dell’Università di Macerata, che ha avuto luogo dal marzo al maggio del 2022, e nell’ambito del quale sono stati presentati molti degli interventi contenuti in questo volume. Lungi da ogni pretesa di completezza, infatti, i vari contributi di tale miscellanea, ciascuno dei quali muove da prospettive concettuali differenti, si interrogano e dibattono intorno ad alcune delle implicazioni teoriche più rilevanti sottese alla dottrina delle Idee formulata da Platone. Per comprendere appieno il senso ultimo di tale dibattito, tuttavia, è opportuno inquadrarlo nello sfondo storico-filosofico che gli è proprio. Nelle pagine che seguono, dunque, seppure necessariamente a grandi linee, sono tratteggiati i passaggi essenziali da cui trae origine tale straordinaria e rivoluzionaria “invenzione” platonica.

[…]

Il volume si apre con un insieme di interventi volti a rintracciare alcune possibili correnti di pensiero che rivestono un ruolo significativo per l’elaborazione della teoria delle Idee, che, tuttavia, nella sua forma più complessa e articolata è e resta una “scoperta” del solo Platone.

Nel suo Gli influssi orfici e pitagorici sulla teoria platonica delle Idee, in controtendenza rispetto a quanto sostenuto da una parte della critica, André Lanoue evidenzia il chiaro retroterra concettuale di carattere orfico-pitagorico entro cui si formano alcune questioni teoriche centrali della filosofia di Platone e in cui, con ogni probabilità, è maturata la stessa dottrina delle Idee. In tal senso, accanto alla teoria pitagorica dei numeri, lo studioso pone anche gli assunti fondamentali dell’Orfismo, i quali presentano un carattere religioso oltre che scientifico. Attraverso una attenta analisi degli Ossicini di Olbia, nonché delle laminette d’oro consacrate a Mnemosyne, Lanoue dimostra che il dualismo “sensibile-illusione /soprasensibile-verità”, l’anamnesi, ma anche l’escatologia, la metempsicosi e l’immortalità dell’anima, ovvero tesi largamente presenti nel pensiero platonico e strutturalmente legate alla sfera eidetica nella sua valenza onto-epistemica, costituiscono già il nucleo delle dottrine orfiche.

Seppure su tutt’altro terreno, si inserisce in questo solco argomentativo anche il saggio di Francesca Eustacchi, Il ruolo dei Sofisti nell’elaborazione della teoria delle Idee platonica, che evidenzia i molteplici contributi teorici offerti dal “rivoluzionario” movimento della Sofistica alla filosofica di Platone. Tra questi, per esempio, spicca la visione dinamica della realtà, intesa come una struttura ordinata di relazioni, che organizza un disordine pervasivo e irriducibile. Paradigmatica è la riflessione di Protagora: pur escludendo una verità assoluta di stampo eleatico, il sofista non approda ad un esisto relativistico, che comporta l’irriducibilità dei giudizi soggettivi, ma relativo-relazionale, tale per cui una data situazione oggettiva, a seconda della prospettiva da cui la si esamina, ammette diverse, ma non infinite, spiegazioni plausibili. Questa postura teorica richiede un “esercizio di pensiero” capace di procedere per progressive distinzioni e unificazioni, che troverà pieno compimento proprio nel metodo dialettico platonico. Tale attitudine relazionale presenta anche importanti risvolti sul piano gnoseologico, come è bene indicato dalla categoria protagorea di homo mensura, che poggia sul nesso conoscitivo tra l’essere umano e gli enti di realtà: nessuno dei due poli merita di essere assolutizzato, ma entrambi sono strutturali, perché il soggetto percepisce in quanto l’oggetto si manifesta. Tra i molteplici contributi della Sofistica, però, Eustacchi ne rintraccia uno che conduce direttamente alle Idee: quello di Socrate e della sua rigorosa tecnica dialogica. Accanto alla pars destruens dell’elenchos, infatti, questa si compone di una pars costruens sublimata nell’interrogativo ti esti, la cui risposta implica la “definizione essenziale” dell’ente indagato, ovvero il coglimento dell’eidos ad esso corrispondente. Per compiere tale “salto qualitativo”, tuttavia, occorre andare con Socrate oltre Socrate, come Platone, con straordinaria abilità argomentativa, indica ai suoi lettori in chiave protrettica.

Le implicazioni teoriche legate al nesso tra le Idee e i processi definitori sono oggetto di altri contributi, tra i quali La ricerca della definizione nel Menone di Dario Zucchello. Ponendosi in un ideale confronto con le tesi di Francesca Eustacchi, lo studioso sottolinea i limiti concettuali più che i contributi tematici del movimento sofistico per la riflessione platonica, che emergono con nettezza proprio nel dialogo da lui preso in esame. Alla domanda “che cos’è la virtù?”, Menone, brillante allievo di Gorgia, sofista celebre per i suoi discorsi pubblici sull’arete, crede di avere la risposta giusta, ma dal confronto con Socrate potrà solo uscire “sconfitto e intorpidito”. Il giovane, infatti, segue un criterio di tipo descrittivo-esemplificativo, perché adduce un elenco di prestazioni virtuose, differenti a seconda dei contesti e dei soggetti coinvolti. A questa dinamica argomentativa, tuttavia, Socrate replica con un significativo slittamento metodologico che passa dall’enumerazione empirica alla ricerca dell’unità concettuale. Per guadagnare la definizione di arete, infatti, occorre indicare quell’unico eidos, identico e stabile, in base al quale diverse prestazioni eccellenti, colte nella loro plurale eterogeneità, sono tutte parimenti virtuose. L’esito è l’Idea di “virtù”, che, per la sua struttura uni-molteplice, organizzata secondo la dialettica intero-parti, sussume in sé realtà differenti, se non opposte, ma che sono accomunate dal fatto di essere “virtù”.

Nel suo La definizione in Platone, Luca Grecchi muove da una specifica proposta ermeneutica: rendere ragione dello iato apparente tra un processo definitorio strutturalmente aperto e la necessità di cogliere l’essenza di ogni ente indagato. Contro ipotesi interpretative scetticheggianti, infatti, lo studioso ribadisce con vigore che per Platone la verità c’è e l’essere umano, pur nei suoi inaggirabili limiti costitutivi, può e deve raggiungerla. In questo senso, a dispetto dell’assenza di una rigorosa tematizzazione della “teoria della definizione”, ovvero della “teoria delle Idee”, Grecchi dimostra su base testuale che tale movenza inerisce la quasi totalità dei dialoghi. Di fronte ad ogni ente del reale, infatti, la postura filosofica si pone il problema di coglierne l’essenza, perché, in caso contrario, non sarebbe possibile alcun discorso compiuto e sensato, ovvero non si potrebbe conoscere la verità, che invece – ed è opportuno ribadirlo – costituisce il fine ultimo della ricerca platonica. Offrono un ottimo esempio di questa dinamica i libri centrali della Repubblica, sui quali lo studioso si sofferma con particolare attenzione: solo attraverso un lungo e faticoso esercizio dialettico, è possibile conoscere il principio primo anipotetico, ovvero la suprema Idea del Bene, raggiunta la quale, tuttavia, il processo intellettivo non si blocca, ma seguita in percorsi “circolari”, ascensivi e discensivi, per ottenerne conoscenza sempre più articolata e approfondita tanto a livello teorico quanto sul piano pratico.

Analogamente, Marianna Angela Nardi, nel suo contributo Il verosimile, le Idee, il dialogo di Platone. Alcune considerazioni, sviluppa il nesso tra le Idee e la definizione da una interessante prospettiva “lessicale”. Il saggio, infatti, si inscrive in una più ampia cornice interpretativa tesa a valorizzare un dato: in Platone la forma letteraria in cui è veicolato il contenuto filosofico si rivela dirimente per la comprensione del contenuto stesso, grazie all’invenzione di un particolarissimo modus scribendi, degno di gareggiare con e superare la tradizionale produzione poetica greca. Nello specifico, l’analisi della studiosa ruota attorno al valore teorico del paradeigma, che, pur nella variazione dei contesti drammaturgici, suggerisce il difficile intreccio tra la mutevole dimensione sensibile e la stabile sfera eidetica. Inquadrando la questione nel Sofista, nel Politico e nella Repubblica, Nardi mostra che, in un senso, avere un modello da imitare sfuma il rigido dualismo tra il fenomenico e l’intellegibile, in un altro, però, apre alla possibilità del falso e dell’inganno, laddove manca una conoscenza adeguata del paradigma. La ricerca della definizione, infatti, deve avere un rapporto con il sapere stabile, distante dallo pseudos e ben ravvisabile, per chi è filosofo, nelle realtà divine e ordinate, ovvero nelle Idee.

Le questioni teoriche incentrate sulle relazioni tra l’ambito fenomenico e il piano eidetico sono approfondite da altri autori come, per esempio, da Annamaria Pacilio che, in Per una teoria platonica del “terzo”. La mediazione delle Idee tra triton genos e metaxy in Resp. VI., indaga la funzione dell’“intermedio” nell’impianto speculativo platonico, intesa in una prospettiva onto-epistemica. Con la dovuta cautela ermeneutica, infatti, la studiosa avanza l’ipotesi che Platone sia un “pensatore del terzo”, in riferimento al compito connettivo assegnato al triton genos e al metaxy. Tra differenze e coincidenze, infatti, entrambi fanno sì che l’empirico e il noetico trovino concordanza secondo una polarità dinamica e non dualistica: in virtù dell’intervento della terzietà, il visibile diventa pensabile e il pensabile visibile. Secondo Pacilio, inoltre, il Bene, presentato nella Repubblica attraverso la metafora del Sole, assurge appieno a tale ruolo del “terzo”, perché si configura come un elemento intermedio e relazionale tra il soggetto che vede e l’oggetto che è visto. Espressione di quell’Agathon epekeina tes ousias, la luce solare non è né oggetto né soggetto della vista, ma la sua condizione di possibilità, che sola può innescare una dinamica di co-appartenenza di vedente e visto.

In questo stesso percorso tematico si inserisce l’intervento di Mino Ianne Lo sguardo deangolato nell’ascesa al Bello in sé in Symp. 210E-212C. Al centro del contributo vi è il discorso intorno ad eros della sacerdotessa Diotima di Mantinea, che introduce al fondamento della dottrina platonica delle Idee attraverso uno “sguardo deangolato”, che passa dal sensibile al soprasensibile e viceversa. In questa dinamica riveste un ruolo strutturale il Bello in sé che, oltre ad essere l’unica Idea visibile, è legata a doppio titolo con quella del Bene: la “potenza del Bene”, infatti, trova rifugio nella “natura del Bello”. Per quanto conduca ai vertici metafisici del pensiero platonico, la Bellezza trae origine nel mondo fenomenico, perché è solo la percezione del bello, suscitata dall’attrazione erotica per l’amato, a far sì che l’anima “rimetta le ali” e a dare avvio alla scala amoris. Tale processo di risalita, che è di carattere gnoseologico, ontologico e assiologico, non potrà mai condurre all’unità noetica del Bello in sé senza muovere dalle sue molteplici manifestazioni visibili, cioè senza passare dal gradino più basso ma primo, rappresentato proprio dall’amore fisico per un bel corpo. Per tramite di eros, dunque, che funge da autentico metaxy, il filosofo può guadagnare le Idee con un impegnativo sforzo dialettico che scaturisce, di necessità, dalla dimensione corporea dell’umano.

Il complesso intreccio tra le Idee e la dialettica, seppur variamente declinato, costituisce il fil rouge di un ulteriore gruppo di saggi, tra i quali Come sirene dentro un labirinto. Sulla presenza delle Idee nel Teeteto: i koina peri panton di Claudia Luchetti. A dispetto di letture aporetiche del dialogo, l’autrice mostra che nel Teeteto, il cui interrogativo di fondo è ti esti episteme, Platone tratteggia una possibile pista risolutiva attraverso cui guadagnarne una risposta e una definizione adeguata. A partire dall’assunto per cui nel pensiero platonico non si dà mai la conoscenza senza le Idee, anche nel dialogo in esame il disegno filosofico di fondo propen­de in questo senso, come la studiosa rintraccia opportunamente nelle riflessioni intorno ai koina peri panton, da lei esaminate con profondità analitica. Tuttavia, dato il contesto socratico del Teeteto, la dialettica delle Idee, colta nella strutturale relazione con l’episteme, può essere solo allusa in filigrana, demandando al lettore il compito di cogliere e interpretare i segnali disseminati da Platone nel testo, ma che saranno ripresi e approfonditi in altri dialoghi, in cui la cornice drammaturgica cambia di segno concettuale. Luchetti, infatti, evidenzia il chiaro nesso tra il Teeteto e il Sofista, sebbene solo in quest’ultimo scritto Platone si focalizzi sulla dialettica delle Idee con maggiore ampiezza teorica, come mi propongo di mostrare nel mio La dialettica delle Idee nel Sofista di Platone. Tra ontologia e metodo. Il contributo muove dalla tesi secondo cui in Platone la dialettica è una posizione filosofica che riconosce la costituiva complessità del reale, ovvero che la sfera dell’essere si struttura in un costante gioco di termini che si richiamano per il loro stesso distinguersi e contrapporsi. Di conseguenza, per comprendere tale poliedricità ontologica senza semplificarla, questa scienza adotta un metodo che è esso stesso dialettico, cioè distante dalle maglie strette della logica biunivoca, ma duttile e flessibile, capace di adattarsi alle infinite scanalature della realtà. Il testo, nello specifico, si concentra su un passo del Sofista, 253B-E, in cui trova spazio una delle teorizzazioni più compiute della dialettica dell’intero corpus platonicum. Qui, infatti, le Idee sono presentate come interi composti di parti, incastonati in una fitta e multiforme trama di nessi, attrattivi e repulsivi, che la scienza dialettica ha il compito di ricostruire e qualificare, rintracciando anche le cause di tali dinamiche di mescolanza e repulsione. In queste pagine del dialogo, inoltre, si sottolinea che, a fronte dei limiti dell’umano, il cui sguardo sul mondo è sempre parziale e situato, il dialettico dee perseverare nelle proprie ricerche, tenendo fermo il proprio scopo: rendere intellegibile l’articolata struttura dell’essere, per capire la realtà nella maniera più soddisfacente possibile.

In È del sapiente indagare intorno all’ordine delle cose secondo il quanto e il quale. Osservazioni a partire dal Filebo 16B-17E, Giulia Lombardi valorizza il contributo teorico della coppia di nozioni del “quanto” e del “quale”, intesi come strumenti necessari per rendere ragione dell’“identità dell’uno e dei molti”, ovvero di quella che per Platone rappresenta la caratteristica imperitura di ogni ragionamento, perché è la cifra distintiva della realtà nella sua interezza. La diade poion-posion, in particolare, permette un’indagine che non è una semplice osservazione, ma un attraversamento dell’uno dall’interno, per cogliere la molteplicità di parti che lo sostanziano e riconoscere la logica d’insieme che lo struttura. In questo, occupa un ruolo di primo piano l’arte dialettica, cioè quella via di cui Socrate si dichiara “innamorato da sempre”, ma di cui riconosce le insidie: è facile mostrarla, più difficile seguirla. La studiosa, infatti, si focalizza sulla dialektike techne, ovvero di quella tecnica che è alla base di tutte le scoperte e le invenzioni fatte dall’umanità: per quanto sia un “dono degli dèi”, non è da intendersi come un messaggio in forma oracolare che richiede all’uomo un solo sforzo di decifrazione. Al contrario, quest’arte investe l’intera umanità del triplice compito di “indagare, imparare e insegnare”, da svolgere attraverso un impegno collettivo che le generazioni presenti ereditano dalle passate e trasmettono alle future, perseguendo una ricerca svolta nella costante tensione asintotica alla verità assoluta.

Il volume si chiude con il contributo di Emanuela Giada Capasso, Idee di ogni realtà, o quasi. Esegesi neoplatoniche intorno alla dottrina platonica delle Idee, che esamina alcune questioni teoriche inerenti alla teoria delle Idee, inquadrandola nel vivace dibattito della tarda antichità. Più nello specifico, l’articolo muove dalla definizione delle Idee proposta da Senocrate, ovvero “modelli eterni di ciò che è conforme a natura”, che già il medioplatonico Alcino legge nell’ottica secondo cui non possono esistere Idee di oggetti artificiali, di cose contro natura o di individui particolari, né tantomeno di oggetti ‘volgari’. Posto che per alcune correnti esegetiche non possono esistere Idee di tutti gli enti, la studiosa si interroga intorno all’eventuale statuo dell’Idea del male e traccia una risposta polivoca. Da una parte, per esempio, i neoplatonici Proclo e Asclepio di Tralle sostengono che non esistono Idee degli oggetti artificiali, né dei mali in sé, né delle cose contro natura ma solo delle cose naturali: concludono, dunque, negando esplicitamente l’Idea del male. Questo, infatti, non sussiste in sé, ma possiede una esistenza subalterna al Bene. Dall’altra parte, invece, Simplicio, per quanto non avanzi una posizione del tutto esplicita, si fa portavoce di una tesi interessante, che Capasso esamina da vicino. Pur non ammettendo un male “naturale”, ma solo subalterno al Bene, egli sostiene che nel ciclo di generazioni e corruzioni del mondo sublunare, il corrompersi dei corpi rientra nell’armonia generale del tutto: ciò che ad uno sguardo limitato – come quello umano – può sembrare “male”, in una prospettiva globale risulta “bene”. Le cose che nascono e che muoiono, infatti, sono parti dell’universo sublunare e senza di esse il cosmo risulterebbe incompleto. Per questo il Demiurgo ha introdotto la materia, cioè il sostrato del cambiamento, e la privazione, ovvero la causa del cambiamento, come necessità che contribuiscono alla completezza dell’universo.


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Copertine e schede editoriali (321-330) – Luca Grecchi, Gabriella Putignano, Salvatore A. Bravo, Arianna Fermani, Sergio Rinaldelli, Mino Ianne, Costanzo Preve, Margherita Guidacci, Ilaria Rabatti, Giancarlo Chiariglione, Alberto Giovanni Biuso, Carmine Fiorillo, Massimo Bontempelli.

321-330

321
Luca Grecchi, Scritti brevi su politica, scuola e società.
ISBN 978-88-7588-209-9, 2019, pp. 192, formato 140×210 mm., Euro 15 – Collana “Il giogo” [101].
In copertina: Volta dell’Eremo di San Galgano, sec XII, Chiusino, Siena.

322
Gabriella Putignano, Flash di poesia, dipinti di versi. Prefazione di R. Pellegrino. Postfazione di F.  Malizia.
ISBN 978-88-7588-213-6, 2019, pp. 88, formato 140×210 mm., Euro 10.
In copertina: Tommy Ingberg, Reveal.

323
Salvatore A. Bravo, L’albero filosofico del Ténéré. Esodo dal nichilismo ed emancipazione in Costanzo Preve. Dalla metafora del deserto (Nietzsche-Arendt) al fondamento veritativo in Costanzo Preve.
ISBN 978-88-7588-231-0, 2019, pp. 176, formato 170×240 mm., Euro 15 – Collana “Il giogo” [102].
In copertina: L’albero del Ténéré, deserto del Ténéré, nordovest del Niger.

324
Arianna Fermani, Divorati dal pentimento. Sguardi sulla nozione di metameleia in Aristotele.
ISBN 978-88-7588-246-4, 2019, pp. 64, formato 170×240 mm., Euro 7 – Collana “Il giogo” [103].
In copertina: William A. Bouguereau,The Remorse of Orestes (1862). In quarta di copertina: Michelangelo Merisi da Caravaggio, La Maddalena penitente, 1594-1595, Galleria Doria Pamphilj, Roma.

325
Sergio Rinaldelli, Come una foglia a primavera. Pagine di diario (2000-2018).
ISBN 978-88-7588-244-0, 2019, pp. 128, formato 130×200 mm., Euro 10.
In copertina: Sergio Rinaldelli, Giardino giapponese, olio su tavola, 2018.

326
Mino Ianne, Diremo addio ai filosofi greci? Il Cristianesimo deellenizzato del terzo millennio.
Prefazione di Arianna Fermani.
ISBN 978-88-7588-242-6, 2019, pp. 128, formato 140×210 mm., Euro 15 – Collana “Il giogo” [104].
In copertina: Il simbolo del pesce, in greco antico ΙΧΘΥΣ .

327
Costanzo Preve, Gesù tra i dottori. Esperienza religiosa e pensiero filosofico nella costituzione del legame sociale capitalistico.
ISBN 978-88-7588-240-2, 2019, pp. 128, formato 140×210 mm., Euro 13 – Collana “Divergenze” [63].
In copertina: Albrecht Dürer, Gesù tra i dottori (1506).

328
Margherita Guidacci, Sibille. Seguito da Come ho scritto “Sibille”. A cura di Ilaria Rabatti.
ISBN 978-88-7588-238-9, 2019, pp. 88, formato 140×210 mm., Euro 12 – Collana “Filo di perle”.
In copertina: Luca Lucherini, Sibilla (2019).

329
Giancarlo Chiariglione, Il discepolato di Ernesto De Martino. Tra religione, filosofia e antropologia. Prefazione di Alberto Giovanni Biuso.
ISBN 978-88-7588-236-5, 2019, pp. 56, formato 140×210 mm., Euro 10 – Collana “Il giogo” [105].
In copertina: Sascha Schneider, Eine vision, 1894-1895.

330
Koinè, L’essere della libera comunità e l’amore.
ISBN 978-88-7588-233-4, 2019, pp. 48, formato 140×210 mm., Euro 7 – Collana “Il giogo” [106].
In copertina: Henri Matisse, La danza, olio su tela, 1909. Ermitage di San Pietroburgo.



M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Arianna Fermani – Mino Ianne, Quando il vino e l’olio erano doni degli dèi. La filosofia della natura nel mondo antico

Mino Ianne - Arianna Fermani

«[…]  Prezioso è il capitolo iniziale del volume, dovuto ad Arianna Fermani e intitolato Tra ambiguità e misura: l’ “etica del bere” in alcuni snodi della riflessione di Platone e Aristotele: pregevole contributo alla definizione del rapporto tra vino e filosofia, un binomio che la studiosa definisce fecondo e che affonda le sue radici nella ricchissima e varia humus della cultura greca delle origini. Perché “ambiguità” e “misura”? Il vino costituisce la bevanda ambigua per eccellenza; esso è un dono del dio Dioniso, una bevanda propria dell’uomo, simbolo della civiltà di un popolo, portentosa medicina dell’anima e del corpo, ma al tempo stesso un potente e pericoloso veleno: oscillazione tra salute e malattia, tra bene e male, che – osserva la Fermani– era alla base del pensiero dionisiaco».

«Il capitolo di Mino Ianne, La natura “parla” ai filosofi. Conservazione dell’ambiente naturale e simbolismo dell’albero d’ulivo nel pensiero dei Greci, è diviso sostanzialmente in due parti; nella prima egli delinea l’idea di natura e di paesaggio nella filosofia greca, in particolare nei presocratici e in Platone; nella seconda esamina il simbolismo dell’ulivo, tra l’altro, nella mitologia greca, in Omero e nei lirici greci… Per Ianne ripercorrere la storia dell’ulivo nel mondo greco permette di illuminare, da un’angolatura particolare, l’intero ecosistema della civiltà greca”

dalla Premessa introduttiva di Mario Capasso



Macerata (5-6 dicembre 2018) – AL DI QUA DEL BENE E DEL MALE. Gli Antichi e la complessità del reale alla luce del Multifocal Approach *(Maurizio MIGLIORI – Paola Rosalba CAMACHO GARCIA – Lucia PALPACELLI – Mino IANNE – Federica PIANGERELLI – Luca GRECCHI – Arianna FERMANI – G. Angelini – R. Di Stefano – E. Napoletani – G. Teti)

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Multifocal

Università delle Marche

Al di qua del bene e del male

 

Gli Antichi e la complessità del reale

alla luce del Multifocal Approach

 

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5-6 dicembre 2018

VIA GARIBALDI, 20 / MACERATA

 

mercoledì 5 dicembre

ore 15.00-19.00 AULA D DI FILOLOGIA CLASSICA

 

Maurizio MIGLIORI (Università di Macerata):

 

La polivalenza dell’Uno in relazione ai processi costitutivi del reale nel Parmenide di Platone

 

Paola Rosalba CAMACHO GARCIA (Pontificia Università Antonianum):

 

Il bene e male nella fondazione dell’uomo interiore in Plotino

 

Lucia PALPACELLI (Università di Macerata):

 

Buoni e cattivi maestri per insegnare la virtù. Il gioco serio dell’Eutidemo di Platone

 

Mino IANNE (Università di Taranto):

 

Platone: l’approccio multifocale alla legge e alla giustizia nell’Apologia e nel Critone

 

 

giovedì 6 dicembre

ore 9.00-12.30 AULA D DI FILOSOFIA

 

Federica PIANGERELLI (Università di Macerata):

 

Una lettura multifocale del concetto di piacere in Epicuro

 

Luca GRECCHI (Università di Milano Bicocca):

 

Il rispetto e la cura come elementi costitutivi del bene. Riflessioni a partire dal primo pensiero greco

 

Francesca EUSTACCHI (Università di Macerata):

 

Bene e male nei Dissoi Logoi: una visione multifocale e antirelativista

 

Arianna FERMANI (Università di Macerata):

 

«Nobili in un solo modo, ignobili in tanti modi» (Etica Nicomachea, II, 6, 1106 b 35): bene e male in Aristotele

 

DISCUSSANT:

 

Giulia ANGELINI (Università di Padova);

 

Riccardo DI STEFANO (Unimc);

 

Erica NAPOLETANI (Unimc)

;

 

Giacomo TETI (Università Sapienza Roma)

 

INFO
arianna.fermani@unimc.it

 

Locandina-Al-di-qua-del-bene-e-del-male-5-6-dicembre-2018-1

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Al di qua del bene e del male.
Gli Antichi e la complessità del reale alla luce del Multifocal Approach


 

AA.VV- – «Multifocal Approach» – LA REALTÀ AMA NASCONDERSI? DOES REALITY LIKE HIDING? – Il multifocal approach come valorizzazione dei profili “visibili” e “invisibili” di una realtà complessa – PRIMO INCONTRO INTERNAZIONALE



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  logo-wordIndice completo delle pagine pubblicate (ordine alfabetico per autore al 14-11-2018)


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