Salvatore Bravo – Rodolfo Mondolfo tra K. Marx e G.B. Vico.

Rodolfo Mondolfo, Sulle orme di Marx.

ISBN 978-88-7588-359-1, 2022, pp. 416, formato 170×240 mm., Euro 35 .


Salvatore A. Bravo

Rodolfo Mondolfo tra K. Marx e G.B. Vico

L’Umanesimo marxiano ha i suoi eroi. Rodolfo Mondolfo1 nella sua lunga vita ha lottato contro il totalitarismo fascista, ma la democrazia non gli ha donato giustizia. Pensatore fuori da schemi e da correnti politiche ha vissuto la sua lunga parabola culturale all’ombra della società dello spettacolo, e ciò gli ha consentito di sviluppare una visione di Marx e del comunismo divergente e originale. Sin da subito espresse dubbi sulla dittatura del proletariato in Unione Sovietica, constatando che tale “configurazione politica” avrebbe eroso il comunismo dall’interno. Fu critico verso i crollisti e i deterministi, in quanto riducevano l’essere umano e la storia e semplice effetto delle leggi economiche, in tal modo il semplicismo fatalistico si sostituiva alla storia degli uomini e delle donne.

L’Umanesimo marxiano è la via della complessità e della correlazione nella quale l’essere umano non è il semplice prodotto di forze superiori, ma è coscienza che risponde e si forma nella realtà materiale. Si tratta di una relazione olistica nella quale il soggetto pensa il proprio tempo e la propria condizione al fine di porre in atto ciò che è in potenza. Marx dunque fu hegeliano e vichiano, in quanto la storia è il “mondo degli esseri umani”, e in essa gli esseri umani, pur condizionati, pensano la propria condizione per poterla trasformare. Decodificare Marx è un’operazione ermeneutica che ci deve condurre sulle sue “orme” attraverso una difficile ricostruzione per approssimazione del “cantiere Marx”. Prassi e materialismo storico sono dunque i nuclei irrinunciabili, nella lettura di Rodolfo Mondolfo per accostarsi a Marx e smentire coloro che ne fecero “un positivista”.

La storia è processo vitale e concettuale, in cui l’umanità si modifica qualitativamente. La storia è il luogo e il tempo in cui la speranza del ribaltamento dialettico è progettualità politica, in quanto la trasformazione sociale non è mai atto e gesto solo individuale ma corale e di classe. La storia è nell’interiorità dell’essere umano, è pensata, è concettualizzata, pertanto senza tali processi nulla è possibile, non vi è storia, ma solo attesa alienante. La storia è la dimensione dell’uomo nella quale l’essere umano conosce se stesso e pone significati. La prassi è questo processo di liberazione dai condizionamenti che sussistono senza determinismo. La fatica del concetto è l’apertura all’orizzonte del “possibile”. La liberà prende forma gradualmente attraverso il superamento del dato immediato:

La mentalità rivoluzionaria pertanto, secondo Marx, è la sola capace di affermare e possedere il vero concetto storico (che è poi per Marx l’unico vero concetto della realtà) in quanto contro ogni Selbstentfremdung dell’umano torna alla raffermazione dell’interiorità di esso; e può così sostituire alla separazione degli elementi la concezione della loro unità, alla interruzione dei momenti successivi la visione della loro continuità2”.

L’interpretazione di Marx coglie un aspetto, spesso poco noto e poco studiato nella ricostruzione genetica del pensiero di Marx, ovvero la “presenza risemantizzata” di G. B. Vico nella concezione della storia e della prassi nel pensatore di Treviri.

Marx idealista, dunque, poiché la prassi è categoria della filosofia idealista. La prassi in Vico è la storia posta dagli esseri umani, non è “vuoto ciarlare” o “attivismo dell’insensato”, in quanto è la traduzione del vero nella realtà e tale operazione spetta unicamente agli esseri umani. Nulla accade senza l’intervento consapevole e fattuale di essi, anzi è il “fare concettualizzato” che determina il progresso. Marx vichiano, dunque, malgrado i cedimenti al positivismo e all’economicismo. Rodolfo Mondolfo individua nella prassi il filo rosso senza il quale Marx diviene filosofo non compreso nella sua struttura portante. Marx è “il filosofo della libertà” mediante la prassi:

Marx riprende il principio di Vico: il vero si converte col fatto; la realtà è nella praxis3”.

 

 

Prassi e storia

Ancor più chiaramente Rodolfo Mondolfo definisce il concetto di prassi, esso è un processo interiore che si esplica nella storia. I bisogni e le condizioni storiche devono attraversare un lungo viaggio interiore per diventare concetto. L’immediatezza è l’astratto, mentre il concreto è la coscienza che risemantizza i dati, li configura in concetti per porli nella storia. In tal modo l’individualità si eleva dal particolare all’universale e dall’ideologia alla filosofia. Tale viaggio è la libertà degli esseri umani. Interiorità ed esteriorità sono una unità inscindibile, ogni divisione è artificiale ed astratta; la storia è processo interale:

La praxis è sviluppo, è storia che nasce dall’impulso perenne del bisogno; e le condizioni che stimolano il bisogno, siano date dalla natura o siano costituite dai risultati, della attività umana precedente, non sono esteriori all’umanità, in quanto o debbono entrare nella vita del suo spirito per rimuoverla e darle l’impulso alla sua attività, o di questa vita ed attività espressione e prodotto: un prodotto che è anche produttore, creatura e creatore insieme nel processo indefinito della unwälzende Praxis4”.

Vico “insegna” a Marx l’eccellenza dell’essere umano. Gli animali non umani si sviluppano mediante l’evoluzione degli organi, come Darwin ha dimostrato, ma la specificità umana è il concetto e la conoscenza della verità che si svelano e rilevano nella storia. La verità consente il discernimento, di conoscersi e progettare il futuro a misura di essere umano. L’esperienza storica è resa viva nel pensiero e da essa si astrae l’eterno, ovvero la verità, in un lungo processo che conosce contraddizioni, lotte e avanzamenti:

In questa applicazione, pertanto, come della stessa teoria naturalistica, dalla quale ora Marx viene a prende le mosse, due caratteri appaiono essenziali: la concezione economica del processo di sviluppo, inteso nella sua rispondenza ai bisogni vitali; e la interpretazione attivistica di esso, come risultante della continuità della prassi. Ma se il primo carattere nella storia umana non appare con maggior rilievo che in quella delle specie di animali, il secondo al contrario si accentua per la consapevolezza, che Marx trae da G.B. Vico, che noi possiamo aver scienza solo di ciò che facciamo, e che ciò vale precisamente per la storia, in quanto essa è opera nostra5”.

La storia è l’unica scienza concreta, perché è dell’uomo, ne è la sostanza dinamica che non lo imprigiona in strutture inviolabili o in gabbie d’acciaio che diventano il letale sepolcro dell’essere umano, ma la storia è esperienza di libertà, è esodo dalle oppressioni e dal fatalismo in tutte le sue formule evidenti e criptiche:

E la scienza dell’uomo parimenti può essere concreta, cioè storica, quando concentri, sì, la sua attenzione soprattutto sulla storia degli organi produttivi, ma non dimentichi, per coglierla il suo farsi, e, così, veramente intenderla e conoscerla, che, secondo quanto insegnava G. B. Vico, siamo noi, noi uomini a fare tutta la storia della società umana6”.

Libertà e prassi

La libertà marxiana è nei produttori associati che gestiscono dal basso le attività economiche e sociali. La libertà solidale comunista non è solo condizione materiale, ma è prima di tutto atto interiore e della coscienza nella storia materiale senza il quale nulla è possibile. La coscienza di classe è consapevolezza, è l’in sé per sé realizzato, e dunque la coscienza di classe è agire che ringiovanisce la storia, in quanto le dona senso e finalità oggettiva. La speranza non è nelle leggi della storia, ma nell’uomo che pensa, lotta e realizza il progetto comunista. In questo processo i servi diventano soggetti della storia e compiono la Rivoluzione, la quale se non è, in primis condizione interiore (concetto) ricade su se stessa e riapre le porte alla reazione conservatrice:

Sicché la coscienza della condizione presente del proletariato, ossia la sua coscienza di classe, implica questa concezione di una società di liberi produttori, organizzata non per il profitto individuale, ma per la produzione sociale in vista dei bisogni sociali: coscienza della realtà attuale ed aspirazione ad un diverso ideale si implicano a vicenda; e per ciò la coscienza di classe, viene ad unificarsi con l’azione7”.

Rodolfo Mondolfo compie dunque una operazione di critica oggettiva, poiché compara il comunismo sovietico con il pensiero marxiano, dopo aver individuato il nucleo vivente e sostanziale del pensiero di Marx: la prassi. Da tale indagine filosofica si deduce in modo manifesto che l’esperienza sovietica è altro rispetto alle autentiche finalità marxiane. La dittatura del proletariato è capitalismo di Stato che ha reso i proletari sudditi e dunque sottoproletari oggetto del dominio dell’oligarchia rossa al potere. Il comunismo, in quanto filosofia della prassi, è forza emancipatrice dalle catene che gravano con le loro miserie sugli ultimi. Il comunismo reale non ha corrispondenza col pensiero marxiano:

Oggi invece nel concetto di dittatura del proletariato (che del resto lo stesso Manifesto dei comunisti affermava) sembra talora quasi volersi esprimere piuttosto un nuovo dominio di classe, che una abolizione delle classi stesse; e c’è chi l’interpreta nel senso che si voglia la riduzione della classe oggi a una specie di Lumpenproletariat, condannato all’abiezione e alla servitù peggiore8”.

Rileggere Rodolfo Mondolfo nel nostro tempo segnato dal fatalismo tecnocratico è esercizio paideutico di libertà. In “Lui” ricerca, libertà e testimonianza biografica sono coincidenti e, probabilmente, nel tempo della “servitù volontaria e della disperazione”, la sua libertà non gli è stata perdonata. Il dominio agisce per censure mediante forme di ostracismo e rimozioni che dobbiamo imparare ad attraversare per ritrovarci nel concetto con filosofi e autori trasgressivi rispetto all’ordine vigente. Ritrovarsi per riprendere con il dialogo il sentiero della libertà e dell’esodo, oggi poco battuto, ma di cui si sente il vuoto depressivo e acefalo e che rischia di essere l’Apocalisse incompresa del nostro tormentatissimo presente, è urgenza etica non più procrastinabile. Riappropriarsi della storia e rientrare in essa significa effettuare l’esodo da forme di pessimismo e di fatalismo che nel nostro tempo, come allora, sono gli strumenti più efficaci della reazione conservatrice:

Un programma di azione storica di un partito rivoluzionario deve dunque, se vuol tradursi nella realtà concreta, superare l’oscillazione incoerente fra volontarismo e determinismo, e poggiare sopra una concezione critico-pratica della storia9”.

Il proletariato necessita della prassi marxiana per emanciparsi dalla sussunzione formale e materiale e di questo Rodolfo Mondolfo fu assertore in tutta la sua produzione culturale e politica. Il materialismo storico10 afferma che l’essere umano è il fattore della storia ed insegna che ogni scissione è solo astrazione. L’unità olistica e dinamica è la prassi sempre mediata dall’interiorità del soggetto, pertanto Rivoluzione, prassi, umanesimo e materialismo sono il corpo materiale che si concretizza nella storia. La libertà necessita del faticoso lavoro dello spirito nella coscienza di classe. Lo spirito è la storia divenuta concetto nell’interiorità singolare e di classe. Ogni salto non può che tradursi in pericoloso fallimento, pertanto è necessaria una profonda azione paideutica e politica per dare futuro alla rivoluzione.

 

Note

1 Rodolfo Mondolfo (Senigallia, 20 agosto 1877 – Buenos Aires, 16 luglio 1976) è stato un filosofo italiano. Fu esule durante il fascismo perché ebreo. In Argentina visse l’esperienza tragica della dittatura militare. Si interessò della Grecia antica e dell’Umanesimo marxiano. Rilevanti sono gli studi su Engels nei quali mostra il nucleo filosofico di Engels, non più ritenuto dunque “secondo violino” rispetto a Marx.

2 Rodolfo Mondolfo, Spirito rivoluzionario e senso storico in Sulle orme di Marx, Petite Plaisance Pistoia, 2022 pag. 151.

3 Ibidem, pag. 151.

4 Ibidem.

5 Ibidem, Feuerbach e Marx pag. 340.

6 Ibidem, pag. 341.

7 Ibidem, pag. 343.

8 Ibidem, Il problema sociale contemporaneo, pag. 92.

9 Ibidem, pag. 85.

10 Ibidem, Il Materialismo storico, pag. 102.


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Luka Bogdanić, Ivana Costa, Luca Grecchi, Lidia Pupilli, Marco Severini, Lucia Palpacelli, Emidio Spinelli – Un intellettuale oltre le frontiere Studi su Rodolfo Mondolfo Introduzione e cura di Federica Piangerelli. Atti del Convegno «Oltre le frontiere | Más allá de las fronteras, Giornata di Studi su Rodolfo Mondolfo: l’interesse per la filosofia e l’impegno politico, tra Italia e Argentina», promosso dal Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Macerata e svoltosi a Senigallia il 6 maggio 2023.


Il vero maestro non è un somministratore di conoscenze,
ma uno svegliatore di spiriti,
il quale nell’atto
stesso di esercitare la sua funzione illuminatrice
ammette anche la reciprocità di tale azione
e accetta la possibilità di essere confutato
non meno che quella di confutare gli altri. […]
La forma necessaria dell’indagine
è pertanto il dialogo: con se stessi e con gli altri
[…]. Nella mutua cooperazione che questa educazione
implica tra maestro e discepolo, e parimenti tra
tutti i membri della comunità umana, questa esigenza
di libertà è altresì un’esigenza di amore […].
Socrate associava alla dotta ignoranza, o coscienza permanente
dei problemi, unica fonte del progresso conoscitivo,
il superamento dell’odio e l’affermazione
dell’amore e della solidarietà umana, che, mediante
il riconoscimento della libertà spirituale di ciascuno,
procurava la cooperazione di tutti nello sforzo di raggiungere
il fine comune.
Fine umano per eccellenza,
cioè l’elevazione intellettuale e morale
che costituisce il vero bene e l’intima soddisfazione di ciascuno e
di tutti, legge di autonomia e fonte della vera felicità.

Rodolfo mondolfo


Luka Bogdanić (1978) è professore associato alla Facoltà di Lettere e filosofia dell’Università di Zagabria, dove insegna Antropologia filosofica e Filosofia della Cultura. Ha scritto di storia del marxismo e dell’Est Europa, di Gramsci e di nazionalismo. Collabora con il manifesto ed è membro dell’International Gramsci Society. Ha pubblicato Praxis. Storia di una rivista eretica nella Jugoslavia di Tito (2009), Nazione e autodeterminazione. Premesse e sviluppi fino a Lenin e Wilson (2009) e Identità inquieta. La questione nazionale nei Balcani occidentali (2020).

 

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Ivana Costa è argentina e vive a Buenos Aires. Insegna Storia della Filosofia Antica all’Università di Buenos Aires e all’Università Cattolica Argentina. I suoi principali temi di interesse sono il pensiero di Platone, il platonismo tardo-antico e moderno e le concezioni di finzione e realtà nella storia della filosofia. È membro del comitato esecutivo della International Plato Society. Ha pubblicato traduzioni commentate di Platone (Liside, Colihue, 2019) e Machiavelli (Il Principe, Colihue, 2013), articoli su Platone e la tradizione platonica e il libro Había una vez algo real. Ensayo sobre filosofía, hechos y ficciones (Mardulce, 2019).

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Luca Grecchi (Filosofia morale, Università degli Studi di Milano-Bicocca), direttore della rivista Koinè, ha recentemente pubblicato Metafisica umanistica. La struttura sistematica della verità dell’essere (petite plaisance, 2023) e La filosofia prima della filosofia (Morcelliana, 2022).

 

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Lucia Palpacelli, Docente di Storia della Filosofia Antica all’Università di Macerata. Per Bompiani ha curato l’appendice bibliografica e lessicografica del volume di Aristotele, Fisica (2011); la revisione, aggiornamento e saggio bibliografico del volume di Aristotele, La generazione e la corruzione (2013) e il saggio introduttivo, traduzione e note del De interpretatione all’interno dell’Organon aristotelico (2016). Tra i suoi scritti: L’Eutidemo di Platone. Una commedia straordinariamente seria (Vita e Pensiero 2009); Aristotele interprete di Platone. Anima e cosmo (Morcelliana 2013); Zenone di Elea. Frammenti e testimonianze (Scholé 2022).

 

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Federica Piangerelli, Dottoressa di ricerca in “Umanesimo e Tecnologie” presso l’Università di Macerata (con una tesi dal titolo Alle origini del confronto con l’alterità. Barbaroi e xenoi nel pensiero greco antico. Una indagine storico-filosofica), è cultrice della materia in Storia della filosofia antica presso lo stesso Ateneo, e autrice di diversi contributi scientifici, ospitati in volumi e in riviste di rilevanza nazionale e internazionale; attualmente, sta lavorando ad una nuova traduzione in italiano, con commento, del Sofista di Platone.

 

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Lidia Pupilli, PhD in Storia dell’età contemporanea e cultrice della materia presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Macerata, è docente di ruolo nella Scuola secondaria di secondo grado e si occupa principalmente di storia politica e storia delle donne. Fra i suoi lavori, la monografia Intellettuale nel regime. L’al­tra vita di Romolo Murri, Marsilio 2019 e le curatele Uomini dalla parte delle donne fra Otto e Novecento, Marsilio 2020 e Pioniere. Storie di italiane che hanno aperto nuove frontiere, Aras 2021. Con Marco Severini ha curato Dodici passi nella storia. Le tappe dell’emancipazione femminile, Marsilio 2016 e il Dizionario biografico delle donne marchigiane (1815-2022), il lavoro editoriale 20225, realizzando, da ultimo, il volume Giuseppe Chiostergi. Vita di un mazziniano nel Novecento, il lavoro editoriale 2022.

 

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Marco Severini, insegna Storia dell’Italia contemporanea e Storia delle Donne nell’Italia contemporanea presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Macerata. È autore di 34 monografie che spaziano dalla storia politica a quella delle donne, dalla storia della storiografia a quella odeporica. Ha tenuto lezioni e conferenze in Spagna, Francia, Portogallo, Stati Uniti e Germania ed è fondatore e presidente dell’Associazione di Storia Contemporanea. Dirige la rivista «il materiale contemporaneo» ed è editorialista della rivista «Democrazia futura». Tra gli ultimi libri, Da Conte a Draghi. Problemi e scenari del biennio pandemico (2022); Public History. Undici anni sul campo (2022); Le fratture della memoria. Storia delle donne in Italia dal 1848 ai nostri giorni (2023).

 

 

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Emidio Spinelli è Professore Ordinario di Storia della filosofia antica e Prorettore per il Diritto allo Studio e la Qualità della Didattica presso la “Sapienza”/Università di Roma; è anche Presidente della “Società Filosofica Italiana” e, dal gennaio 2021, Presidente dell’Italian Organizing Committee del “XV World Congress of Philosophy”. Oltre ad articoli su Presocratici, Atomisti, Socrate/‘Socratici minori’, Platone, Stoici, Epicurei, papiri filosofici e storiografia filosofica antica, sullo scetticismo antico ha pubblicato: Sesto Empirico. Contro gli etici (Napoli 1995); Sesto Empirico. Contro gli astrologi (Napoli 2000); Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico (Roma 2005). Egli è anche autore di Obiettivo Platone: a lezione da Hans Jonas (Pisa 2019) e ha editato i seguenti testi: H. Jonas, La domanda senza risposta. Alcune riflessioni su scienza, ateismo e la nozione di Dio (Genova 2001); H. Jonas, Problemi di libertà (Torino 2010). Di recente pubblicazione: E. Spinelli, Le radici del passato. Giuseppe Rensi interprete degli scetticismi antichi (Pisa 2021).




M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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6 Maggio 2023 – Senigallia – Auditorium San Rocco: OLTRE LE FRONTIERE | MÁS ALLÁ DE LAS FRONTERAS Giornata di Studi su Rodolfo Mondolfo: l’interesse per la filosofia e l’impegno politico, tra Italia e Argentina. Coordinamenti: Federica Piangerelli e Pietro Rinaldo Fanesi. Contributi di: Emidio SPINELLI , Luca GRECCHI , Lucia PALPACELLI , Ivana COSTA , Luka BOGDANIC , Lidia PUPILLI ,Marco SEVERINI , Pietro Rinaldo FANESI.

Alcuni dei moltissimi libri di Rodolfo Mondolfo

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Federica Piangerelli – Rodolfo Mondolfo, Conoscenza e sentimento in J.-J. Rousseau. Libera personalità, principio di libertà e spirito comunitario

Rodolfo Mondolfo,

Conoscenza e sentimento in J.-J. Rousseau. Libera personalità, principio di libertà e spirito comunitario

ISBN 978-88-7588-325-6, 2022, pp. 88,  Euro 10 – Collana “Il giogo” [146].

indicepresentazioneautoresintesi


https://www.unimc.it/filosoficamente/libri-approfondimenti/mondolfo-conoscenza-e-sentimento-in-j-j-rousseau
https://www.unimc.it/it/unimc-comunica/news/uninova

Federica Piangerelli

 

Rodolfo Mondolfo,
Conoscenza e sentimento in J.-J. Rousseau.
Libera personalità, principio di libertà e spirito comunitario

 

Nel 1924, un anno prima di firmare il Manifesto degli intellettuali antifascisti, redatto da Benedetto Croce, Rodolfo Mondolfo pubblica, per la Casa Editrice Cappelli, Introduzione a Rousseau, preposta al testo di Jean-Jacques Rousseau, Discorsi e contratto sociale. Nel 1972, quattro anni prima della morte di Mondolfo, l’Editore propone una nuova ristampa del testo, comprensiva anche della “Nota bibliografica”, della “Premessa alla seconda edizione” del 1931, della curatela e della traduzione dei testi roussoviani (Discorso sulle scienze e le arti, Discorso sulla disuguaglianza, Contratto sociale), tutti a cura dello studioso originario di Senigallia. Il merito dell’Editrice Petite Plaisance è avere ridato alle stampe, a cinquant’anni di distanza dall’ultima edizione, le preziose pagine scritte da Mondolfo, nelle quali il lettore può cogliere tanto lo spirito essenziale quanto la posizione storica dell’intera opera di Rousseau, per riconoscere ciò che ancora vi è di “vivo e immortale” nella sua dottrina.

La riflessione di Mondolfo inizia con il sottolineare quanto l’“indomabile fierezza” del filosofo di Ginevra sia stata forgiata anche e soprattutto dalle sue vicende biografiche. Nel primo capitolo, infatti, La vita e l’indole di Rousseau, lo studioso insiste sull’importanza degli anni errabondi della giovinezza, dirimenti per la formazione culturale roussoviana. Di particolare rilevanza è l’incontro, nel marzo del 1728, con Madame de Warens, in seguito al quale, oltre ad abiurare il protestantesimo per convertirsi al cattolicesimo, Rousseau si dedica allo studio intenso della musica e della filosofia. Mondolfo, infatti, nota che proprio in questi anni prendono forma alcuni dei pilastri teorici del suo sistema di sapere, nonché del suo orientamento spirituale: il sentimento vivo e profondo della natura, presentato come una stabile conquista dello spirito, che si declina in una antitesi netta e strutturale tra la natura e l’opera degli uomini.

Il significato del “richiamo alla natura”, che costituisce uno dei motivi fondamentali dell’opera roussoviana, è indagato da Mondolfo nel secondo capitolo (Il richiamo alla natura). In queste pagine, infatti, lo studioso insiste sulla lotta intrapresa da Rousseau contro una cultura ingombrante, che non resta solo esteriore allo spirito, ma, in modo più incisivo, lo soffoca: proprio allo spirito, quindi, il filosofo ginevrino vuole restituire libertà e dignità. A questo proposito, inoltre, Mondolfo mostra, con chiarezza, che l’intento di Rousseau non è la negazione dell’humanitas, ma la rivendicazione dell’interiorità, ovvero della dignità della natura umana. A fronte di tali riflessioni, però, lo studioso si pone anche un interrogativo dirimente: l’uomo che Rousseau esalta è “l’uomo della natura” o “l’uomo della civiltà sociale”? Attraverso l’esame di opere centrali, quali il Discorso sulla diseguaglianza, l’Emilio e il Contratto sociale, Mondolfo delinea una risposta brillante nella sua profondità teorica: la rivendicazione della propria interiorità non implica un rifiuto della stessa, ma si traduce in una dura critica contro una cultura corrotta e superficiale, che sacrifica la sostanza alle apparenze, la grandezza intellettuale e morale alla moda e ai successi. Per il ginevrino, infatti, la vera natura umana non si rigenera distruggendo la società e tornando a vivere nei boschi – questa, piuttosto, è la posizione dei suoi avversari –, ma seguendo quella “voce divina” che evoca l’intero genere umano alla “luce e alla felicità delle intelligenze celesti”. In altre parole, secondo Rousseau, lo stato sociale è una conquista che non può essere messa in discussione, perché il nemico da combattere è la perdita della consapevolezza di sé.

Nel terzo capitolo (La rivendicazione dell’interiorità: il sentimento), infatti, Mondolfo riflette sul nucleo concettuale della filosofia roussoviana: la rivendicazione dell’interiorità, intesa come l’origine dell’amore per la natura. Sulla base di tale convinzione, il ginevrino fonda un “nuovo soggettivismo”, che non è più uno “spiccato intellettualismo”, alla stregua di tutta la filosofia moderna, ma proclama la superiorità del sentimento sulla ragione. In tal senso, dunque, lo studioso mostra come il monito “conosci te stesso”, di socratica memoria, acquisti un rinnovato valore nel pensiero di Rousseau, perché da critica dell’intelletto si fa sicurezza e genuinità dell’istinto, che, per l’individuo, comporta un “tuffo nell’infinito, con uno slancio mistico nella propria interiorità”. Su questo terreno, quindi, si innesta un significativo slittamento teorico: mentre per gli Enciclopedisti l’unità si guadagna inquadrando lo spirito nella concezione del mondo esteriore, per Rousseau, tale unità si afferma in quanto la natura stessa palpita dentro di noi, nell’intimo sentimento della nostra vita. Mondolfo, allora, comprende che questo riorientamento dell’angolo visuale, dall’esterno all’interno del soggetto, equipara il “richiamo alla natura” con il “richiamo al sentimento della propria interiorità e personalità”: tornare in sé stessi per sentire l’unità dell’intero universo.

Secondo il Filosofo, infatti, tale aspirazione all’interiorità, per quanto sia un conato verso la libertà, non esprime affatto una tendenza individualistica, come è chiaramente indicato nel quarto capitolo, La coscienza e l’amor di sé: moralità e personalità. Qui, Mondolfo rimarca la fondamentale distinzione proposta da Rousseau tra l’egoistico amor proprio, che è l’artificioso prodotto delle relazioni sociali, e l’amor di sé, ovvero la tendenza naturale e spontanea all’affermazione e allo sviluppo della propria personalità, che implica lo strutturale nesso dialettico tra sé e gli altri: al di sopra di ogni lotta e contrasto, questo si dà nei “rapimenti mistici” in cui il singolo si fonde nel “sistema degli esseri” e sente palpitare in sé l’umanità.

 

Rimane, tuttavia, una importante questione da spiegare, vale a dire la dinamica che regola i nessi tra la rivendicazione della libertà individuale e le condizioni della vita associata civile. In breve, si tratta di capire se e come sanare l’urto tra la natura e la cultura. In questo senso, Mondolfo mostra che tale “scontro” presenta, per Rousseau, una duplice declinazione risolutiva: nell’Emilio, per quanto concerne l’educazione del singolo, nel Contratto sociale, per quanto riguarda la costituzione della società politica. In entrambe, trova posto la concezione dello “sviluppo integrale” dell’umano, che poggia sul costante equilibrio tra la sfera individuale e la dimensione collettiva e, soprattutto, presuppone una pedagogia distante da una “educazione negativa” e da un “metodo inattivo”. Per il Filosofo, infatti, ogni processo di formazione, per essere efficace, deve fare proprio il principio socratico della maieutica: la conoscenza non è una pura ricezione passiva, ma una creazione attiva, perché “conoscere è fare”.

Negli ultimi due capitoli del libro, Mondolfo valorizza l’originalità del pensiero di Rousseau rispetto all’intera storia della filosofia. Per esempio, in La libertà e il diritto naturale. I precedenti storici e la teoria di Rousseau, lo studioso insiste sul fatto che nessuno filosofo, dall’Antichità alla Modernità, passando per il Medioevo, è stato capace di raggiungere la profondità della riflessione roussoviana intorno alla libertà, ma, come nota anche Hegel, solo con Rousseau il principio della libertà ha trovato “la sua aurora”. In queste pagine, quindi, lo studioso di Senigallia, oltre a riprende la nozione di libertà come “esigenza dell’interiorità”, rimarca la portata morale della stessa. Stante la priorità del sentimento sulla ragione, della valutazione sulla conoscenza, Mondolfo, infatti, ribadisce quanto la libertà rappresenti l’esigenza etica fondamentale della vita dello spirito, senza tralucere nel sentimento particolaristico dell’amor proprio, ma in quello universalistico dell’amor di sé. Per Rousseau, la scoperta della libertà interiore è il ponte dall’io individuale all’io comune, dalla volontà di ognuno alla volontà generale.

Da tale assunto muove la riflessione proposta nel sesto e ultimo capitolo, La volontà generale e il contratto sociale. Lo sviluppo del contrattualismo sino a Rousseau e la posizione di lui nella storia moderna, in cui Mondolfo ragiona intorno ai meccanismi sottesi alla costruzione della “volontà generale”. Questa, infatti, non si ottiene per la semplice mancanza di contrasti tra le volontà dei singoli, ma, in modo più impegnativo, per la loro fusione e nel trasferimento in una “persona comune ideale” delle esigenze, delle norme e dei poteri che, per natura, ineriscono ad ogni singola persona: questo è l’atto di nascita del “contratto sociale”, che il filosofo di Ginevra teorizza per rispondere ad una profonda esigenza della collettività. A questo proposito, con un ulteriore excursus nella storia del pensiero, dall’età antica a quella moderna, lo studioso sottolinea la novità di tale dinamica e nota, soprattutto, che non sempre appare nei precedenti teorici del contrattualismo.

A conclusione di questo cursorio attraversamento del testo Conoscenza e sentimento in J.-J. Rousseau. Libera personalità, principio di libertà e spirito comunitario, è legittimo ribadire, con maggiore consapevolezza teorica, il merito dell’Editrice Petite Plaisance per offrire al lettore l’occasione di conoscere, approfondire e apprezzare la grandezza e la potenza del sistema di sapere roussoviano, per tramite della rigorosa rielaborazione non di un semplice studioso di filosofia, ma di un autentico filosofo esso stesso, quale è Rodolfo Mondolfo.

Federica PIANGERELLI


Rodolfo Mondolfo è stato uno dei maggiori studiosi di filosofia antica. Ha insegnato nelle Università di Torino e di Bologna. Nel 1925 è tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti, redatto da Benedetto Croce. Nel 1939, a seguito delle leggi razziali promulgate dal fascismo, si trasferisce in Argentina, dove ha insegnato nelle Università di Córdoba e di Tucumán. In Argentina è morto a Buenos Aires. Tra le sue opere: Il materialismo storico in F. Engels (1912); Sulle orme di Marx (1919); L’infinito nel pensiero dei Greci (1934); Problemi e metodi di ricerca nella storia della filosofia (1935); La comprensione del soggetto umano nella cultura antica (1955); Il pensiero politico nel Risorgimento italiano (1959); Cesare Beccaria (1960); Da Ardigò a Gramsci (1962); Il concetto dell’uomo in Marx (1962); Umanismo di Marx. Studi filosofici (1908-1966); Il contributo di Spinoza alla concezione storicistica (1970); Polis, lavoro e tecnica (1982). Nel 2010 Petite Plaisance ha pubblicato, con introduzione di Giovanni Casertano, Gli albori della filosofia in Grecia, e nel 2020 Alle origini della filosofia della cultura e Moralisti greci. La coscienza morale da Omero a Epicuro.


Sommario

Nota editoriale

Prefazione alla prima edizione

Nota bibliografica

Premessa alla seconda edizione

La vita e l’indole di Rousseau

Il richiamo alla natura

La rivendicazione dell’interiorità: il sentimento

La coscienza e l’amor di sé: moralità e personalità

La libertà e il diritto naturale.

I precedenti storici e la teoria di Rousseau

La volontà generale e il contratto sociale.

Lo sviluppo del contrattualismo sino a Rousseau e la posizione di lui nella storia moderna


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Rodolfo Mondolfo – Dal dubbio esce la critica profonda di Socrate, che non ha solo intento demolitore, ma, soprattutto, ricostruttore. Senza il dubbio sulla validità delle opinioni tradizionali e volgari, questa critica non sarebbe sorta, e non avrebbe la filosofia greca potuto vantare la sua più meravigliosa fioritura in Platone ed Aristotele.

Rodolfo Mondolfo

Dal dubbio esce la critica profonda di Socrate, che non ha solo intento demolitore, ma, sopra tutto, ricostruttore. Senza il dubbio sulla validità delle opinioni tradizionali e volgari, questa critica non sarebbe sorta, e non avrebbe la filosofia greca potuto vantare la sua più meravigliosa fioritura in Platone ed Aristotele

I periodi di maggiore e più vigoroso rigoglio del pensiero filosofico hanno avuto a preparazione ed impulso la critica demolitrice delle tradizionali credenze. Allorquando il pensiero comincia ad esaminare su quali fondamenta si eriga l’edificio delle comuni convinzioni, troppo spesso le trova deboli e poco resistenti: e allora, sotto i colpi spietati della ragione indagatrice, che incalza tanto più urgentemente, quanto minore opposizione trova, comincia e procede rapidamente il crollo di opinioni per lungo tempo ritenute valide e indiscutibili. Gli spiriti deboli, limitati, che non trovano in sé le forse di un’opera ricostruttrice, si fermano a contemplare le rovine, e credono, di fronte alla caduta dell’edificio secolare, impossibile impresa l’erezione di un altro novello e più forte.
Ma quelli, che non sanno acquetarsi nell’inoperoso e sfiduciato scetticismo, sentono, nello spettacolo stesso della rovina, un irresistibile e più alacre impulso a proseguire l’opera, cercando un punto fermo e stabile, sul quale la ragione possa arrestarsi, per trovarvi più resistente fondamento.
Dubbio e ricerca sono fratelli inseparabili: lo stesso nome di scetticismo, che significa il dubbio esteso a tutti gli oggetti e le forme dell’attività intellettuale e pratica, nella sua derivazione da σκéψις, ricerca, esame, dimostra l’intimo collegamento del dubbio con l’impulso all’indagine.

[…] Dallo stesso dubbio […] esce la critica profonda di Socrate, che non ha solo intento demolitore, ma, sopra tutto, ricostruttore. Senza il dubbio sulla validità delle opinioni tradizionali e volgari, questa critica non sarebbe sorta, e non avrebbe la filosofia greca potuto vantare la sua più meravigliosa fioritura in Platone ed Aristotele. Quella condizione di spirito, così comune anche ai giorni nostri nella più gran parte degli uomini, per cui vengono passivamente subìte e mantenute idee ed opinioni di cui non si conosce né si è mai sentito il bisogno di indagare l’origine e la validità, onde a errori e pregiudizi e nozioni il sentimento più che la ragione conferisce autorità di legge e forza di reggere il mondo, era carattere distintivo della società e del tempo di Socrate.
I sofisti avevano già scossa questa cieca fidanza, ma sostituendo alla incosciente credenza lo scetticismo: Socrate, che vuol raggiungere invece una convinzione consapevole e razionale, richiama gli uomini alla conoscenza di se stessi, che per lui significa revisione critica delle proprie idee ed opinioni e conseguente purificazione del pensiero dalle contraddizioni.
Tale è il Socrate che l’Apologia platonica ci rappresenta: un assiduo scrutinatore di tutti, che, nel fare l’esame del pensiero altrui, vuol compiere anche quello del proprio per raggiungere insieme con gli altri l’intento della liberazione dall’errore. […] E il punto di partenza, per tutto questo lavoro di critica era per Socrate il dubbio, che, dal pensiero proprio, al quale era stimolo di ricerca, egli voleva comunicare all’altrui, per indurre anche negli altri quell’abito dell’assidua indagine e verifica, che gli era proprio […].
Ma che cos’è questo dubbio di Socrate, e qual è la sua distinzione dal dubbio scettico dei sofisti? […] Come assai bene nota lo Zeller, i sofisti avevano ingenerato una disposizione generale al dubbio: ma tale disagiata condizione degli spiriti rendeva necessaria la ricerca di un metodo.
I sofisti avevano fatto cadere le convinzioni tradizionali e gli antichi sistemi filosofici, rivelandone la imprecisione di concetti e le contraddizioni latenti; ma risultando in tal modo che la debolezza delle opinioni comuni e dei sistemi dogmatici era nel difetto di metodo, si rendeva palese la necessità di un metodo dialettico, il quale eliminasse le contraddizioni con rendere più chiari ed esatti i concetti. La riflessione critica diventava così il compito del pensiero filosofico.
Cosicché Socrate non dà un insegnamento formale, non impartisce lezioni, non fa l’esposizione dottrinale delle proprie opinioni; ma esamina le proprie e le altrui e sospinge i discepoli sulla via di questa revisione critica.
Ecco la differenza tra il suo dubbio e quello dei sofisti: egli sa, al pari di questi, che l’opinione comune o il dogmatismo dei filosofi precedenti si infrangono contro gli scogli della contraddizione; ma non conclude per ciò, con i sofisti, che la scienza sia assolutamente impossibile; sì bene soltanto che saprebbe ritrovarsi per quella via, e che una revisione del metodo si impone. Il dubbio, che gli altri portavano sulla possibilità della scienza, egli trasporta invece sulla legittimità del metodo; la conclusione negativa converte in conclusione critica, proclamando la necessità di sottoporre a revisione ogni opinione, per antica ed autorevole che sia, per eliminarne le contraddizioni, correggerla, completarla, determinarla con esattezza maggiore.
l dubbio e la riflessione, che nella sofistica erano stati strumento di distruzione dell’antica filosofia, diventano così con Socrate il punto di partenza della filosofia nuova, e l’impulso al maggior fiore del pensiero speculativo in Grecia.

Rodolfo Mondolfo, Il dubbio metodico e la storia della filosofia. Prolusione a un corso libero di storia della filosofia nell’Università di Padova, con Appendice storico-critica, Fratelli Drucker, Padova-Verona 1905, pp. 7-14.


indicepresentazioneautoresintesi

Questo saggio nasce dall’esigenza di ridiscutere due problemi che si pretendono già risolti: l’antico problema del “miracolo greco”, che voleva spiegare l’origine del pensiero filosofico e scientifico in Grecia contrapponendolo semplicisticamente ad un “mondo orientale”, anch’esso a sua volta schematizzato e semplificato, e rispetto al quale esso sarebbe nato del tutto eccezionalmente e sorprendentemente; e il problema del passaggio della riflessione greca antica dalla considerazione del cosmo, da riflessioni naturalistiche, fisiche ed astronomiche, alle riflessioni sul mondo morale dell’uomo: dal “naturalismo” all’“umanesimo”.
Mondolfo capovolge questi due vecchi, veri e propri, luoghi comuni, criticando la vecchia tesi che voleva l’affermarsi delle prime teorie morali come derivazioni da teorie astrologiche e biologiche. Al contrario, per lui le credenze astrologiche sono causa e non effetto delle osservazioni dei fenomeni celesti, e non nascono da un interesse teorico, ma dagli interessi pratici della vita dell’uomo. E questo vale anche per l’elaborazione di teorizzazioni razionali di concetti come destino, legge universale, giustizia, male, necessità, e quindi anche degli stessi concetti di natura e cosmo, concetti con i quali i primi filosofi greci passavano dal mondo mutevole e frammentario delle proprie esperienze di vita vissuta all’elaborazione teorica ed alla costruzione dei primi sistemi filosofici.


indicepresentazioneautoresintesi

In queste pagine si afferma il principio che le concezioni della natura svolte dai presocratici sono il risultato della proiezione dei problemi del mondo umano sull’universo fisico: è da respingere l’opinione per cui il pensiero filosofico all’inizio si sarebbe occupato esclusivamente dei problemi più lontani, relativi all’origine, alla formazione e alla costituzione del cosmo e solo in tempi più recenti avrebbe rivolto la propria attenzione a quelli più vicini, cioè ai problemi relativi all’uomo. Pur non essendo una delle opere fondamentali del Mondolfo, questo libro è però una delle sue opere più significative: vi si possono trovare i principali motivi che ne caratterizzano il pensiero. Ha messo in evidenza le tendenze poliedriche dello spirito ellenico e la varietà e il contrasto delle sue manifestazioni nel pensiero dei filosofi greci, dimostrando come negli scritti di alcuni di essi si possa trovare il riconoscimento esplicito dell’importanza del soggetto umano nella gnoseologia, nell’etica e nella teoria delle creazioni culturali. In questo libro vengono inoltre indicati altri precedenti della filosofia della cultura: in Platone, in Aristotele, in Tommaso d’Aquino, nei filosofi del Rinascimento, in quelli dell’età moderna fra i quali Vico, Hegel e gli idealisti. La concezione della filosofia come «problematicità» non porta mai Mondolfo alla conclusione sconsolata del problematicismo e neppure alla conclusione degli scettici che proclamano la sterilità e la vanità dell’indagine filosofica. Al contrario conduce ad una conclusione fiduciosa: il lavoro filosofico contribuisce a rendere la coscienza dei problemi sempre più chiara e profonda.


indicepresentazioneautoresintesi

 La formazione dell’ideale filosofico costituisce un momento di grande importanza nella storia dell’etica greca e forma il vincolo più intimo ed essenziale di continuità sia tra la riflessione morale più antica e l’indagine naturalistica che caratterizza fin da principio la filosofia presocratica, sia, più tardi, fra questo naturalismo e l’umanesimo di Socrate. Secondo l’idea tradizionale derivata da Cicerone, la filosofia, che fino allora avrebbe rivolto al cielo la sua contemplazione, con Socrate soprattutto, l’abbasserebbe verso la terra e l’uomo. In realtà, anche l’interesse conoscitivo verso la natura che appare al principio della filosofia greca ubbidiva a motivi essenzialmente umani, costituiti soprattutto da un’esigenza profondamente etica e religiosa, che sorgeva da un nuovo concetto dell’uomo e del suo fine. Per la tradizione anteriore l’uomo, mortale e limitato, doveva pensare unicamente cose umane, cioè limitate e mortali, rinunciando alle divine, che si dichiaravano privilegio degli dèi, difeso dalla loro gelosia. Nell’attribuire all’uomo la capacità di pensare alle cose divine, e nel farlo in tal modo partecipe del divino, convertiva in un’obbligazione sacra per lui quello che la saggezza anteriore gli vietava come insolenza (hybris) ed empietà. La filosofia pertanto diviene per i moralisti greci la forma più eccellente ed efficace di purificazione spirituale (catharsis); e l’attività del filosofo rappresenta – come ci mostra nella Repubblica platonica l’allegoria della caverna – una missione di illuminazione e liberazione. Socrate personificò questa missione, nella sua vita e nella sua morte.


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L’impossibilità d’intendere appieno la posizione storica, il valore e l’efficacia dell’opera di uno scrittore, senza penetrarne l’anima e la vita, è di solito meno sentita per i filosofi che per gli artisti; ma s’illumina di singolare evidenza nel caso di Rousseau, che in sé raccoglie l’artista e il filosofo insieme, in inscindibile unità. La lotta, ch’egli ha intrapresa, è diretta contro la cultura che resta esteriore allo spirito e lo soffoca; non contro lo sviluppo attivo dello spirito, cui anzi vuol restituire la sua libertà e dignità: è rivendicazione dell’interiorità, non negazione della humanitas. La dignità della natura umana è anzi da lui fortemente sentita ed affermata. Combattere gli abusi alle loro radici, ecco l’intento; non ripudiare i valori umani. Rivendicazione, non ripudio di essi è la critica della cultura corrotta e superficiale, che sacrifica alle apparenze la sostanza, alla moda e al successo la vera grandezza intellettuale e morale. Rousseau oltre all’intelletto indica in «quell’altra facoltà infinitamente più sublime, eppur mai contata per nulla», cioè nel sentimento, la vera via e l’essenza dell’interiorità che egli rivendica: ecco il punto centrale della sua filosofia. Qui la sorgente del suo appassionato amore per la natura; qui la sua profonda differenza dagli enciclopedisti, che pur di natura tanto parlavano; qui la fonte viva delle sue dottrine psicologiche e pedagogiche, religiose e morali, sociali e politiche; qui la spiegazione dell’immensa azione esercitata da lui su tutta la filosofia posteriore e sulla coscienza moderna. La sincerità del sentimento è un fine che la natura ci indica, assai più che la coerenza logica. Rousseau è il vero fondatore del moderno principio di libertà, inteso quale esigenza di dignità umana; nella libertà di Rousseau la personalità è innalzata al suo valore di fine in sé; e in quanto è, e deve essere fine, si proclama la sua irriducibilità alla posizione di mezzo per il raggiungimento di finalità esteriori.


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Copertine e schede editoriali (341-350) – Arianna Fermani, Marino Gentile, Maurizio Migliori, Luca Grecchi, Rodolfo Mondolfo, Salvatore A. Bravo, Claudia Baracchi, Diego Lanza, Carmelo vigna, Gherardo Ugolini, Massimo Stella, Daniele Orlandi, Roberto Fumagalli.

341-350

341
Arianna Fermani, «Senza la speranza è impossibile trovare l’insperato». La speranza “antica”, tra páthos e areté.
ISBN 978-88-7588-258-7, 2020, pp. 48, formato 140×210 mm., Euro 7 – Collana “Il giogo” [113]. In copertina: Joan Miró, La speranza, 1946.

342
Marino Gentile, Il problema della filosofia moderna.
ISBN 978-88-7588-260-0, 2020, pp. 144, formato 140×210 mm., Euro 15 – Collana “Il giogo” [114]. In copertina: Maurits Cornelis Escher, Mano con sfera riflettente (Autoritratto nello specchio sferico), 1935.

343
Maurizio Migliori, Luca Grecchi, Tra teoria e prassi. Riflessioni su una corsa ad ostacoli. Introduzione di Carmelo Vigna.
ISBN 978-88-7588-262-4, 2020, pp. 144, formato 140×210 mm., Euro 15 – Collana “Il giogo” [115]. In copertina: Paul Klee, Revolution des Viaducts (Rivoluzione del viadotto), 1937. Hamburger Kunsthalle, Amburgo.

344
Rodolfo Mondolfo, Alle origini della filosofia della cultura. Introduzione di Renato Treves.
ISBN 978-88-7588-264-8, 2020, pp. 224, formato 140×210 mm., Euro 20 – Collana “Il giogo” [116]. In copertina: La Metopa di Atlante del Tempio di Zeus a Olimpia (460-450 a.C. circa). Olimpia, Museo Archeologico.

345
Salvatore A. Bravo, L’umanesimo integrale di Massimo Bontempelli. Filosofia Storia Pedagogia.
ISBN 978-88-7588-176-4, 2020, pp. 128, formato 170×240 mm., Euro 15 – Collana “Il giogo” [117]. In copertina: Paul Klee, Einst dem Grau der Nacht enttaucht … (Dapprima innalzatosi dal grigiore della notte …), 1918, Berna, Kunstmuseum.

346
Claudia Baracchi, Filosofia antica e vita effimera. Migrazioni, trasmigrazioni e laboratori della psiche.
ISBN 978-88-7588-245-7, 2020, pp. 112, formato 140×210 mm., Euro 15 – Collana “Il giogo” [111]. In copertina: Scultura Gandhara.

347
Diego Lanza, Lo stolto. Di Socrate, Eulenspiegel, Pinocchio e altri trasgressori del senso comune. Prefazione di M. Stella: La storia incantata. Diego Lanza narratore e antropologo dello ‘stolto’. Postfazione di G. Ugolini: Del ridere e del conoscere: la stultitia secondo Diego Lanza.
ISBN 978-88-7588-255-6, 2020, pp. 448, formato 140×210 mm., Euro 35 – Collana “Il giogo” [118]. In copertina: Anonimo, Il mondo sotto il berretto del matto, 1600 ca. Norimberga, Germanisches Nationalmuseum.

348
Daniele Orlandi, Scrivere il risentimento. Su Jean Améry.
ISBN 978-88-7588-259-4, 2020, pp. 112, formato 130×200 mm., Euro 12. In copertina: Giuditta Tanese, Ritratto di Jean Améry, 2019.

349
Rodolfo Mondolfo, Moralisti greci. La coscienza morale da Omero a Epicuro.
ISBN 978-88-7588-266-2, 2020, pp. 192, formato 140×210 mm., Euro 20 – Collana “Il giogo” [121]. In copertina: J.-L. David, La morte di Socrate (particolare), 1786-1787. New York, The Metropolitan Museum of Art.

350
Roberto Fumagalli, Carlo Michelstaedter. Filosofo, poeta e mistico.
ISBN 978-88-7588-232-7, 2020, pp. 344, formato 140×210 mm., Euro 30 – Collana “Il giogo” [119]. In copertina: Carlo Michelstaedter, Autoritratto.



M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Rodolfo Mondolfo (1887-1976) – Moralisti greci. La coscienza morale da Omero a Epicuro

Rodolfo Mondolfo, Moralisti greci
Rodolfo Mondolfo

Moralisti greci. La coscienza morale da Omero a Epicuro

ISBN 978-88-7588-266-2, 2020, pp. 192,Euro 20 – Collana “Il giogo” [121]

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La formazione dell’ideale filosofico costituisce un momento di grande importanza nella storia dell’etica greca e forma il vincolo più intimo ed essenziale di continuità sia tra la riflessione morale più antica e l’indagine naturalistica che caratterizza fin da principio la filosofia presocratica, sia, più tardi, fra questo naturalismo e l’umanesimo di Socrate. Secondo l’idea tradizionale derivata da Cicerone, la filosofia, che fino allora avrebbe rivolto al cielo la sua contemplazione, con Socrate soprattutto, l’abbasserebbe verso la terra e l’uomo. In realtà, anche l’interesse conoscitivo verso la natura che appare al principio della filosofia greca ubbidiva a motivi essenzialmente umani, costituiti soprattutto da un’esigenza profondamente etica e religiosa, che sorgeva da un nuovo concetto dell’uomo e del suo fine. Per la tradizione anteriore l’uomo, mortale e limitato, doveva pensare unicamente cose umane, cioè limitate e mortali, rinunciando alle divine, che si dichiaravano privilegio degli dèi, difeso dalla loro gelosia. Nell’attribuire all’uomo la capacità di pensare alle cose divine, e nel farlo in tal modo partecipe del divino, convertiva in un’obbligazione sacra per lui quello che la saggezza anteriore gli vietava come insolenza (hybris) ed empietà. La filosofia pertanto diviene per i moralisti greci la forma più eccellente ed efficace di purificazione spirituale (catharsis); e l’attività del filosofo rappresenta – come ci mostra nella Repubblica platonica l’allegoria della caverna – una missione di illuminazione e liberazione. Socrate personificò questa missione, nella sua vita e nella sua morte.


Rodolfo Mondolfo (1887-1976) – Che cosa è la rivendicazione della humanitas
Rodolfo Mondolfo (1877-1976) – Una rivoluzione non è un atto momentaneo di violenza. È la sostituzione di nuove forme di vita e d’azione alle precedenti: di forme che debbono costantemente mantenersi ed attuarsi, e richiedono per ciò un orientamento nuovo e deciso degli spiriti
Rodolfo Mondolfo (1887-1976) – Alle origini della filosofia della cultura
Rodolfo Mondolfo (1887-1976) – Il vero maestro non è un somministratore di conoscenze, ma uno svegliatore di spiriti. La forma necessaria dell’indagine è il dialogo con se stessi e con gli altri. La libertà del pensiero e della sua espressione sono elemento e condizione imprescindibili per la realizzazione del fine che si impone a tutti in comune.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Rodolfo Mondolfo (1887-1976) – Il vero maestro non è un somministratore di conoscenze, ma uno svegliatore di spiriti. La forma necessaria dell’indagine è il dialogo con se stessi e con gli altri. La libertà del pensiero e della sua espressione sono elemento e condizione imprescindibili per la realizzazione del fine che si impone a tutti in comune.

Rodolfo Mondolfo, Moralisti greci

Con Socrate ci troviamo  davanti ad uno degli esempi più eloquenti della cosiddetta «contemporaneità della storia». Questo momento storico non solo sveglia nel nostro spirito un interesse sempre vivo, caratteristico di quanto ha contribuito alla formazione della nostra coscienza e conserva pertanto la sua vitalità nel profondo di essa, ma inoltre, in questo caso, è presente e attivo perché anche ora risponde, e sempre risponderà, a problemi ed esigenze incancellabili, perché sono intrinseci alla vita stessa dello spirito.

Il principio di scrutare incessantemente se stesso per conoscersi intellettualmente e moralmente, per avvertire le proprie mancanze spirituali e migliorarsi mediante tale continuo esame di coscienza, costituisce una perenne e imprescindibile esigenza conoscitiva ed etica. Elevato a norma di tutta la vita, per l’esigenza dell’unità tra teoria e pratica, conferisce all’esistenza umana una incomparabile serietà e nobiltà; e insieme porta l’uomo ad acquistare coscienza del legame tra il suo proprio perfezionamento interiore e quello degli altri, cioè della propria obbligazione morale di collaborare al perfezionamento spirituale del prossimo. Così sorge la concezione della vita come missione di bene e si afferma l’imperativo categorico di quella specie di discesa agli inferi di cui parlavano gli orfici, per purificare, liberare e salvare dagli errori e dalle colpe gli spiriti degli altri. In ciò consiste la concezione religiosa della vita professata da Socrate, che è l’esigenza del compimento di un dovere che sorge da un imperativo categorico interiore e si deve realizzare anche a costo della stessa vita.

Ma questo dovere di purificazione e illuminazione, che è soprattutto il compito del maestro, non si compie realmente sopra le intelligenze e coscienze altrui se non svegliandone e stimolandone l’attiva cooperazione. Il vero maestro non è un somministratore di conoscenze, ma uno svegliatore di spiriti, il quale nell’atto stesso di esercitare la sua funzione illuminatrice ammette anche la reciprocità di tale azione e accetta la possibilità di essere confutato non meno che quella di confutare gli altri. Così come nel colloquio con se stesso compie un autoesame che è una autopurificazione continua, nel colloquio con gli altri realizza un mutuo esame che è una costante purificazione reciproca e comune. La forma necessaria dell’indagine è pertanto il dialogo: dialogo con se stesso e dialogo con gli altri, nel quale ogni interlocutore deve intervenire attivamente; e la libertà del pensiero e della sua espressione sono elemento e condizione imprescindibili per la realizzazione del fine che si impone a tutti in comune.

Questa esigenza di attività e libertà è quindi l’imperativo fondamentale della pedagogia socratica; l’unico imperativo che può portare l’educazione alla conquista attiva e reale della scienza e della moralità; di una scienza che è guida della vita, di una moralità che è autonomia, legge interiore o voce della coscienza. Inoltre, nella mutua cooperazione che questa educazione implica tra maestro e discepolo, e parimenti tra tutti i membri della comunità umana, questa esigenza di libertà è altresì un’esigenza di amore, la cui scienza Socrate si vantava di possedere a fondo, mentre diceva di ignorare tutte le altre belle e felici scienze. Tale esigenza di amore era, naturalmente, esclusione di ogni principio di odio o di vendetta (ricambiare male con male) che, in quanto realizzazione del male e dell’ingiustizia, può significare soltanto un peggioramento e non la purificazione del proprio spirito e insieme dell’altrui.

In tal modo Socrate associava alla dotta ignoranza, o coscienza permanente dei problemi, unica fonte del progresso conoscitivo, il superamento dell’odio e l’affermazione dell’amore e della solidarietà umana, che, mediante il riconoscimento della libertà spirituale di ciascuno, procurava la cooperazione di tutti nello sforzo di raggiungere il fine comune. Fine umano per eccellenza, cioè l’elevazione intellettuale e morale che costituisce il vero bene e l’intima soddisfazione di ciascuno e di tutti, legge di autonomia e fonte della vera felicità.

Di tutte queste esigenze, che finché l’umanità esista sono e saranno sempre una necessità e un imperativo categorico, Socrate è stato, nel pensiero e nell’azione, una personificazione incomparabile: in ciò consiste la perennità del suo insegnamento.

Rodolfo Mondolfo, Moralisti greci. La coscienza morale da Omero a Epicuro, Riccardo Ricciardi editore, Milano-Napoli, MCMLX. In corso di stampa la nuova edizione a cura di Petite Plaisance.

Rodolfo Mondolfo (1887-1976) – Che cosa è la rivendicazione della humanitas
Rodolfo Mondolfo (1877-1976) – Una rivoluzione non è un atto momentaneo di violenza. È la sostituzione di nuove forme di vita e d’azione alle precedenti: di forme che debbono costantemente mantenersi ed attuarsi, e richiedono per ciò un orientamento nuovo e deciso degli spiriti
Rodolfo Mondolfo (1887-1976) – Alle origini della filosofia della cultura
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Rodolfo Mondolfo (1887-1976) – Alle origini della filosofia della cultura

Rodolfo Mondolfo, Alle origini della filosofia della cultura

Rodolfo Mondolfo

Alle origini della filosofia della cultura

Introduzione di Renato Treves

ISBN 978-88-7588-264-8, 2020, pp. 224

indicepresentazioneautoresintesi

In queste pagine si afferma il principio che le concezioni della natura svolte dai presocratici sono il risultato della proiezione dei problemi del mondo umano sull’universo fisico: è da respingere l’opinione per cui il pensiero filosofico all’inizio si sarebbe occupato esclusivamente dei problemi più lontani, relativi all’origine, alla formazione e alla costituzione del cosmo e solo in tempi più recenti avrebbe rivolto la propria attenzione a quelli più vicini, cioè ai problemi relativi all’uomo. Pur non essendo una delle opere fondamentali del Mondolfo, questo libro è però una delle sue opere più significative: vi si possono trovare i principali motivi che ne caratterizzano il pensiero. Ha messo in evidenza le tendenze poliedriche dello spirito ellenico e la varietà e il contrasto delle sue manifestazioni nel pensiero dei filosofi greci, dimostrando come negli scritti di alcuni di essi si possa trovare il riconoscimento esplicito dell’importanza del soggetto umano nella gnoseologia, nell’etica e nella teoria delle creazioni culturali. In questo libro vengono inoltre indicati altri precedenti della filosofia della cultura: in Platone, in Aristotele, in Tommaso d’Aquino, nei filosofi del Rinascimento, in quelli dell’età moderna fra i quali Vico, Hegel e gli idealisti. La concezione della filosofia come «problematicità» non porta mai Mondolfo alla conclusione sconsolata del problematicismo e neppure alla conclusione degli scettici che proclamano la sterilità e la vanità dell’indagine filosofica. Al contrario conduce ad una conclusione fiduciosa: il lavoro filosofico contribuisce a rendere la coscienza dei problemi sempre più chiara e profonda.


Indice

Introduzione di Retano Treves

Rodolfo Mondolfo e la filosofia della cultura

Prefazione di R. Mondolfo alla prima edizione argentina

Capitolo Primo

Natura e cultura alle origini della filosofia
L’anteriorità della filosofia della natura rispetto a quella dell’uomo e della cultura
Il problema gnoseologico di Joël e il suo approfondimento
La mitologia antropomorfica e l’origine dell’idea di legge
L’opinione di Werner Jaeger
La legalità nella natura e il suo primo carattere normativo
La proiezione delle relazioni umane nel cosmo e sue conseguenze
Anassimandro: insufficienza delle interpretazioni già date
Anassimandro: ingiustizia ed espiazione.
Confronto con Eraclito
Spiegazione più completa.
Genesi del concetto di necessità causale e della legge di misura
La legge naturale come fondamento e inquadramento dell’umano
Il contributo delle scuole mediche.
L’associazione del determinismo al finalismo
Le applicazioni alla vita spirituale e sociale dell’uomo.
Sovrapposizione della natura alla cultura e soffocazione della filosofia della cultura iniziata dai sofisti.
L’eredità trasmessa al Rinascimento e all’Età Moderna

Capitolo Secondo
Suggerimenti della tecnica nelle concezioni dei naturalisti presocratici
Appendice:
Il significato gnoseologico del ricorso alla tecnica per l’interpretazione della natura


Capitolo Terzo
Platone e il concetto unitario di cultura umana

Capitolo Quarto
Lavoro manuale e lavoro intellettuale dall’antichità al Rinascimento

Capitolo Quinto
Origine e significato del concetto di cultura umanistica

Capitolo Sesto
Storia e filosofia


Rodolfo Mondolfo (1887-1976) – Che cosa è la rivendicazione della humanitas
Rodolfo Mondolfo (1877-1976) – Una rivoluzione non è un atto momentaneo di violenza. È la sostituzione di nuove forme di vita e d’azione alle precedenti: di forme che debbono costantemente mantenersi ed attuarsi, e richiedono per ciò un orientamento nuovo e deciso degli spiriti

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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