Margaret Atwood – Considerando gli animali in sparizione, il proliferare di fogne e di paure, l’addensarsi del mare, l’aria prossima a estinguersi, dovremmo essere gentili, dovremmo sentire l’allarme, Invece siamo contro.

Atwood Margaret 001

Sono versi che lautrice ha scritto  cinquant’anni fa:

 

“Considerando gli animali in sparizione,
il proliferare di fogne e di paure,
l’addensarsi del mare,
l’aria prossima a estinguersi
dovremmo essere gentili,
dovremmo
sentire l’allarme,
dovremmo perdonarci
Invece siamo contro, ci
tocchiamo come chi aggredisce,
i doni che portiamo
persino in buona fede forse
nelle nostre mani si deformano in
dispositivi, in stratagemmi».

 

Margaret Atwood, Esercizi di potere, nottetempo, 2020.


Quarta di copetina

Quella che leggiamo in Esercizi di potere si mostra come un’indagine dell’intelligenza, ma è poesia fatta di una meticolosa crudeltà dello sguardo, di un sentire svincolato dal tempo che mette in rassegna infiniti istanti di interiorità e li affonda nella storia, tutta la storia umana condensata nell’incontro – nello scontro – tra uomo e donna. Ne emana un paesaggio intimo e lunare, una voce cosí forte, cosí onesta, da restare incantata dall’alterità, fino a difenderla, resistendo alla tentazione di una sintesi. È forse a questo potere che allude il titolo.


Margaret Atwood, poetessa e scrittrice canadese particolarmente attenta ai temi dell’ambientalismo e del femminismo, ha vinto numerosi premi e riconoscimenti, tra cui il Booker Prize (per due volte) e il Governor General’s Award. Dal suo romanzo Il racconto dell’ancella (Mondadori, 1988 e Ponte alle Grazie, 2017) sono stati tratti un film nel 1990 e una serie televisiva nel 2017. Tra le sue ultime opere pubblicate in Italia, I testamenti (Ponte alle Grazie, 2019), L’uovo di Barbablú (Racconti edizioni, 2020) e Tornare a galla (Ponte alle Grazie, 2020).


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Amedeo Anelli – «Quartetti». Tempi sospesi e riflessioni filosofiche giocate con un linguaggio all’apparenza semplice, con i ritmi della filastrocca. Amedeo Anelli scrive di sogni sognati e il pennello di Guido Conti cerca un segno che diventi senso.

Amedeo Anelli 01

Gatti che s’aggirano con la loro enigmatica presenza nella nostra vita, una natura che scatena le sue forze tra tempi sospesi e riflessioni filosofiche giocate con un linguaggio all’apparenza semplice, con i ritmi della filastrocca. Amedeo Anelli scrive di sogni sognati, guarda la vita passare come davanti ad una stazione con i treni che corrono. Che senso ha la vita? Intanto i gatti giocano, si aggrappano alle maniglie e ci guardano vivere come fanno anche i tigli lungo la strada. Una poesia che riflette sul linguaggio e sul senso del vivere, del mistero delle cose che esistono e ci circondano accompagnando la nostra vita, Parole alla ricerca di un senso, con uno sorriso che forse masconde uno sberleffo.
Guido Conti accetta la sfida e illustra i versi dei quartetti di Anelli in un dialogo complice e divertito, con gli acquerelli che sciolgono e raggrumano le forme, in una dinamica continua. Anche il pennello cerca un segno che diventi senso. E così i quartetti diventano un libro d’arte dove parola e disegni s’inseguono in un gioco in divenire tra segno e forma.

***


AMEDEO ANELLI si occupa di poesia, filosofia, critica, teoria della Letteratura e d’Arte con numerose pubblicazioni. Neve pensata (Mursia, 2017; ed. in francese Libreria Ticinum, 2020, traduzione di Irène Duboeuf), Polifonii (Ikon, 2019) in romeno e in italiano, traduzione Eliza Macadan, L’Alfabet du monde, Editions du Cygne, 2020, traduzione di Irène Duboeuf, sono le sue ultime raccolte poetiche. Nel 2016 è stato inserito in Poesia d’ oggi. Un’antologia italiana a cura di Paolo Febbraro (Elliot) e Antologia di poeti contemporanei. Tradizioni e innovazioni in Italia (Mursia) a cura di Daniela Marcheschi. Traduttore dal russo di diversi volumi di poeti novecenteschi ha pubblicato la raccolta di Nikolaj Gumilëv, Nel giorno in cui il mondo fu creato (Avagliano 2020). Ha fondato e dirige la rivista internazionale di poesia e filosofia «Kamen’». È membro di diverse istituzioni nazionali ed internazionali.


GUIDO CONTI è parmigiano, ha pubblicato antologie di racconti come Il coccodrillo sull’altare (Guanda, 1998, Premio Chiara); tra i suoi romanzi, I cieli di vetro (Guanda, 1999, Premio Selezione Campiello), Il tramonto sulla pianura (Guanda, 2005), e Le mille bocche della nostra sete (Mondadori, 2010) tradotto in Olanda e in Spagna. Ha curato la raccolta degli scritti di Cesare Zavattini, Dite la vostra (Guanda, 2002), ha scritto Giovannino Guareschi, biografia di uno scrittore, (Rizzoli, 2008, Premio Hemingway per la critica) e come saggista ha pubblicato Cesare Zavattini a Milano, Letteratura, rotocalchi, radio, fotografia, editoria, fumetti, cinema, pittura (Libreria Ticinum Editore, 2019). Per i ragazzi ha scritto e illustrato la saga della cicogna Nilou: Il volo felice della cicogna Nilou, (Rizzoli, 2015), Nilou e i giorni meravigliosi dell’Africa (Rizzoli, 2015) e Nilou e le avventure del coraggioso Hadì, (Libreria Ticinum Editore) tradotti in Corea del Sud, Grecia, Spagna, Austria e Cina; e la favola ecologica tratta da una storia vera Un giorno tornerò da te, (Libreria Ticinum Editore 2020). Per Parma Capitale della Cultura 2020-2021 ha pubblicato La città d’oro, Parma e la letteratura, 1200-2020, (Libreria Ticinum Editore, 2020 e Giunti ha nel 2018 il romanzo Quando il cielo era il mare e le nuvole balene.


Un tuffo …

… tra alcuni dei  libri di Amedeo Anelli …


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Anne Michaels – Non c’è vera assenza se resta almeno il ricordo dell’assenza. Una voce ci riscuote. Andiamo più vicini, tentiamo di distinguere bene le parole. È questo che fa cominciare o finire l’amore: cominciamo a capire le parole.

Anne Michaels 01

«Non c’è vera assenza se resta almeno il ricordo dell’assenza. […]

Se uno nin ha più la terra ma ha il ricordo della terra
allora uno può sempre disegnare una mappa».

Anne Michaels, In fuga, Giunti, 1998


Una voce ci riscuote
che non riconosciamo.
Andiamo più vicini, tentiamo
di distinguere bene le parole.
È questo che fa cominciare
o finire l’amore: cominciamo
a capire le parole.
Per salvarci doniamo e perdoniamo.

Anne Michaels, Anna, da The Weight of Oranges (1986)


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Chandra Livia Candiani – Non volevo l’appello dell’amore, volevo la conoscenza, non volevo l’intesa, volevo la verità nuda … come un fazzoletto di una volta. La volta in cui si incontravano le domande e la loro sete.

Chandra Livia Candiani 02

Ascoltando quello che tu non dici:

«Inghiotti tutto in un boccone.
Il tuo assolo.
Non è grammatica
il silenzio imperativo
tuo.
Ognuno ha la sua».
(Vita?)
«Non fiatare cospira,
con il cortese senso comune.
Se guaisci
rompi i vetri
della distanza giustiziera
il freddo
che ci vuole
per appendere il tuo respiro
all’ albero.
E correre forte,
Via».

Non volevo l’appello dell’amore
volevo la conoscenza
non volevo l’intesa
volevo la verità
nuda, la via d’uscita
tremante. Volevo essere la tua camicia.
La neve che veglia il pane.
Questo sentimento buio
è tutto quello che ho,
ripiegato in tasca
del mio grande cappotto
come un fazzoletto
di una volta.

La volta
in cui si incontravano
le domande
e la loro sete.

Alberi acque
respiri montagne
esistono davvero,
quando la narrazione tace.
La punteggiatura
vuole che dorma
senza sillabe di sonno,
gli animali della notte
aspettano
che spenga la discrezione
per sussurrare la fame.
Non spengono me.
La sveglia del tuo silenzio
dice che devo andare.
Prima di allora
il silenzio si chiamava musica.
Un addio
sta sconfinato
sotto terra.

Chandra Livia Candiani, Ascoltando quello che tu non dici, in Id., La domanda della sete (2016-2020), Einaudi, Torino 2020, pp. 51-52.


Chandra Livia Candiani – Mappa per l’ascolto. Per ascoltare bisogna aver fame e anche sete. Dunque, abbraccia le parole come fanno le rondini col cielo, tuffandosi, aperte all’infinito

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Franco Arminio – Un uomo che arriva in ospedale è un mondo. Curare un uomo significa prendersi cura del tutto che è in tutti. Un ospedale è un osservatorio astronomico.

Franco Arminio 01

Un uomo che arriva in ospedale non è un uomo, è un mondo. Curare un essere umano significa curare una persona immersa nel mondo e il mondo che è immerso in lui. Curare un uomo significa prendersi cura del tutto che è in tutti. Un buon medico dovrebbe essere anche un poco filosofo e poeta e teologo.

Un essere umano non è mai una cosa piccola, la sua malattia è la malattia dell’aria, è un piccolo guasto nel moto degli astri.

Un ospedale è un osservatorio astronomico. È anche un reparto di geologia: la malattia viene dalle radici, dal fitto mormorio che alimenta la vita degli organi. Negli ospedali si deve tener conto del respiro prima di tutto. Un corpo respira il mondo ed è respirato dal mondo. In questo scambio perenne e implacabile ci può essere un guasto. La medicina cosmica diluisce la paura: non perdiamo la salute, la cediamo agli altri. E quando moriamo diamo il cambio, non ci assentiamo, partecipiamo al gioco in una forma che non sappiamo, ma il gioco non finisce per nessuno.

Franco Arminio, La cura dello sguardo. Nuova farmacia poetica, Bompiani, Milano 2020, p. 15.


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Gabriela Mistral (1889-1957) – Canto ciò che tu amavi, vita mia. Ti aspetto senza limiti né tempo. Tu non temere notte, nebbia o pioggia. Vieni per strade conosciute o ignote. Chiamami dove sei, anima mia.

Gabriela Mistral 01

“Gabriela Mistral era un’extraterrestre e per questo non aveva né i nostri stessi bisogni né i nostri stessi desideri. […] Era solo un’aliena che si era smarrita in Cile, in America latina, e che non poteva comunicare con la nave madre perché venisse a recuperarla.”
Roberto Bolaño


Canto que amabas

Yo canto lo que tú amabas, vida mía,
por si te acercas y escuchas, vida mía,
por si te acuerdas del mundo que viviste,
al atardecer yo canto, sombra mía.
Yo no quiero enmudecer, vida mía.
¿Cómo sin mi grito fi el me hallarías?
¿Cuál señal, cuál me declara, vida mía?
Soy la misma que fue tuya, vida mía.
Ni lenta ni trascordada ni perdida.
Acude al anochecer, vida mía;
ven recordando un canto, vida mía,
si la canción reconoces de aprendida
y si mi nombre recuerdas todavía.
Te espero sin plazo y sin tiempo.
No temas noche. neblina ni aguacero.
Acude con sendero o sin sendero.
Llámame adonde tú eres, alma mía,
y marcha recto hacia mí, compañero.

 

Canto che amavi

Io canto ciò che tu amavi, vita mia,
nel caso ti avvicini e ascolti, vita mia,
nel caso ti ricordi del mondo che hai vissuto,
nel rosso del tramonto io canto te, ombra mia.
lo non voglio restare più muta, vita mia.
Come senza il mio grido fedele puoi trovarmi?
Quale segnale, quale mi svela, vita mia?
Sono la stessa che fu già tua, vita mia.
Né infiacchita né smemorata né spersa.
Raggiungimi sul fare del buio, vita mia;
vieni qui a ricordare un canto, vita mia;
se tu questa canzone riconosci a memoria
e se il mio nome infine ancora ti ricordi.
Ti aspetto senza limiti né tempo.
Tu non temere notte, nebbia o pioggia.
Vieni per strade conosciute o ignote.
Chiamami dove sei, anima mia,
e avanza dritto fino a me, compagno.

 

Gabriela Mistral, Canto che amavi, in Id., Sillabe di fuoco, a cura di Matteo Lefèvre, con un testo di Octavio Paz, Bompiani, Milano 2020.

 


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Patrizia Cavalli – Vita meravigliosa, sempre mi meravigli … Non che mi aspetti il disegno compiuto … e quasi non avevo cominciato … Ma prima di morire forse potrò capire la mia incerta condizione.

Patrizia Cavalli 01

«Vita meravigliosa
sempre mi meravigli

[…]

E me ne devo andare via così?
Non che mi aspetti il disegno compiuto
ciò che si vede alla fine del ricamo.
Ma quel che ho visto si è tutto cancellato.
E quasi non avevo cominciato.

[…]

Ma prima di morire
forse potrò capire
la mia incerta condizione.

Forse per non morire
continuo a non capire
sicura in questa chiara confusione».

Patrizia Cavalli, Vita Meravigliosa, Einaudi, Torino 20220.

 

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Konstantinos P. Kavafis (1863-1933) – «Aspettando i barbari». Che aspettiamo qui riuniti al Foro? Oggi devono arrivare i barbari. Perché si svuotano le vie e le piazze e tutti fanno ritorno a casa preoccupati? Perché è già notte e i barbari non vengono. È arrivato qualcuno dai confini a dire che di barbari non ce ne sono più. Come faremo adesso senza i barbari? Dopotutto, quella gente era una soluzione.

Kavafis Konstantinos Petrou 004 - Aspettando i barbari

Aspettando i barbari

Che aspettiamo qui riuniti al Foro?

Oggi devono arrivare i barbari.

Perché tanta inerzia al Senato?
E i senatori perché non legiferano?

Oggi arrivano i barbari.
Che leggi possono fare i senatori?
Venendo i barbari le faranno loro.

Perché l’imperatore si è alzato di buon’ora
e sta alla porta grande della città, solenne
in trono, con la corona sulla fronte?

Oggi arrivano i barbari e il sovrano
è in attesa della visita del loro
capo; anzi, ha già pronta la pergamena
da offrire in dono
dove gli conferisce nomi e titoli.

Perché i nostri due Consoli e i Pretori
stamane sono usciti in toga rossa ricamata?
perché portano bracciali con tante ametiste
e anelli con smeraldi che mandano barbagli?
perché hanno in mano le rare bacchette
tutte d’oro e d’argento rifinito?

Oggi arrivano i barbari,
e queste cose ai barbari fan colpo.
Perché non vengono anche i degni
oratori a perorare come sempre?

Oggi arrivano i barbari
e i barbari disdegnano eloquenza e arringhe.

Tutto a un tratto perché questa inquietudine
e questa agitazione? (oh, come i visi si son fatti gravi).
Perché si svuotano le vie e le piazze
e tutti fanno ritorno a casa preoccupati?

Perché è già notte e i barbari non vengono.
È arrivato qualcuno dai confini
a dire che di barbari non ce ne sono più.

Come faremo adesso senza i barbari?
Dopotutto, quella gente era una soluzione.

C.  Kavafis

 

Konstantinos P. Kavafis, Settantacinque poesie,  trad. di N. Risi e M. Dalmàti, Einaudi, Torino, 1992, pp. 37-39.


Konstantinos Petrou Kavafis (1863-1933) – Non facciamo della vita una stucchevole estranea
Konstantinos Petrou Kavafis (1863-1933) – Onore a quanti nella propria vita mai allontanandosi dal dovere, giusti e retti in tutte le azioni, pronti all’aiuto per quanto possono, sempre con parole di verità, ma senza odio per chi mente.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Pindaro (518-438 a.C.) – Agire secondo dolcezza e tuttavia indirizzare le proprie azioni con saldo procedere, precipitando «hybris», la tracotanza, nell’abisso, e rendere dolce la vita con la fulgida luce della saggezza.

Pindaro - dolcezza

«Tranquillià benigna, figlia di Giustizia per cui le città fioriscono, tu che hai le chiavi supreme dei consigli e delle guerre […]. Tu che sai agire secondo dolcezza e tuttavia indirizzare con saldo procedere […]. Tu che, quando qualcuno alberghi nel cuore un risentimento amaro, contrastando alla forza degli avversari, precipiti nell’abisso l’hybris».

Pindaro, Pitiche, VIII, vv. 1-12.


Probabilmente una delle ultime odi composte da Pindaro, la Pitica VIII è dedicata al giovane lottatore Aristomene, vincitore nel 446 a.C. Apre l’inno un’invocazione alla Tranquillità personificata che regna in tempo di pace e che, in quanto figlia della Giustizia, sa opporsi alla tracotanza e, sapendo agire con dolcezza, rendere dolce la vita con la fulgida luce della saggezza.


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Euripide (480-406 a.C.) – Una non vile educazione comporta il pudore e l’uomo addestrato al bene si vergogna di comportarsi da vile. La virilità si può insegnare, se a un bimbo si può insegnare a dire e ad ascoltare ciò che non sa. E quel che s’impara suole serbarsi fino alla vecchiezza. Educate perciò bene i vostri figli.

Euripide - Supplici

«Una non vile educazione comporta il pudore e l’uomo addestrato al bene si vergogna di comportarsi da vile. La virilità si può insegnare, se a un bimbo si può insegnare a dire e ad ascoltare ciò che non sa. E quel che s’impara suole serbarsi fino alla vecchiezza. Educate perciò bene i vostri figli».

Euripide, Supplici, vv. 915-917.


Euripide (480 a.C.-406 a.C.) – Gli dei non odiano chi è nobile d’animo, soltanto lo fanno soffrire di più di chi non vale niente.
Euripide (480 a.C.-406 a.C.) – Che i miei figli possano vivere liberi, ricchi della loro libertà di parola. I malvagi presto o tardi sono fatalmente smascherati come fanciulle che amano vedersi allo specchio.
Euripide (480 a.C.-406 a.C.) – Felice l’uomo che possiede la conoscenza che deriva dalla historía, e non si propone di danneggiare i concittadini né di compiere azioni ingiuste, ma contempla l’ordine che non invecchia della natura immortale, come e perché si sia costituito. A uomini del genere non si accosta mai il pensiero di azioni vergognose.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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