Diego Lanza (1937-2018) – La disciplina dell’emozione. Un’introduzione alla tragedia greca. Prefazione di Anna Beltrametti

Diego Lanza_Disciplina dell'emozione

Diego Lanza

La disciplina dell’emozione.
Un’introduzione alla tragedia greca

Prefazione di Anna Beltrametti

indicepresentazioneautoresintesi

Clitennestra si presenta al pubblico con la spada levata, ancora sporca del sangue di Agamennone; Edipo mostra agli spettatori le orbite vuote dopo essersi accecato; Agave agita trionfalmente la testa mozzata del figlio. Per tutta la durata del v secolo a.C. i tragediografi non risparmiarono al loro pubblico le emozioni più intense. Ma perché oggi, dopo 2500 anni, queste emozioni puntualmente si rinnovano, perché ne avvertiamo ancora la necessità? Che senso possono avere per noi quelle antiche storie di dèi ed eroi? Questo libro ricostruisce con vivacità le circostanze storiche e le regole istituzionali della tragedia greca, conducendoci a considerarne la funzione sociale e a penetrare nel suo ricco patrimonio simbolico: un libro, come scrive A. Beltrametti, «pensato e articolato a supporto-approfondimento delle lezioni universitarie e destinato agli studenti e agli studiosi non solo di Filologia classica». È soprattutto uno strumento per intendere la polifonia del dettato tragico, il susseguirsi dei diversi ritmi drammatici, l’uso degli attori e del coro, in una parola il complesso funzionamento della macchina teatrale di cui i tragici greci furono maestri a tutto il teatro europeo.



Diego Lanza (1937-2018), grecista e accademico dei Lincei, è stato titolare della cattedra di Letteratura greca all’Università di Pavia a partire dal 1968. Studioso di rara sensibilità, nel corso della sua prolifica carriera ha curato edizioni critiche di Anassagora e Aristotele e ha contribuito a opere collettive come Lo spazio letterario della Grecia antica (Salerno Editrice, 1992-1996) e I Greci. Storia, cultura, arte, società (Einaudi, 1996-2002). È autore di saggi di grande respiro storico-letterario come Il tiranno e il suo pubblico (Einaudi, 1977) e Lo stolto. Di Socrate, Eulenspiegel, Pinocchio e altri trasgressori del senso comune (Einaudi, 1997).  Nel 2013 esce Interrogare il passato. Lo studio dell’antico tra Ottocento e Novecento (Carocci), e nel 2017 Tempo senza tempo. La riflessione sul mito dal Settecento ad oggi (Carocci). Nel 2018 Bompiani ha pubblicato la nuova edizione delle Opere biologiche di Aristotele a cura di D. Lanza e M. Vegetti, con il titolo Aristotele, La vita. Testo greco a fronte. Nel 2019 è uscito postumo, sua unica prova narrativa, Il gatto di piazza Wagner (L’Orma).

 

Anna Beltrametti è professore ordinario di Letteratura greca e Drammaturgia antica all’Università di Pavia. Ha scritto di Erodoto (La Nuova Italia 1986) di Euripide (Einaudi 2002) del rapporto tra storiografia e teatro nel v secolo di Atene (La storia sulla scena, Roma 2011), di letteratura imperiale, Plutarco, Dione di Prusa, Luciano, di ricezione antica e moderna dei classici.



Sommario

Prefazione di Anna Beltrametti : Diego Lanza, signore delle emozioni
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In luogo di premessa:  Ricordo di tre incontri

 

L’ISTITUZIONE TEATRALE IN ATENE

I. Le regole delgioco scenico

1. Cori, cori tragici, tragedia
2. Le feste teatrali
3. Le Grandi Dionisie
4. Il teatro di Dioniso
5. I testi
6. Gli ingredienti dello spettacolo
7. Attori, coreuti, comparse
Indicazioni bibliografiche

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II. Rappresentare dèi, rappresentare eroi

1. Mito, mitologia, poesia
2. Dèi ed eroi tra epica e dramma
3. Teofanie tragiche
4. L’eroe e la drammatizzazione del mito
Indicazioni bibliografiche

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III. Maestri della città

1. I caratteri della gnome drammatica
2. Greci e barbari, liberi e schiavi
3. Atene e una nuova geografia del mito
4. La guerra e la politica
5. Sapere e saggezza
6. Maschile vs femminile
Indicazioni bibliografiche

IV. Il ritmo tragico

1. Interdetti e trasgressioni
2. Curve dell’emozione
3. Disagio e sollievo
Indicazioni bibliografiche

PERCORSI DI LETTURA

Clitennestra: il femminile e la paura
La paura di Edipo
Edipo rivisitato da Sofocle
Una ragazza, offerta in sacrificio …
La donna nella tragedia greca
Ridondanze del mito nella tragedia greca
Lo spettacolo della parola
Finis tragoediae

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Cronologia essenziale della tragedia di v secolo a.C.
Indice dei nomi e delle opere
Pianta di teatro greco
Pianta e spaccato di teatro romano

 


Diego Lanza (1937-2018) – Di mio padre ricordo l’orgoglio tenace, la fedeltà alle proprie decisioni, l’energia necessaria a una silenziosa coerenza, il disprezzo per il mormorio del senso comune. Mi ha insegnato ad essere come chi amiamo si aspetta che noi siamo, perché non pesare su chi ci ama con le nostre sofferenze è amorosa accortezza.
Anna Beltrametti – Scritti per onorare la memoria di Diego Lanza e Mario Vegetti
Massimo Stella – Scritti per onorare la memoria di Diego Lanza e Mario Vegetti



Alcuni libri

di

Diego Lanza

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1971-1996 Opere biologiche di Aristotele, Utet,1996

1971-1996 Opere biologiche di Aristotele, Utet. Con Mario Vegetti.

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1976 Belfagor

1976 Belfagor

Contiene il saggio: Alla ricerca del tragico.

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1977 Il tiranno e il suo pubblico

1977 Il tiranno e il suo pubblico.

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1977 Aristotele, La ricerca psicologica

1977 Aristotele, La ricerca psicologica

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1977 L'ideologia della città

1977 L’ideologia della città

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1977 Aristotele e la crisi della politica

1977 Aristotele e la crisi della politica.

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1979 Lingua e discorso nell'Atene delle Professioni

1979 Lingua e discorso nell’Atene delle professioni.

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1987 Aristotele-Poetica-Rizzoli-Bur-1987

1987 Aristotele, Poetica.

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1993 Aristotele, Poetica

1993 Aristotele, Poetica.

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1997 La Disciplina dell'emozione

1997 La disciplina dell’emozione.

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1997, Lo stolto

1997, Lo stolto.

Lo stolto. Di Socrate, Eulenspiegel, Pinocchio e altri trasgressori del senso comune, Einaudi, 1997

Lanza sviluppa la sua ricerca delle diverse figurazioni della “stultitia” recuperandole in Aristofane e in Platone, in Andersen e Collodi, Cervantes e Woody Allen e sottolineando come sia lo stolto che la stoltezza non costituiscono né un elemento chiaramente definibile una volta per tutte, né una figura semplicemente ripetitiva. La “stultitia” è infatti un’incognita a cui di volta in volta viene attribuito ciò che disturba il senso comune, ciò che in quel momento è considerato ridicolo, ripugnante o riprovevole. Così la figura dello stolto è mutevole, essa cambia infatti con il trasformarsi dello stesso senso comune e della razionalità che la definiscono: Socrate, Pinocchio, Till Eulenspiegel, Calandrino, Zelig, sono esempi in questo senso.

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2001 Dimenticare i Greci

2001 Dimenticare i Greci.

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2007 Atene e l’Occidente. I grandi temi.

2007 Atene e l’Occidente. I grandi temi.

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2007 La Poetica e la sua storia

2007 La Poetica e la sua storia.

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2009 Aristotele, Poetica

2009 Aristotele, Poetica.

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2012 Aristofane, Acarnesi

2012 Aristofane, Acarnesi

Aristofane, Acarnesi, Introd. traduz. e commento di Diego Lanza, Carocci, Roma 2012.

Acarnesi, la prima commedia del giovane Aristofane giunta fino a noi, vede Atene impegnata nel quinto anno di guerra contro Sparta. Dal miraggio della pace, che appare ancora remota, muove la vicenda rappresentata: la tregua che il protagonista riesce a concludere privatamente con il nemico e i benefici che ne conseguono. La commedia mostra già tutta la maestria compositiva e linguistica del grande comico. La traduzione che accompagna il testo rispecchia efficacemente la vivacità della scrittura aristofanea, con il variare dei ritmi, i continui scarti stilistici, i giochi allusivi e manipolatori della lingua. L’introduzione e un agile commento accompagnano il lettore alla scoperta della complessa partitura drammaturgica che si rivela a un’attenta considerazione del testo.

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2013 Interrogare il passaro

2013 Interrogare il passato.

Interrogare il passato. Lo studio dell’antico tra Otto e Novecento, Carocci, 2013.

I maggiori studiosi del mondo classico degli ultimi due secoli hanno sempre avuto occhi e orecchi attenti al rapporto tra la loro disciplina e la società in cui vivevano. Il libro ripercorre le esperienze di alcuni grandi maestri dell’antichistica: Friedrich August Wolf tra Goethe e Schelling, Wilamowitz e Nietzsche di fronte all’affermarsi dell’impero prussiano, Werner Jaeger e Bruno Snell nell’Europa lacerata dall’avvento del nazismo, Jean-Pierre Vernant tra marxismo e strutturalismo, fino al filologo immaginato da Thomas Mann come suo alter ego nel Doctor Faustus, nella ricorrente memoria dell’intransigenza di Lutero e della compiacente tolleranza di Erasmo da Rotterdam. Il lettore è così condotto, fuori di ogni tecnicismo ma sempre nel merito della disciplina, fino al più recente classicismo invocato come fulcro di una pretesa identità occidentale.

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2016 Storia della filologia classica

2016 Storia della filologia classica.

Con G. Ugolini, Carocci, 2016.

Il volume traccia un profilo storico della filologia classica negli ultimi due secoli e mezzo, da quando cioè si è venuta definendo come disciplina autonoma, focalizzando l’attenzione sugli snodi teorici e metodologici attraverso cui si è sviluppata, sulle figure degli studiosi più significativi, sulle discussioni e le polemiche che ne hanno segnato il procedere, sui nessi con lo sfondo istituzionale e il contesto storico in cui ha operato. Il percorso diacronico è scandito in tre parti. Nella prima si parte dal modello della filologia anglosassone di Richard Bentley per arrivare all’istituzionalizzazione della disciplina nel mondo accademico tedesco (Heyne e soprattutto Wolf) e nella realtà scolastica (Wilhelm von Humboldt). Nella seconda si analizzano i contributi teorici e le principali dispute metodologiche che hanno avuto come protagonisti, tra gli altri, Lachmann, Hermann, Boeckh, Nietzsche e Wilamowitz. La terza e ultima parte è dedicata alla ridefinizione degli studi classici in Germania (Jaeger) e in Italia (Pasquali), all’apporto della papirologia, alle nuove immagini dell’antichità venute a delinearsi nelle opere di scrittori, narratori, registi e traduttori del nostro tempo, e infine ai personaggi più significativi degli ultimi decenni: Snell, Dodds, Vernant, Gentili, Loraux.

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2017 Tempo senza tempo

2017 Tempo senza tempo

Tempo senza tempo. La riflessione sul mito dal Settecento a oggi, Carocci, 2017.

Che cos’è un mito? La sua definizione dipende dal contenuto, dalla struttura narrativa o dalla funzione sociale che assolve? Con questo tema si sono confrontate eminenti figure di studiosi di diversa origine e differenti interessi: Heyne, Nietzsche, Propp, Mann, Lévi-Strauss, Pavese, solo per citarne alcuni. Le loro riflessioni hanno mostrato che i racconti che definiamo miti hanno costituito o continuano a costituire un’espressione particolarmente significativa dell’immaginario di una società, di cui compendiano fedi religiose, credenze comuni, paradigmi di comportamento. Rievocando i termini essenziali di questo bisecolare dibattito, l’autore ne evidenzia i rapporti con il più vasto processo di trasformazione intellettuale della società europea.

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2018 Aristotele, La vita

2018 Aristotele, La vita

Con Mario Vegetti.

Alcune sue teorie furono confutate solo nel Settecento, altre ancora dopo. La biologia di Aristotele (Stagira 383/4 a.C. – Calcide 322 a.C.) è studio scientifico di tutti i viventi, espressa attraverso trattati e trattatelli costituiti da appunti, dispense, opere interne alle aule del Liceo, non di prima mano del maestro. D’altra parte in tale veste ci sono giunte quasi tutte le opere aristoteliche, ben poco abbiamo di quelle rifinite, lineari, rivolte al pubblico esterno alla scuola. Dai trattati sui viventi dobbiamo aspettarci dunque un linguaggio a tratti aspro, ripetitivo, non sempre coerente, che molto fa rimpiangere l’assenza della voce di Aristotele che glossava, aggiungeva, spiegava. Siamo inoltre di fronte a due enormi novità: prima, non esisteva una scienza dei viventi, inoltre prima di Aristotele nessuna scienza era espressa in testi che non mescolassero diverse discipline, senza escludere la teologia e il sacro. Qui invece troviamo le “Ricerche sugli animali”, che descrivono quasi seicento specie diverse di animali direttamente osservati, classificati nelle “Parti degli animali” con la distinzione fondamentale tra ovipari e vivipari, nonché per esempio l’attribuzione di balene e delfini ai mammiferi, per il loro respirare tramite polmoni e non tramite branchie. La “Riproduzione degli animali” descrive la riproduzione sessuale, intesa come l’infusione attiva della forma da parte del maschio nella materialità della femmina. A brevi opere sulla percezione, la memoria, il sonno, i sogni, la lunghezza della vita e la respirazione segue il trattatello sul Moto degli animali, movimento che viene ricondotto alla forza di un assoluto primo immobile, necessario a ogni forma di mobilità.

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Alcune sue teorie furono confutate solo nel Settecento, altre ancora dopo. La biologia di Aristotele (Stagira 383/4 a.C. - Calcide 322 a.C.) è studio scientifico di tutti i viventi, espressa attraverso trattati e trattatelli costituiti da appunti, dispense, opere interne alle aule del Liceo, non di prima mano del maestro. D'altra parte in tale veste ci sono giunte quasi tutte le opere aristoteliche, ben poco abbiamo di quelle rifinite, lineari, rivolte al pubblico esterno alla scuola. Dai trattati sui viventi dobbiamo aspettarci dunque un linguaggio a tratti aspro, ripetitivo, non sempre coerente, che molto fa rimpiangere l'assenza della voce di Aristotele che glossava, aggiungeva, spiegava. Siamo inoltre di fronte a due enormi novità: prima, non esisteva una scienza dei viventi, inoltre prima di Aristotele nessuna scienza era espressa in testi che non mescolassero diverse discipline, senza escludere la teologia e il sacro. Qui invece troviamo le "Ricerche sugli animali", che descrivono quasi seicento specie diverse di animali direttamente osservati, classificati nelle "Parti degli animali" con la distinzione fondamentale tra ovipari e vivipari, nonché per esempio l'attribuzione di balene e delfini ai mammiferi, per il loro respirare tramite polmoni e non tramite branchie. La "Riproduzione degli animali" descrive la riproduzione sessuale, intesa come l'infusione attiva della forma da parte del maschio nella materialità della femmina. A brevi opere sulla percezione, la memoria, il sonno, i sogni, la lunghezza della vita e la respirazione segue il trattatello sul Moto degli animali, movimento che viene ricondotto alla forza di un assoluto primo immobile, necessario a ogni forma di mobilità.

«aut aut» n. 184. Nuove antichità (Vernant, Lanza, Sircana, Casagrande, Vecchio, Ferrari).

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Euripide, Le tragedie. A cura di A. Beltrametti e un saggio di D. Lanza

Euripide, Le tragedie. A cura di A. Beltrametti e un saggio di D. Lanza

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Lo spazio letterario della Grecia antica

Lo spazio letterario della Grecia antica

Lo spazio letterario della Grecia antica01

Lo spazio letterario della Grecia antica

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Senofonte, Economico

Senofonte, Economico.

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Storia del mondo antico

Storia del mondo antico.


Rossella Saetta Cottone, Philippe Rousseau, Diego Lanza, lecteur des œuvres de l'Antiquité

Rossella Saetta Cottone, Philippe Rousseau,
Diego Lanza, lecteur des œuvres de l’Antiquité, OpenEdition Books

Bibliographie de Diego Lanza

 

Dante Alighieri (1265-1321) – Spetta agli uomini che sono tratti all’amore della verità trasmettere quella ricchezza che essi stessi hanno ricevuto dall’operosità degli antichi. È ben lontano dal proprio dovere chi, imbevuto di pubbliche dottrine, non si cura di apportare alcunché alla cosa pubblica.

Dante Alighieri_Monarchia

«Si può ben dire che spetti soprattutto questo a tutti gli uomini, che dalla natura superiore sono tratti all’amore della verità: di trasmettere con la loro operosità ai posteri, perché ne siano arricchiti, quella ricchezza che essi stessi hanno ricevuto dall’operosità degli antichi. Stia pur certo infatti di essere ben lontano dal proprio dovere chi, imbevuto di pubbliche dottrine, non si cura di apportare alcunché alla cosa pubblica.

[…] Ripensando dunque spesso fra me e me queste cose, perché un giorno non mi si venga a rinfacciare la colpa di avere tenuto nascosto il mio talento, desidero non solo accrescerlo, ma farlo fruttare per la pubblica utilità, additando verità che altri non hanno ricercato».

 

Dante Alighieri, De Monarchia, I, 1.



Dante Alighieri (1265-1321) – Nè si dee chiamare vero filosofo colui che è amico di sapienza per utilitade.
Dante Alighieri (1265-1321) – Io ho il mondo per patria, come i pesci hanno il mare. Movemi desiderio di dare dottrina. La filosofia è somma cosa. Coloro che vivono con intelletto e con ragione sono dotati di una certa divina libertà. Non abuso di alcuna autorità, poiché non sono ricco. Ma ciò significa che sono quel che sono, non grazie alle ricchezze. Ho come maestro il Filosofo che, determinando i principi eterni della morale, ha insegnato che a tutti gli amici bisogna anteporre la verità.

Federico Dal Bo – La lingua malata non è più uno strumento di comunicazione, ma si trasforma, diventa aggressiva, violenta e razzista, propaganda l’odio, sfruttato come mezzo per persuadere i popoli al razzismo.

Federico Dal Bo

 

Come ogni altro essere vivente, anche la lingua si può ammalare. La lingua malata perde la sua brillantezza, la leggerezza dell’ironia e dell’umorismo, non è più uno strumento di comunicazione, ma si trasforma, diventa aggressiva, violenta e razzista, propaganda l’odio. In questo volume si fa una diagnosi impietosa della malattia che in questo secolo ha colpito il linguaggio e lo ha sfruttato come un mezzo per sobillare le masse, per persuadere i popoli alla guerra e al razzismo. Filosofia, ermeneutica, psicoanalisi e mistica del linguaggio si intrecciano e si richiamano a vicenda nel corso dell’analisi di figure centrali della cultura europea come Walter Benjamin, Sigmund Freud, Martin Heidegger e George Steiner.

 

Federico  Dal Bo, La lingua malata. Linguaggio e violenza nella filosofia contemporanea, Bologna, Clueb, 2008





Jean Rostand (1894-1977) – L’egoismo è una sorta di regressione affettiva e non contribuisce certo a creare l’attitudine alla felicità. ogni possesso è precario e ogni sicurezza illusoria. Dopo esserci dibattuti nell’incertezza e nell’effimero, verrà il giorno che ci costringerà ad abbandonare ogni cosa.

Jean Rostand 01

«[…] perché l’egoismo – che in fondo è una sorta di regressione affettiva – non contribuisce certo a creare, nell’individuo, l’attitudine alla felicità. Poiché d’altra parte ogni possesso è precario e ogni sicurezza illusoria; poiché, dopo esserci dibattuti nell’incertezza e nell’effimero, verrà bene il giorno che ci costringerà ad abbandonare ogni cosa; dobbiamo stimare invidiabile soltanto chi, essendo riuscito a “esentarsi dal proprio Io”, sa accettare senza ribellione gli allarmi e gli spodestamenti che l’esistenza ci infligge. Costui potrà guardare la morte in faccia, senza bisogno di stordirsi di lavoro o di svaghi, e senza neppure aggrapparsi a quel misero surrogato di immortalità che è la sopravvivenza nel ricordo degli uomini. Costui, venuto il momento, saprà fare abbandono del proprio essere, e non si dibatterà rabbiosamente, davanti alla propria fine, come il bambino che s’infuria quando lo strappano ai suoi giuochi. Morire sarà la sua ultima generosità».

 

Jean Rostand, Ce que je crois, Paris 1953; tr. it. L’uomo artificiale, Milano 1971, pp. 60-61.

Julius Stenzel (1883-1935) – La frammentarietà di ogni nostro sapere ed agire è un pensiero a noi ben familiare. Occorre una comunità integratrice, che nulla deneghi agli altri di ciò che uno porta in sé o da sé può ricavare, e che altrettanto dagli altri si aspetti, e dove si lavori in “filosofia che non conosce invidia”.

Julius Stenzel_ Platone educatore

«La frammentarietà di ogni nostro sapere ed agire è un pensiero a noi ben familiare: ciò oggi, per lo più, è da noi sentito come una cosa deplorevole […]. Dobbiamo invece tentare di raffigurarci un atteggiamento, di fronte a queste cose, con sentimenti del tutto opposti; ciò anzitutto per capire Platone, ma forse anche ad altri effetti non inutilmente. Partendo dal fatto che ognuno di noi arriva a conoscere e contemplare solo un frammento del mondo, e che la nostra attività è straordinariamente limitata, si potrebbe viceversa provare e ispirare anche a tutti gli altri il più vivo desiderio di venire a far parte d’una comunità integratrice, che nulla deneghi agli altri di ciò che uno porta in sé o da sé può ricavare, e che altrettanto dagli altri si aspetti; una comunità in cui non si faccia in generale questione della partecipazione dei diversi individui alla vita comune, […] ma dove invece si lavori in “filosofia che non conosce invidia”.

Proprio l’ascesa, due volte descritta attraverso tutti i gradi della aspirazione collettiva, dall’amore per un altro individuo a quello per tutti i membri della comunità, e alle belle imprese, e poi al sapere, e infine al mátema supremo, mostra questa crescita della conoscenza entro una comunità di sentimento e d’azione, come di una organica formazione radicata, cresciuta nella vita collettiva».

Julius Stenzel, Platon der Erzieher, Leipzig 1928; tr. it. in Platone educatore, Bari 1966, p. 233 e p. 235.

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Julius Stenzel  –  Storico della filosofia antica (Breslavia 1883 – Halle 1935); prof. a Kiel (dal 1933) e a Halle (1935); uno dei fondatori della rivista Quellen und Studien zur Geschichte der Mathematik, è autore di notevoli lavori sull’evoluzione del pensiero platonico, specie per quanto riguarda la logica, la dialettica, i rapporti della filosofia platonica con quella aristotelica. Tra le opere principali si ricordano: Studien zur Entwicklung der platonischen Dialektik von Sokrates zu Aristoteles (1917); Zahl und Gestalt bei Plato und Aristoteles (1924); Plato der Erziehr (1928; trad. it. 1936); postuma una sua raccolta di Kleine Schriften zur griechischen Philosophie (1957).



Enrico Berti – È risonata più volte la proclamazione heideggeriana della fine dell’epoca della metafisica. Di fatto è esistita, e quindi ha una storia. Anche le più famose negazioni di essa sono state ridimensionate, e la metafisica appare oggi ancora viva e vigorosa.

Enrico Berti_Storia della metafisica

Storia della metafisica

Edizione: 2019 – Collana: Frecce (275) pp. 388 – 31 Euro – ISBN: 9788843094998

«La frammentarietà di ogni nostro sapere ed agire è un pensiero a noi ben familiare […] si potrebbe ispirare il più vivo desiderio di venire a far parte d’una comunità integratrice, che nulla deneghi agli altri di ciò che uno porta in sé o da sé può ricavare, e che altrettanto dagli altri si aspetti; una comunità […] dove si lavori in “filosofia che non conosce invidia”».

Julius Stenzel, Platon der Erzieher, Leipzig 1928;
tr. it. Platone educatore, Bari 1966, p. 233 e p. 235.



Sine ira ac studio

«[…] è risonata più volte la proclamazione heideggeriana della fine dell’epoca della metafisica, anche se si è precisato che questa fine non implica la scomparsa della metafisica, ma indica solo il suo compimento, cioè la piena attuazione del suo compito, o la necessità di ripercorrerla, per così, dire, all’indietro, riattraversandone l’intera storia. D’altra parte si è rilevato che per la filosofia analitica e per la stessa scienza contemporanea la metafisica non è affatto finita, anzi si ripropone con compiti nuovi. Comunque stiano le cose, cioè sia che la metafisica sia finita sia che essa continui a vivere, su un punto c’è stato un accordo pressoché unanime, cioè sul fatto che la metafisica di fatto è esistita, e quindi ha una storia. Vediamo allora come si può ricostruire questa storia, sia pure per sommi capi, e soprattutto cercando di raccontarla sine ira ac studio, cioè senza essere né avversari né fautori della metafisica.

[…] Quanto ho scritto sopra, fino a questo punto, l’ho scritto prima di leggere i contributi che i collaboratori di questo volume mi hanno inviato e che ora ne costituiscono il contenuto. Ebbene, devo dire che, se già prima ero convinto che la metafisica, qualunque cosa si pensasse di essa, ha avuto almeno una storia, ora che ho letto l’illustrazione dei vari momenti di questa storia, non solo mi sono confermato in questa convinzione, ma ho scoperto che la storia della metafisica è stata una storia grande, tale da indurre chiunque a riflettere sul suo valore. Anche le più famose negazioni di essa, infatti, sono state ridimensionate, e la metafisica appare oggi ancora viva e vigorosa. Significa forse questo che essa continuerà a vivere, cioè che la sua storia non è ancora finita? Tutto induce a credere di sì, anche se, con spirito critico, è giusto dire «ai posteri l’ardua sentenza».

Enrico Berti, Introduzione a AA. VV., Storia della metafisica, Carocci Editore, Roma 2019, pp. 17 e 22.



Gli autori

Enrico Berti (Introduzione e Aristotele e Alessandro di Afrodisia) – Francesco Fronterotta (La metafisica di Platone) Riccardo Chiaradonna (La metafisica nell’antico platonismo) Amos Bertolacci (La metafisica arabo-islamica) – Pasquale Porro (Tommaso d’Aquino) – Guido Alliney (Scientia transcendens. Duns Scoto e la nuova metafisica) – Marco Lamanna (Francisco Suárez e la Schulmetaphysik) – Stefano Di Bella (Descartes e le metafisiche postcartesiane) – Costantino Esposito (Kant) – Luca Illetterati ed Elena Tripaldi (L’ambiguità della metafisica nel pensiero di Hegel) – Markus Krienke (La metafisica di Rosmini) – Giusi Strummiello (Heidegger) – Giovanni Ventimiglia (Il neotomismo e il dibattito sulla metafisica classica nel Novecento) – Achille C. Varzi (La metafisica nella filosofia analitica contemporanea)

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In breve

Sulla base del presupposto unanimemente riconosciuto che la metafisica, quale che sia il suo valore, ha avuto una storia, il volume individua i momenti salienti di quest’ultima in alcuni grandi filosofie correnti di pensiero: Platone, Aristotele, il platonismo antico, la metafisica arabo-islamica, Tommaso d’Aquino, Duns Scoto, Suárez, Cartesio, Kant, Hegel, Rosmini, Heidegger, il neotomismo, la filosofia analitica. Ne risulta una storia equilibrata, ricca e coinvolgente, forse unica nel suo genere, di indubbio interesse per chiunque si occupi di filosofia.

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 –  Indice  –

Introduzione di Enrico Berti

1. La metafisica di Platone di Francesco Fronterotta
Una “metafisica” in Platone? / La teoria delle idee fra ontologia e metafisica / Causalità e partecipazione / La teoria dei principi e l’Accademia antica / Riferimenti bibliografici

2. Aristotele e Alessandro di Afrodisia di Enrico Berti
L’opera / La definizione della metafisica / Il metodo della metafisica: la discussione delle aporie / L’unità della metafisica: l’ente in quanto ente come oggetto che deve essere spiegato / Differenza tra la metafisica e le altre scienze teoretiche / Dall’ente in quanto ente alla sostanza e ai suoi principi: materia e forma, potenza e atto / Critica dei principi posti dagli Accademici: l’uno e i molti e le loro “specie” / Le sostanze immobili quali prime cause motrici delle sostanze / Critica delle sostanze immobili ammesse dagli Accademici / La metafisica di Alessandro di Afrodisia/Riferimenti bibliografici

3. La metafisica nell’antico platonismo di Riccardo Chiaradonna
Il medioplatonismo / Plotino / Il neoplatonismo dopo Plotino / Platonismo e “metafisica dell’Esodo”/Riferimenti bibliografici

4. La metafisica arabo-islamica di Amos Bertolacci
L’evoluzione dello statuto epistemico della scienza metafisica / La prima fase: la prevalenza della teologia filosofica all’interno della metafisica / La seconda fase: la riscoperta dell’ontologia e l’applicazione degli assunti degli Analitici posteriori / La terza fase: la sistematizzazione della teologia filosofica e dell’ontologia da parte di Avicenna / La critica e il successo della metafisica di Avicenna: il caso di Averroè / Sviluppi successivi della metafisica arabo-islamica / Riferimenti bibliografici

5. Tommaso d’Aquino di Pasquale Porro
Il soggetto e lo statuto della metafisica / Il Commento alla Metafisica / Alcune dottrine caratteristiche della metafisica tommasiana / Riferimenti bibliografici

6. Scientia transcendens. Duns Scoto e la nuova metafisica di Guido Alliney
Rifiuto dell’analogia e fondazione della metafisica / L’oggetto proprio e adeguato dell’intelletto/I trascendentali: da communissima a transgenera / La semplicità di Dio e l’unità del singolare / Le essenze e il loro statuto/Due metafisiche/Metaphysica transcendens: una quarta scienza speculativa? / Riferimenti bibliografici

7. Francisco Suárez e la Schulmetaphysik di Marco Lamanna
Una metafisica in comune tra storici avversari nella fede / Le Disputazioni metafisiche: l’opera, la ratio, il contesto confessionale / Tra la fedeltà a Tommaso e la fedeltà alla Compagnia di Gesù: il problema della fedeltà ad Aristotele / Statuto della scienza metafisica e scienza dell’ente/Ente in quanto ente reale: una nozione comune a Dio e alle creature / Tra archeologia e aitiologia: il primato del principio sulla causa / Il possibile ancorato o indipendente da Dio/Gli enti di ragione: tra analogia ed equivocità/Conclusione: la via “realista” della Schulmetaphysik? / Note / Riferimenti bibliografici

8. Descartes e le metafisiche postcartesiane di Stefano Di Bella
La fondazione cartesiana della metafisica / Metodo, metafisica e libertà/Eredità cartesiane / Io, Dio e mondo / Dopo l’età cartesiana / Note / Riferimenti bibliografici

9. Kant di Costantino Esposito
Un amore non corrisposto / Verso la metafisica critica / La metafisica come problema e come sistema / Note / Riferimenti bibliografici

10. L’ambiguità della metafisica nel pensiero di Hegel di Luca Illetterati ed Elena Tripaldi
Metafisica, non-metafisica o anti-metafisica? / La metafisica, ovvero la filosofia vera e propria / La metafisica nel sistema della maturità / Conclusioni: metafisica hegeliana? / Note / Riferimenti bibliografici

11. La metafisica di Rosmini di Markus Krienke
L’opera / L’ idea dell’essere e la questione del fondamento / Il metodo: «ragionamento circolare, ma non vizioso» / La dialettica tra essere iniziale ed essere virtuale / Essere e Dio / La triniformità dell’essere / La creazione / Conoscenza umana e conoscere assoluto / Rosmini e Gioberti / Il rosminianesimo / Riferimenti bibliografici

12. Heidegger di Giusi Strummiello
Heidegger e la metafisica / Il problema dell’essere e la metafisica / Che cos’è metafisica? / L’errore della metafisica e l’errare dell’essere / La metafisica e l’altro inizio del pensiero / La storia della metafisica e la storia dell’essere / La storia della metafisica, la metafisica come storia, l’essenza storica della metafisica /Riferimenti bibliografici

13. Il neotomismo e il dibattito sulla metafisica classica nel Novecento di Giovanni Ventimiglia
“Neotomismo” tra Platone e Aristotele / Il neotomismo storico-filosofico/Il neotomismo teoretico / Il neotomismo freelance / Il neotomismo in Italia / Riferimenti bibliografici

14. La metafisica nella filosofia analitica contemporanea di Achille C. Varzi
Un rapporto conflittuale / Le origini / Altre influenze / Temi e problemi / Struttura del pensiero e struttura del mondo / Note/ Riferimenti bibliografici



Enrico Berti – La mia esperienza nella filosofia italiana di oggi.
Enrico Berti – Per una nuova società politica
Enrico Berti – La capacità che una filosofia dimostra di risolvere i problemi del proprio tempo è la condizione necessaria, anche se non sufficiente, perché essa sia giudicata eventualmente capace di risolvere i problemi di altri tempi, o del nostro tempo, e dunque possa essere considerata veramente “classica”.
Enrico Berti – Ciò che definisce l’uomo è anzitutto la parola. Non è del tutto appropriata la traduzione latina della definizione di uomo messa in circolazione dalla scolastica medievale, cioè animal rationale, la quale si basa sulla traduzione di logos con ratio. Certamente l’uomo è anche animale razionale, ma il concetto di logos è molto più ricco di quello di “ragione”.
Enrico Berti – Nichilismo moderno e postmoderno


Euripide (480 a.C.-406 a.C.) – Che i miei figli possano vivere liberi, ricchi della loro libertà di parola. I malvagi presto o tardi sono fatalmente smascherati come fanciulle che amano vedersi allo specchio.

Euripide 002

«Che i miei figli possano vivere liberi nella nobile città di Atene, ricchi della loro libertà di parola (parrhesía) […]. I malvagi presto o tardi sono fatalmente smascherati come fanciulle che amano vedersi allo specchio».

Euripide, Ippolito, 422-430.


Euripide (480 a.C.-406 a.C.) – Gli dei non odiano chi è nobile d’animo, soltanto lo fanno soffrire di più di chi non vale niente.


Salvatore Bravo – Populismo pedagogico e scuola senza concetto. La scuola facile non libera, non permette al pensiero di configurarsi, ma lo destruttura in chiacchiera. La scuola difficile e dell’impegno educa alla domanda, forma alla temporalità distesa e densa di contenuti.

Cancellare il volto della scuola
Memmo Di Filippuccio, Paolo e Francesca (Museo Civico, San Gimignano).

Cancellare il volto della scuola


Salvatore Bravo

Populismo pedagogico e scuola senza concetto

La scuola facile non libera, ipostatizza il presente, necrotizza la prassi e la trasformazione.
La scuola difficile educa alla domanda.
La scuola facile non permette al pensiero di configurarsi, ma lo destruttura in chiacchiera.
La scuola dell’impegno è la scuola che forma alla costanza, ai tempi del concetto.
Non vi è sapere critico se non nella gradualità dell’apprendimento dei contenuti.
Il sapere critico deve conoscere la temporalità distesa e densa di contenuti
Nell’antiumanesimo programmato il fine è cancellare ogni disponibilità all’umana comprensione.


 

Populismo pedagogico
Il populismo pedagogico è il volto operativo della cattiva politica. Per populismo pedagogico si intende l’esemplificazione fine a se stessa: il semplicismo privo di concetto. In nome dell’esemplificazione si educa alla formazione del suddito, si forgiano le catene dorate dell’ignoranza con la pedagogia del disimpegno, della promozione sociale con contenuti minimi. Ma ciò che maggiormente rende nefasta tale struttura operativa è la formazione di caratteri dalla fragile resistenza alla frustrazione, pronti a rinunciare, a demordere, a svicolare dalle difficoltà. Si rafforza solo l’atomismo narcisistico da cui il mercato attingerà per promuovere i consumi. La comunità è dissolta nell’individualismo. Le azioni pedagogiche personalizzate – in nome della cosiddetta inclusione – sono finalizzate ad assottigliare, fino a divenire programmi e contenuti inconsistenti. In tal modo si ottiene il successo formativo da utilizzare nella campagna acquisti alunni della scuola azienda: la deprivazione culturale è presentata come un’eccellenza della didattica. Tutto dev’essere liscio quanto il desktop di uno smartphone:

«La vera contrapposizione è oggi tra “saperi difficili” e “saperi facili” o, meglio, saperi apparenti, fatti di scorciatoie, semplificazioni, impoverimenti linguistici ed argomentativi, saperi di superficie, saperi di formule. Questa è la vera alternativa per una scuola del futuro, una scuola che insegni a padroneggiare realmente Internet, non solo a saper battere i tasti e a essere schiavi di tutto ciò che passa per questa via».[1]

Il sapere apparente diventa parte fondante dell’industria del falso e del dominio globale. Il populismo pedagogico ha inventato «il docente facilitatore dell’apprendimento». Ovvero, il docente deve essere il regista silenzioso dell’apprendimento, non più educatore, non più punto di riferimento per i contenuti, ma solo un mediatore del lavoro dei discenti, i quali indirettamente stabiliscono contenuti, obiettivi, competenze che naturalmente sono minimi, semplici. Si vuol indurre, così, la percezione che l’alunno sia autonomo. In verità l’insegnante ha abdicato al suo ruolo, mentre l’alunno è abbandonato al suo destino: il mercato. Si omologa verso il basso, si forma alla mediocrità e si rappresentano – nella narrazione pedagogica – le catene dell’ignoranza come successo formativo. L’esemplificazione degrada ogni gerarchia del sapere: non vi è più altezza, ma solo la bassezza. La mediocrità è il fine ultimo dell’organizzazione globale e finanziaria.

 

Scuola senza concetto

Il numero sempre più vicino allo zero di bocciature e di “debiti” è utilizzato per dimostrare che l’istituzione risponde prontamente ai bisogni-desideri del cliente. “Il cliente ha sempre ragione”! Pertanto, dinanzi ad una difficoltà, alla minima frustrazione, dev’essere immediatamente soddisfatto con la pedagogia del pronto intervento, del successo immediato, della rimozione della difficoltà. Populismo pedagogico, dunque, in cui si ostenta – con linguaggio orwelliano – di essere dalla parte dell’alunno, delle famiglie, della comunità. In verità si risponde al bisogno del mercato che desidera soggetti fragili, «liquidi», sempre pronti all’uso, semianalfabeti senza consapevolezza di sé, pronti a dire sempre di “sì”, in quanto la loro esperienza formativa non è passata per il concetto, per la contraddizione, per la conoscenza di sé, per l’urto formativo. Senza contenuti e chiarezza di sé, la persona è solo un ente-atomo esposto alle tempeste dell’economia.
La complessità, la scuola difficile, la scuola dell’impegno, è la scuola che forma alla costanza, ai tempi del concetto, i quali si formano sedimentandosi mediante configurazioni che permettono – nel tempo, appunto – l’atto creativo.
Non vi è creazione, non vi è sapere critico se non nella gradualità dell’apprendimento dei contenuti.
La tecnocrazia è il regno del saper fare tecnologico senza il saper fare.

A scuola di uomini “di fatto
Il sapere critico deve conoscere la temporalità distesa e densa di contenuti da riordinare nel tempo.
Alla scuola critica è succeduta la scuola delle competenze, ovvero l’alunno deve operare in modo flessibile con il minimo, deve mostrare di essere l’imprenditore del suo sapere. Ogni valenza etica è neutralizzata.
La competenza – con i suoi saperi ossificati – è solo preparazione al mercato, adattamento ai desideri del mercato globale che esige e prescrive tecnici che debbono operare su dati di fatto e dunque l’ordine del mercato è formare uomini “di fatto” come direbbe Husserl:

«Attuando questo mutamento ci renderemo conto ben presto che alla problematicità che è propria della psicologia, non soltanto ai giorni nostri ma da secoli, – alla “crisi” che le è peculiare – occorre riconoscere un significato centrale; essa rivela le enigmatiche e a prima vista inestricabili oscurità delle scienze moderne, persino di quelle matematiche, essa rivela un enigma del mondo di un genere che era completamente estraneo alle epoche passate. Tutti questi enigmi riconducono all’enigma della soggettività e sono quindi inseparabilmente connessi all’enigma della tematica e del metodo della psicologia. Tutto ciò non costituisce che una prima indicazione del senso profondo di ciò che queste conferenze si propongono.

Adottiamo come punto di partenza il rivolgimento, avvenuto allo scadere del secolo scorso, nella valutazione generale delle scienze. Esso non investe la loro scientificità bensì ciò che esse, le scienze in generale, hanno significato e possono significare per l’esistenza umana. L’esclusività con cui, nella seconda metà del XIX secolo, la visione del mondo complessiva dell’uomo moderno accettò di venir determinata dalle scienze positive e con cui si lasciò abbagliare dalla “prosperity” che ne derivava, significò un allontanamento da quei problemi che sono decisivi per un’umanità autentica».[2]

Gli esseri umani “fatti” di soli fatti sono il pericolo globale che Husserl ha profetizzato con la forza visionaria del concetto. Ogni senso del bene e del male è smarrito, il “particulare” diventa la legge a cui obbedire. Ecco le personalità flessibili per un mondo destrutturato: ed in questo mondo non vi è la totalità-verità, ma solo l’economicismo individualista manovrato dalla finanza. Le istituzioni scolastiche sono nel pieno del nichilismo, lo attuano, lo accolgono, lo esaltano: ed il male si radica e si diffonde.

I resistenti vivono la notte del mondo. Resistenti non sono solo i professori, ma anche dirigenti scolastici ed alunni che difendono la passione per l’umano, per i quali ancora risuona il detto di Terenzio nella commedia Heautontimorùmenos:[3] «Homo sum, humani nihil a me alienum puto» ( Niente che è umano mi è estraneo).

Antiumanesimo programmato
Il fine dell’esemplificazione è cancellare ogni disponibilità all’umana comprensione, la quale esige non solo un’indole dotata di sensibilità, ma la formazione alla complessità-difficoltà, perché conoscere se stessi non solo è difficile, ma anche complesso. La riflessione su se stessi non può che avvenire nell’accogliere la presenza del prossimo, nell’imparare a riconoscere nell’altro se stessi, ma anche ad intuirne le differenze, ad avere il senso della misura, senza il quale non vi è conoscenza dell’altro. Tutto questo crolla in nome dell’uomo imprenditore che percepisce la presenza dell’altro solo come mezzo per un facile arricchimento, spesso illusorio, in un mondo di stranieri, in cui si estranei a se stessi ed ogni prassi è negata. La scuola diviene formazione alla caverna collettiva. Carnefici e vittime si accalcano per essere competenti e competitori delle televendite con un inglese schiacciato sull’empirico, con un italiano umiliato dall’inglesizzazione e accettato come normale mutazione della lingua. Si smantellano le culture nazionali, si osanna la nuova non lingua utilizzandola in ogni contesto. La caverna platonica avanza fino a diventare gabbia d’acciaio, nella quale le vittime perpetuano il sistema, amplificandone gli effetti: notoriamente i servi sono più realisti del re.

Formazione alla complessità-difficoltà
La scuola che forma è difficile, esige impegno da parte della collettività tutta: dirigenti, docenti, genitori, alunni. Ed è naturalmente comunitaria. Deve accettare il conflitto come occasione per chiarire finalità e modalità operative, rammentando che i valori di fondo devono essere vissuti nell’attività educativa con gli opportuni interventi. La scuola facile non libera, ma chiude nella caverna, ipostatizza il presente, e necrotizza la prassi, la trasformazione: gli esseri umani sono così enti e non punti ottici in cui risplende la verità. Vorrei ricordare le parole di Gianni Rodari (rapidamente dimenticato dalla scuola primaria, in nome del coding e delle tecnologie), in Parole per giocare esprime – con la semplicità del vero pensatore e del vero educatore – l’importanza del fare cose difficili:

«È difficile fare le cose difficili: parlare al sordo, mostrare la rosa al cieco. Bambini, imparate a fare le cose difficili: dare la mano al cieco, cantare per il sordo, liberare gli schiavi che si credono liberi».

La scuola difficile, e del complesso, deve educare alla domanda. Ma senza formazione al concetto, al linguaggio complesso, all’ordine logico che le discipline devono insegnare, le domande che naturali scaturiscono da ogni essere umano sono monche, e dunque non colgono la profondità del problema.
La scuola difficile è scuola dove si impara a fare domande con parole precise e con logica chiarezza, a confrontarsi dialetticamente, a disporsi verso la verità.
La scuola facile, con i contenuti veloci e poveri, non permette al pensiero di configurarsi, ma lo destruttura in chiacchiera, in pseudo-concetto illogicamente espresso, e dunque il punto ottico diventa opaco, incapace di trasmettere messaggi: la povertà culturale diventa sistematica.
Senza la capacità di porre le domande con parole precise, di ritornare fenomenologicamente alle cose stesse non vi è pensiero, ma solo calcolo. Si finisce, così, per porre domande in modo sbagliato, ed il soggetto si isola dal mondo, perché le domande profonde sono ponti che uniscono, mentre le domande mal dette e di superficie frammentano. Rodari ancora una volta chiarifica l’importanza del saper porre le domande:

«Tante domande C’era una volta un bambino che faceva tante domande, e questo non è certamente un male, anzi è un bene. Ma alle domande di quel bambino era difficile dare risposta. Per esempio, egli domandava: – Perché i cassetti hanno i tavoli? La gente lo guardava, e magari rispondeva: – I cassetti servono per metterci le posate. – Lo so a che cosa servono i cassetti, ma non so perché i cassetti hanno i tavoli. La gente crollava il capo e tirava via. Un’altra volta lui domandava: – Perché le code hanno i pesci? Oppure: – Perché i baffi hanno i gatti? La gente crollava il capo e se ne andava per i fatti suoi. Il bambino, crescendo non cessava mai di fare domande. Anche quando diventò un uomo andava intorno a chiedere questo e quello. Siccome nessuno gli rispondeva, si ritirò in una casetta in cima a una montagna e tutto il tempo pensava delle domande e le scriveva in un quaderno, poi ci rifletteva per trovare la risposta, ma non la trovava. Per esempio scriveva: “Perché l’ombra ha un pino?”. “Perché le nuvole non scrivono lettere?”. “Perché i francobolli non bevono birra?”. A scrivere tante domande gli veniva il mal di testa, ma lui non ci badava. Gli venne anche la barba, ma lui non se la tagliò. Anzi si domandava: “Perché la barba ha la faccia?”. Insomma era un fenomeno. Quando morì, uno studioso fece delle indagini e scoprì che quel tale fin da piccolo si era abituato a mettere le calze a rovescio e non era mai riuscito una volta a infilarsele dalla parte giusta, e così non aveva mai potuto imparare a fare le domande giuste. A tanta gente succede come a lui».[4]

Democrazia e formazione
La democrazia rischia di morire nel ridicolo dell’ignoranza, nell’arroganza dei piccoli leader abituati a non ricevere domande che smascherano, ma solo elogi che sono in realtà lamenti funebri per la democrazia. La democrazia esige formazione difficile senza complicare inutilmente i concetti, vuole che si rispettino responsabilmente i ruoli, senza autoritarismo, ma per servizio. Se invece i ruoli vengono trascesi in nome di un’uguaglianza ideologica, si vuole solo legittimare l’ignoranza organizzata e finalizzata ed il privilegio. Platone, nel libro ottavo della Repubblica, ha ben descritto la fine della democrazia nell’anarchia dei ruoli, e su di essa dovremmo riflettere. I classici sono eterni, perché hanno concettualizzato l’umano:

«In un ambiente siffatto, in cui il maestro teme ed adula gli scolari e gli scolari non tengono in alcun conto i maestri; in cui tutto si mescola e si confonde; in cui chi comanda finge, per comandare sempre di più, di mettersi al servizio di chi è comandato e ne lusinga, per sfruttarli, tutti i vizi; in cui i rapporti tra gli uni e gli altri sono regolati soltanto dalle reciproche convenienze nelle reciproche tolleranze; in cui la demagogia dell’uguaglianza rende impraticabile qualsiasi selezione, ed anzi costringe tutti a misurare il passo delle gambe su chi le ha più corte; in cui l’unico rimedio contro il favoritismo consiste nella molteplicità e moltiplicazione dei favori; in cui tutto è concesso a tutti in modo che tutti ne diventino complici; in un ambiente siffatto, quando raggiunge il culmine dell’anarchia e nessuno è più sicuro di nulla e nessuno è più padrone di qualcosa perché tutti lo sono, anche del suo letto e della sua madia a parità di diritti con lui e i rifiuti si ammonticchiano per le strade perché nessuno può comandare a nessuno di sgombrarli; in un ambiente siffatto, dico, pensi tu che il cittadino accorrerebbe a difendere la libertà, quella libertà, dal pericolo dell’autoritarismo?».[5]

La formazione in pericolo è l’altro volto della democrazia minacciata; la partecipazione alla vita comunitaria è materialmente possibile solo in presenza di una comunità capace di praticare la cittadinanza mediante il concetto, ed educata a confrontarsi con i concetti per crearli e ricrearli nel pensiero consapevole, nell’attività pensante.

«Bisogna aprire i chiostri della verità», come direbbe Giordano Bruno.
Non vi è democrazia senza domanda di verità che rompe i chiavistelli dei pregiudizi e dell’individualismo.
Il futuro della democrazia si gioca nella scuola.

La domanda a cui ciascun educatore e cittadino dovrebbe rispondere, in primis, è se vuole formare sudditi o cittadini.

Salvatore Bravo

***

[1] Giuseppe Cambiano, Sette ragioni per amare la filosofia, il Mulino, Bologna 2019, p. 153.

[2] Edmund Husserl, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, Il Saggiatore, Milano 1983, p. 34.

[3] In greco: Ἑαυτὸν τιμωρούμενος, Il punitore di sé stesso.

[4] Gianni Rodari, Favole al telefono. 1993, Edizioni EL, S. Dorligo della Valle (Trieste), pp. 92-93.

[5] Ibidem.

Publio Terenzio Afro, Manoscritto dell’XI secolo della commedia «Heautontimorùmenos», 163 a.C


Democrito (460– 370 a.C.) – La serenità dell’animo nasce dalla misura e dalla armonia di vita. L’eccesso e il difetto amano la instabilità.

Democrito 006

Negli uomini la serenità dell’animo nasce dalla misura imposta al piacere e dalla armonia di vita. Al contrario, l’eccesso e il difetto amano la instabilità e portano grandi sconvolgimenti nell’animo. Le anime sconvolte dall’alterno signoreggiare di condizioni fra loro decisamente contrarie non sono in grado di essere in equilibrio né ben disposte […]. È dunque bene non volere ottenere qualsiasi cosa, ma tranquillizzare l’animo facendosi bastare ciò che è necessario […]».

Democrito, B191.


Democrito (460 – 370 a.C. circa) – Si deve essere veraci, non loquaci. Chi si compiace nel contraddire e chiacchiera molto non ha attitudine ad apprendere ciò che è necessario. Né arte né scienza si può conseguire da chi non apprende.
Democrito (460 – 370 a.C. circa) – Bisogna difendere nei limiti delle proprie forze coloro che patiscono ingiustizia, e non lasciar correre: giacché un tale atteggiamento è giusto e coraggioso, l’atteggiamento contrario è ingiusto e vile.
Democrito (460 a.C. – 370 a.C.) – Ogni paese della terra è aperto all’uomo saggio: perché la patria dell’anima virtuosa è l’intero universo.

Francesco Fronterotta – Eraclito oppone resistenza a qualunque riduzione interpretativa che tenti di definirne i tratti dottrinari.

Francesco Fronterotta 01

Francesco Fronterotta, dal 1 novembre 2001 ricercatore in Storia della Filosofia antica, dal 1 maggio 2005 professore associato della stessa disciplina presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Lecce; dal 27 dicembre 2012 presso la Facoltà di Lettere e filosofia dell’Università di Roma-Sapienza. Dopo l’esame di maturità classica (1989) e l’ammissione alla Scuola Normale Superiore di Pisa, Francesco Fronterotta vi ha frequentato il Corso ordinario (Laurea) e il Corso di perfezionamento (Dottorato di ricerca), quest’ultimo in cotutela con l’EHESS di Parigi. Nel 1998-99 è stato borsista dell’Istituto italiano per gli studi storici di Napoli. Ha trascorso numerosi soggiorni di studio all’estero, particolarmente a Parigi, per circa otto anni, a Londra e Cambridge e presso diverse Università tedesche (Berlino, Weimar e Monaco). Ha svolto attività di insegnamento a contratto presso l’École normale supérieure de Fontenay-St. Cloud (Parigi, 1996-1998), presso la Scuola Normale di Pisa (1999-2001) e presso l’Università “La Sapienza” di Roma. Nel contesto della sua attività didattica, è stato relatore di circa 120 tesi di laurea e di laurea magistrale; ed è stato o è tutor di dieci dottorandi di ricerca. Nel febbraio 2014 ha ottenuto l’Abilitazione scientifica nazionale di prima fascia per il settore concorsuale 11/C5 – Storia della filosofia. Ha partecipato a numerosi convegni nazionali e internazionali, tenuto lezioni e conferenze in Università italiane ed estere ed è stato Visiting Professor presso l’Université de Paris X – Nanterre negli a.a. 2005-2006, 2006-2007, 2007-2008; presso la Sichuan University (Cina) nel luglio 2015; presso l’Université de Paris 1 – Panthéon Sorbonne nel novembre 2015. Ha fondato nel 2001, con i proff. L. Brisson e J.-F. Pradeau, la Société d’études platoniciennes e la rivista internazionale Les Etudes platoniciennes. È membro europeo dell’Executive Committee dell’International Plato Society (per il sessennio 2013-2019) e cura per la rivista on line della stessa, dal titolo Plato Journal (http://www.nd.edu/~plato/), la sezione critico-bibliografica relativa al tema “Ontologia, logica e filosofia del linguaggio”; è membro fondatore e presidente della Sezione Mediterranea dell’International Plato Society; è stato primo presidente (Erster Vorsitzender) dell’Academia platonica septima Monasteriensis e.V., fondata nel 1999 da Matthias Baltes (per il biennio 2013-2015); è membro dell’International Society of Neoplatonic Studies; è membro del Consiglio direttivo della Società italiana di storia della filosofia antica (dal 2012) e membro del Comitato direttivo della Collana Studi di Storia della filosofia antica della SISFA (Società italiana di Storia della filosofia antica) presso le Edizioni di Storia e Letteratura (Roma); è Permanent Fellow della Archai Unesco Chair (Brasilia) e membro del relativo Board of Visiting Scholars; è membro del Comitato strategico della Scuola di Studi Superiori in Filosofia dell’Università di Roma Tor Vergata; è membro dell’Advisory Board del progetto ERC (Starting grants 2017Proteus. Paradoxes and Metaphors of Time in Early Universe(s), Panel SH5; è Direttore scientifico (insieme con il prof. Gennaro Sasso) del Corso di Alta Formazione in Filosofia, filologia e archivi, Fondazione G. Gentile per gli studi filosofici – Sapienza Università di Roma.


Leggi i suoi saggi in PDF


Francesco Fronterotta, Politica e utopia. La Repubblica di Platone nel XX secolo

Alcuni libri
di Francesco Fronterotta

 

Guida alla lettura del «Parmenide» di Platone, Laterza, 1998

Che rapporto c’è tra l’idea di «uomo» e ciascuno di noi? Come è possibile un punto di contatto tra un’idea, universale ed eterna, e Luigi o Francesca, singoli, concreti e mortali? Fronterotta introduce a uno dei più sottili dialoghi platonici, in sui si esamina a fondo la problematica sopra accennata.


Methexis. La teoria platonica delle idee e la partecipazione delle cose empiriche.

Dai dialoghi giovanili al Parmenide

Scuola Normale Superiore, Pisa 2001


Lire Platon

Con Luc Brisson
Puf, 2006

Rédigé par des spécialistes internationaux, cet ouvrage veut donner au lecteur de Platon les moyens de mieux comprendre les principaux enseignements de son œuvre et la manière dont le philosophe athénien avait choisi de rendre raison dela réalité. Les chapitres successifs de l’ouvrage examinent chacun des principaux aspects de l’œuvre de Platon, de manière à en proposer une introduction. Ils s’efforcent de présenter les dialogues dans leur contexte historique athénien, et de montrer comment Platon y invente ce savoir et ce mode de vie que l’on nommera à sa suite ” philosophie “.


Eidos-Idea

Platone, Aristotele e la tradizione platonica
Edited by Francesco Fronterotta and Walter Leszl, 2011

La dottrina delle idee ha rappresentato un oggetto privilegiato di analisi per numerose generazioni di autorevoli interpreti, da un punto di vista storico, filologico, filosofico e scientifico. Tuttavia, una pur rapida consultazione della vastissima bibliografia platonica dell’ultimo cinquantennio mostra sufficientemente come l’interesse critico ed esegetico intorno a questo nucleo teorico della riflessione di Platone si sia rivolto per lo più all’indagine di problemi specifici o di singoli aspetti dell’opera del filosofo ateniese, perdendo talvolta di vista l’orizzonte concettuale e lo sfondo filosofico entro il quale bisogna collocare il suo pensiero. Ora, questo volume intende invece concentrare l’attenzione sulla nozione e sul concetto di eidos nella filosofia di Platone e nel dibattito che le dottrine platoniche hanno suscitato nella tradizione posteriore, a partire dalla prima Accademia e da Aristotele, fino a giungere a tracciare un quadro schematico e sintetico delle principali correnti “platonizzanti” del pensiero antico. Attraverso un confronto a più voci che si è andato via via costruendo nel corso di successivi seminari e incontri di studio, si è pensato di fornire così una raccolta miscellanea capace di “fare il punto” intorno al dibattito critico e agli studi più recenti su questo tema cruciale.

Introduzione, W.L. & F.F.

La teoria platonica delle idee

  1. Baltes-M.L. Lakmann, Idea (dottrina delle idee)
  2. Brisson, Come rendere conto della partecipazione del sensibile all’intellegibile in Platone?
  3. Leszl, Ragioni per postulare le idee

J.-F. Pradeau, Le forme e le realt.. intellegibili: l’uso platonico del termine eidos

  1. Sillitti, L’idea del bene tra geometria e dialettica nei libri VI e VII della Repubblica platonica
  2. Centrone, L’eidos come holon in Platone e i suoi riflessi in Aristotele
  3. O’Brien, La forma del non essere nel Sofista di Platone

Il dibattito sulle idee fra l’Accademia antica e Aristotele

  1. Isnardi-Parente, Il dibattito sugli eide nell’Accademia antica
  2. Fronterotta, Natura e statuto dell’eidos: Platone, Aristotele e la tradizione platonica
  3. Mariani, Aristotele e il “terzo uomo”
  4. Cerami, La sostanza sensibile e la nozione di TODE TOIONDE in Metafisica VII 8

Il dibattito sulle idee nella tradizione platonica

  1. Ferrari, Idea ed eidos nel medioplatonismo
  2. Linguiti, Dottrina delle idee nel neoplatonismo

Bibliografia


Eraclito, Frammenti. Testo greco a fronte

Rizzoli, 2013

Filosofo del negativo e della contraddizione, padre di una fisica e di una cosmologia protoscientifiche fondate sul divenire e sul movimento, Eraclito oppone resistenza a qualunque riduzione interpretativa che tenti di definirne i tratti dottrinari. La sua proverbiale oscurità e lo stile enigmatico e sentenzioso hanno stimolato fin dall’antichità innumerevoli interpretazioni, e lo stato frammentario della sua opera costituisce un’autentica sfida per le operazioni esegetiche dei moderni. Questa edizione è una disposizione tematica dei frammenti e restituisce dunque una sistematizzazione plausibile della riflessione eraclitea, mentre il commento permette di collocare il pensatore ionico nel suo contesto storico e filosofico.


Studi su Aristotele e l’aristotelismo

A cura di Elisabetta Cattanei, Francesco Fronterotta, Stefano Maso

Editore Storia e Letteratura, 2015.

La collana è espressione della SISFA (Società italiana di Storia della Filosofia Antica). Si propone di raccogliere, in primo luogo, gli studi italiani in questo ambito e inoltre importanti contributi alla ricerca sul pensiero antico provenienti dall’estero. Vuole rappresentare la voce della nostra ricerca sul pensiero antico nel mondo e dialogare in modo fecondo con le altre tradizioni critiche ed esegetiche. Il primo volume è dedicato al pensiero aristotelico.


Dai presocratici a Platone. Cinque studi

Con Francesca Masi, Storia e Letteratura, 2018

Nuovo volume della collana dedicata alla storia della filosofia antica, questi studi intendono affrontare aspetti specifici della dottrina dei presocratici mettendola in relazione col pensiero di Socrate e l’influenza che essa ebbe nello sviluppo delle correnti filosofiche successive.


Due immagini di Platone in età contemporanea. Il Neo-kantismo, Martin Heidegger

Con Massimo Luigi Bianchi, Mimesis, 2018

Due immagini di Platone, due modi differenti di rendere la sua filosofia: da un lato il punto di vista dei filosofi neo-kantiani della scuola di Marburgo, dall’altro quello di Martin Heidegger. Quanto dissimili sono i rispettivi orizzonti di pensiero, altrettanto lo è il terreno su cui nei due campi avviene la ripresa. Vi è un tratto, però, che accomuna le due riletture: in ambedue i casi a Platone non è rivolto uno sguardo neutrale ma la sua filosofia si vede restituita come attraverso due diverse rifrazioni prismatiche: quella dell’idealismo trascendentale kantiano da parte dei filosofi di Marburgo, quella della sua propria filosofia da parte di Heidegger.


Lire Platon

Con Luc Brissom

Puf, 2019

Comment Platon invente-t-il ce savoir et ce mode de vie que l’on nommera à sa suite ” philosophie ” ? Quels sont les traits distinctifs de la pensée platonicienne ? Comment la tradition platonicienne s’est-elle développée et quels en sont les principaux enseignements ? Chez Platon, la philosophie est le principe de l’amélioration de l’individu et de la cité. C’est en accordant une place primordiale à l’âme et au savoir fondé sur l’intelligible que l’homme sera capable de penser, de parler et d’agir. A travers les contributions originales de spécialistes internationaux, cet ouvrage donne au lecteur les moyens de saisir clairement les grandes lignes de la pensée du philosophe athénien. Les chapitres successifs examinent chacun des aspects essentiels de son oeuvre, en présentant les dialogues dans leur contexte historique et en proposant de nombreuses références bibliographiques, nécessaires à l’approfondissement des éléments présentés dans cette introduction.



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