Umberto Fava – Il quadrifoglio di Medea. Racconti. La mia tetralogia dal Po all’Acheronte

Copertina Il quadrifoglio di Medea

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Umberto Fava, Il quadrifoglio di Medea. Racconti. La mia tetralogia dal Po all’Acheronte.

ISBN 978-88-7588-125-2, 2014, pp. 128, formato 140×210 mm., Euro 12 – Collana Egeria [17]. In copertina: Pietra dal profilo antropomorfo raccolta sulla montagna di Itaca. Fotografia di Massimo Bersani.

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Le confessioni di un vecchio amanuense

Ci sono dei momenti in cui mi vien voglia di scrivere qualcosa del tipo La morte di un commesso viaggiatore raccontata da Arthur Miller, rivoltandola – un mestiere vale l’altro – ne La morte di un vecchio amanuense. Insomma, la storia di una sconfitta, di un fallimento.

Più che la parola morte, mi costa usare la parola vecchio. Ma sempre meglio vecchio che anziano. Vecchio mi fa venire in mente Re Lear, il Sior Todaro Brontolon, il servo Firs del Giardino dei ciliegi. Anziano chiama il ricovero e la badante.

Come ci si sente essere arrivati a 70 anni suonati e finire come Willy Loman alla deriva? Che bello arrivare a 70 anni e passa e accorgersi di ritrovarsi alla fine come al punto di partenza. Magari è vero come scrive Eliot nei suoi Quartetti che finire è iniziare. Ma io non ho più tempo per ricominciare, non ho più 16 anni.

Sì, non ci si sente al massimo scoprirsi dei Nessuno, di cui «non c’è libraio che ne conosca l’esistenza», per rubare un’efficace espressione di Margherita Guidacci.

La cosa per la verità non dovrebbe inquietarmi: da molti anni ho fatto col mio orgoglio un giuramento, da molto tempo ho qui davanti a me sullo scrittoio, scritte nero su bianco, le parole di Cesare Pavese che ho scelto come mio stile di vita: «[…] e soprattutto il coraggio di starsene soli come se gli altri non esistessero».

Ma ero ingenuo. Sapevo di non dovermi fare illusioni, neppure una. Tranne quella di riuscire a vivere senza illusioni.

Sì, solo lo sono, ma non sono stoico abbastanza. Chi non è fatto di ferro ne esce tramortito. Gli scrittori sono come la mafia, e come la mafia si ammazzano fra loro. Avrei dovuto saperlo quando ho preso la prima volta in mano, da ragazzo, la penna. Anche di questo però dovrei infischiarmene, dal momento che io non sono uno scrittore, ma uno che scrive. Insomma un amanuense.

Sì, io non sono né stoico né coraggioso. Almeno non coraggioso abbastanza per far la fine di Willy Loman. In compenso sono orgoglioso. Ma di che orgoglioso? D’essere un uomo fuori gioco, fuori scena, fuori tutto, un autore dietro le quinte?

Orgoglioso che in scena ci sono almeno i miei personaggi.

Vi piace Wagner? Per me è un grande ammaliatore. Ebbene, io mi sento, con sconfinato orgoglio, un piccolo Wagner. Nell’epoca delle romanze, dei duetti e degli acuti, lui suonava altra musica, infischiandosene degli acuti, dei duetti e delle romanze. Nell’epoca delle crisi di coppia, della coppia che scoppia, della coppia che non è più una coppia, degli amoretti e degli amorazzi, delle mille sfumature della volgarità, delle mille storielle borghesi da salotto o da tinello, delle sdolcinature sentimentali sentite e risentite un milione di volte in tutte le salse, insomma dell’imperativo categorico di essere alla moda o sparire, io non sparisco e orchestro alla Wagner altre melodie, cerco il nuovo e l’originale, strade non battute, guardo ai grandi del passato, ai maestri di sempre.

E nell’epoca delle trilogie, scrivo la mia Tetralogia di racconti, come Wagner compose la sua Tetralogia dell’Anello del Nibelungo che dedicò a Schopenhauer, che a sua volta compose Sulla quadruplice radice del principio di ragione sufficiente. Ed Eliot compose in poesia i Quattro quartetti e Vivaldi in musica Le quattro stagioni e Beethoven in piena sordità gli estremi cinque Quartetti per archi, per i quali Proust parlò di «fascino inebriante» e «divino mistero» e «non tutte note adatte a orecchie umane».

Che anche le cose che scrivo io non sembrino adatte ad orecchie umane? Potrebbe darsi. Dico allora che, volendo, le mie cose si potrebbero anche intitolare Dialoghi tra sordi – tra me e gli altri – come lo sono stati a suo tempo gli ultimi Quartetti per archi di Beethoven. Solo che ora non saprei dire chi è più sordo, se io e Beethoven o gli altri.

Ora dico solo che non c’è il tre senza il quattro. Sul quadrifoglio che la mia Medea tiene fra le labbra, il quadrifoglio che ha raccolto fra l’erba della riva del Po, sulle quattro foglioline sono scritti (ci vuole occhio per vederli, come ci vuole occhio per vedere la nave Argo navigare su queste acque), ecco su ciascuna delle quattro foglioline è scritto un titolo della mia tetralogia, Presso un fiume stranier, Senza titolo, Bella ciao e Prima del diluvio. È su questa antica terra Ausonia che è venuto su un quadrifoglio così, che racconta storie come l’aedo Omero.

Sono moltissimi, i più, quelli che oggi non si sono accorti che la nostra epoca è quella in cui i morti sorreggono i vivi. I morti, sì, gli uomini antichi come Omero, le loro parole, le loro opere, le loro idee, i loro sogni.

A me piace essere inattuale come Socrate e come Nietzsche, che appunto si divertì a scrivere le sue quattro (anche lui con la sua “tetralogia”) Considerazioni inattuali.

Mi piace essere solo ed essere fuori dal mio tempo come lo fu Wagner al suo tempo. Non mi piace essere moderno, se il moderno dura cinque minuti.

Mi piace essere estraneo a questa mia città, anche se pago cara questa mia ostinata estraneità.

In Germania lo chiamavano Deutsche Misere, il Destino Tedesco; Thomas Mann si definiva «disperatamente tedesco»; Arthur Rimbaud parlava di «disgusto dell’Europa»; Paul Celan soffriva di «solitudine ebraica».

Avessero provato Mann, Rimbaud, Celan il destino, la disgrazia, la disperazione, il disgusto, la solitudine d’essere piacentino. Di Piacenza si muore come si muore di cancro.

Piacenza sul Po non è una grossa città. È più grossolana che grossa. E amara. Allora per addolcirmi la bocca penso alla dolcezza della Petite Plaisance sull’oceano, quella di Marguerite Yourcenar là sulla sperduta isola di Mount Désert, là nel lontano Maine, nel grande Nord degli Stati Uniti. Petite Plaisance si chiamava la sua casa fra la costa dell’America e la distesa dell’Atlantico.

Provate a ripetere più volte, cinque, dieci volte, adagio, Petite Plaisance, e ad un certo punto vi sembrerà un frusciare d’acqua, sembrerà di sentire scorrere – su queste due scorrevoli parole – l’onda del mare, la risacca scivolare e sciogliersi sulla riva.

La corrente del mio Po a Piacenza che, indifferente a queste rive, va verso il mare non potrebbe, con la monotonia della sua unica nota, un interminabile doooo…, un’infinita nota che è anche più lunga di quel lunghissimo accordo in mi bemolle maggiore che dagli archi passa ai corni e poi all’orchestra e che introduce L’oro del Reno che introduce a sua volta la wagneriana Tetralogia, ecco quel monocorde dooooo… del mio Po non potrebbe mai ispirare nessun musicista.

Invece la Piccola Piacenza della Yourcenar ha ispirato l’editrice di Pistoia che ha adottato il suo nome. Un nome e un disegno, quello della cicogna di Karen Blixen.

Talvolta si vede, tra il Po, l’Adda e la Trebbia, volare la cicogna. Forse è la cicogna della Blixen di passo su queste campagne e sopra questi campanili. Non porta bambini, ma libri. Insomma, in un modo o nell’altro porta la vita. Meglio dell’Araba Fenice. Che vada fino alla costa del Maine, alla casa solitaria della Yourcenar? Impossibile? Ci sono arrivati i Vichinghi volando sulle navi. Ci possono arrivare le cicogne solcando i cieli. E poi… Chi non spera quello che non sembra sperabile… dice Eraclito. No, chi non spera l’insperabile non potrà mai scoprirne la realtà né vedere realizzati i suoi sogni né trovare Mount Désert.

Ho troppi grilli e fantasie per la testa? Ho letto troppi libri come Don Chisciotte? Mi son bevuto il cervello bevendo le tante frottole dei poeti? Leggere un buon libro è come bere una buona grappa. Entrambi possono dare alla testa. Per questo non solo nella Biblioteca d’Alessandria e sulla Opernplatz di Berlino hanno fatto falò di libri. Anche gli amici di Don Chisciotte l’hanno fatto. Sì, c’è chi pensa di rinsavire gli uomini facendo così. Il matto può anche rinsavire, ma il sognatore?

Ma ci sono casi disperati come il mio. Perché? Ho letto troppi libri? No, più che altro ho letto – al di fuori degli strepiti e dei clamori della città – molti alberi, molti monti, molti cieli, molte nubi. Il mondo non finirà finché ci saranno uomini che leggeranno libri fra le cui pagine di carta passa il soffio dell’aria e del cielo. E per profumarli ancora più di vita, metto fra le pagine come segnalibri una foglia di noce staccata dal ramo, una penna di gazza caduta dal cielo.

Passato da lettore ad autore, mi sono sentito in certo qual modo storico fuori tempo del mio tempo, raccontando storie e fantasmi, paure e sogni della mia epoca, il mito e la vita.

Dov’è la favola, dov’è il mito, dov’è il simbolo, dov’è la realtà?

Con questa progressione di sferzanti domande Pavese assaliva un amico scrittore che gli aveva mandato un romanzo in lettura.

Se queste domande Pavese le facesse ora a me, risponderei con la sconfinata superbia di prima: sono qua, in queste mie 110 pagine.

Si narra che una volta il poeta John Keats ad una cena con amici alzando il calice per un brindisi inaspettatamente disse: «Sia maledetta la memoria di Newton».

Gli amici ammutolirono. Perché maledetto il povero Newton? Perché, spiegò Keats, con la sua scoperta della rifrazione della luce nel prisma gli aveva rubato l’incanto dell’arcobaleno. Allora tutti d’accordo nel maledire Newton.

Cosa dovrei dire io, allora, di chi mi ha rubato l’incanto della Luna, quegli astronauti che coi loro mostruosi scarponacci di ferro hanno lasciato segni sulla sua delicata pelle. Io innamorato deluso della Luna, la quale è invece tutta persa dietro a bel Endimione. Lei, chiara e irraggiungibile, anche se mi appare – nell’ultimo dei racconti della mia Tetralogia – in fondo al mio bicchiere d’ubriaco, bella e stretta nella sua alta cintura da dea, a cui non posso neanche dire: “Ciao, Luna. Ci vediamo stasera al solito posto”.

Sogno d’amore col pianoforte di Liszt o Sonata al chiaro di Luna col piano di Beethoven, Quadrifoglio o Tetralogia, Commedia o Tragedia, Quartetti o Poemetti, come vi piace. Per me è una sfida alle convenzioni e ai conformismi e alle mode e alle pigrizie di chi si crede mio contemporaneo, ma non lo è. Dato che io, a differenza d’altri, voglio essere contemporaneo non dell’effimero e della moda, ma del duraturo. Di gente giovane quanto meno come Omero. O come la Luna quando c’è la luna nuova.

Dal Po all’Acheronte, che è quasi come dire da me ad Omero, da qui all’eternità.

Umberto Fava

Autori, e loro scritti

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Luciano Fabro (1936-2007) – Lo sguardo intelligente, acuto, misura ogni punto con rispettosa cura, […] perché sa che, nel processo del suo lavoro, tutto ciò che gli sfugge renderà fragile il suo modo di procedere. Dunque chi pensa al come fare, prima deve guardare, e deve imparare a guardare.

Franco Farinelli – Geografia. Un’introduzione ai modelli del mondo

William Faulkner (1897-1962) – Chi scrive deve imparare da sé che la più vile di tutte le cose è avere paura.

Umberto Fava – Il quadrifoglio di Medea. Racconti. La mia tetralogia dal Po all’Acheronte.

Silvia Fazzo – La concezione aristotelica dei principi trova nel libro Lambda della Metafisica la sua esposizione più completa ed esauriente. La comprensione del libro però non è un processo lineare: richiede, fra l’altro, che si faccia in qualche modo tabula rasa della tradizione esegetica.

Silvia Fazzo – Grazie Mario Vegetti! Per la lucidità luminosa delle tue intuizioni. Amavi la vita per tutto ciò che ha di più vero. Hai formato una intera generazione di allievi e di allievi degli allievi.

Silvia Fazzo – Alexander Arabus. Studi sulla tradizione araba dell’aristotelismo greco. L’eredità del pensiero greco non può essere interamente compresa senza lo studio della tradizione araba.

Arianna Fermani – L’educazione come cura e come piena fioritura dell’essere umano. Riflessioni sulla Paideia in Aristotele.

Arianna Fermani – La nostra vita prende forma mediante il processo educativo, con una paideia profondamente attenta alla formazione armonica dell’intera personalità umana per renderla libera e felice.

Arianna Fermani – L’armonia è il punto in cui si incontra e si realizza la meraviglia. Da sempre armonia e bellezza vanno insieme.

Arianna Fermani – VITA FELICE UMANA. In dialogo con Platone e Aristotele. il confronto con le riflessioni etiche di Platone e Aristotele permette di dipanare i numerosi fili che costituiscono la trama di ogni esistenza umana.

Arianna Fermani – Divorati dal pentimento. Sguardi sulla nozione di metameleia in Aristotele.

Arianna Fermani – Mino Ianne, Quando il vino e l’olio erano doni degli dèi. La filosofia della natura nel mondo antico

Arianna Fermani – Nel coraggio, nella capacità di vincere o di contenere il proprio dolore, l’uomo riacquisisce tutta la propria potenza, la propria forza, la propria dignità di uomo. Senza coraggio l’uomo non può salvarsi, non può garantirsi un’autentica salus.

Arianna Fermani – Fare di se stessi la propria opera significa realizzarsi, dar forma a ciò che si è solo in potenza. attraverso l’energeia, e nell’energeia, l’essere umano si realizza come ergon, si fa opera. Chi ama, nutrendosi di quell’energeia incessante che è l’amore, scrive la sua storia d’amore, realizza il suo ergon, la sua opera. È solo amando che un amore può essere realizzato, esattamente come è solo vivendo bene che la vita buona prende forma.

Arianna Fermani – Recensione al volume di Enrico Berti, «Nuovi studi aristotelici. III – Filosofia pratica».

Arianna Fermani – «Vita felice umana. In dialogo con Platone e Aristotele». Si è felici perché la vita ha acquisito un orientamento, si è affrancata dalla sua nudità, dalla sua esposizione alla morte, dalla semplice sussistenza. Una vita dotata di senso. Felicità come pienezza, come attingimento pieno del ‘telos’ lungo tutto il tragitto della vita.

Arianna Fermani – «Senza la speranza è impossibile trovare l’insperato». La speranza “antica”, tra páthos e areté.

Arianna Fermani – Aristotele e l’infinità del male. Patimenti, vizi e debolezze degli esseri umani.

Arianna Fermani – Quando il rischio è bello. Strategie operative, gestione della complessità e “decision making” in dialogo con Aristotele. L’assunzione del rischio e la sua adeguata collocazione all’interno di una vita “riuscita” implica la continua individuazione di priorità in vista della costituzione il più possibile armonica dell’esistenza.

Arianna Fermani – «Il concetto di limite nella filosofia antica». L’uomo non è dio, ma la sua vita può essere divina. Divina è ogni vita buona, ogni vita che sia stata ben condotta. Ogni vita umana si costruisce entro lo scenario del quotidiano, è fatta delle piccole cose di ogni giorno e di questa quotidianità si nutre.

Maurizio Migliori e Arianna Fermani – «Filosofia antica. Una prospettyiva multifocale». Questo volume aiuta a tornare, con stupore e gratitudine, alle feconde origini del pensiero occidentale, per guardare finalmente, con occhi nuovi, il mondo e noi stessi.

Arianna Fermani – Il messaggio di Socrate è di una attualità straordinaria. La filosofia, con Socrate, si incarna in uno stile esistenziale, e si esplica in quella insaziabile – e, insieme, appagante – fame di vita e ricerca di senso, che accompagnano il filosofo fino all’ultimo istante dell’esistenza.

Arianna Fermani, Giovanni Foresta – «Dalle sopracciglia folte al percorso inarcato dalla rotta superiore dello sguardo, il tempo esprime monumento del vissuto tingendolo di bianco». È un mirare avanti, un protendersi anima e corpo verso il futuro. Questo perché la vera vecchiaia, lungi dall’essere l’età anagrafica, è la mancanza di entusiasmo, è lo spegnersi dei sogni e dei desideri.

Arianna Fermani – La virtù rende buona la nostra vita e, insieme, la salva. Una vita felice, è, dunque, una vita che prospera, ma che pro­spera soprattutto grazie alla virtù, che sa produrre la bellezza e l’armonia. La virtù, in questo quadro, è e deve essere non solo qualcosa di teorizzato, ma qualcosa di “praticato”.

Arianna Fermani – Virtù è capacità di dare ordine alla molteplicità delle passioni, educandole. È capacità di incanalarle, instillando la ragione nel desiderio per dar luogo a quella perfetta fusione che è la virtù.

Lapo Ferrarese – Progresso scientifico e naturalismo nella concezione di Larry Laudan

Ludwig Feuerbach (1804-1872) – Il fine è il condimento di un Esserci e di una vita. Solo il fine tiene distante il Nulla. Ogni istante è una sorsata che vuota fino in fondo il calice dell’infinità. In quanto ente che ha coscienza, sei nella coscienza. In quanto ente che pensa, sei nello Spirito.

Johann Gottlieb Fichte (1762-1814) – Libero è solo colui che vuole rendere libero tutto ciò che lo circonda.

Marsilio Ficino (1433-1499) – Il lume dello spirito più copiosamente risplende per gli occhi: perché gli occhi sono sopra gli altri membri trasparenti e nitidi.

Alessandra Filannino Indelicato – Nella domanda che nasce, si alimenta e dimora la filosofia, che eccede l’utilità abitando una dimensione più umana, spirituale. Una ricerca che non sia profondamente connessa con la spiritualità del ricercatore è una ricerca sterile.

Sergio Finardi (1950-2015) – Il j’accuse di Franz Kafka contro il lavoro capitalista nel libro di Luigi Ferrari, «Alle fonti del kafkiano».

Roberto Fineschi – Rileggere Marx con le lenti della filologia.

Moses Israel Finley (1912-1986) – Apatia e ignoranza politica sono oggi un dato fondamentale. Forme nuove di partecipazione popolare, ateniesi nello spirito se non nella sostanza devono essere inventate. L’utopia trascende la realtà sociale, ma non è trascendentale.

Antonio Fiocco – Cenni sulla ristrutturazione del sistema orgaizzativo-produttivo d’impresa: da Taylor a Ohno.

Antonio Fiocco – Emanuele Severino considera ineluttabile il trionfo della Tecnica (cioè il capitalismo): il suo ripristino dell’ontologia è apparente e fuorviante, dunque innocuo per il potere.

Antonio Fiocco – Difendere in tutti i modi la progettualità.

Antonio Fiocco – Ideare il futuro comunitario per viverne l’essenza nel presente.

Antonio Fiocco – Può Heidegger andare oltre il «solo un Dio ci può salvare» ?

Antonio Fiocco – Sul racconto «Di argini e strade» di Fernanda Mazzoli.

Carmine Fiorillo – Crisi è decisione vitale, giudizio totale.

Carmine Fiorillo – Il carro armato di Benigni e i bambini di Terezín. Considerazioni inattuali a margine del film «La vita è bella».

Carmine Fiorillo – Luca Grecchi: Oltre la dimensione afasica della “gabbia d’acciaio” capitalistica.

Carmine Fiorillo – Un messaggio nella “Bottiglia”. Un viaggio possibile verso «Il necessario fondamento umanistico del “comunismo”».

Carmine Fiorillo – Tracce di significato in una vita vissuta in pienezza di valore.

Carmine Fiorillo – La «buona utopia» oggi è necessaria per l’indispensabile pianificazione comunitaria. Finché la proprietà privata dei mezzi della produzione sociale continuerà ad avere un ruolo centrale, la parte migliore della umanità rimarrà schiacciata. La «buona utopia» si oppone sempre ad un determinato sistema ed alla sua ideologia, e pertanto agisce appunto come forza dialettica all’interno del processo storico.

Carmine Fiorillo – Non delineando l’alternativa possibile al modo di produzione capitalistico la si nega di fatto come alternativa possibile. Esattamente con il proprio “non pensarla” o negando valore alla modellizzazione teorica della sua possibile realtà, non la si rende proprio per questo alternativa desiderabile e praticabile.

Carmine Fiorillo – Una nuova progettualità comunitaria può essere costruita solo sull’umanesimo filosofico, mettendo in opera prove di concreta e buona utopia.

Carmine Fiorillo – Virgilio negli Stati Uniti. L’antica “vocazione imperiale” degli USA! E Joseph Biden a cosa si sente “vocato”? Muterà forse il fine del dollaro “umanizzando” il suo corso e rendendolo meno “imperiale”?

Carmine Fiorillo – I ponti, ancor prima di essere strutture materiali, sono strutture di pensiero, ponti eidetici, su cui si sedimentano quelle tracce di significato che consentono l’attraversamento dalla vita alla vita. L’antropologia capitalistica ci riserva solo la necrofila distopia del ponte. I veri costruttori di ponti li progettano in armonia con l’essenza umana, nel rispetto della natura.

Carmine Fiorillo – Delicatezza è sostantivo femminile. Lascia l’impronta con lo stile del proprio sentire in una scrittura capace di esprimere l’essenziale con la forza della gentilezza.

Chiara Fiorillo – Memory’s fligt. Il volo della memoria.

Chiara Fiorillo – Fiche du film “La Nuit de Varennes” de Ettore Scola

Chiara Fiorillo – Fiche du film “Marie-Antoinette” de Sofia Coppola

Costanza Fiorillo – La vera uguaglianza è la libertà di essere diversi. Il contrario di differente non è uguale, ma indifferente. Questo bisogna ricordare nel «Giorno della memoria».

Costanza Fiorillo – Reality and Hope, realtà e speranza.

Costanza Fiorillo – «Non dirmi che hai paura» non era il mio genere di libro. Ma adesso lo è diventato. Mi ha aiutata a comprendere una realtà che non avevo compreso appieno. Ho capito l’importanza di Avere un sogno e di essere protagonisti della propria vita, perché vivere significa rischiare tutto per qualcosa in cui si crede.

Gustave Flaubert (1821-1880) – Non leggete per divertirvi, né come leggono gli ambiziosi, per istruirvi. No, leggete per vivere. Si tratta di lavorare, mi avete capito? Leggi per vivere, lavora, appaga il tuo spirito.

Pavel Florenskij (1882-1937) – «La prospettiva rovesciata». Ci sono solo due tipi di rapporto con la vita: quello interiore e quello esteriore, come ci sono due tipi di cultura: contemplativo-creativa e rapace-meccanica.

Pavel Aleksandrovič Florenskij (1882-1937) – Verità, bene e bellezza: questa triade metafisica è un unico principio. Nella vita ci sono molte cose mostruose, malvage, tristi e sporche. Tuttavia, rendendosi conto di tutto questo, bisogna avere dinanzi allo sguardo interiore l’armonia e cercare di realizzarla.

Pavel A. Florenskij (1882-1937) – La parola è un condensatore della volontà, un condensatore dell’attenzione, un condensatore dell’intera vita dell’anima.

Pavel A. Florenskij (1882-1937) – Dobbiamo percepire l’effettiva esistenza di ciò con cui veniamo a contatto, di modo che inizi un’attività culturale. L’illusionismo per sua natura rinnega la dignità umana. Chiudersi nel soggettivo significa tagliare il legame con l’umanità, e disgregare l’unità della coscienza universale e, di conseguenza, anche l’unità della personalità cosciente di sé.

Dino Formaggio (1914-2008) – Il destino dei buoni libri sembra essere quello di rinascere continuamente diversi nel tempo. Ogni epoca, ogni svolta di cultura, li riavvicina e penetra come cosa del tutto nuova e li riscopre.

Dino Formaggio (1914-2008) – La questione della «morte dell’arte» è una questione di fondo, è bene sottolinearlo, che attraversa l’esperienza artistica in atto ed insieme il piano della riflessione estetica che vi si costruisce sopra, generandosi dal suo interno.

Carlo Formenti – La critica della società capitalistica non può non accompagnarsi a una critica radicale dell’ideologia “modernista” e della sua grottesca variante postmoderna, il “nuovismo”. Presentazione del libro di Carlo Formenti, «Oligarchi e plebei».

Carlo Formenti – Le sinistre (tutte!) hanno regalato ai populismi di destra la rappresentanza degli interessi delle classi inferiori.

Sotera Fornaro – Lo stolto e l’intelligenza artificiale Note a margine alla riedizione di un libro di Diego Lanza

Franco Fortini (1917-1994) – «I confini della poesia», Castelvecchi, 2015: «Misura, ossia senso del limite opportuno ma anche dell’illimitato che sta al di là».

Franco Fortini (1917-1994) – «Reversibilità». Anassagora giunse ad Atene che aveva da poco passato i trent’anni. Era amico d’Euripide e Pericle. Parlava di meteore e arcobaleni. Ne resta memoria nei libri. uomini che furono e che in noi sono fin d’ora?

Franco Fortini (1917-1994) – Chi si richiama al comunismo dovrà evitare di credere che l’uomo possa uscire dai propri limiti biologici e temporali. Un errore presente anche in Marx e in Lenin, e che oggi trionfa nella maschera tecnocratica del capitale. Comunismo è anche rifiutare ogni sorta di mutanti per preservare la capacità di riconoscersi nei passati e nei venturi.

Michel Foucault (1926-1984) – Parlare significa fare qualcosa, significa fare un gesto complicato e costoso. Un cambiamento presuppone non un po’ di invenzione e di creatività, ma una mentalità diversa, trasformazioni in una pratica.

Francesco d’Assisi (1182 c. – 1226) – Maledetto denaro che sei diventato la misura del mondo.

Tiziano Fratus – C’è una grammatica che attende soltanto di essere parlata, una lingua che abbiamo dimenticato allontanandoci dal cuore selvatico della nostra immaginazione.

Paulo Freire (1921-1997) – Non unirò la mia voce a quella di chi chiede agli oppressi di rassegnarsi. Parlo della resistenza, dell’indignazione, di chi viene tradito e di chi viene ingannato. Parlo del loro diritto e del loro dovere di ribellarsi.

Sigmund Freud (1856-1939) – Il valore della caducità è un valore di rarità nel tempo. La limitazione della possibilità di godimento aumenta il suo pregio. Se un fiore fiorisce una sola notte, non per ciò la sua fioritura ci appare meno splendida.

Sigmund Freud (1856-1939) – Per la musica sono quasi incapace di godimento. Una disposizione razionalistica o forse analitica si oppone in me a ch’io mi lasci commuovere senza sapere perché e da cosa.

Erich Fried (1921-1988) – Chi vuole che il mondo rimanga così com’è non vuole che il mondo rimanga del tutto.

Erich Fried – Come dovresti essere baciata, oggi e sempre, per sempre

Erich Fromm (1900-1980) – La nostra è una società composta da individui in preda a stati depressivi e a impulsi distruttivi, incapaci di indipendenza.

Erich Fromm (1900-1980) – L’uomo moderno non ha raggiunto la libertà in senso positivo di realizzazione del proprio essere. Questo isolamento è intollerabile.

Erich Fromm (1900-1980) – Il «radicalismo umanistico» nel libro di Ivan Illich «Rovesciare le istituzioni» è basato su un profondo interesse per la crescita dell’uomo intesa in ogni senso, fisico, spirituale ed intellettuale.

Francesco Fronterotta – Eraclito oppone resistenza a qualunque riduzione interpretativa che tenti di definirne i tratti dottrinari.

Roberto Fumagalli – Carlo Michelstaedter. Filosofo, poeta e mistico

Diego Fusaro – Il realismo, fase suprema del postmodernismo? Note su «New Realism», postmodernità e idealismo.

Diego Fusaro – La gabbia d’acciaio: Max Weber e il capitalismo come destino.