Luca Grecchi – Aristotele: la rivoluzione è nel progetto. La «critica» rinvia alla «decisione» di delineare un progetto di modo di produzione alternativo. Se non conosciamo il fine da raggiungere, dove tiriamo la freccia, ossia dove orientiamo le nostre energie, come organizziamo i nostri strumenti?

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Chi non progetta
ciò che può essere progettabile,
lo avrà fatto diventare,
col proprio non progettarlo,
qualcosa di irrealizzabile,
e a cui non porta più nessuna strada.

***

Aristotele: La rivoluzione è nel progetto

***

S O M M A R I O


La scelta del soggetto e la scelta del titolo

Il messaggio aristotelico non è “conservatore”

“Rivoluzione“ e “progetto“ versus “ribellione”

Aristotele può essere considerato pensatore progettuale e rivoluzionario

Aristotele non è accostabile al “ribellismo” dei vari maîtres à penser
Il suo pensiero punta a costruire una vita buona per tutti

Aristotele sostenne che la crematistica conduce ad una vita innaturale

Che cosa è il “bene” per Aristotele? E il “bene comune”?

Per Aristotele, insomma, serve una sorta di rivoluzione
delle modalità socio-economiche dominanti

Platone ed Aristotele andavano all’essenziale. Oggi non lo si fa più

Oggi si mercifica e si include anche la critica ribellistica.
Non si accetta quella fondata sulla natura umana: progettuale

Come dovrebbe essere un modo di produzione sociale per essere migliore?

Capire come le cose devono essere, non solo come le cose sono
La kallipolis aristotelica.
Chi vive senza un fine e senza un progetto, conduce davvero una ben misera esistenza

Non basta il ribellismo.
La critica, anche etimologicamente, rinvia alla decisione

Chi vuole fare filosofia deve ragionare sull’intero. Ogni modo di produzione è storico

Preparare su solide fondamenta quanto meno il progetto


«Innanzitutto ringrazio Diego Fusaro, e gli organizzatori, per questo invito.
Vorrei cominciare, in maniera un po’ insolita, con alcune giustificazioni, riguardanti sia la scelta del soggetto (Aristotele), sia la scelta del titolo (la rivoluzione è nel progetto). Comincio col soggetto. In un convegno che si intitola Il pensiero ribelle, il nome di Aristotele potrebbe sembrare, almeno ad una parte del pubblico, un po’ noioso.

[…] Mi si può chiedere allora perché le ho utilizzate per un titolo. Ebbene: le ho usate – vi svelo un segreto, che dico sottovoce per non farmi sentire dagli organizzatori – per una piccola ribellione al tema di questo convegno, che mi crea un po’ di disagio. La causa di questo disagio non è soggettiva, ossia dovuta al fatto che sono il più vecchio fra i relatori, ed i vecchi nel sentire comune non dovrebbero essere ribelli, ma, penso, oggettiva, in quanto ritengo che la situazione generale in cui il mondo si trova richieda qualcosa di più, come risposta filosofica, di un pensiero semplicemente “ribelle”. A breve chiarirò meglio questo punto, ma fin da ora segnalo che le parole “rivoluzione” e “progetto” vanno in questa direzione. Mi tocca però, come detto, non essendo propriamente termini aristotelici, il compito di giustificare il loro uso con riferimento al pensiero di Aristotele.
Passo quindi ad analizzare i motivi per cui Aristotele può essere considerato pensatore progettuale e rivoluzionario. Il primo motivo è che Aristotele, da buon filosofo, era non solo critico verso il presente, perché non lo vedeva molto armonico, ma anche costruttivo, e soprattutto si rivolgeva all’intero che, sul piano sociale, è costituito dal modo di produzione sociale (ossia, con Marx, il processo con cui si svolge la produzione e riproduzione sociale della vita). La chiave di questo processo la trovò anche ai suoi tempi nella cattiva crematistica, ossia nella ricerca fine a sé stessa di beni, merci, per estensione denaro.  Ebbene: in base a quella natura razionale e morale dell’uomo che egli assume come riferimento (dopo adeguata riflessione), egli pose in essere la prima critica della crematistica che si conosca. La crematistica per Aristotele, come tra poco mostreremo, era una cosa innaturale, in quanto si rivolge alla massima produzione, al massimo profitto; ma l’uomo non ha bisogno di più di tanto cibo, più di tanti vestiti, più di tanto denaro per essere felice: l’uomo è un ente finito, limitato, quindi gli basta un numero finito, limitato di beni per vivere bene. Per questo egli fu progettualmente critico della crematistica […]». [Leggi tutto il testo, pp. 11]

Intervento di Luca Grecchi
al Festival del pensiero ribelle, 12 giugno 2016, Roccabianca (Parma)

Scarica il testo dell’intervento in PDF

Luca Grecchi, Aristotele: La rivoluzione è nel progetto



Un libro per avvicinarsi al pensiero del grande filosofo greco:

Coperta 137

L’umanesimo di Aristotele
indicepresentazioneautoresintesi invito alla lettura

 

 


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Dello stesso autore nel Blog di Petite Plaisance:

Luca Grecchi – La virtù è nell’esempio, non nelle parole. Chi ha contenuti filosofici importanti da trasmettere, che potrebbero favorire la realizzazione di buoni progetti comunitari, li rende credibili solo vivendo coerentemente in modo conforme a quei contenuti: ogni scissione tra il “detto” e il “vissuto” pregiudica l’affidabilità della comunicazione e non contribuisce in nulla alla persuasione.
Luca Grecchi – Quando il più non è meglio. Pochi insegnamenti, ma buoni: avere chiari i fondamenti, ovvero quei contenuti culturali cardinali che faranno dei nostri giovani degli uomini, in grado di avere rispetto e cura di se stessi e del mondo.
Luca Grecchi – A cosa non servono le “riforme” di stampo renziano e qual è la vera riforma da realizzare
Luca Grecchi – Cosa direbbe oggi Aristotele a un elettore (deluso) del PD
Luca Grecchi – Platone e il piacere: la felicità nell’era del consumismo
Luca Grecchi – Un mondo migliore è possibile. Ma per immaginarlo ci vuole filosofia
Luca Grecchi – «L’umanesimo nella cultura medioevale» (IV-XIII secolo) e «L’umanesimo nella cultura rinascimentale» (XIV-XV secolo), Diogene Multimedia.
Luca Grecchi – Il mito del “fare esperienza”: sulla alternanza scuola-lavoro.
Luca Grecchi – In filosofia parlate o scrivete, purché tocchiate l’anima.
Luca Grecchi – L’assoluto di Platone? Sostituito dal mercato e dalle sue leggi.
Luca Grecchi – L’Italia che corre di Renzi, ed il «Motore immobile» di Aristotele
Luca Grecchi – La natura politica della filosofia, tra verità e felicità
Luca Grecchi – Socrate in Tv. Quando il “sapere di non sapere” diventa un alibi per il disimpegno
Luca Grecchi – Scienza, religione (e filosofia) alle scuole elementari.

Luca Grecchi

Luca Grecchi (1972), direttore della rivista di filosofia Koinè e della collana di studi filosofici Il giogo presso la casa editrice Petite Plaisance di Pistoia, insegna Storia della Filosofia presso la Università degli Studi di Milano Bicocca. Da alcuni anni sta strutturando un sistema onto-assiologico definito “metafisica umanistica”, che vorrebbe costituire una sintesi della struttura sistematica della verità dell’essere. Esso rappresenta, nella sua opera, la base teoretica di riferimento sia per la fondazione di una progettualità sociale anticrematistica, sia per la interpretazione dei principali pensieri filosofici. Grecchi è soprattutto autore di una ampia interpretazione umanistica dell’antico pensiero greco, nonché di alcuni studi monografici su filosofi moderni e contemporanei, e di libri tematici su importanti argomenti (la metafisica, la felicità, il bene, la morte, l’Occidente). Collabora con la rivista on line Diogene Magazine e con il quotidiano on line Sicilia Journal. Ha pubblicato libri-dialogo con alcuni fra i maggiori filosofi italiani, quali Enrico Berti, Umberto Galimberti, Costanzo Preve, Carmelo Vigna.

Libri di Luca Grecchi

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L’anima umana come fondamento della verità (2002) è il primo libro di Grecchi, che pone, in maniera stilizzata, il sistema metafisico umanistico su cui sono poi strutturati i suoi libri successivi. La tesi centrale di questo libro è appunto che l’anima umana, intesa come la natura razionale e morale dell’uomo, è il fondamento onto-assiologico della verità dell’essere. Questo sistema metafisico costituisce la base per una analisi critica della attuale totalità sociale, e per una progettualità comunitaria finalizzata alla realizzazione di un modo di produzione sociale conforme alle esigenze della natura umana. (Invito alla lettura: Scarica alcune pagine del libro)

Karl Marx nel sentiero della verità (2003) costituisce una interpretazione metafisico-umanistica del pensiero di Marx, che viene analizzato nei suoi nodi essenziali, spesso in aperta critica con la secolare tradizione marxista. Nato originariamente come elaborazione degli studi di economia politica dell’autore compiuti negli anni novanta del Novecento, il testo assume carattere filosofico-politico. Marx è analizzato come il pensatore moderno che, rifacendosi implicitamente al pensiero greco, realizza la migliore critica al modo di produzione capitalistico, pur non elaborando – per carenza di fondazione filosofica – un adeguato discorso progettuale.

Verità e dialettica. La dialettica di Hegel e la teoria di Marx costituisce in un certo senso una integrazione del precedente Karl Marx nel sentiero della verità. Il testo effettua una sintesi originale, appunto, sia della dialettica di Hegel che della teoria di Marx. Pur riconoscendo l’influenza del pensiero di Hegel nelle opere del Marx maturo, Grecchi propone la tesi che il pensiero di Marx, strutturatosi nei suoi punti cardinali prima del suo studio attento ed approfondito della Scienza della Logica, sia nella sua essenza non dialettico. Una versione sintetica di questo libro è stata pubblicata sulla rivista Il Protagora nel 2007.

La verità umana nel pensiero religioso di Sergio Quinzio (2004) con introduzione di Franco Toscani, è una sintesi monografica sul pensiero del grande teologo scomparso nel 1996. Il testo presenta al proprio interno una analisi del pensiero ebraico e cristiano, unita ad una rilettura poetica ed umanistica del testo biblico. Il tema centrale è quello della morte, e della speranza nella resurrezione su cui Quinzio ripetutamente riflette, e che vede continuamente delusa. Al di là dei riferimenti religiosi, la riflessione del teologo si presta ad una profonda considerazione sulla fragilità della vita umana.

Nel pensiero filosofico di Emanuele Severino (2005) con introduzione di Alberto Giovanni Biuso, è una sintesi monografica sul pensiero del grande filosofo italiano. Il testo presenta al proprio interno una analisi critica del nucleo essenziale della ontologia di Severino e delle sue analisi storico-filosofiche e politiche. Esiste uno scambio di lettere fra Severino e Grecchi in cui il filosofo bresciano mostra la sua netta contrarietà alla interpretazione ricevuta. Il testo, tuttavia, è segnalato nella Enciclopedia filosofica Bompiani come uno dei libri di riferimento per la interpretazione del pensiero severiniano.

Il necessario fondamento umanistico della metafisica (2005) è un breve saggio in cui, prendendo come riferimento la metafisica classica (ed in particolare le posizioni di Carmelo Vigna), l’autore critica la centralità dell’approccio logico-fenomenologico rispetto al tema della verità, ritenendo necessario anche l’approccio onto-assiologico. Per Grecchi infatti la verità consiste non solo nella descrizione corretta di come la realtà è, ma anche di come essa – la parte che può modificarsi – deve essere per conformarsi alla natura umana. Si tratta del primo confronto esplicito fra la proposta di Grecchi della metafisica umanistica e la metafisica classica di matrice aristotelico-tomista.

Filosofia e biografia (2005) è un libro-dialogo composto con uno dei maggiori filosofi italiani, Umberto Galimberti. Nel testo si ripercorre il pensiero galimbertiano nei suoi contenuti essenziali, ma si pone in essere anche una serrata analisi di molti temi filosofici, politici e sociali, in cui spesso emerge una sostanziale differenza di posizioni fra i due autori. Di particolare interesse le pagine dedicate al pensiero simbolico, all’analisi della società, ed alla interpretazione dell’opera di Emanuele Severino. Percorre il testo la tesi per cui la genesi di un pensiero filosofico deve necessariamente essere indagata, per giungere alla piena comprensione dell’opera di un autore.

Il pensiero filosofico di Umberto Galimberti (2005), con introduzione di Carmelo Vigna, è un testo monografico completo sul pensiero di questo importante filosofo contemporaneo. Si tratta di un testo in cui Grecchi, sintetizzando la complessa opera di questo autore, prende al contempo posizione non solo nei confronti della medesima, ma anche di filosofi quali Nietzsche, Heidegger, Jaspers, che nel pensiero di Galimberti costituiscono riferimento imprescindibili. Vigna, nella sua introduzione, ha definito il libro «una ricostruzione seria ed attendibile del pensiero del filosofo» in esame.

Conoscenza della felicità (2005), con introduzione di Mario Vegetti, è uno dei testi principali di Grecchi, in cui l’autore applica il proprio approccio classico umanistico alla società attuale, mostrando come essa si ponga in radicale opposizione alle possibilità di felicità. L’autore, seguendo la matrice onto-assiologica del pensiero greco, mostra che solo conoscendo che cosa è l’uomo risulta possibile conoscere cosa è la felicità. Scrive Vegetti, nel testo, che Grecchi è «pensatore a suo modo classico», per il suo «andar diritto verso il cuore dei problemi». Il libro è assunto come riferimento bibliografico, per il tema in oggetto, dalla Enciclopedia filosofica Bompiani. .

Marx e gli antichi Greci (2006) è un libro-dialogo composto con uno dei maggiori filosofi italiani, Costanzo Preve. Nel testo viene effettuata una analisi non tanto filologica, quanto ermeneutica e teoretica dei rapporti del pensiero di Marx col pensiero greco. I due autori, concordando su molti punti, colmano così in parte una lacuna della pubblicistica su questo tema, che risulta essere stato nel tempo assai poco indagato. Di particolare interesse l’analisi effettuata dai due autori di quale potrebbe essere, sulla base insieme del pensiero dei Greci e di Marx, il miglior modo di produzione sociale alternativo rispetto a quello attuale. (Invito alla lettura: Scarica alcune pagine del libro)

Vivere o morire. Dialogo sul senso dell’esistenza fra Platone e Nietzsche (2006), con introduzione di Enrico Berti, è un saggio composto ponendo in ideale dialogo Platone e Nietzsche su importanti temi filosofici, politico e morali: l’amore, la morte, la metafisica, la vita ed altro ancora. Scrive Berti, nella sua introduzione, che, come accadeva nel genere letterario antico dell’invenzione, Grecchi non nasconde lo scopo “politico” della sua opera, la quale «risulta essere innanzitutto un documento significativo di amore per la filosofia e di vitalità di quest’ultima, in un momento in cui l’epoca della filosofia sembrava conclusa».  

Il filosofo e la politica. I consigli di Platone, e dei classici Greci, per la vita politica (2006) è una ricostruzione del pensiero filosofico-politico di Platone effettuata in un continuo confronto con le vicende della attualità. In questo libro Grecchi pone esplicitamente Platone, in maniera insieme divulgativa ed originale, come proprio pensatore di riferimento. Il filosofo ateniese infatti, a suo avviso, pur scrivendo molti secoli or sono, rimane tuttora colui che ha offerto le migliori analisi, e le migliori soluzioni, per pensare una migliore totalità sociale, ossia un ambiente comunitario adatto alla buona vita dell’uomo.

La filosofia politica di Eschilo. Il pensiero “filosofico-politico” del più grande tragediografo greco (2007) costituisce una interpretazione, in chiave appunto filosofico-politica, dell’opera di Eschilo. Lo scopo principale di questo libro è quello di “togliere” Eschilo dallo specialismo degli studi poetico-letterari, per inserirlo – come si dovrebbe fare per tutti i tragici greci – nell’ambito del pensiero filosofico-politico. Nel testo viene presa in carico l’analisi precedentemente svolta da Emanuele Severino ne Il giogo (1988), ritenendone validi molti aspetti ma giungendo, alla fine, a conclusioni opposte circa il presunto “nichilismo” di Eschilo.

Il presente della filosofia italiana (2007) è un libro in cui vengono analizzati testi di alcuni fra i più importanti filosofi italiani contemporanei pubblicati dopo il 2000. Gli autori analizzati vengono ripartiti in quattro categorie: 1) pensatori “ermeneutici-simbolici” (Sini, Vattimo, Cacciari, Natoli); 2) pensatori “scientifici-razionalisti” (Tarca, Antiseri, Giorello); 3) pensatori “marxisti-radicali” (Preve, Losurdo); 4) pensatori “metafisici-teologici” (Reale). Il testo è arricchito da due appendici e da una ampia postfazione di Costanzo Preve. In questi testi Grecchi oppone criticamente, ai vari approcci, il proprio discorso metafisico-umanistico.

Corrispondenze di metafisica umanistica (2007) è una raccolta di testi in cui sono contenuti scambi epistolari, nonché risposte di Grecchi ad introduzioni e recensioni di suoi libri. Il testo rispecchia la tendenza dell’autore a prendere sempre seriamente in carico le altrui posizioni; secondo Grecchi, infatti, di fronte a critiche intelligenti, sono solo due gli atteggiamenti filosofici possibili: o fornire argomentate risposte, o prendere atto della correttezza delle critiche e rivedere le proprie posizioni. Il tema caratterizzante il testo è dunque la “lotta amichevole” per la emersione della verità.

L’umanesimo della antica filosofia greca (2007) è un libro in cui Grecchi effettua, in sintesi, la propria interpretazione complessiva della Grecità. Partendo da Omero, e giungendo fino al pensiero ellenistico, l’autore mostra come non la natura, né il divino, né l’essere furono i temi principali del pensiero greco, bensì l’uomo, soprattutto nella sua dimensione politico-sociale. L’uomo infatti assume centralità, in vario modo, in tutti i vari filoni culturali della Grecità, dal pensiero omerico a quello presocratico, dal teatro fino all’ellenismo.

L’umanesimo di Platone (2007) è un testo monografico sul pensiero di Platone, da Grecchi in quegli anni ritenuto come il più rappresentativo della Grecità. Ponendo in essere una analisi complessiva delle diverse interpretazioni finora effettuate del pensiero platonico, Grecchi applica al medesimo il proprio paradigma ermeneutico metafisico-umanistico, cogliendo in Platone la centralità del ruolo filosofico-politico dell’uomo, ed insieme la centralità della posizione anti-crematistica, all’interno di una considerazione progettuale e della totalità sociale.

L’umanesimo di Aristotele (2008) è un testo monografico sul pensiero di Aristotele, che sarà poi da Grecchi ripreso negli anni successivi come struttura teoretica di riferimento. Ponendo in essere una analisi complessiva delle diverse tematiche del pensiero aristotelico, Grecchi applica al medesimo il proprio paradigma ermeneutico metafisico-umanistico, cogliendo in Aristotele – così come in Platone, ma in forma differente – la centralità del ruolo filosofico-politico dell’uomo, ed insieme la centralità della posizione anti-crematistica, all’interno di una considerazione progettuale della totalità sociale.

Chi fu il primo filosofo? E dunque: cos’è la filosofia? (2008), con introduzione di Giovanni Casertano, è un libro suddiviso in due parti. Nella prima parte, prendendo come riferimento alcuni fra i principali manuali di storia della filosofia italiani, Grecchi mostra come essi spesso non definiscano l’oggetto del loro studio, ossia la filosofia, dichiarandola talvolta addirittura indefinibile. L’autore, invece, offre in questo libro la propria definizione di filosofia come caratterizzata da due contenuti imprescindibili: a) la centralità dell’uomo; b) la ricerca, il più possibile fondata ed argomentata, della verità dell’intero. Nella seconda parte l’autore esamina dieci possibilità alternative su “chi fu il primo filosofo”, giungendo a concludere che, pur all’interno del contesto comunitario della riflessione greca, il candidato più accreditato risulta essere Socrate.

Socrate. Discorso su Le Nuvole di Aristofane (2008) è una ricostruzione di fantasia, pubblicata nella collana Autentici falsi d’autore dell’editore Guida, di un discorso che avrebbe potuto essere tenuto da Socrate ad Atene l’indomani della rappresentazione della famosa commedia di Aristofane. Si tratta, come è nello stile della collana, di una ricostruzione al contempo verosimile e spiritosa, in cui Grecchi coglie l’occasione per offrire la propria interpretazione, insieme umanistica ed anticrematistica, del pensiero socratico. Tale interpretazione risulta convergente con quelle offerte, nella medesima collana, da Mario Vegetti su Platone e da Enrico Berti su Aristotele.

Occidente: radici, essenza, futuro (2009), con introduzione di Diego Fusaro, è un testo in cui l’autore analizza il concetto di Occidente e le sue tradizioni culturali costitutive, sempre in base al proprio sistema metafisico-umanistico. Analizzando le radici greche, ebraiche, cristiane, romane e moderne, ma soprattutto l’attuale contesto storico-sociale, Grecchi coglie nella prevaricazione derivante dalla smodata ricerca crematistica l’essenza dell’Occidente, ed individua per lo stesso un futuro cupo. Il testo è arricchito dal dialogo con Fusaro, alla cui introduzione Grecchi risponde in una appendice finale.

Il filosofo e la vita. I consigli di Platone, e dei classici Greci, per la buona vita (2009), è una raccolta di brevi saggi in cui l’autore, prendendo spunto da alcuni passi del pensiero platonico, e più in generale del pensiero greco classico, affronta sinteticamente alcune tematiche centrali per la vita umana (l’amore, la famiglia, la filosofia, la storia, le leggi, la democrazia, l’educazione, l’università, la mafia, la libertà, ecc.), col consueto approccio attualizzante, ovvero facendo interagire – nel rispetto del contesto storico-sociale dell’epoca in cui tale pensiero nacque – il pensiero platonico col nostro tempo. Il libro è arricchito da un lungo saggio finale di Costanzo Preve, intitolato “Luca Grecchi interprete dei filosofi classici Greci” (con risposta), in cui il filosofo torinese sintetizza le posizioni dell’autore.

L’umanesimo della antica filosofia cinese (2009) costituisce il primo volume di una trilogia sull’umanesimo dell’antico pensiero orientale (l’unica nel nostro paese effettuata da un solo autore). Il libro parte dalla constatazione che l’Oriente risulta essere pressoché assente dalle principali storie della filosofia occidentali. Tuttavia, in base alla definizione di filosofia fornita dall’autore, l’antico pensiero cinese risulta possedere, nei contenuti e talvolta anche nei metodi, caratteristiche tali da non poter essere considerato pregiudizialmente assente dal quadro filosofico. Non si tratta, comunque, di un manuale di storia della filosofia cinese, ma di una interpretazione umanistica dei principali contenuti costitutivi dell’antico pensiero cinese.

L’umanesimo della antica filosofia indiana (2009) costituisce il secondo volume di una trilogia sull’umanesimo dell’antico pensiero orientale. Il libro parte dalla constatazione che l’Oriente risulta essere pressoché assente dalle principali storie della filosofia occidentali. Tuttavia, in base alla definizione di filosofia fornita dall’autore, l’antico pensiero indiano risulta possedere, nei contenuti e talvolta anche nei metodi, caratteristiche tali da non poter essere considerato pregiudizialmente assente dal quadro filosofico. Non si tratta, comunque, di un manuale di storia della filosofia indiana, ma di una interpretazione umanistica dei principali contenuti costitutivi dell’antico pensiero indiano.

L’umanesimo della antica filosofia islamica (2009) costituisce il terzo volume di una trilogia sull’umanesimo dell’antico pensiero orientale. Il libro parte dalla constatazione che l’Oriente risulta essere pressoché assente dalle principali storie della filosofia occidentali. Tuttavia, in base alla definizione di filosofia fornita dall’autore, l’antico pensiero islamico risulta possedere, nei contenuti e talvolta anche nei metodi, caratteristiche tali da non poter essere considerato pregiudizialmente assente dal quadro filosofico. Non si tratta, comunque, di un manuale di storia della filosofia islamica, ma di una interpretazione umanistica dei principali contenuti costitutivi dell’antico pensiero islamico.

A partire dai filosofi antichi (2010), con introduzione di Carmelo Vigna, è un libro-dialogo composto con uno dei maggiori filosofi italiani, Enrico Berti. In questo testo viene ripercorsa l’intera storia della filosofia, apportando interpretazioni originali non soltanto – anche se soprattutto – dei principali filosofi antichi, ma anche di quelli moderni e contemporanei. Non mancano inoltre considerazioni su temi di attualità, nonché su temi di interesse generale, quali l’educazione, la scuola e la politica. Scrive Vigna, nella introduzione, che «questo testo è tra le cose più interessanti che si possano leggere oggi nel panorama della filosofia italiana».

L’umanesimo di Plotino (2010) è un libro in cui l’autore colma una distanza temporale fra il periodo classico ed il periodo ellenistico della Roma imperiale. Il testo si divide in due parti. Nella prima, in ossequio alla tesi per cui ogni pensiero filosofico deve essere inserito all’interno del proprio contesto storico-sociale (anche in quanto è all’interno del medesimo che esso spesso “deduce” le proprie categorie), l’autore realizza una analisi del modo di produzione sociale greco e di quello romano, per tracciare alcune differenze importanti fra l’epoca classica e l’epoca ellenistica. Nella seconda parte, che è la più ampia, è invece analizzato, in base alle dieci tematiche ritenute centrali, il pensiero di Plotino.

Perché non possiamo non dirci Greci (2010) è un libro in cui l’autore sintetizza, in termini divulgativi, le proprie posizioni generali sui Greci. Il testo prende spunto dalla rilettura, in controluce, del classico di Benedetto Croce intitolato Perché non possiamo non dirci cristiani, per mostrare non solo come le radici greche siano almeno altrettanto importanti di quelle cristiane per la cultura europea, ma soprattutto che una loro ripresa sarebbe fortemente auspicabile. Il testo è completato da una ampia appendice inedita che costituisce una analisi critica del pensiero ellenistico (in rapporto a quello classico) incentrata sulle opere di Epicuro e di Luciano di Samosata.

La filosofia della storia nella Grecia classica (2010) è il testo ermeneutico forse più originale di Grecchi. Alla cultura greca si attribuisce infatti, solitamente, la nascita dei tronchi di pressoché tutte le discipline filosofiche e scientifiche tuttora studiate nella modernità (con varie ramificazioni). Tradizionalmente, tuttavia, la filosofia della storia è ritenuta essere disciplina moderna, senza precedenti antichi. Analizzando l’opera di storici, letterati e filosofi dell’epoca preclassica e classica, l’autore mostra invece le radici antiche anche di questo campo di studi, contribuendo ad un chiarimento teoretico della disciplina stessa.

Sulla verità e sul bene (2011), con introduzione di Enrico Berti e postfazione di Costanzo Preve, è un libro-dialogo con uno dei maggiori filosofi italiani, Carmelo Vigna. In questo testo viene ripercorsa l’intera storia della filosofia, insieme agli importanti temi teoretici ed etici che danno il titolo al volume. Scrive Berti, nella introduzione, che si tratta di «una serie di discussioni oltremodo interessanti tra due filosofi che sono divisi da due diverse, anzi opposte, concezioni della metafisica, ma sono accomunati dalla considerazione per la filosofia classica e soprattutto da un grande amore per la filosofia in sé stessa».

Gli stranieri nella Grecia classica (2011) è un libro in cui l’autore, prendendo distanza dalle interpretazioni tradizionali che caratterizzano gli antichi Greci come vicini alla xenofobia, mostra che, sin dall’epoca omerica, essi furono invece aperti all’ospitalità verso gli stranieri. Preceduto da una analisi anti-ideologica delle categorie di “razza”, “etnia”, “multiculturalismo” ed altre, Grecchi rimarca come sia stato centrale, nel pensiero greco classico, il concetto di “natura umana”, il quale possiede basi teoretiche salde ed una costante presenza nella riflessione greca, che l’autore appunto caratterizza come “umanistica”.

Diritto e proprietà nella Grecia classica (2011) è un libro in cui l’autore prende in carico i temi poco indagati del diritto e della proprietà nella antica Grecia. Si tratta di temi molto importanti per comprendere il contesto storico-sociale in cui nacque la cultura greca, e che pertanto non possono essere ignorati da chi studia la filosofia di questo periodo. Il testo sviluppa inoltre un confronto con il diritto romano – che si rivela assai meno comunitario di quello greco – e con il nostro tempo, per mostrare come la cultura greca possieda, anche sul piano giuridico, contenuti che sarebbero tuttora importanti da applicare.

L’umanesimo di Omero (2012) è un libro in cui l’autore effettua una analisi teoretica ed etica del pensiero omerico, inserendo l’antico poeta nel novero del pensiero filosofico, rompendo il tradizionale isolamento nel campo letterario che da secoli caratterizza questo autore. Grecchi insiste in particolare sul carattere di educazione filosofica dei poemi omerici, mostrando come essi abbozzino temi ontologici e soprattutto assiologici poi elaborati dalla intera riflessione classica. Il testo si distingue per il continuo aggancio dei miti omerici alla contemporaneità.

L’umanesimo politico dei “Presocratici” (2012) è un libro in cui l’autore, centralizzando il carattere politico-sociale del loro pensiero, prende distanza dalle interpretazioni tradizionali che caratterizzano questi pensatori come “naturalisti”, e che li separano sia dalla poesia e dal teatro precedenti, sia dalla filosofia e dalla scienza successive. L’autore, facendo riferimento agli studi di Mondolfo, Capizzi, Bontempelli e soprattutto Preve, mostra il nesso di continuità del pensiero presocratico con l’intero pensiero greco classico. Risultano centrali, in questa trattazione, le figure di Solone e Clistene, oltre a quelle più consuete di Eraclito, Parmenide e Pitagora.

Il presente della filosofia nel mondo (2012), con postfazione di Giacomo Pezzano, è un libro in cui vengono analizzati testi di alcuni fra i maggiori filosofi contemporanei non italiani (fra gli altri Bauman, Habermas, Hobsbawm, Latouche, Nussbaum, Onfray, Zizek). Nella introduzione si rileva, come caratteristica principale della filosofia del nostro tempo, la presenza in solidarietà antitetico-polare di una corrente scientifico-razionalistica ed, al contempo, di una corrente aurorale-simbolica. Esse occupano il centro della scena escludendo dal “campo di gioco” la filosofia onto-assiologica di matrice classica, presente oramai solo in un numero limitato di studiosi.

Il pensiero filosofico di Enrico Berti (2013), con presentazione di Carmelo Vigna e postfazione di Enrico Berti, è un testo monografico introduttivo sul pensiero di questo importante filosofo contemporaneo, uno dei maggiori studiosi mondiali del pensiero di Aristotele. Rapportandosi a tematiche quali l’interpretazione degli antichi, la storia della filosofia, l’educazione, l’etica, la politica, la metafisica, la religione, Grecchi non si limita a descrivere il pensiero dell’autore considerato ma, come è nel suo approccio, valuta; in maniera solitamente concorde, eppure talvolta anche critica, in particolare nella opposizione fra metafisica classica e metafisica umanistica.

Il necessario fondamento umanistico del “comunismo” (2013) è un libro scritto a quattro mani con Carmine Fiorillo, in cui gli autori mostrano come la diffusa critica (marxista e non) al modo di produzione capitalistico, priva di una fondata progettualità, risulti sterile ed inefficace. Assumendo come base principalmente il pensiero greco classico (ma anche le componenti umanistiche di altri orizzonti culturali), gli autori mostrano che solo mediante una solida fondazione filosofica è possibile favorire la progettualità di un ideale modo di produzione sociale in cui vivere, che gli autori appunto definiscono – ma differenziandosi fortemente dalla tradizione marxista – “comunismo”.

Perché, nelle aule universitarie di filosofia, non si fa (quasi) più filosofia (2013) è un pamphlet in cui si mostra che le attuali modalità accademiche di insegnamento della filosofia, incentrate sullo specialismo, non ripropongono più il modello greco classico della filosofia come ricerca fondata ed argomentata della verità onto-assiologica dell’intero, che Grecchi assume invece ancora come centrale. L’autore mostra come la causa principale di questa situazione sia attribuibile ai processi socio-culturali del modo di produzione capitalistico.

La musa metafisica. Lettere su filosofia e università (2013), con Giovanni Stelli, costituisce uno scambio epistolare nato dal commento di Stelli al pamphlet Perché, nelle aule universitarie di filosofia, non si fa (quasi) più filosofia. A partire da questo tema lo scambio ha assunto una rilevanza ed una ampiezza tale, estendendosi a contenuti storici, culturali e politici, da renderne di qualche utilità la pubblicazione. In esso Grecchi anticipa alcuni temi portanti del suo testo che sarà intitolato Metafisica umanistica. La struttura sistematica della verità dell’essere, cui sta lavorando dal 2003.

Discorsi di filosofia antica (2014) è un libro che raccoglie i testi del corso di lezioni sull’uomo nella cultura greca, da Omero all’ellenismo, tenuto dall’autore alla università degli studi di Milano Bicocca nel 2013. Esso accoglie inoltre i testi di alcune conferenze sul pensiero antico svolte dall’autore nel 2013 e 2014, ed in particolare, in appendice, un saggio inedito sulla alienazione nella antica Grecia. Quest’ultimo è un tema poco indagato in quanto mancano, alla mentalità filologica – poco teoretica – tipica del mondo accademico di oggi, i necessari riferimenti testuali (i Greci non avevano nemmeno la parola “alienazione”); questo saggio tuttavia può aprire un filone di ricerca su una tematica tuttora inesplorata.

Omero tra padre e figlia (2014) è un libro-dialogo con Benedetta Grecchi, figlia di 6 anni dell’autore, sulle vicende di Odisseo narrate appunto nella Odissea di Omero. Il testo costituisce – come recita il sottotitolo – una “piccola introduzione alla filosofia”, passando attraverso i contenuti educativi dell’opera omerica già delineati dall’autore nel libro L’umanesimo di Omero. Questo dialogo tra padre e figlia mostra come la filosofia possa passare anche ai bambini evitando, da un lato, di essere ridotta a “gioco logico”, e dal lato opposto di essere presentata come “chiacchiera inconcludente”.

Discorsi sul bene (2015) è un libro che raccoglie i testi del corso di lezioni sul Bene tenuto dall’autore alla università degli studi di Milano Bicocca nel 2014. In appendice sono aggiunte una intervista filosofica e due relazioni su temi etico-politici. Il testo si rivela importante in quanto, all’interno di un approccio aristotelico – in cui in sostanza il Bene è il fine verso cui ogni ente, per natura, tende –, Grecchi indica nel rispetto e nella cura dell’uomo (e del cosmo: gli elementi portanti del suo Umanesimo) i contenuti fondamentali del Bene.

Discorsi sulla morte (2015) è un libro che raccoglie i testi del corso di lezioni tenuto dall’autore alla università degli studi di Milano Bicocca nel 2015. L’autore, delineando le principali concezioni della morte presenti nella storia della filosofia, con particolare riferimento agli antichi Greci ed a Giacomo Leopardi, mostra come la rimozione di questo tema costituisca una delle principali concause di alcune psicopatologie del nostro tempo.

L’umanesimo della cultura medievale (2016) è un libro che raccoglie i contenuti umanistici del pensiero medievale. Rispetto alle interpretazioni tradizionali, ancora caratterizzate da una descrizione del Medioevo come età oscura, questo testo mostra il carattere umanistico in particolare della Scolastica aristotelica. Rispetto ai consueti autori di riferimento, ossia Agostino e Tommaso, particolare importanza è attribuita in questo volume a due autori del XIII secolo, Sigieri di Brabante e Boezio di Dacia (solitamente poco considerati), nonché alle ripetute condanne ecclesiastico-accademiche dell’aristotelismo che ebbero il loro punto culminante nel 1277.

L’umanesimo della cultura rinascimentale (2016) è un libro che critica la tradizionale interpretazione umanistica del pensiero rinascimentale del XIV e XV secolo. Rispetto, infatti, alla vulgata comune, che ritiene centrale in questo periodo la riscoperta filologica ed ermeneutica dei testi di Platone e di altri autori antichi, Grecchi reputa centrale la filocrematistica, e dunque la rottura – operata da modalità sociali sempre più privatistiche e mercificate, cui la cultura dell’epoca si adeguò – del legame sociale comunitario proprio dell’epoca medievale. Il Rinascimento costituì dunque, a suo avviso, la prima apertura culturale verso la modernità capitalistica.

In preparazione:

Umanesimo ed antiumanesimo nella filosofia moderna (e contemporanea);

L’umanesimo greco-classico di Spinoza;

Il sistema filosofico di Aristotele;

Metafisica umanistica. La struttura sistematica della verità dell’essere.

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Ernst Bloch (1885-1977) – Tutto ciò che vive ha un orizzonte. Dove l’orizzonte prospettico è tralasciato, la realtà si manifesta soltanto come divenuta, come realtà morta, e sono i morti, cioè i naturalisti e gli empiristi, che qui seppelliscono i loro morti.

Ernst Bloch 023 copia

Il principio speranza

«Tutto ciò che vive, dice Goethe, ha un’atmosfera intorno a sé; tutto ciò che è reale, poiché è vita e processo, e poiché può essere correlato della fantasia obiettiva, ha un orizzonte. Uno interiore, per così dire estendentesi verticalmente, nella propria oscurità, e uno esteriore di grande ampiezza, nella luce del mondo; ed entrambi gli orizzonti nei loro recessi sono riempiti della stessa utopia, di conseguenza identici nell’ultimum.

Lì dove l’orizzonte prospettico è tralasciato, la realtà si manifesta soltanto come divenuta, come realtà morta, e sono i morti, cioè i naturalisti e gli empiristi, che qui seppelliscono i loro morti.

Dove invece si ha costantemente di mira anche l’orizzonte prospettico, il reale si manifesta come ciò che esso è in concreto: come intreccio di processi dialettici, che si svolgono in un mondo incompiuto, in un mondo che non sarebbe assolutamente mutabile senza il gigantesco futuro della possibilità reale in esso. Insieme con quel totum che non rappresenta il tutto isolato di una sezione di processo di volta in volta dato, ma invece l’intero della cosa che in generale è pendente nel processo, dunque che è costituita ancora secondo tendenza e in maniera latente.
Questo soltanto è realismo […] La realtà senza possibilità reale non è completa, il mondo senza peculiarità gravide di futuro merita tanto poco uno sguardo, un’arte, una scienza, quanto il mondo del piccolo-borghese.
L’utopia concreta sta all’orizzonte di ogni realtà; la possibilità reale circonda fino alla fine le tendenze-latenze dialettiche aperte. Da queste viene attraversato in maniera autenticamente realistica il movimento non concluso della materia non conclusa, e il movimento è, secondo il profondo detto di Aristotele, “entelechia incompiuta”*».

 

Ernst Bloch, Il principio speranza, 3 vol., Garzanti, 1994, vol. I, pp. 262-263.

***
Risvolto di copertina

Il principio speranza è una delle imprese filosofiche più ambiziose del Novecento: un secolo sorto sotto il segno di un'immotivata fede nell'onnipotenza dei progetti globali della storia, e che si è chiuso nella percezione disincantata di un futuro imprevedibile, improgrammabile e quanto mai incerto. Contrapposto all'attualità e all'ideologia della «fine della storia», Il principio speranza – che fonda la sua ontologia sulla potenzialità dell'essere e sull'apertura al cambiamento – risulta oggi audacemente inattuale ma ricchissimo di suggestioni su temi sempre aperti. Nelle cinque parti che costituiscono il suo capolavoro (iniziato nel 1938 e dato alle stampe per la prima volta nel 1959) Bloch esplora la dimensione utopica del pensiero in tutte le sue molteplici manifestazioni: oltre il «principio del piacere» delle vecchie utopie, ma anche oltre il «principio di realtà», inteso come passiva accettazione del già-dato. Gran parte del Principio speranza è dedicata a una fenomenologia degli stati utopici della coscienza: dai desideri più profondi dei singoli alle opere d'arte e ai grandi miti collettivi, fino alle forme che si annunciano nell'arte di consumo. In tutte queste forme, attraverso una «ontologia del non ancora», si delineano i tratti di una realtà conciliata che servono da guida e da orientamento per l'azione storica. In questo senso, Il principio speranza individua un possibile antidoto al nichilismo e all'angoscia: senza promettere redenzione e salvezza, senza confondere la caduta di alcuni idoli con la caduta degli ideali.

 

*Aristotele, Fisica 257b8

 


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Mario Vegetti e Francesco Ademollo – Incontro con Aristotele: la potenza del suo pensiero è ancora in grado di parlarci.

Mario Vegetti 023

Incontro con Aristotele

Giulio Einaudi Editore

Mario Vegetti e Francesco Ademollo,
Incontro con Aristotele. Quindici lezioni, Einaudi, 2016.

 

«Aristotele era certamente un pensatore sistematico, ma non nel senso che il suo intento principale fosse quello di produrre una compagine teorica totalizzante, chiusa e definitiva: si trattava piuttosto – secondo la definitizione di Ingemar Düring – di un filosofo Problemsystematiker, cioè impoegnato nello sforzo metodico di affrontare e risolvere i problemi posti dalla comprensione del mondo naturale e umano, e dalla costruzione dei relartivi saperi. Rispetto a questo lavoro sulle questioni della conoscenza, il sistema costituiva semmai un orizzonte tendenziale di unificazione. Ma è segno della grandezza intellettuale del filosofo il fatto che egli non trucchi mai le sue carte: i problemi irrisolti, o risolti solo in modo provvisorio e non del tutto soddisfacente, l’esigenza di ulteriori ricerche e precisazioni, vengono da lui spesso segnalati. […] La potenza del suo pensiero è ancora in grado di parlarci […]».

 

 

 

Mario Vegetti e Francesco Ademollo, Incontro con Aristotele. Quindici lezioni, Einaudi, 2016, pp. VIII, IX.

Risvolto di copertina

Aristotele è stato il maggiore testimone di quell'appassionato desiderio di conoscenza che egli, nelle prime righe della Metafisica, riconosce come una tensione comune a tutti gli uomini, come un segno precipuo della loro umanità. Di fronte al suo immenso sforzo di soddisfare questo desiderio, per sé e per la tradizione cui apparteniamo, è difficile non provare quell'emozione che accompagna sempre l'incontro con le grandi esperienze dell'intelligenza umana, e, nel nostro caso, con l'imponenza di un'impresa del pensiero che si stenta a concepire come dovuta al lavoro di un solo uomo. Questo libro si propone di introdurre il lettore nel laboratorio intellettuale in cui questa impresa è stata realizzata. Il suo scopo è di condurre a una comprensione critica dell'edificio di pensiero costruito da Aristotele, nella sua complessità, nel suo senso d'insieme, e anche nelle questioni che esso lascia aperte. «Incontrare Aristotele» significa dunque disporsi a un ascolto non pregiudicato e non «scolastico» della sua lezione: una lezione che è ancora in grado di parlarci e di suscitare consenso o dissenso, di non lasciarci indifferenti di fronte a quello che è stato uno dei maggiori sforzi filosofici di comprensione del mondo che la nostra tradizione ci abbia trasmesso.

 

 

Immagine in evidenza:
Rembrandt Harmenszoon Van Rijn, Aristotele che contempla il busto di Omero.


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Max Pohlenz (1872-1962) – La Grecia classica ci ha indicato la via verso la libertà interiore, in cui unico criterio direttivo è il vero bene comune. La libertà ha un limite solo, ma inviolabile. Esso è implicito nelle leggi stesse dello spirito, che può volere soltanto il vero e il bene.

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La libertà greca

«Caratteristica fondamentale dell’uomo ellenico è il forte impulso ad autodeterminarsi, che lo induce a formulare un suo personale giudizio sulle cose da cui si trova circondato, e a configurare, di conseguenza, la propria vita secondo un criterio proprio.
Egli non disconosce gli ostacoli contro cui viene ad urtare, ed ha un senso profondo dei limiti che, in quanto uomo, gli sono imposti. È’ ben consapevole di trovarsi in una collettività, nella quale, per poter esistere, si deve inserire, anche a costo di sacrificare desideri propri. Ben sovente egli è anche costretto a sperimentare che la sua volontà è frustrata da accadimenti imprevedibili […]. Gli è pure estranea l’angoscia cosmica che, conseguenza delle più dure esperienze, grava sugli uomini di oggi […].
L’uomo greco possiede il senso della realtà, dell’esistenza riconosce appieno ed avverte, oltre agli aspetti buoni, anche la durezza; vede i pericoli che lo minacciano, ma il suo atteggiamento fondamentale non è il timore, l’ansia di difendersi, bensl una positiva volontà di vita, che lo spinge, entro i limiti che nell’ordinamento cosmico gli sono stati tracciati, a configurare la sua esistenza in modo adeguato alla propria natura e conforme alla sua volontà. In Eschilo Eteocle rimprovera aspramente alle fanciulle tebane la loro paura inconsulta […]. E già in Omero Ettore assurge a piena grandezza umana proprio nell’attimo in cui si vede dinanzi la morte sicura e s’avvede d’essere ingannato e tradito da tutti gli dei. Non lo vince la paura, ma ecco qual è il suo unico pensiero:
                     ch’io non senza lotta, non privo di gloria termini la vita,
         no, ch’io compia ancora qualcosa di grande, novella alle generazioni future.

Ecco il fondamento psicologico su cui poté svilupparsi il concetto greco di libertà»

Max Pohlenz, La libertà greca, Paideia, 1963, pp. 5-6.

«Socrate […] impegnò  tutte le sue energie per convincere gli uomini che non dovevano affidarsi a opinioni soggettive, ma aspirare con tutte le forze alla conoscenza del bene oggettivo, l’unica sicura stella polare nella loro attività pratica. Solo questo ‘bene’ l’uomo, per sua natura, poteva davvero ‘volere’ e la desiderata libertà poteva consistere solo nell’orientare a questo fine il proprio agire, senza lasciarsi turbare da influenze estrinseche. […] Socrate  […] nei suoi dialoghi andava traendo sempre maggiore conferma alla convinzione che l’uomo fosse creato per vivere nella società e suo primo compito dovesse essere di inserirsi in essa mediante una condotta etica.
[…] Socrate è  consapevole che l’individuo deve tutta la sua esistenza fisica e spirituale alla società, e può vivere solo in essa. Alla società egli è quindi per sua natura esternamente legato e anche interiormente vincolato. Non possiede quindi una libertà assoluta, ma si trova in un vincolo oggettivo che non può sciogliere senza perdersi. Può renderlo più spontaneo se vi assente da sé, riconoscendo il bene etico come suo autentico bene e agendo di conseguenza. La subordinazione volontaria al tutto, che Peride sognava come ideale mentalità politica, raggiunge la sua espressione piena quando Socrate, ingiustamente condannato, preferisce rimanere in carcere piuttosto che compromettere per parte sua l’ordinamento giuridico e la stabilità dello stato. L’atteggiamento fondato sulla intuizione sentimentale s’è però trasformato in chiara scelta che l’uomo attua basandosi sulla conoscenza del vero bene. E se nella tragedia Antigone sacrificava la sua vita per una grande causa obbedendo alla propria sensibilità etica, anche la sua azione si caricava ora d’un significato più profondo per la certezza che non la vita importava, ma la vita buona, e con il sacrificio volontario della sua esistenza fisica l’uomo poteva salvare la sua parte migliore, la sua persona etica.
In tal modo Socrate diede agli uomini il sicuro sostegno di cui avevano bisogno, e indicò loro la via verso la libertà interiore, in cui unico criterio direttivo è il vero bene. Tale libertà del resto poteva trovare attuazione solo salva restando la consapevolezza dei suoi limiti, e anche la libertà personale presupponeva dei vincoli.
Per la massa quest’ideale era troppo alto, e la democrazia non sopportò chi incitava alla libertà etica dell’individuo. Fra i discepoli stessi di Socrate non potevano capire appieno il maestro quelli che non erano penetrati del suo stesso senso della polis».

Max Pohlenz, La libertà greca, Paideia, 1963, pp. 217-218.

«Socrate aveva indicato agli uomini la via per la libertà interiore, mostrando loro che i veri valori si trovavano nella loro stessa anima. […] Platone fu indotto […] a riconoscere chiaramente che la vera libertà poteva consistere solo nel dominio assoluto dello spirito sugli istinti inferiori. Il dominio di sé, che anche la sensibilità popolare esigeva, era la libertà dello spirito, che rappresenta il vero io dell’uomo. Aristotele, guidato dalla sua personale inclinazione, modificò tale concetto, affermando che lo spirito adempiva alla sua natura ‘divina’ nel pensiero teoretico, per il quale l’uomo è sollevato al disopra della vita quotidiana.
Sia Platone sia Aristotele usarono solo con ritegno il termine di ‘libertà’, perché aveva suono troppo politico. In realtà però hanno sviluppato il concetto conferendogli chiarezza filosofica: la libertà interiore giunge a pienezza nella libertà dello spirito, che non solo garantisce all’uomo l’indipendenza dall’esterno, ma gli dà anche la possibilità di sviluppare liberamente la sua vera natura.
La libertà ha un limite solo, ma inviolabile. Esso è implicito nelle leggi stesse dello spirito, che può volere soltanto il vero e il bene».

Max Pohlenz, La libertà greca, Paideia, 1963, pp. 134-135.

 


Vedi anche:

Max Pohlenz (1872-1962)  – Il cammino del dell’uomo greco è illuminato da tre guide ideali: il vero, il bello, il bene. Il sentimento dell’incondizionata sudditanza gli è affatto sconosciuto. Nel suo intimo possiede la forza di resistere a tutti i rovesci del destino e plasmare la sua vita a proprio modo, nella consapevolezza di essere personalmente responsabile delle proprie azioni


Luca Grecchi

Perché non possiamo non dirci Greci
In Appendice: In difesa di Socrate, Platone ed Aristotele

coperta 161

indicepresentazioneautoresintesiinvito alla lettura


Luca Grecchi

La filosofia della storia nella Grecia classica

coperta 165

indicepresentazioneautoresintesiinvito alla lettura


Luca Grecchi – Quando il più non è meglio. Pochi insegnamenti, ma buoni: avere chiari i fondamenti, ovvero quei contenuti culturali cardinali che faranno dei nostri giovani degli uomini, in grado di avere rispetto e cura di se stessi e del mondo.

Luca Grecchi – A cosa non servono le “riforme” di stampo renziano e qual è la vera riforma da realizzare

Luca Grecchi – Cosa direbbe oggi Aristotele a un elettore (deluso) del PD

Luca Grecchi – Platone e il piacere: la felicità nell’era del consumismo

Luca Grecchi – Un mondo migliore è possibile. Ma per immaginarlo ci vuole filosofia

Luca Grecchi – «L’umanesimo nella cultura medioevale» (IV-XIII secolo) e «L’umanesimo nella cultura rinascimentale» (XIV-XV secolo), Diogene Multimedia.

Luca Grecchi – Il mito del “fare esperienza”: sulla alternanza scuola-lavoro.

Luca Grecchi – In filosofia parlate o scrivete, purché tocchiate l’anima.

Luca Grecchi – L’assoluto di Platone? Sostituito dal mercato e dalle sue leggi.

Luca Grecchi – L’Italia che corre di Renzi, ed il «Motore immobile» di Aristotele

Luca Grecchi – La natura politica della filosofia, tra verità e felicità

Luca Grecchi – Socrate in Tv. Quando il “sapere di non sapere” diventa un alibi per il disimpegno

Luca Grecchi – Scienza, religione (e filosofia) alle scuole elementari.

Luca Grecchi – La virtù è nell’esempio, non nelle parole. Chi ha contenuti filosofici importanti da trasmettere, che potrebbero favorire la realizzazione di buoni progetti comunitari, li rende credibili solo vivendo coerentemente in modo conforme a quei contenuti: ogni scissione tra il “detto” e il “vissuto” pregiudica l’affidabilità della comunicazione e non contribuisce in nulla alla persuasione.


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«Pensiero Ribelle» Festival – Interventi di Diego Fusaro, Corrado Claverini, Alessandro Monchietto, Giuseppe Ambrosio, Luca Grecchi.

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Festival del Pensiero ribelle

Festival del Pensiero Ribelle

Domenica 12 Giugno 2016 – Roccabianca – Parma

A cura di Diego Fusaro

Ore 16,00-16,45

Corrado Claverini

Il coraggio del pensiero.
Le origini della filosofia dissidente italiana

Ore 16,45-17,30

Alessandro Monchietto

Due o tre cose che so di lei.
Civiltà capitalista, socialismo e sinistra
a partire dal “Manifesto” di Marx ed Engels

Ore 17,30-18,15

Giuseppe Ambrosio

Ribellione dell’etica ed etica della ribellione
nel
Waldgänger di Ernst Jünger

Ore 18,45-19,30

Luca Grecchi

Aristotele: la rivoluzione è nel progetto

dalle ore 21,15

Diego Fusaro

Pensiero in rivolta.
Elogio del dissenso

Scarica il Poster

Poster «Pensiero ribelle»

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Karl Marx (1818-1883) – Il regno della libertà comincia soltanto là dove cessa il lavoro determinato dalla necessità.

Marx e il regno della libertà

Abolizione del lavoro alienato

«Di fatto, il regno della libertà comincia soltanto là dove cessa il lavoro determinato dalla necessità… La libertà in questo campo può consistere soltanto in ciò, che l’uomo socializzato, cioè i produttori associati, regolano razionalmente questo loro ricambio organico con la natura, lo portano sotto il loro comune controllo, invece di essere da esso dominati come da una forza cieca; che essi eseguano il loro compito con il minore possibile impiego di energia e nelle condizioni più adeguate alla loro natura umana e più degne di essa. Ma questo rimane sempre un regno della necessità. Al di là di esso comincia lo sviluppo delle capacità umane, che è fine a se stesso, il vero regno della libertà, che tuttavia può fiorire soltanto sulle basi di quel regno della necessità. Condizione fondamentale di tutto ciò è la riduzione della giornata lavorativa».

Karl Marx, Il Capitale, III, Editori riuniti, 1972, pp. 231-232.

 


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Herbert Marcuse (1898-1979) – Se vogliamo costruire una casa di abitazione nel posto in cui sorge una prigione, dobbiamo prima demolire la prigione, altrimenti non possiamo neppure iniziare i lavori.

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Giovanni Battista Piranesi, The-Prisons.

«Se vogliamo costruire una casa di abitazione nel posto in cui sorge una prigione, dobbiamo prima demolire la prigione, altrimenti non possiamo neppure iniziare i lavori. Tuttavia […] dobbiamo per lo meno sapere che al posto della prigione vogliamo costruire una casa di abitazione. È proprio quello che crediamo di sapere. Non è necessario avere già pronto un piano preciso della casa per cominciare a demolire la prigione; purché si sappia che si vuole e si può sostituire a quest’ultima una casa di abitazione, e purché si abbiano le idee chiare su come deve essere una casa decente (questo costituisce, secondo me, l’aspetto decisivo)».

Herbert Marcuse, La fine dell’utopia, Laterza, Roma-Bari, 1968, pag. 107.

 

La fine dell'utopia

La fine dell’utopia


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Peter Bichsel (1935) – Ogni vita produce una storia se si è capaci di raccontarla. Progettiamo dunque una società narrante.

lettore+narrare

«Raccontare storie significa occuparsi del tempo, e esperire la nostra vita come tempo ha a che vedere col fatto che la nostra vita ha un termine, e che la vita dei nostri amici ne ha pure uno.
L’angoscia di fronte a questo dover finire può naturalmente essere tenuta a bada. […] Ciò che però non scompare è la tristezza per questa finitudine. La tristezza non la si può vincere, può soltanto essere rifiutata o accettata.
Il raccontare storie ha qualcosa a che fare con il fatto di accettarla. La tendenza degli uomini alla tristezza li fa diventare narratori di storie. Senza alcuna comprensione del tempo non ci sarebbe nessuna storia. Chi non ha alcuna inclinazione alla tristezza è perduto per la letteratura […].
Non so che aspetto avrebbe una società pacifica, senza aggressioni e senza competizioni […]. Di una cosa però sono convinto: sarebbe una società narrante e non storicizzante. Gli abitanti di Bali, pacifici, non aggressivi ed entusiasti di raccontare, hanno rafforzato questa mia convinzione.
Ogni vita produce una storia se si è capaci di raccontarla […].
Continuare a scrivere ha senso perché continuando a scrivere diventa possibile narrare altre vite».

Peter Bichsel, Il lettore, il narrare, traduzione a.c. di Giorgio Messori, Ælia Lælia, Reggio Emilia, 1985. Titolo originale: Der Leser, das Erzählen. Frankfurter Poetik-Vorlesungen, 1982.

 

 


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Aristotele (384-322 a.C.) – La «crematistica»: la polis e la logica del profitto. Il commercio è un’arte più scaltrita per realizzare un profitto maggiore. Il denaro è l’oggetto del commercio e della crematistica. Ma il denaro è una mera convenzione, priva di valore naturale.

Le scarpe di Aristotele

 

Politica, di Aristotele

Aristotele è stato anche il fondatore della “filosofia dell’economia”,
e dicendo “fondatore” intendo proprio dire il fondatore.
Questo fatto basilare è ampiamente noto agli specialisti
(Henry Denis, Karl Polanyi, Geoffrey de S. Croix, Moses Finley, ecc.),
era già ampiamente noto a Marx,
mentre è sistematicamente ignorato
dai manuali liceali ed universitari di storia della filosofia,
che arrivano al massimo (ma neppure tutti)
a riportare distrattamente che Aristotele
 nella Politica avrebbe distinto fra “economia” e “crematistica”,
senza peraltro neppure immaginare le conseguenze dirompenti di questa distinzione,
sulla quale poi indirettamente Marx costruì la sua critica dell’economia politica.

Costanzo Preve,
Una nuova storia alternativa della filosofia

 

Il formidabile excursus che Aristotele, nella Politica, dedica alla chrematistiké («arte che produce beni», chremata), costituisce una lucida diagnosi dei meccanismi che vanno erodendo l'economia della polis e, in pari tempo, un drastico rifiuto della logica che ad essi presiede; essa conduce dall'idealizzata «autosufficienza» (autarkeia) dell'economia domestica – attraverso le prime forme di baratto – sino alla nascita della «moneta» (nomisma, cioè quanto vale solo per nomos, per «convenzione») e al diffondersi di una vera e propria techne tesa alla produzione di «profitto» (kerdos). Agli occhi di Aristotele, tale processo allontana gli uomini dall'unico fondamento reale della ricchezza e dell'economia: il "valore d'uso", e cioè la concreta utilità di un bene secondo le necessità vitali di una koinonia («comunità») domestica o statale. In base a quell'uso innaturale dei beni che è il "valore di scambio", la chrematistiké innesta un circuito interminabile di permute il cui solo fine è il vuoto e convenzionale nomisma. Una ricchezza solo apparente, conclude Aristotele, che ad altro non può ricorrere se non a uno scontato exemplum mitico, la leggenda del re Mida.

 

[1256b] Fra le arti d’acquisizione patrimoniale, solo una specie è parte naturale dell’ economia, perché bisogna che si abbiano a disposizione – o che tale arte metta a disposizione – una riserva di beni utili alla comunità cittadina o domestica.
Ed è plausibile che in tali beni consista la ricchezza autentica. Quanto, di tale possesso, basta a una vita ben vissuta, non è senza limiti, come dice Solone in quel suo verso: «per la ricchezza umana, / nessun termine chiaro è decretato».
Un termine invece esiste, come per le altre arti: non si dà mezzo senza un termine, in numero o in grandezza, per nessuna arte; e la ricchezza altro non è che la somma dei mezzi economici e politici. È evidente, dunque, che esiste un’arte d’acquisizione patrimoniale che appartiene per natura a chi si occupa di economia e di politica. E perché ci sia, è altrettanto evidente.
Ma c’è un’altra arte d’acquisizione patrimoniale che si definisce precisamente – e a giusto titolo – «crematistica», «arte che produce i beni». È a causa di tale arte che non si dà [1257a] alcun apparente limite alla ricchezza e all’acquisizione. Molti credono che essa sia uguale e identica all’arte di cui abbiamo appena parlato, data l’affinità fra le due: ma essa non è né identica, né troppo lontana. Solo che la prima è naturale, la seconda no, ma deriva piuttosto da qualche esperienza e dall’ arte acquisita.
Iniziamo da questo punto. Dato un bene, due sono gli usi che se ne possono fare: entrambi conformi alla natura del bene, ma non allo stesso modo, dal momento che il primo è proprio dell’oggetto, l’altro no. Esempio: una scarpa. Essa può essere calzata, o essere oggetto di scambio. Ed entrambi sono modi di usare la scarpa. Chi scambia una scarpa con chi ne ha bisogno, e ne ricava denaro o nutrimento, usa la scarpa in quanto scarpa, ma non ne fa l’uso che le è proprio: la scarpa non è fatta per essere barattata! E così vale per tutti i beni.
[…] Nella comunità primaria – che è la comunità domestica – evidentemente non si dà alcuna pratica di scambio; essa si dà invece nelle comunità più estese. I membri della comunità domestica avevano in comune, tutti quanti, gli stessi beni, mentre chi si trova a vivere in comunità separate ha accesso a molti beni diversi, dei quali si dà necessariamente un reciproco scambio, secondo i concreti bisogni, come avviene tuttora fra molti popoli barbari, tramite il baratto. E così sono oggetto di scambio i meri beni utili: un bene per un bene equivalente, ma nulla di più; per esempio, danno o prendono vino o grano, e così per ogni altro bene analogo. Una simile forma di scambio non è contro natura, né rientra in alcun modo nella «crematistica», perché tende a completare la naturale autosufficienza.
Eppure è proprio da questa forma di scambio che derivò, secondo logica, la crematistica.
Quando divenne più sistematico il ricorso all’estero per importare ciò di cui si mancava e per esportare i beni in eccedenza, si ricorse di necessità all’uso della moneta. Non tutti i beni naturalmente necessari sono facili da trasportare: e così, per realizzare gli scambi, si convenne di dare e d’accettare un bene di un certo tipo; un bene che fosse utile in se stesso, ma più facile a maneggiarsi per le esigenze quotidiane: per esempio il ferro, o l’argento, o altro materiale analogo, che sulle prime era definito semplicemente dalla sua grandezza e dal suo peso; in séguito, però, presero a imprimervi un marchio, così da poter evitare la misurazione: il marchio valeva da segno della quantità.
[1257b] Dopo l’invenzione della moneta, dallo scambio praticato per pura necessità sorse un’altra specie di crematistica: il commercio. Esso, sulle prime, fu forse un commercio rudimentale; ma poi, con l’aumentare dell’esperienza, divenne un’arte più scaltrita: e si seppe bene dove e come effettuare gli scambi per realizzare un profitto maggiore.
Perciò, a quanto pare, la crematistica ha per oggetto il denaro, e la sua specifica funzione è sapere da quali fonti ricavare il maggior numero di beni, perché la crematistica è un’arte tesa alla produzione di ricchezza e di beni. Non a caso, è idea comune che la ricchezza coincida con l’abbondanza di denaro, perché è il denaro l’oggetto del commercio e della crematistica.
A volte, però, il denaro sembra una sciocchezza, e una mera convenzione, priva di valore naturale: basta che i soggetti dello scambio ne mutino il valore convenzionale, ed ecco che il denaro non vale più nulla e non riesce più a soddisfare alcun bisogno vitale; sicché, chi è ricco di denaro, spesso non avrà di che mangiare. E davvero è una ricchezza ben curiosa, quella che farà morire di fame chi ne è ricco: come quel Mida della leggenda, che volle troppo, e pregò che tutto diventasse oro ciò che gli si presentava. Ed è per questo che si va alla ricerca di un altro tipo di ricchezza, o di crematistica: e non a torto. C’è un altro tipo di ricchezza, un altro tipo di crematistica, ed è l’economia in senso autentico. Quella fondata sul commercio, invece, produce beni, sì, ma non in senso assoluto: produce beni solo attraverso lo scambio di beni. E ha per oggetto il denaro, perché il denaro è elemento e fine dello scambio. E quella che deriva dalla crematistica è una ricchezza che non ha alcun limite.

Aristotele, Politica, 1, 1256b 26-1257b 24; trad. di F. Condello.

 


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Alberto Giovanni Biuso – Recensione del libro “Discorsi sulla morte” di Luca Grecchi.

Discorsi sulla morte

Discorsi sulla morte

di Luca Grecchi
Editrice Petite Plaisance, 2015

indicepresentazioneautoresintesi

grecchi_sulla_morteI quattro capitoli di cui si compone il volume sono costituiti da altrettante lezioni che Grecchi ha tenuto a degli studenti di psicologia. Circostanza che dà un taglio didattico e divulgativo al libro. L’attenzione si concentra sulla filosofia greca, dai pensatori delle origini all’ellenismo. Della riflessione successiva viene analizzata l’opera di Leopardi, con veloci accenni conclusivi a filosofi del Novecento.
Il risultato di questa ricognizione è che mentre il pensiero e la società greco-romana hanno dedicato molta attenzione alla morte, essa nel mondo contemporaneo è invece quasi del tutto rimossa, con conseguenti gravi angosce individuali e disturbi collettivi.
I Greci sapevano che «siamo una unità psicofisica, una unità che ha sempre presente la propria limitatezza, la propria finitudine, e che per vivere bene deve cercare di valorizzarla» (p. 12); che la materia è una costante trasformazione degli enti singoli, la quale non tocca la stabilità ed eternità dell’intero; che la condizione dei viventi -umano compreso- è intrisa di un metabolismo «che conduce irreversibilmente alla morte, senza ritorni né recuperi» (p. 26). Comprendere teoreticamente e accettare nella prassi tale condizione significa conciliarsi con il tempo e la necessità, e dunque poter attingere almeno un poco di serenità. Il rigetto della finitudine conduce invece all’ansia, al panico, alla depressione.
Tutto ciò conferma che siamo fatti di tempo, che «l’uomo non riesce ad accontentarsi di vivere solo il proprio presente, poiché ha dei ricordi, delle radici, un passato; al contempo ha un futuro, un progetto di vita, vuole dare senso e valore alla propria esistenza, e dunque non può limitarsi al presente» (p. 45).
Il plesso inseparabile di finitudine, materia e tempo suggerisce che la morte non è un ente, non è una sostanza ma costituisce un evento che porta al culmine e insieme a conclusione il processo più o meno duraturo della vita. Non si dovrebbe dunque parlare di morte ma del morire, vale a dire di qualcosa che accade sin dal concepimento e definisce lo stesso vivente.

Alberto Giovanni Biuso

DIpartimento di Scienze UManistiche – DISUM
www.biuso.eu

 

Recensione già pubblicata sul sito dell’autore: Finitudine.

 


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