Natsume Sōseki (1867-1916) – Lo studio è cosa diversa dal funambolismo e dai giochi di destrezza. Apprendere le conoscenze tecniche è marginale. Lo scopo vero è la costruzione dell’uomo, distinguere le cose grandi dalle inezie, conoscere la differenza tra ciò che conta e ciò che non significa niente, riconoscere il confine tra il bene e il male.

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«Insegnare lingua inglese, storia e, a un certo momento, perfino etica, era stato insegnare conoscenze tecniche che aveva fatto proprie come accessorie alla formazione del proprio carattere. Se avesse studiato ponendosi come unico obiettivo quelle conoscenze, non avrebbe dovuto fare altro che aprire un libro in classe. Se si fosse accontentato di campare aprendo un libro, non sarebbe stato affatto diverso, in linea teorica, dal funambolo che campa camminando sulla fune, o dal giocoliere che campa facendo roteare i piatti sulla cima di un bastone.

Ma lo studio è cosa diversa dal funambolismo e dai giochi di destrezza.

Apprendere le conoscenze tecniche è marginale: lo scopo è la costruzione dell’uomo.

Lo scopo è fornirlo di una solidità che gli permetta di distinguere le cose grandi dalle inezie, di conoscere la differenza tra ciò che conta e ciò che non significa niente, di avere ben chiaro cosa ama e cosa no, di riconoscere senza esitare il confine tra il bene e il male, di non sbagliare nel giudicare intelligenza e stupidità, vero e falso, giusto e ingiusto.

Doya la pensava così. Per questo non disprezzava l’idea di sbarcare il lunario vendendo le proprie conoscenze ma, allo stesso tempo, considerava un abominio l’idea di allontanarsi dai fondamenti su cui si ergeva la sua formazione culturale. Il rifiuto di cui era oggetto ovunque andasse era effetto del suo basarsi sull’essenza stessa dei suoi studi, per cui, dato che lui stesso, analizzando il proprio intimo, non trovava alcunché di cui vergognarsi, non riteneva di essere uno smidollato. Gli insulti di chi vedeva in lui uno sciocco caparbio erano così assurdi, che non li avrebbe compresi nemmeno se avesse potuto posarli sul palmo della propria mano, per analizzarli con la lente d’ingrandimento, sotto una gronda esposta a sud, in un giorno d’estate!

Tre volte era diventato professore e tre volte era stato cacciato dal suo posto ma, nella sua mente, ogni espulsione valeva più di un dottorato di ricerca. Un dottorato sarà anche un titolo importante, ma in fondo si acquisisce tramite le conoscenze tecniche. Non è molto diverso da quando un ricco ottiene il quinto grado di nobiltà con una donazione per la costruzione della flotta.

Natsume Sōseki, Raffiche d’autunno, Lindau, Torino 2017, pp. 13-15.