Ernst Bloch (1885-1977) – L’utopia concreta sta all’orizzonte di ogni realtà. L’utopia non è fuga nell’irreale, è scavo per la messa in luce delle possibilità oggettive insite nel reale e lotta per la loro realizzazione.

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«Anche se la speranza non fa altro che sormontare l’orizzonte, mentre solo la conoscenza del reale tramite la prassi lo sposta in avanti saldamente, è pur sempre essa e soltanto essa che fa conquistare l’incoraggiante e consolante comprensione del mondo, a cui essa conduce, come la più salda ed insieme la più tendenzialmente concreta. […] L’importante è imparare a sperare. Il lavoro della speranza non è rinunciatario perché di per sé desidera aver successo invece che fallire. […] Contro l’aspettare è d’aiuto lo sperare. Ma non ci si deve solo nutrire di speranza, bisogna anche trovare in essa qualcosa da cucinare. […] L’utopia concreta sta all’orizzonte di ogni realtà; la possibilità reale circonda fino alla fine le tendenze-latenze dialettiche aperte, l’utopia non è fuga nell’irreale, è scavo per la messa in luce delle possibilità oggettive insite nel reale e lotta per la loro realizzazione».

Ernst Bloch, Il principio speranza, 3 vol., Garzanti, 1994, vol. I, pp. 262-263.


Ernst Bloch (1885 – 1977) – Chi è scialbo si colora come se ardesse. La via esteriore è la più facile. Apparire più che essere: questo il suo motto.
Ernst Bloch (1885-1977) – Tutto ciò che vive ha un orizzonte. Dove l’orizzonte prospettico è tralasciato, la realtà si manifesta soltanto come divenuta, come realtà morta, e sono i morti, cioè i naturalisti e gli empiristi, che qui seppelliscono i loro morti.
Ernst Bloch (1885-1977) – È la filosofia la scienza in cui è viva, ha da esser viva, la consapevolezza del tutto. La filosofia ha a cuore soprattutto l’unità del sapere. La filosofia sta sul fronte.

 


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Walter Benjamin (1892-1940) – Che cos’erano per me i miei primi libri? Io non leggevo un libro, vi entravo, vivevo tra le sue righe; e quando lo riaprivo dopo un’interruzione, ritrovavo me stesso nel punto in cui ero rimasto.

Walter Benjami002

«Che cos’erano per me i miei primi libri?

 Per ricordarmene dovrei prima cancellare dalla memoria ogni altra cognizione di libri. È certo che tutto ciò che so oggi si basa sulla prontezza con cui allora mi aprii ai libri; ma mentre ora il contenuto, l’argomento, la meteria sono estranei al libro, come oggetto, allora ne erano parte essenziale e intrinseca, come la carta e il numero delle pagine. Il mondo che si rivelava nel libro e il libro stesso erano assolutamente indivisibili. Come il libro, anche il suo contenuto, il suo mondo, era palpabile, si poteva toccare con mano.
E parimenti quel contenuto e quel mondo gtrasfiguravano ogni parte del libro. Vi ardevano dentro, irradiavano da esso; inscritti non solo nella copertina e nelle figure, erano racchiusu nei titoli dei capitoli e nei capilettera, nei paragrafi e nelle colonne.
Io non leggevo un libro, vi entravo, vivevo tra le sue righe; e quando lo riaprivo dopo un’interruzione, ritrovavo me stesso nel punto in cui ero rimasto».
Walter Banjamin

 

 

La mia biblioteca

La mia biblioteca

Walter Benjamin, La mia biblioteca, Elliot, 2016

Quarta di copertina

Nel 1931 un trasloco costrinse Benjamin ad affrontare la mole sterminata dei volumi accumulati nel corso degli anni. Dal mezzogiorno alla mezzanotte, senza essere riuscito a terminare l?impresa, il filosofo tedesco aprì le casse che contenevano la sua biblioteca. Le ore passate tra la polvere e gli scatoloni ispirarono questo saggio. Dalla tensione non risolta tra ordine e disordine, alla presenza massiccia di libri mai letti sugli scaffali, passando per gli acquisti memorabili e le tattiche da adottare nelle aste pubbliche: tutto concorre a delineare la figura del collezionista, il cacciatore di libri, il flâneur che, perdendosi nelle grandi e piccole città, va alla ricerca di una botteguccia antiquaria o di una sperduta cartoleria. Un testo curioso, qui presentato insieme ad altri due scritti, Presso il camino e Come si spiega un grande successo editoriale?, nei quali Benjamin indaga la magia della lettura e le cause che possono rendere un trattato sulle erbe un imprevedibile best seller.


Walter Benjamin sul collezionismo librario: “Disfo la mia biblioteca”


Walter Benjamin (1892-1940) – «Esperienza» . Il giovane farà esperienza dello spirito e quanto più dovrà faticare per raggiungere qualcosa di grande, tanto più incontrerà lo spirito lungo il suo cammino e in tutti gli uomini. Quel giovane da uomo sarà indulgente. Il filisteo è intollerante.
Walter Benjamin (1892-1940) – Ciò che noi chiamiamo il progresso, è questa bufera
Walter Benjamin (1892-1940) – La malinconia tradisce il mondo per amore di sapere. Ma la sua permanente meditazione abbraccia le cose morte nella propria contemplazione, per salvarle.

 


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Jan Patočka (1907-1977) – Chi può rispondere alla domanda se il conflitto di Socrate sia solo un conflitto dei tempi, oppure se si tratti di uno scontro fondamentale irriducibile ed eterno? Socrate non ha una risposta a portata di mano, ma solo una domanda.

Jan Patočka 01
Socrate di Patočka

Socrate di J. Patočka, Rusconi, 1999

«Chi può rispondere in modo soddisfacente alla domanda se il conflitto di Socrate sia solo un conflitto dei tempi, determinato da una specifica situazione storica relativa, oppure se si tratti di uno scontro fondamentale irriducibile ed eterno?». Jan Patočka, Socrate.

«Socrate non ha una risposta a portata di mano, ma solo una domanda. E poi cerca di destare negli altri la stessa domanda. Con questo risveglio della domanda negli altri, però, Socrate cambia gli altri. La domanda sul bene ultimo opera nell’anima una conversione totale. La costringe a tornare in se stessa, a cercare ciò che è il suo fine ultimo e la sua propria vocazione». Jan Patočka, Socrate.

«La specificità di Socrate consiste nel fatto che ha compreso e ha sempre sottolineato che il mero immediato superamento irriflesso dell’individualismo non è ancora un integrale atteggiamento morale, bensì dev’essere preceduto dalla domanda. Perciò la risposta propria di Socrate all’incertezza morale del suo tempo è la domanda morale. Essa è la sua scoperta propria. La domanda, però, esprime sempre il non sapere, i dubbi. Socrate reagisce contro la sicurezza ingenua dell’uomo non desto moralmente. A Socrate, quindi, per questo risveglio dalla certezza alla domanda serve la dialettica raffinata, spesso vertiginosa ed ingannevole. Ciò che, quindi, per Socrate è più importante è il risveglio alla domanda, non la risposta». Jan Patočka, Socrate.

Quarta di copertina

Jan Patočka (1907-1977), allievo di Edmund Husserl e considerato il più importante filosofo ceco, ha mediato la fenomenologia appresa dal maestro con la tradizione classica del socratismo e del platonismo, elaborando un pensiero originale che si sta diffondendo con grande successo in Europa. La sua idea di “vivere nella verità”, pur nella problematicità, lo ha condotto a schierarsi durante gli anni oscuri del regime comunista cecoslovacco a favore degli uomini ingiustamente perseguitati e ad essere il primo firmatario di “Charta 77”, la vivace protesta in difesa dei diritti umani. Per questa ragione fu arrestato e condotto alla morte durante un violento interrogatorio da parte della milizia di stato. Giustamente è stato definito il “Socrate di Praga”. Il suo studio su Socrate, risalente al 1947 e tradotto per la prima volta in una lingua occidentale, è quindi assai significativo per comprendere la radici teoriche del suo operato. Il conflitto di Socrate con l’Atene del tempo, per Patočka, diviene il modello di un conflitto fondamentale eterno. L’idea socratica del non-sapere assume per lui il significato di una presa di coscienza della finitezza dell’uomo, che è fonte di umiltà intellettuale; in questo modo, la problematicità diventa anche il primo passo per la “cura dell’anima”, vale a dire per un’esistenza umana in prossimità e in vista del bene. Secondo Patočka, la cura dell’anima costituisce altresì la base spirituale sulla quale l’Europa è nata e si è sviluppata, e in base alla quale potrebbe anche rigenerarsi in futuro. Il testo è stato curato da Martin Cajthaml e Giuseppe Girgenti, ricercatori del “Platoninstitut” presso l’Accademia Internazionale di Filosofia nel Principato del Liechtenstein, che insieme hanno già tradotto di Patočka Platone e L’Europa (Vita e Pensiero, Milano 1997). Il testo ceco riprodotto a fronte è tratto dalla seguente edizione: Sokratés, Praga 1947, seconda edizione a cura di I. Chvatik e P. Kouba, Praga (SPN) 1991.


Indice del volume Socrate


Recensione di Salvatore Bravo al libro di J. Patočka, Socrate


Che cos'è la fenomenologia?

Che cos’è la fenomenologia?

 

Le monde naturel et le mouvement de l'exsistence humaine

Le monde naturel et le mouvement de l’exsistence humaine

 

Lo spazio e la sua problematica

Lo spazio e la sua problematica

 

Platonismo negativo e altri frammenti

Platonismo negativo e altri frammenti

 

Saggi eretici sulla filosofia della storia

Saggi eretici sulla filosofia della storia


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Paul Valéry (1871-1945) – «Le livres ont le mêmes ennemis que l’homme: le feu, l’umide, les bêtes, le temps; et leur propre contenu». Possiamo tradurre «les bêtes» con «la stupidità».

Paul Valéry 01
Valéry Littérature

P. Valéry, Littérature

 

Le livres ont le mêmes ennemis que l’homme:

le feu, l’umide, les bêtes, le temps;

et leur propre contenu.

 

Paul Valéry, Littérature, Gallimard, 1930.

 

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Salvatore Gullì – Opporsi al cinismo e alla sopraffazione dei poteri dominanti, nell’intento di suscitare un moto di indignazione che faccia nascere, nella coscienza di ciascuno, un germe di resistenza civile.

Salvatore Gullì
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Rivolta a venire: etica e utopia

Salvatore Gullì, Rivolta a venire: etica ed utopia, Città del Sole, 2015

 

 

Rivolta a venire è un volume di versi civili e di meditazioni in prosa attraverso cui l’autore ambisce a mettere in luce la valenza etica di figure esemplari, eroiche e geniali. La rivisitazione di tali figure – capaci di ampliare i confini del possibile e di favorire positive riflessioni – avviene in tempi di decadimento civile e culturale nel mondo politico e in quello economico-finanziario, con gravi ricadute sul comportamento dei singoli e delle collettività.
L’autore lancia il suo grido di accusa contro il cinismo e contro la sopraffazione dei poteri dominanti, nell’intento di suscitare un moto di indignazione che faccia nascere, nella coscienza di ciascuno, un germe di resistenza civile, alimentata da inestinguibili idealità e da imprescindibili spinte utopistiche. La rivolta a venire attende fautori disposti a contrastare la negativa corrente prevalente e prefigura una scossa che, accompagnata da crescita di consapevolezza – nel solco del concepimento di un avveduto progetto di cambiamento – potrà contribuire al risanamento delle comunità e alla restaurazione dell’etica. Ma anticipare il senso di un libro equivale a tradirne la funzione. Spetta perciò esclusivamente al volenteroso lettore decidere di rendersi fino in fondo partecipe e di scoprire il percorso ideale lungo il quale l’autore Salvatore Gullì, Rivolta a venire: etica ed utopia si prefigge di far affiorare verità vive ed attive.

***

Salvatore Gullì è laureato in Giurisprudenza presso l’Università La Sapienza di Roma. Esercita la professione di avvocato. Studioso di filosofia, di teoria generale del diritto e di etica, è anche autore di testi e di brani musicali.


Un brano per musica di Salvatore Gullì.

1992

Alba fumosa,
lucciole in posa,
congreghe chiuse,
liquami a iosa,
siringhe e sporco,
sirene e pianto,
buio nei cuori
mercato e luci,
alti palazzi,
brutto che impera:
e quando arriva la primavera ?
E quando arriva ?
Soffoca la città !

Servono eroi.
Mancano eroi.
Eroi ne esistono ?
Eroi che salvino ?

Banche di culto,
mala e denari,
carceri piene,
mercati e cene,
mastica amaro chi più fatica,
chi non ne vede tanto cammino,
chi non ne vede segni di bene,
né leggi fatte come conviene,
ché è messa in gabbia l’anima di città.

Fragili noi,
subiamo noi,
Eroi ne esistono ?
Eroi che salvino ?

Teatri chiusi,
bambole-oche,
nuove catene,
mercati e seme,
maschere e feste,
si offende il vero,
vecchi reclini,
giovani muti,
destino in borsa
anime in gioco,
e chi decide è re di denari,
proprio non resta traccia di bene.

Servono eroi.
Mancano eroi.
Eroi ne esistono ?
Eroi che salvino ?

Bombe di mala,
anime in aria,
per sempre spenti in aria i buoni,
potere ignavo che, pur di stare, si volge indietro,
devia lo sguardo:
eccoli i frutti di azioni omesse !
In aria i giusti, in aria spenti,
per sempre spenti in terra i nostri eroi.

Fragili noi,
quanti rimpianti,
in tempi cupi fragili noi:
non ci eravamo neppure accorti
che c’era in gioco ciò che risplende,
ciò che per nulla al mondo si scambia,
ciò che per nulla al mondo si cambia,
ciò che fa luce nel buio che c’è.

Salvatore Gullì

 


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Renato Curcio – Ben oltre la società industriale, la società dello spettacolo e la modernità liquida, la società artificiale ci mette dunque di fronte al germe accattivante e vorace di un nuovo totalitarismo. Sapremo scegliere o ci accontenteremo di essere scelti?

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Locandina della Presentazione del Libro

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Locandina della Presentazione del Libro

Giovedì 7 settembre 2017, ore 18

Horti Lamiani, Via Giolitti 163  – Roma

 

 

La società artificiale

 

RENATO CURCIO

LA SOCIETÀ ARTIFICIALE

MITI E DERIVE DELL’IMPERO VIRTUALE

È esperienza comune che le nostre relazioni di qualsiasi tipo vengano sempre più frequentemente intermediate da dispositivi digitali. I legami interumani diretti lasciano il posto a mille forme di connessioni indirette e artificiali. Il marketing delle ‘internet company’ accompagna questa mutazione tecno-sociale con nuovi miti. La potenza degli smartphone, le meraviglie dell’intelligenza artificiale, la panacea dei robot per alleviare le fatiche del lavoro, la rivoluzione dei big data e il paradiso terrestre dell’internet delle cose. Un’assuefazione acritica maschera la nostra ignoranza sulle reali implicazioni di questa ulteriore evoluzione del capitalismo. Facendo leva su narrazioni d’esperienza che non indulgono all’anestetizzazione del malessere, questo libro s’interessa delle implicazioni sociali dei nuovi strumenti digitali e del significato concreto che nella vita di relazione quotidiana, nella politica, negli stati di coscienza e nel mondo del lavoro espressioni come big data, profilazione predittiva, intelligenza artificiale, cloud, robot umanoidi, internet delle cose, vengono realmente a configurare. Più in generale questa esplorazione cerca di mostrare come “progresso sociale” e “tecnologie digitali” non siano affatto sinonimi. E anzi, come queste ultime innervino l’architettura di classe capitalistica invadendo e aggredendo dall’interno lo spazio vitale essenziale delle relazioni umane.

Ben oltre la società industriale, la società dello spettacolo e la modernità liquida, la società artificiale ci mette dunque di fronte al germe accattivante e vorace di un nuovo totalitarismo. Un totalitarismo tecnologico che, a differenza di quelli ideologici del Novecento, invade e colonizza il luogo più “sacro” e fondamentale della libertà. D’altra parte, una matura consapevolezza di questa estrema deriva può essere anche il punto di partenza per un’ulteriore rimessa in discussione delle classi sociali e del destino di specie. Sapremo scegliere o ci accontenteremo di essere scelti?

Renato Curcio, socio fondatore di Sensibili alle foglie e socioanalista, ha pubblicato per queste edizioni numerosi titoli. Su questo tema, ricordiamo qui: L’impero virtuale, 2015; L’egemonia digitale, 2016.

ISBN 978-88-98963-75-1, p. 128, Euro 16,00

 


Renato Curcio – Introduzione al libro di Franco Del Moro, «Il dubbio necessario»: “Le persone che si adattano ad attività di pura sopravvivenza non raggiungono mai una piena realizzazione dei propri desideri, delle proprie capacità e aspirazioni: la vastità identitaria è la vera dimensione dell’esperienza umana nella creazione di nuovi mondi di senso”.
Renato Curcio – La materia più preziosa al mondo è l’anima degli umani, il loro immaginario. L’impero virtuale non è che la storia recente di una nuova e più insidiosa strategia di colonizzazione dell’immaginario.

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György Lukács (1885-1971) – Uno dei tratti più fecondi e caratteristici di Lenin è che egli non cessò mai di imparare teoricamente dalla realtà e che in pari tempo era sempre pronto ad agire.

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Questo volumetto è un puro prodotto della metà degli anni Venti. Perciò non è certo privo d’interesse come documento sul modo in cui uno strato di marxisti allora non insignificante considerava la personalità, la missione di Lenin. […]
Se però ofgfgi si vuole respingere in tutti i campi il livellamento dogmatico, le esperienze degli anni Venti possono dare impulsi fecondi solo per vie indirette […].
Lenin possiede, fino nelle reazioni nervose spontanee, la fedeltà ai principi propria dei precedenti grandi asceti della rivoluzione, mentre nel carattere non è neppure sfiorato da un’ombra di ascetismo. […]
Se Che fare? è un titolo simbolico per tutta la sua attività di scrittore, l’idea teorica centrale di questa opera è una sintesi anticipata di tutta la sua visione del mondo. […]
Uno dei tratti più fecondi e caratteristici di Lenin è che egli non cessò mai di imparare teoricamente dalla realtà e che in pari tempo era sempre pronto ad agire. […]
Se oggi, quando la manipolazione divora la prassi e la deideologizzazione divora la teoria, questo ideale non è tenuto in grande onore dalla maggioranza degli “specialisti”. Al di là dell’importanza dei suoi atti e delle sue opere, la figura di Lenin, come incarnazione del continuo “esser preparati”, rappresenta un valore incancellabile come tipo nuovo di atteggiamento esemplare di fronte alla realtà.

György Lukács, Postilla all’edizione italiana, Budapest, gennaio 1967.

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György Lukács, Lenin. Teoria e prassi nella personalità di un rivoluzionario, Einaudi, 1976.

È interessante rileggere oggi, a distanza di 41 anni, la quarta di copertina di questo libro, scritto nel 1924, pubblicato da Einaudi in seconda edizione nel 1976. Il lettore attento saprà cogliere da sé il significato di questa npostra sottolineatura … altri tempi!

Questo saggio di György Lukács su Lenin appare in Italia a più di mezzo secolo dalla sua prima edizione tedesca: ma l’odierno dibattito intellettuale gli conferisce un’inattesa attualità ed efficacia. Sia Lenin che Lukács, in modi diversi, sono al centro di una riflessione critica nuova, che ne ripercorre il pensiero e l’opera in funzione di un’esperienza etico-storica quanto mai aperta e inquieta. Perciò riesce particolarmente vivo e appassionante questo Lenin visto come espressione dell’intima forza motrice di un’età rivoluzionaria da un Lukács immerso nell’atmosfera tempestosa dell’Ottobre e fiducioso nelle sorti del rivolgimento mondiale.

Se il Lenin di Lukács è una figura centrale dello sviluppo della coscienza universale, il Lukács di Lenin è un momento-chiave dell’itinerario speculativo del grande pensatore. Dal loro incontro è nato un libro d’eccezione, che ancor oggi vale a interpretare problematicamente tanto il rivoluzionario russo quanto il filosofo ungherese.


Per chi volesse leggere il testo, sula rete potrà trovare la scansione integrale del libro:

György Lukács, Lenin. Teoria e prassi nella personalità di un rivoluzionario


Salvatore Bravo, Una recensione al libro di G.Lukács


György Lukács (1885-1971)  –  «Thomas Mann e la tragedia dell’arte moderna». Il momento puramente soggettivo, l’estraniarsi da ogni collettività, il disprezzare ogni comunità annulla ogni vincolo con la società e nell’opera stessa: autodissoluzione dell’arte in seguito a quella lontananza dalla vita ch’essa si pone per principio.
György Lukács (1885 – 1971) – Il fuoco che arde nell’anima partecipa all’essenza delle stelle. Perché il fuoco è l’anima di ogni luce, e nella luce si avvolge il fuoco.
György Lukács (1885-1971) – Questo trasformarsi in merce di una funzione umana rivela con la massima pregnanza il carattere disumanizzato e disumanizzante del rapporto di merce.
György Lukács (1885-1971) – Considerazioni su «Marx, il cinema e la critica del film», un libro di Guido Aristarco (1918-1996). La tendenza generale è il dominio della manipolazione, a cui in misura sempre più vasta si va assoggettando anche, e tutt’intero, il campo dell’arte.


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Tulio Seppilli (1928-2017) – Tulio Seppilli, antropologo e comunista, come voleva essere definito. Praticava e insegnava «una antropologia come ricerca nel cuore stesso della società, dei suoi problemi e delle sue ingiustizie. Un’antropologia per ‘capire’, ma anche per ‘agire’, per ‘impegnarsi’».

Tullio Seppilli

La sera del 23 agosto 2017 è morto Tulio Seppilli, antropologo e comunista, come voleva essere definito.

«Intendo l’antropologia come ricerca nel cuore stesso della società, dei suoi problemi e delle sue ingiustizie. Un’antropologia per ‘capire’, ma anche per ‘agire’, per ‘impegnarsi’». Tulio Seppilli

Scritti di antropologia culturale

Scritti di antropologia culturale
I. I problemi teorici, gli incontri di culture, il mondo contadino.
II. La festa, la protezione magica, il potere

A cura di Massimiliano Minelli e Cristina Papa, Olschki, 2008

Sono qui riuniti una serie di saggi di Tullio Seppilli già editi in molteplici collocazioni editoriali dagli anni Cinquanta a oggi che sono significativi di un percorso individuale ma anche di importanti direzioni intraprese dall’antropologia italiana in questo periodo. Gli scritti affrontano ambiti tematici differenti: dai problemi teorici agli incontri di culture, alle trasformazioni derivate dall’abbandono delle campagne nel dopoguerra fino ai temi della festa, della protezione magica e del potere.


Quando c'erano gli intellettuali

Quando c’erano gli intellettuali. Rileggendo «cultura popolare e marxismo»

A cura di R. Rauty, Postfazione di Tullio Seppilli, Mimesis, 2015.

Il volume contiene, con una nuova introduzione, una bibliografia aggiornata e ampliata e una postfazione di Tullio Seppilli, i saggi comparsi in “Cultura popolare e marxismo” (Roma, 1976). Dopo la stampa delle “Osservazioni sul folclore” di Antonio Gramsci, all’interno del movimento operaio, e nell’ambito del contraddittorio sviluppo delle scienze sociali allora in atto in Italia, furono pubblicati molteplici studi e interventi dedicati alla riflessione sul popolo e sulla cultura popolare con attenzione particolare, almeno fino agli anni ’60, al Mezzogiorno d’Italia, alla realtà contadina, e alle condizioni e forme del suo vivere e organizzarsi. I saggi presenti nel volume testimoniano quel processo e come in seguito quel tema si legò alla documentazione delle manifestazioni popolari e di classe emergenti nell’Italia dello sviluppo industriale, e al ruolo attribuito a quella cultura da una serie di intellettuali, più o meno collegati e/o critici rispetto alle organizzazioni storiche del movimento operaio.

 


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Diana Quarantotto – Causa finale, sostanza, essenza in Aristotele: saggio sulla struttura dei processi teleologici naturali e sulla funzione del telos.

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usa finale, sostanza, essenza in Aristotele

Causa finale, sostanza, essenza in Aristotele:
saggio sulla struttura dei processi teleologici naturali e sulla funzione del telos

Bibliopolis, 2005 – 372 pagine

Il concetto di “causa finale” svolge un ruolo centrale nell’ambito della filosofia aristotelica. Scopo di questo saggio è avanzare l’ipotesi che la definizione di “natura” come principio interno del movimento e della quiete, formulata in “Physica” B 1, sia allo stesso tempo una definizione della teleologia naturale e che fornisca significative informazioni circa la struttura dei processi finalistici e la funzione ontologica ed epistemologica del telos.


L’Universo senza spazio. Aristotele e la teoria del luogo

L’Universo senza spazio. Aristotele e la teoria del luogo

Bibliopolis, 2017 – 290 pagine

 

La teoria del luogo di Aristotele è stata discussa e criticata sin dall’antichità, già dai primi allievi e collaboratori di Aristotele. Questo volume mira a mostrarne le ragioni e l’efficacia. È relativo principalmente a Physica IV 1-5, dove Aristotele espone il nucleo della teoria. L’analisi di questo testo è condotta con una particolare attenzione agli aspetti euristici dell’indagine di Aristotele. L’obiettivo è di evidenziare la costruzione progressiva della teoria e i mezzi con cui questa costruzione è svolta: le procedure di scoperta, la raccolta e la selezione dei dati, la formulazione e il confronto tra ipotesi diverse. Inoltre, l’obiettivo è di ricostruire le assunzioni di fondo che orientano l’intera ricerca e che sono alla base della teoria che ne risulta. L’esito di questo lavoro di analisi e di ricostruzione è un’interpretazione, sostanzialmente nuova, della definizione di luogo come “primo limite del corpo contenente” (o “primo limite immobile del corpo contenente”) e una proposta di soluzione del discusso problema dell’immobilità del luogo.


Carlo Rovelli, Monica Ugaglia, Diana Quarantotto – ‘La Fisica e Aristotele’

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Diana Quarantotto

 

Aristotele: la psicofisiologia delle emozioni e l’ilemorfismo

Aristotle’s Way away from Parmenides’ Way. A Case of Scientific Controversy and Ancient Humour

Aristotele sulla naturalità e convenzionalità del linguaggio

Ontologia della causa finale aristotelica

Aristotele, Metafisica Iota 8-10

Aristotle’s natural teleology seen from above: A ‘cosmogony’ of the means-goal relation

A Dynamic Ontology: on How Aristotle Arrived at the Conclusion that Eternal Change Accomplishes Ousia

Il dialogo dell’anima (di Aristotele) con se stessa. Problemata: l’indagine e l’opera

Aristotle and Galen on the Epistemic Status of Medicine: a Reply to R. Chiaradonna

Aristotle on the Soul as a Principle of Biological Unity

New Perspectives on Aristotelianism and its Critics

By Sara Heinämaa, Miira Tuominen e Diana Quarantotto

 



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Ivan Illich (1926-2002) – Lo studio porti il lettore alla sapienza e non ad accumulare conoscenze al solo scopo di farne sfoggio. Il lettore è uno che si è volontariamente esiliato per concentrare tutta la propria attenzione e il proprio desiderio sulla sapienza.

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«E infine, tutto il mondo deve diventare terra straniera per chi vuole leggere in modo perfetto. Dice il poeta: “non so quale dolcezza ci lega al suolo natio, e non ci permette di dimenticarlo”. Il filosofo deve imparare, a poco a poco, a lasciarlo. Sono queste alcune delle dodici regole di carattere generale che Ugo di San Vittore prescrive per acquisire quelle abitudini che sono necessarie affinché lo studio porti il lettore alla sapienza e non ad accumulare conoscenze al solo scopo di farne sfoggio. Il lettore è uno che si è volontariamente esiliato per concentrare tutta la propria attenzione e il proprio desiderio sulla sapienza, che diventa così la casa sospirata».

Ivan Illich, Nella vigna del testo. Per una etologia della lettura, Cortina, 1994, p. 17.

 


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