Silvia Fazzo – Alexander Arabus. Studi sulla tradizione araba dell’aristotelismo greco. L’eredità del pensiero greco non può essere interamente compresa senza lo studio della tradizione araba.

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Silvia Fazzo

Alexander Arabus

Studi sulla tradizione araba dell’aristotelismo greco

Prefazione di Marwan Rashed

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ISBN 978-88-7588-220-4, 2018, pp. 256, formato 140×210 mm., Euro 30 – Collana “Il giogo” [87]. In copertina: Frammenti dal commento perduto di Alessandro di Afrodisia al De Generatione et corruptione di Aristotele. Bibliothèque Nationale de France, Ms. Parisinus Arabus 5099, f° 130b.

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  Alexander Arabus è una raccolta di studi sulla recezione araba di Alessandro di Afrodisia. Nella tradizione araba, Alessandro affiancò Aristotele fin dal IX secolo. Sotto il suo nome circolarono non solo adattamenti e traduzioni arabe delle sue opere, ma anche libere attribuzioni ispirate al suo ruolo di interprete. Così ampliato, il corpus arabo attribuito ad Alessandro esercitò un ruolo di mediazione fra il patrimonio della tradizione aristotelica greca e l’emergenza di una nuova cultura egemone nell’area mediorientale. Fu per questo tramite che presto Aristotele giunse in Occidente. Alexander Arabus ricorda così che l’eredità del pensiero greco non può essere interamente compresa senza lo studio della tradizione araba.

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Il libro Lambda della Metafisica di Aristotele

 

Il libro Lambda della Metafisica di Aristotele

Il libro Lambda della Metafisica di Aristotele

 


Commento al libro Lambda della Metafisica di Aristotele

Commento al libro Lambda della Metafisica di Aristotele

Commento al libro Lambda della Metafisica di Aristotele

Bibliopolis

La concezione aristotelica dei principi trova nel libro Lambda della Metafisica la sua esposizione più completa ed esauriente. La comprensione del libro però non è un processo lineare: richiede, fra l’altro, che si faccia in qualche modo tabula rasa della tradizione esegetica. Di qui, la scelta di aderire al dettato preciso del testo, dopo averlo restituito in edizione critica nel corso del precedente volume (LXI-1, 2012). Su questa base, il commento si è svolto quanto possibile ex novo. Come esito, il libro Lambda acquista compiutezza formale, dal primo all’ultimo capitolo e si valorizza l’unità di svolgimento, Si evidenzia poi fin dall’inizio la coerenza d’intenti con altri dei libri che oggi chiamiamo Metafisica, cui Lambda si connette in una trama di continuo ripensamento: Lambda appare così, non bozza ante litteram, né percorso alternativo, ma parte integrante e compimento di uno stesso progetto scientifico, in concorrenza con le teorie accademiche e presocratiche dei principi.

 


Aporia e sistema.

La materia, la forma, il divino nelle Quaestiones di Alessandro di Afrodisia

Aporia e sistema. La materia, la forma, il divino nelle Quaestiones di Alessandro di Afrodisia

Aporia e sistema.

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“Aporiai kai lyseis”, “aporie e soluzioni”: questo è il titolo che porta in greco la raccolta delle cosiddette “Quaestiones” di Alessandro di Afrodisia (l’Esegeta di Aristotele per eccellenza). Sono brevi opuscoli di carattere specialistico, sovente frammentari o poco rifiniti nella redazione, ma significativi dal punto di vista dottrinale, per il fatto stesso che attestano una fase travagliata e non ancora dogmatica nella storia dell’aristotelismo. Analizzati qui nel loro dettato letterale e nel loro contesto problematico, gli opuscoli lasciano emergere tendenze e tensioni intrinseche alla tradizione esegetica dei testi di Aristotele, e documentano il ruolo ed il metodo dell’attività di Alessandro nel conferire coerenza e compiutezza all’aristotelismo come sistema dottrinale. Al centro della presente ricerca sono in particolare alcuni temi cruciali: la relazione fra forma e materia, il problema della materialità e della fisicità dei corpi celesti, l’azione provvidenziale e ‘divina’ esercitata dai movimenti celesti sul mondo sublunare.

 

Alessandro di Afrodisia, placchetta del XVI secolo, Bode-Museum

Alessandro di Afrodisia, placchetta del XVI secolo, Bode-Museum


La provvidenza

Alessandro di Afrodisia, La provvidenza


Silvia Fazzo – La concezione aristotelica dei principi trova nel libro Lambda della Metafisica la sua esposizione più completa ed esauriente. La comprensione del libro però non è un processo lineare: richiede, fra l’altro, che si faccia in qualche modo tabula rasa della tradizione esegetica.

Silvia Fazzo – Grazie Mario Vegetti! Per la lucidità luminosa delle tue intuizioni. Amavi la vita per tutto ciò che ha di più vero. Hai formato una intera generazione di allievi e di allievi degli allievi.



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Salvatore Antonio Bravo – Commento alla parola «inter-esse», di Karel Kosík. Resistere è possibile: l’essere umano può non piegare la schiena dinanzi alla vita offesa.

Karel Kosík

Cop_183Linda Cesana. Costanzo Preve,
Filosofia della verità e della giustizia. Il pensiero di Karel Kosík

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La Filosofia ha i suoi “eroi”, uomini “cosmici”.
I quali, con la loro resistenza, con la coerenza con cui sanno saldare  vita che conducono e gli ideali che professano, dimostrano che un altro modo di vivere è possibile, che la vita è al plurale. L’inautentico non è un destino, è solo la reificazione che si manifesta nella storia, specie in alcuni periodi.
Vorrebbero – in questi decenni difficili – convincerci che al nichilismo reificante non vi è alternativa, che l’essere umano è un ente tra gli enti, infinitamente addomesticabile e manipolabile. Un essere umano senza natura, senza materia, senza forma. Le contro-riforme a cui assistiamo – spesso collettivamente impotenti – non sono il fatale andamento della storia, ma periodi di caduta oltre i quali vi è l’infinito trascendere degli eventi. L’ipostatizzazione degli attuali decenni ha un effetto depressivo sui popoli, su ciascuno: la vita, offesa, ci appare esperienza intrascendibile nella storia di ciascuno. La speranza concreta, distante, quasi impensabile.
La trappola a cui sottrarci è l’impossibilità nel pensare anche semplicemente che la resistenza sia possibile. La solitudine e l’ostracismo sociale funzionano nel chiasso mediatico da censura, da violenza marginalizzante verso la parola ed il logos che vuole ancora porre domande profonde. I parametri con cui leggere questi anni potrebbero esprimersi nelle parole: possibile/impossibile. Sembra impossibile proporre un’alternativa altra all’incultura dell’immediatezza, delle pubbliche opinioni, all’uso del cattivo infinito delle tecnologie. Tutto pare debba accadere in modo inevitabile purché il mercato, divinità sregolata, possa vivere. La parola possibile, in quanto dialettica, tensione della parola – la quale, nel suo disporsi teoretico, si sporge verso un oltre concreto – è invece esorcizzata come un male assoluto.
Il nichilismo del capitalismo globalizzato ha dunque i suoi assoluti posticci ed acritici. Regna l’assoluto della riduzione della quantificazione: quest’ultima non ha parole, ma solo algoritmi di controllo e sollecitazione a produrre prestazioni empiriche, le quali debbono produrre, a loro volta, quantità rilevanti. È l’eterno ritorno, il mito di Sisifo realizzato compiutamente.
L’inumano è l’imperio della finanza quantificatrice.
Il soggetto della storia è la neolingua della quantificazione, macchina dell’autoproduzione di se stessa. Essa pertanto si spinge a quantificare porzioni di tempo sempre più inaudite per il mondo della vita, che è così diviso, spazializzato nel cattivo infinito che vorrebbe il suo annichilimento.
La quantificazione cerca il suo trionfo nell’eliminazione della vita, terribile variabile, poiché sfugge ad ogni controllo, porta con sé il vuoto metafisico, l’ontologia del non ancora ovvero l’essere della prassi.
Assistiamo dunque al concreto disporsi nel quotidiano di processi di negazione della vita. La sollecitazione a produrre per la finanza consumi infiniti è l’obiettivo della lingua della quantità: sottrarre la qualità, la dialettica della domanda per restituire un mondo reificato e quantitativamente controllato. Lo smart è il mezzo, ovunque e inconsapevolmente spiati, i dati raccolti vorrebbero orientare scelte, sollecitare consumi, essere predittivi per formare personalità da rinchiudere in una caverna onirica.
Il consumo divenuto l’ideale, la rappresentazione del mondo appare come un’immensa successione di baccanali.
Naturalmente la caverna insegna la cultura dell’attimo, del segmento, per cui impedisce la visione pensata, attiva della struttura, della totalità. La domanda profonda dev’essere neutralizzata dall’eccesso, stile Trimalcione nel Satyricon di Petronio. Lo schiavo inconsapevole dev’essere ridotto a pura vita biologica dai bisogni indotti.
La condizione umana affermava Karel Kosík, autore di Dialettica del concreto, è esprimibile nella parola inter-esse, ovvero l’essere umano è tra la finitudine e l’infinito. Karel Kosík è testimonianza che la resistenza è possibile, ha attraversato le violenze del secolo breve, ha vissuto l’esperienza dei campi di concentramento nazista di Terezìn, come il tradimento del comunismo realizzato, fino alla svolta del capitalismo assoluto. Da spada piantata nella roccia è rimasto fedele alla domanda profonda. Filosofo di difficile determinazie, è oggetto di silenziosa censura per la testimonianza vivente che resistere è possibile, che l’essere umano può non piegare la schiena dinanzi alla vita offesa.
La parola inter-esse, è l’immagine della sua vita e della sua Filosofia, della sua opposizione mediata dal simbolico.
Attraverso tale parola immagine, Karel Kosík invita a pensare alle violenze della storia, alla negazione dell’essere umano. Ogni sistema che nega la prassi, ovvero l’essere, per Karel Kosìk nega l’umanità che nella storia pone invece l’essere, è essa stessa portatrice dell’essere che manifesta nel quotidiano, nei suoi difficili percorsi di consapevolezza, nel confrontarsi con la sua finitudine, con le sue resistenze al cambiamento. La prassi storica è sottratta al relativismo storicistico, in quanto attraverso la dialettica si può discernere la contingenza dalle verità. La storia non è il teatro della realizzazione nichilistica delle opinioni che semplicemente si succedono, in cui le opinioni divengono le assassine delle precedenti, nel caos dell’assenza della verità.
La storia è il luogo dell’infinito, dove l’umanità fa esperienza di sé, ovvero acquisisce consapevolezza di verità metastoriche. Karel Kosìk credeva razionalmente nel fondamento veritativo della Filosofia. La Filosofia mediatica non può certo tollerare nei suoi salotti la Filosofia che indica il percorso per uscire dalla caverna, che si sottrae al fatale abbraccio con la scienza. Vorrebbe una filosofia (con la effe minuscola) da bacio perugina. Si comprende la motivazione dell’assenza del Filosofo cecoslovacco dal dibattito culturale. L’epoca in cui tutto dev’essere ridotto a poietica produzione non può tollerare Filosofia della prassi. La poietica, la sola produzione materiale, qualifica l’essere umano come semplice ente senza storia, Homo oeconomicus, senza verità, nichilismo realizzato, essere consumante che trascorre i suoi giorni nella solo consumo reificante. La poietica nega l’essere umano come inter-esse, per coartarlo nel finito, per confinarlo nella quantificazione senza prospettive, senza storia. Redige colonne d’Ercole. L’esperienza storica naturalizzata diviene, così, essa stessa, priva di senso, senza parole. Si nega all’essere umano la facoltà di leggere la sua esperienza storica per consegnarlo al mercato, al nulla delle mercificazioni e delle reificazioni. La parola inter-esse nella lettura di Karel Kosík ci mostra la negazione a cui siamo posti, i pericoli a cui è esposta l’umanità umiliata. In essa vi è anche l’argomentativa verità della storia, ovvero quest’ultima dimostra che malgrado le cadute nella reificazione, l’umanità è portatrice dell’essere, possibilità che la rende umana, che le appartiene ontologicamente. Il fondamento ontologico della prassi dialetticamente dimostrato, e non solo intuito, rende palese che la storia non è terminata, ma riposa in noi, nella nostra misteriosa motivazione a trascendere i processi di entificazione a cui siamo sottoposti. Non siamo chiamati ad essere eroici come Karel Kosík, ma ciascuno nella concretezza del quotidiano può contribuire al regno della prassi, rendendo palese che la poietica del pensiero unidimensionale è solo l’apparire nella storia della caduta, e dunque potenzialmente potrebbe segnare un ulteriore movimento verso la verità. L’umanità è apertura all’essere, ovvero marxianamente la sostanza dell’essere umano è generica, per cui ogni riduzionismo è già reificazione. In la Dialettica del concreto, Karel Kosík diviene lettore Marx, del nucleo autentico del pensiero di Marx, il quale ha come tema centrale la reificazione nella storia e l’apertura al futuro contro ogni chiusura ideologica, ogni Filosofia del solo presente che vorrebbe rinchiudere l’umanità nella gabbia del solo presente senza alternativa. L’aperura all’essere, l’atto stesso del porgersi verso la lettura della storia, è già emancipazione, libertà e consapevolezza.

Salvatore Antonio Bravo


Salvatore Antonio Bravo – Una morale per M. Foucault?

Salvatore Bravo – Aldo Capitini e la omnicrazia. L’apertura è sentire la compresenza dell’altro, sentire la propria vita fluire nell’altro, lasciarlo essere, amarlo per quello che è, liberarlo dalla paura del potere, della mercificazione.

Salvatore Bravo – L’abitudine alla mera sopravvivenza diviene abitudine a subire. Ma possiamo scoprire, con il pensiero filosofico, che “oltre”, defatalizzando l’esistente, c’è la buona vita.

Salvatore Bravo – La filosofia è nella domanda di chi ha deciso di guardare il dolore del mondo. Responsabilità della filosofia è il riposizionarsi epistemico per mostrare la realtà della caverna e rimettere in azione la storia.

Salvatore Antonio Bravo – L’epoca del PILinguaggio. Il depotenziamento del linguaggio è attuato dalla globalizzazione capitalistica, nel suo allontanamento dalla persona e dalla comunità.

Salvatore Bravo – Sentire se stessi è possibile attraverso l’uscita dalla caverna dei cattivi pensieri quotidianamente inoculati assumendo la libertà di vivere i poliedrici colori del possibile.

Salvatore Bravo – La tolleranza è parola invocata nel quotidiano terrore dei giorni. La tolleranza nasconde il volto aggressivo della globalizzazione. È la concessione della legge del più forte, il diritto di vivere concesso dal potere.

Salvatore Antonio Bravo – Il tempo che ha la sua base nella produzione delle merci è esso stesso una merce consumabile. Ogni resistenza dev’essere svuotata della sua temporalità e colonizzata dalle immagini dello spettacolo globale.

Salvatore Antonio Bravo – Le miserie della società dell’abbondanza. La verità del consumo è che essa è in funzione non del godimento, bensì della produzione.

Salvatore Antonio Bravo – La società dei cacciatori. L’atomismo sociale e la deriva individualista dei nostri giorni, trovano la loro sostanza in un’immagine esplicativa della condizione umana postmoderna: il cacciatore.

Salvatore Antonio Bravo – «Le vespe di Panama» di Z. Bauman. La filosofia perde la sua credibilità e la sua natura critica e costruttiva se vive nel mondo temperato delle accademie e degli studi televisivi e mediatici, dove campeggia l’uomo economico: turista della vita, vagabondo tra le mercificazioni.

Salvatore Antonio Bravo – Il comunista è un pensatore militante, consapevole dunque che la sua azione è perenne: non vi sono sistemi o regimi che concludono la storia e pacificano gli animi. In Marx l’idea del comunismo si concretizza anzitutto nell’immagine di una società in cui l’individuo, liberato dall’alienazione, diventa un uomo totale, universale, cioè capace di dar pieno sviluppo alla sua personalità.

Salvatore Antonio Bravo – Theodor L. Adorno, in «Minima moralia. Meditazioni sulla vita offesa», ci comunica l’urgenza di un nuovo esserci. Chi vuol apprendere la verità sulla vita immediata, deve scrutare la sua forma alienata, le potenze oggettive che determinano l’esistenza individuale fin negli anditi più riposti. Colui che non vede e non ha più nient’altro da amare, finisce per amare le mura e le inferriate. In entrambi i casi trionfa la stessa ignominia dell’adattamento.

Salvatore Antonio Bravo – «Viva la Revoluciòn» di E. Hobsbawm.

Salvatore Antonio Bravo – Evald Ilyenkov e la logica dialettica. Occorre studiare il pensiero come un’attività collettiva, in cooperazione. Il capitalismo è profondamente anticomunitario, trasforma tutto in merce, disintegra le comunità, smantella la vita nella sua forma più alta: il pensiero comunitario consapevole.

Salvatore Antonio Bravo – «Il giovane Marx», di György Lukács. L’intera opera di Marx è finalizzata dall’amore per l’umanità che si fa pensiero consapevole della disumanità di ogni condizione di alienazione, e di ogni reificazione negatrice della libertà.

Salvatore Antonio Bravo – Il libro di Norman G. Finkelstein, «L’industria dell’olocausto. Lo sfruttamento della sofferenza degli ebrei».

Salvatore Antonio Bravo – Il mercato e l’asservimento della Scuola: il mito dell’orientamento consapevole. Ciò che occorre invece è tempo per un’educazione da esseri umani, per lo sviluppo intellettuale, per l’adempimento di funzioni sociali, per rapporti socievoli, per il libero gioco delle energie vitali fisiche e mentali.

Salvatore Antonio Bravo – Marx poeta nel suo anelito all’universale: «Non rimaniamo immobili Senza volere né fare niente. Non subiamo passivamente il giogo ignominioso. Il desiderio, la passione, l’azione sono parte di noi».

Salvatore Antonio Bravo – L’industria culturale capitalistica utilizza solo autori che interpretino K. Marx in senso riduttivo, proprio per evitare possibilità di sviluppo teorico progettuale con una conseguente prassi rivoluzionaria.

Salvatore A. Bravo – Il collare e le catene delle navi negriere, sono ora sostituiti dal controllo digitale, un panopticon che controlla per spezzare sul nascere la possibilità di un pensiero che voglia progettare un mondo altro.


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Linda Cesana
Karel Kosík- Praxis e verità. «L’uomo si realizza, cioè si umanizza nella storia»

 


192-isbn

Il saggio di Linda Cesana  è già stato pubblicato in Koiné [Per un Pensiero forte]– Periodico culturale – Anno XIX  –  NN° 1-4 – Gennaio-Dicembre 2012, pp. 107-117 – Reg. Trib. di Pistoia n° 2/93 del 16/2/93. Direttore responsabile: Carmine Fiorillo.

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