Salvatore Bravo – Pensare la didattica alternativa e non subirla. Se un docente è stato capace di trasmettere contenuti, metodi, motivazioni, se ha testimoniato con il suo impegno silenzioso la consapevolezza del suo ruolo non vi è distanza che possa cancellare ciò che si è radicato nella profondità relazionale di ciascuno.

Didattica a distanza

Se un docente è stato capace di trasmettere contenuti, metodi, motivazioni, se ha testimoniato con il suo impegno silenzioso la consapevolezza del suo ruolo non vi è distanza che possa cancellare ciò che si è radicato nella profondità relazionale di ciascuno.

Salvatore Bravo

Pensare la didattica alternativa e non subirla

 

In questi giorni concitati, in cui il coronavirus è diventato il protagonista, si alternano gli appelli alle cifre epidemiologiche in una sorta di ciclo ermeneutico che non spiega nulla. Ci si limita ai dati, ma si celano le verità che tale morbo sta evidenziando: le patologie istituzionali causate dai tagli indiscriminati alla spesa pubblica, e l’aggressione perenne da destra come da sinistra ai diritti sociali. Si ha così la chiara rappresentazione di una nazione che ha sostituito i diritti con i privilegi.
Vi è un aspetto poco discusso e ancora in ombra (non vi è pubblica riflessione anche da parte degli addetti ai lavori, professori e dirigenti): la didattica alternativa. La didattica a distanza con le piattaforme e le lezioni da svolgere anche dallo smartphone meriterebbero una debita riflessione. La scuola azienda ha insegnato agli alunni la dipendenza senza autonomia e responsabilità personale: è un dato acclarato che tutti possono verificare. Si pensi al concetto di inclusione che abilmente sostituisce quello di emancipazione. La scuola deve includere per formare individui, deve spingere al massimo l’individualizzazione della didattica per preparare il consumatore a percepirsi come depositario dei soli diritti civili, a cui si è aggiunto il diritto al consumo senza limiti. In tali circostanze serpeggia il timore che la distanza dalla scuola possa portare gli alunni a sviluppare l’autonomia nello studio e nel pensiero che tanto viene acclamata. Ma, di fatto, non la si persegue, anzi il concetto di autonomia è ammesso all’interno di spazi definiti, di scelte programmate dall’alto, scaltramente epurate dalle deliberazioni non funzionali al sistema mercato: si pensi all’orientamento preceduto da campagne informative che favoriscono l’olocausto personale, ovvero non conoscere se stessi, ma adeguarsi liberamente al mercato.

 

L’autonomia come problema
In tale contesto la didattica a distanza è un ottimo espediente per necrotizzare lo sviluppo di percorsi autonomi nello studio e la responsabilità sociale ed individuale. Le piattaforme e le videolezioni hanno l’obiettivo di raggiungere lo studente, la longa manus dell’istituzione. In realtà, non vuole la crescita responsabile dell’alunno e teme che la dipendenza mascherata da autonomia possa in taluni inclinarsi e che vi possa essere una fessurazione nel sistema delle dipendenze. L’alunno in questi giorni, sottratto all’incubo delle competenze, alla stimolazione perpetua dei progetti e delle certificazioni, può, se vuole, vivere un’esperienza inedita e kairologica,[1] che potrebbe segnare la sua rinascita: il tempo emancipato dall’attivismo e dal tecnicismo didattico potrebbe far emergere l’esperienza inaudita e trasgressiva del pensiero autonomo e indurre alla creazione concettuale. Lo sforzo personale tanto combattuto dai pedagogisti ha formato personalità incapaci di affrontare situazioni difficili che si vivono nel tempo personale e collettivo. Il pensiero dovrebbe riemergere dall’inverno del didatticismo, che insegna il fare senza il pensare. Affinché ciò sia possibile è necessario che il tempo sia vuoto in modo fecondo, cioè che ci si possa sottrarre alle logiche della stimolazione perpetua e soffocante per ritrovarsi con i testi, con i manuali e con le parole. Imparare a pensare il mondo ed il proprio tempo dovrebbe essere il fine della scuola e di ogni formazione, ciò è possibile all’interno di una didattica consapevole delle possibilità e dei limiti dei mezzi che utilizza, e specialmente, solo all’interno della consapevolezza dei fini è possibile far luce sui mezzi e sui rischi ad essi connessi. La didattica a distanza reca con sé non solo logiche già vissute nell’istituzione, ma specialmente il sospetto che la mediocre competizione tra “docenti” ed “aziende scuole” possa riprodursi anche in tale contesto. In questi decenni l’autonomia che la scuola doveva sviluppare era in realtà capacità imprenditoriale e individualismo. Il timore che gli alunni a casa possano far crescere l’autonomia concettuale e possano sottrarsi alle logiche solite forse è la verità nascosta della didattica a distanza.

 

Successo formativo?
In questi anni di successo formativo quasi assoluto con promozioni e voti notevolmente alti, se tali valutazioni fossero veritiere si dovrebbe pensare che gli alunni a casa continuino spontaneamente a studiare. Invece, il re è nudo, la didattica a distanza, in tale momento, svela il timore che gli alunni – abituati alla dipendenza ed alla promozione agevolata – possano in tempo breve “perdere” i radi contenuti acquisiti. La guerra contro i contenuti è stata una delle costanti di questi anni, i contenuti sono stati sostituiti dalle competenze. Naturalmente nessuna libertà di pensiero è possibile senza contenuti, mentre le competenze del fare ben rispondono ai bisogni del mercato e non della formazione umana. In questi giorni, che potrebbero diventare mesi, si dovrebbe riflettere sull’uso e le implicazioni della didattica a distanza, e specialmente si dovrebbero sollevare dubbi e domande. Forse, in tali circostanze, si vuole avviare un nuovo tipo di scuola e di didattica, la quale non arricchisce l’alunno con contenuti dialettici, ma rafforza forme di controllo e di dipendenza inclusiva. Vi è il rischio che la didattica a distanza divenga una costante anche dei periodi ordinari. La dialettica, vero centro dell’insegnamento, necessita dello spazio classe, in cui la relazione passa per lo sguardo, per il tono di voce, per l’esperienza vissuta che invita in modo spontaneo a sentirsi parte di un mondo di relazioni e di parole. L’alternativa è il dominio dell’astratto sul concreto. L’individualizzazione della didattica ai tempi privati dell’alunno e delle famiglie non può che favorire i processi di atomizzazione già largamente in atto. Se l’istituzione scolastica perde, in un momento di emergenza, la capacità di pensare il reale dimostra che non è luogo di formazione e problematizzazione, ma di esecuzione di ordini. Si tratta di avere il senso della misura, di discernere le contingenze e di pensare se l’attuale indirizzo didattico – fondato non sui contenuti e sull’impegno autonomo e responsabile – sia effettivamente valido. Se in questi decenni la scuola avesse puntato in primis sui doveri, sull’impegno quotidiano, sui contenuti concettualizzati, sul senso sociale, forse, sollevo un dubbio, avremmo più fiducia nei nostri alunni e non vi sarebbe la rincorsa alla didattica alternativa, anche, perché, e di ciò non si deve avere dubbi, se un docente è stato capace di trasmettere contenuti, metodi, motivazione, se ha testimoniato con il suo impegno silenzioso la consapevolezza del suo ruolo non vi è distanza che possa cancellare ciò che si è radicato nella profondità relazionale di ciascuno.

Salvatore Bravo

[1] Kairos (καιρός), traducibile con tempo cairologico indica il momento giusto o opportuno” o “momento supremo”.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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