«[…] Non possiamo render conto filosoficamente dell’essenza dell’uomo
finché non comprendiamo la vera essenza dell’amore.
Poiché solo nell’amore l’uomo di desta
alla sua piena esistenza personale,
solo nell’amore egli attualizza
la totale pienezza della sua essenza».
«[…] Nell’amore apriamo le braccia della nbostra anima
per abbracciare l’anima dell’amato».
Dietrich von Hildebrand
«L’amore nel senso più proprio e immediato […] è quello verso un’altra persona […]. Ogni “dipendere” […] non può essere indicato come “amare”. […] Ciò che costituisce la proprietà dell’amore, ciò che è la sua specifica essenza, include proprio la differenza da tutte le altre forme di “dipendere da qualcosa”. […] Lo specifico dell’amore è infatti il suo carattere di dono […].
In ogni amore è essenziale che l’amato ci stia di fronte come prezioso, bello, amabile. Finché qualcuno è per me solo utile, finché posso solo averne bisogno, manca la base dell’amore. La dedizione che è essenziale per ogni amore […] presuppone necessariamenter che la persona amata ci stia di fronte come dotata di valore, come bella, preziosa, come oggettivamente amabile. L’amore è una risposta al valore.
Già Aristotele ha visto che la vera amicizia è possibile solo nel bene, perché solo allora il nostro interesse si riferisce all’altra persona come tale, e anche questo fa emergere chiaramente il carattere di risposta al valore dell’amore. L’interesse insito nell’amore si dirige essenzialmente all’altra persona come tale, la sua esistenza e tutto il suo essere sono pienamente a tema. Finché l’altra persona mi è solo utile o mi offre una fonte di intrattenimento o di divertimento, non è pienamente a tema come tale, io non la amo.
Finché per me qualcuno è solo utile, non necessariamente mi affascina. Mi può addirittura disgustare, ma resto legato a lui, perché ne ho bisogno per determinati fini. La semplice utilità non è mai un fondamento di diletto. Inoltre l’altra persona in questo caso non è in alcun modo a tema come tale. Anzi, mi interessa solo come mezzo per qualcos’ altro.
Questo tipo di interesse è lontanissimo dall’amore. […]
L’amore in tutte le sue forme include sempre una consapevolezza della preziosità della persona amata e un dato valoriale che è tanto connesso con la persona, che la persona mi sta di fronte come in sé dotata di valore, bella, e tutta la sua forza di attrazione e capacità di dilettare scaturiscono da queste sue preziosità e bellezza.
Non è sufficiente porre l’accento sul fatto che l’amore è una risposta al valore e che si differenzia perciò essenzialmente da tutte le risposte a ciò che è solo importante per me. Si deve anche mettere in rilievo che in esso si tratta di un dato valoriale come fondamento, che è tanto connesso alla persona, che la persona come tale, ossia questa persona individuale, unica, mi sta di fronte come soggetto ed è pienamente a tema come dotata di valore, preziosa, amabile. Il dato valoriale è nell’amore di tipo tale da elevare e nobilitare la persona come tale e da escludere del tutto ogni possibilità di vedere l’amato come mezzo per la mia gioia e la mia estasi.
Certo, […] per colui che ama non solo la persona amata è portatrice di valori, non solo un caso felice della realizzazione di valori autentici, ma l’essere umano è pienamente a tema: la sua bellezza, la sua preziosità – egli incarna questi valori in un modo specifico.
Dobbiamo cosÌ dire che ogni amore è una risposta al valore; ma per suscitare l’amore – a differenza dell’entusiasmo, dell’ammirazione o della gioia – in primo luogo, ci devono essere valori di un certo tipo e cioè tali da conferire all’uomo uno splendore come totalità, e, in secondo luogo, il modo in cui i valori giungono a questa persona deve essere di tipo speciale» (pp. 85-97)
«Una percezione di valori è condizione del darsi dell’amore. Ma l’amore ci rende capaci di una nuova e più profonda percezione dei valori. Quest’ultima fonda a sua volta un amore nuovo e più profondo e questo, di nuovo, una nuova e più profonda percezione di valori» (p. 109).
«La differenza decisiva tra un appetito e una risposta al valore consiste in primo luogo nel fatto che nella risposta al valore l’importanza dell’oggetto non sta nel soddisfare soggettivamente o oggettivamente un bisogno della persona, ma l’oggetto è importante in sé. Nella risposta al valore è a tema il valore del bene, invece nell’appetito è la soddisfazione del bisogno […]» (pp. 121-123).
«La felicità dell’amore non ha affatto il carattere del mero appagamento del desiderio, ma è la gioia per il fatto che esiste uno come l’amato e felicità immanente all’amare» (p. 133).
«Il tipo del dongiovanni non coglie la bellezza della grazia, il fascino femminile, come valori. Egli li vede solo come qualcosa di attraente, che gli piace, come una cosa che lo soddisfa soggettivamente. La sua risposta è perciò un voler-possedere, un voler godere, senza alcuna donazione da parte sua. Nessuno sguardo all’altro come a qualcosa in sé prezioso, nessun comprendere che la bellezza, la grazia e il fascino femminile sono valori.
Inoltre, questo tipo isola queste qualità. Esse non sono per lui espressione della personalità complessiva; egli vede la donna non come preziosa, buona, ma solo come affascinante per la sua bellezza fisica e la sua grazia, la persona nel suo complesso non svolge alcun ruolo per lui.
La sua risposta ha perciò il carattere di un semplice desiderio, egli vuole godere di queste proprietà attraenti, vuole appropriarsi di qualcosa.
Da colui che ama, invece, queste qualità sono colte come valori. Elevano l’altra persona, la rendono preziosa in se stessa; la donna gli sta di fronte come degna di amore, egli guarda a questa preziosità. Ma queste qualità non restano mai isolate, esse sono per lui […] l’espressione di una preziosità generale, una nobiltà di tutto l’individuo. Egli vedrà in questa bellezza, in questa grazia, nel fascino femminile un’irradiazione della sua intima nobiltà, di una Noblesse sublime. La sua risposta è quella dell’autentica donazione, dell’impegnarsi per l’amato, di una profonda solidarietà con lui e del desiderio di un’unione duratura, cioè di un’unione dello sguardo reciproco dell’amore.
[…] È qualcosa di analogo alla differenza tra l’esteta, che gode di certe opere d’arte come di un buon vino, e il “godere” che risponde al valore, rispettoso, dell’uomo sensibile all’arte. L’esteta coglie in verità la bellezza, ma senza comprenderla come valore, ne gode come qualcosa di solo soggettivamente soddisfacente. Egli non sente nessun rispetto, egli stesso resta il centro – il suo godimento è la cosa più importante, l’opera d’arte è solo un mezzo per questo godimento.
L’uomo veramente sensibile all’arte, invece, coglie pienamente il carattere valoriale della bellezza artistica, la sua intrinseca dignità, la chiamata ad avvicinarsi ad essa pieni di rispetto e ad accogliere grati la gioia che sgorga sovrabbondante da questo valore» (pp. 171-173).
«L’amante desidera un’unità spirituale con l’amato. Egli non solo desidera la sua presenza, non solo di sapere della sua vita, delle sue gioie e dei suoi dolori, ma soprattutto un’unità di cuori, che solo l’amore reciproco può procurare» (p. 175).
Dietrich von Hildebrand, Essenza dell’amore, Mompiani, 2003.
Risvolto di copertina
Appare qui, per la prima volta in traduzione, il capolavoro del filosofo tedesco Dietrich von Hildebrand (Firenze 1889 - New York 1977) sull’essenza dell’amore. Il tema è trattato a partire dall’esperienza, nell’intento di gettare luce sui caratteri dell’amore come dono di sé, come massima fonte di felicità, come atteggiamento spontaneo e nello stesso tempo libero, come atto affettivo, ma spirituale, come vertice della moralità. L’autore è considerato uno dei padri della fenomenologia realista, corrente della filosofia contemporanea che si riconosce nelle prime opere di Husserl, e alla quale possono essere ricondotti autori come Max Scheler, Edith Stein, Adolf Reinach, Alexander Pfänder. Il testo tedesco a fronte riproduce l’edizione Das Wesen der Liebe, in Gesammelte Werke, vol. III, Habbel Verlag, Regensburg,1971.
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