«Le persone si riconoscono nelle loro merci; trovano la loro anima nella loro automobile, nel giradischi ad alta fedeltà, nella casa a due piani, nell’attrezzatura della cucina. Lo stesso meccanismo che lega l’individuo alla sua società è mutato, e il controllo sociale è radicato nei nuovi bisogni che esso ha prodotto» (cap. 1, p. 23).
«Il risultato è l’atrofia degli organi mentali necessari per afferrare contraddizioni ed alternative, e nella sola dimensione che rimane, quella della razionalità tecnologica, la “coscienza felice” giunge a prevalere. Essa riflette la credenza che il reale è razionale, e che il sistema stabilito, nonostante tutto, mantiene le promesse. Gli individui sono portati a scorgere nell’apparato produttivo l’agente effettivo del pensiero e dell’azione, a cui pensiero e dazione del singolo possono e debbono cedere il passo. Nel cambio, l’apparato assume pure il ruolo di un’agente morale. La coscienza è assolta dalla reificazione, dalla generale necessità delle cose» (cap. 3, p. 82).
«Uno degli aspetti più inquietanti della civiltà industriale avanzata:
il carattere razionale della sua irrazionalità».
Herbert Marcuse, L’uomo a una dimensione.
L’ideologia della società industriale avanzata, Torino, Einaudi, 1967. (1964)
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