Salvatore Bravo – La filosofia è per sua natura anticrematistica e comunitaria. è resistenza all’inverno dello spirito che avanza. L’uscita dallo “stato capitale” necessita della radicalità della filosofia, senza di essa non vi è prassi, non vi è verità, non vi è domanda, ma solo l’antiumanesimo.

G.W.F. Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto
Alberto Giacometti, L’Objet invisible (Main tenant le vide) (1934-35)
Salvatore Bravo

L’epoca dell’inessenziale

 

L’accidente è la legge della storia al tempo del capitalismo assoluto. La profondità è sostituita dalla superficie, il pensiero dal calcolo, la comunità dall’individualismo. L’accidente (greco: symbebekòs, lat.: accidens = “che accade” nel tempo) è il volto concreto del pensiero debole e del nichilismo. Tutto avviene nella forma dell’evento che improvviso entra nella storia, devia il cammino dei popoli per condurli verso il niente. Il pensiero tramonta dove regna il caso. Lo scorrere insensato del tempo: nessuna comprensione, nessuna razionalità è data, semplicemente tutto accade e pertanto non resta che adeguarsi alle tempeste della storia. Non vi è verità, ma solo contingenza. Il Geist, lo spirito del mondo, il sapere, si eclissa, non è lecito conoscere le ragioni degli accadimenti. L’invito prescrittivo ad adeguarsi al mondo, alle sue opinioni non può che generare un nuovo tipo umano, le cui passioni sono strutturalmente debilitate dallo sforzo di un mondo che muta in modo incomprensibile, che bisogna inseguire nel susseguirsi della ridda degli avvenimenti. La velocità delle metamorfosi sempre più incalzante, esige l’olocausto (dal greco holòkaustos, “bruciato interamente”) di sé. Si arriva all’obiettivo programmato dai tecnocrati alienati, il rapporto duale con il proprio “io” è abitato da uno straniero: ci si perde senza ritrovarsi. Ogni sapere che introduce o invita alla verità, alla totalità, a cogliere la sostanzia degli eventi è osteggiato: il nuovo analfabetismo tecnocratico esige la specializzazione senza verità. Lo scandaglio del pensiero deve tacere per ridurre la conoscenza al solo fenomeno che appare senza donare verità.
La Filosofia ritrova proprio nella tragedia del nichilismo, nell’agire in modo automatico, la sua sorgiva verità: filosofare è lo sguardo della ragione che strappa l’essere umano dai flutti delle contingenze per restituirgli la dignità nel pensiero-concetto. L’attività veritativa è prassi che rileva la forma e mobilita le energie razionali dal profondo del corpo vissuto (Lebenswelt) per creare la geometria razionale del presente e orientarsi lungo la linea del tempo che muove dal passato per ridisporsi verso il futuro.
Oggi invece imperversa il solo calcolo tecnocratico, il quale è prodigioso nelle sue possibilità tecniche, ma è scisso dalla verità e diviene semplice “prodigio astratto”, perché non risponde ai bisogni dell’essere umano, alla sua natura, ma solo al calcolo della finanza apolide.
Hegel ci rammenta la verità come processo dialettico, l’autocoscienza con «l’immane potenza del negativo», senza la quale l’umanità è solo plebe ruminante, poiché abdica alla propria umanità per diventare simile agli animali non umani, i quali vivono del solo immediato. Razionalità filosofica per Hegel è quindi pensare, conoscere il proprio tempo per estrarne il codice segreto, la verità che tutto muove al fine di trasformare il presente storico. Gli esseri umani riconoscono la propria umanità nella responsabilità verso la storia, la quale non vive nell’iperuranio, ma nel quotidiano:

«Però egli si è mostrato grande; che il principio intorno a cui si svolge la diversità della sua Idea, è il perno sul quale gira il mondo. Ciò che è razionale è reale. E ciò che è reale è razionale. La spontanea coscienza serba al par della filosofia questa convinzione, e con essa procede alla considerazione del mondo sia spirituale sia naturale. Quando la riflessione, il sentimento, o quale che sia la forma assunta dalla subbiettiva coscienza, intuisca fattualità come cosa vana, e vada oltre la stessa per conoscerla meglio, allora essa aberra ombre, ed al cospetto della realtà addiviene vanità. Quando al contrario l’Idea si considera come quella che è solo idea e concetto in un’opinione, resta alla filosofia la persuasione che nulla è reale se non l’Idea. Ed allora avviene che si riconosca nel fenomeno dell’instabile e passeggero la sostanza, l’immanente, l’eterno che ci è d’innanzi. Il razionale, sinonimo d’idea, passando nel suo operare all’esistenza esterna, dà luogo ad un’infinita ricchezza di forme, appariscenze e figure, e riveste il suo nocciolo con quella variopinta sfera, cui la coscienza invade e la nozione compenetra per trovarne l’ intrinseca forza, ed insieme sentirla agitarsi nell’estrinseche configurazioni».[1]

 

Paideia della violenza
Il concetto è la libertà dell’essere umano, è attività con la quale si partecipa alla vita, alla storia che altrimenti scivola in modo anonimo. Senza il concetto non vi è il coraggio della prassi, poiché il relativismo ontologico ed etico logora la verità, e favorisce invece la violenza della competizione, dato che in assenza di convinzioni razionali ed argomentate non resta che la pulsione, l’istinto (Trieb) da mettere al servizio della competizione, che macchinalmente deve scattare all’attacco senza la mediazione della ragione. Si esalta una nuova paideia della violenza. Ciò è reso possibile dal pubblico discredito della metafisica e della verità fondate sul logos. Si delinea l’antiumanesimo che si caratterizza per il suo nichilismo passivo. Non vi è razionalità veritativa, né realtà, il soggetto vive ripiegato su se stesso ed esclude in modo dogmatico la verità dal suo lessico, sostituito dalla lingua del capitale con i suoi dogmi, con i suoi postulati in odore di superstizione. La speranza ha quale precondizione la verità, non vi è progetto comunitario – e quindi speranza – che nella verità. L’antiumanesimo coincide con l’irreale irrazionale. Senza il movimento dialettico non vi è autocoscienza, la quale fonda la possibilità del ribaltamento. Il relativismo è la rinuncia – scientemente organizzata – alla verità anche come semplice ipotesi. L’atomismo delle solitudini necrotizza la razionalità che si forma nella comunicazione per inibire ogni processo veritativo, lasciando l’umanità nel vuoto caotico dell’inessenziale.

Le patrie
La verità vive nelle istituzioni, si concretizza nella partecipazione alla vita sociale e politica. Non vi è verità astratta, recisa dalla storia, ma si svela nella pratica comunitaria delle istituzioni. La patria forma all’incontro dialettico, educa non dall’alto, ma, mediante la relazione istituzionale ed il servizio alla comunità, educa a trascendere l’accidente per l’universale. La politica in tal maniera guida l’economia, la ordina all’interno dell’assiologia politica, nella misura gli individui si ritrovano esseri umani comunitari. La comunità istituzionale della patria educa alla pluralità dei singoli relazionandoli democraticamente. La patria si dispone alle patrie, perché forma alla differenza nella verità. Tra il nazionalismo ed la globalizzazione cosmopolita vi è una terza possibilità da contemplare, ovvero l’internazionale delle patrie:

«Il senno politico, soprattutto il patriottismo, come certezza che sta nella verità (poiché la subbiettiva certezza non giunge alla verità e non è che un’opinione), e nel volere divenuto abitudine, è un risultato delle istituzioni che han forza in uno Stato, come quelle in cui la ragione è in realtà presente, la quale per un’azione a lei corrispondente consegue la sua effettuazione. Detto senno politico è precipuamente la fiducia (inescusabile alle vedute più o meno educate) che la coscienza del mio sostanziale e particolare interesse è serbato e racchiuso nell’interesse e nello scopo di un altro che qui è lo Stato, nella sua relazione a me quale individuo. Onde questo immediato per me non è altro; ed Io in tale coscienza sono libero».[2]

Politica ed economia
La moltiplicazione dei bisogni non produce benessere, ma la lotta di tutti contro tutti, il sistema dei bisogni senza conduzione politica è la contingenza che diviene legge: nella lotta senza razionalità, senza l’istituzione che difende la dignità dei singoli, non vi è che la facile regressione ad uno stato pulsionale che si esplica con la comunicazione resa perversa rispetto ai suoi fini, non più comunione di significati, interazione tra le parti in gioco per completarsi e conoscersi, ma solo mezzo per rendere l’altro strumento, semplice “strumento con la voce”. La frammentazione mostra la sua irrazionalità nella violenza dell’economia. La patria rende i suoi membri eguali nella dignità, come figli e fratelli. Pertanto la patria interviene per impedire lo scempio dei suoi figli mediante lo stato sociale e la tutela dei cittadini:

«La società civile racchiude tre momenti:

  1. La mediazione de’ bisogni e dell’accontentamento dell’ individuo per via del suo lavoro, e dell’accontentamento dei bisogni di tutti gli altri: questo è il sistema de’ bisogni:

  2. La realtà dell’universale della libertà ivi racchiusa; ossia la protezione della proprietà con la garanzia del dritto:

  3. La preveggenza contro 1’accidentalità che sta in quel sistema; e la cura de’ particolari interessi, quasi interesse comune, per via della polizia e della corporazione». [3]

 

Enea fuggiva con il figlio Ascanio da Troia, con il padre Anchise sulle spalle che portava in salvo i Penati; il cosmopolitismo della globalizzazione prescrive di rinunciare al padre e ad ogni legame con la patria. Senza padri e Penati, l’essere umano non è che un essere astratto, un semplice organismo produttivo per il mondo che non si riconosce in nulla e nessuno. Diventa veicolo di violenza, perché la violenza è il suo pane quotidiano.

 

L’anomia depressiva
La libertà – come la verità – è comunitaria. L’universale si coniuga con le differenze patrie. La libertà è nell’educazione all’universale concreto che conserva le differenze, anzi le differenze sono la condizione per l’universale, per il concetto. La dignità della persona è nel pensiero che vive delle identità che si riconoscono nella comune appartenenza all’umanità:

«Appartiene all’educazione, al pensiero come coscienza individuale nella forma di universalità, l’esser io compreso come persona universale in cui tutti sono identici. L’uomo vale così perché uomo, non perché giudeo, cattolico, protestante, tedesco, italiano ecc. Questa coscienza, in cui vale il pensiero, è di infinito peso; solo in ciò difettosa in quanto che si oppone alla concreta vita dello Stato, allorché si fissa come cosmopolitismo».[4]

Il popolo diventa plebe in assenza di verità e diritti sociali. Senza i diritti sociali non vi è verità, perché essi sono la concretizzazione dell’essere umano come «animale politico» (politikòn zôon). I popoli diventano plebe se sono consegnati alle intemperie del mercato, dell’economicismo. L’essere umano si adatta, ma perde la sua dignità, perché rinuncia al pensiero, a riconoscersi negli altri, a sentirsi parte della totalità. L’individualismo genera nella maggioranza sofferenza incompresa, irrazionale che si trasforma in aggressività, in attacco perpetuo per il timore di essere oggetto di aggressione è Il regno animale dello Spirito. La paura sollecita il servilismo dinanzi alla precarietà, la tensione continua neutralizza ogni processo di autocoscienza, si vive da stranieri, si consuma la propria esistenza in uno stato di anomia depressiva:

«Il rabbassarsi di una grande massa al di sotto della misura di una certa maniera di sussistere che si crede necessaria per un membro della società, e quindi alla perdita de’ sentimenti del dritto dell’onestà e della dignità di vivere salta propria attività e lavoro, genera il volgo; che, di rimando, produce l’agevole concentrazione delle ricchezze in poche mani».[5]

L’incultura delle plebi è individualismo ipostatizzato. La rinuncia alla verità è la fede nella legge del più forte.
La giustizia secondo Trasimaco (Platone, Repubblica, primo libro) è pienamente realizzata nella fase attuale del capitalismo, nella quale non vi è che la violenza del potere monetario a determinare “la giustizia”. Le plebi si nutrono del cattivo cibo del relativismo, del nichilismo economicistico che dissecca la creatività ascendente delle genti. Riportare al centro la verità è un’azione trasgressiva e radicale. La filosofia è per sua natura e storia anticrematistica e comunitaria. La sua posizione periferica, oggi, pur in presenza della colonizzazione delle menti, è resistenza all’inverno dello spirito che avanza. L’uscita dallo “stato capitale” necessita della radicalità della filosofia, senza di essa non vi è prassi, non vi è verità, non vi è domanda, ma solo l’antiumanesimo.

Salvatore Bravo

[1] G.W.F. Hegel, Filosofia del diritto, trad. it. di A. Novelli, Napoli 1863, prima edizione italiana, p. 11.

[2] Ibidem, p. 264.

[3] Ibidem, p. 201.

[4] Ibidem, p. 215.

[5] Ibidem, pp. 242-243.

G.W.F. Hegel, Filosofia del diritto, trad. it. di A. Novelli, Napoli 1863, prima edizione italiana

Diego Lanza (1937-2018) – La disciplina dell’emozione. Un’introduzione alla tragedia greca. Prefazione di Anna Beltrametti

Diego Lanza_Disciplina dell'emozione

Diego Lanza

La disciplina dell’emozione.
Un’introduzione alla tragedia greca

Prefazione di Anna Beltrametti

indicepresentazioneautoresintesi

Clitennestra si presenta al pubblico con la spada levata, ancora sporca del sangue di Agamennone; Edipo mostra agli spettatori le orbite vuote dopo essersi accecato; Agave agita trionfalmente la testa mozzata del figlio. Per tutta la durata del v secolo a.C. i tragediografi non risparmiarono al loro pubblico le emozioni più intense. Ma perché oggi, dopo 2500 anni, queste emozioni puntualmente si rinnovano, perché ne avvertiamo ancora la necessità? Che senso possono avere per noi quelle antiche storie di dèi ed eroi? Questo libro ricostruisce con vivacità le circostanze storiche e le regole istituzionali della tragedia greca, conducendoci a considerarne la funzione sociale e a penetrare nel suo ricco patrimonio simbolico: un libro, come scrive A. Beltrametti, «pensato e articolato a supporto-approfondimento delle lezioni universitarie e destinato agli studenti e agli studiosi non solo di Filologia classica». È soprattutto uno strumento per intendere la polifonia del dettato tragico, il susseguirsi dei diversi ritmi drammatici, l’uso degli attori e del coro, in una parola il complesso funzionamento della macchina teatrale di cui i tragici greci furono maestri a tutto il teatro europeo.



Diego Lanza (1937-2018), grecista e accademico dei Lincei, è stato titolare della cattedra di Letteratura greca all’Università di Pavia a partire dal 1968. Studioso di rara sensibilità, nel corso della sua prolifica carriera ha curato edizioni critiche di Anassagora e Aristotele e ha contribuito a opere collettive come Lo spazio letterario della Grecia antica (Salerno Editrice, 1992-1996) e I Greci. Storia, cultura, arte, società (Einaudi, 1996-2002). È autore di saggi di grande respiro storico-letterario come Il tiranno e il suo pubblico (Einaudi, 1977) e Lo stolto. Di Socrate, Eulenspiegel, Pinocchio e altri trasgressori del senso comune (Einaudi, 1997).  Nel 2013 esce Interrogare il passato. Lo studio dell’antico tra Ottocento e Novecento (Carocci), e nel 2017 Tempo senza tempo. La riflessione sul mito dal Settecento ad oggi (Carocci). Nel 2018 Bompiani ha pubblicato la nuova edizione delle Opere biologiche di Aristotele a cura di D. Lanza e M. Vegetti, con il titolo Aristotele, La vita. Testo greco a fronte. Nel 2019 è uscito postumo, sua unica prova narrativa, Il gatto di piazza Wagner (L’Orma).

 

Anna Beltrametti è professore ordinario di Letteratura greca e Drammaturgia antica all’Università di Pavia. Ha scritto di Erodoto (La Nuova Italia 1986) di Euripide (Einaudi 2002) del rapporto tra storiografia e teatro nel v secolo di Atene (La storia sulla scena, Roma 2011), di letteratura imperiale, Plutarco, Dione di Prusa, Luciano, di ricezione antica e moderna dei classici.



Sommario

Prefazione di Anna Beltrametti : Diego Lanza, signore delle emozioni
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In luogo di premessa:  Ricordo di tre incontri

 

L’ISTITUZIONE TEATRALE IN ATENE

I. Le regole delgioco scenico

1. Cori, cori tragici, tragedia
2. Le feste teatrali
3. Le Grandi Dionisie
4. Il teatro di Dioniso
5. I testi
6. Gli ingredienti dello spettacolo
7. Attori, coreuti, comparse
Indicazioni bibliografiche

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II. Rappresentare dèi, rappresentare eroi

1. Mito, mitologia, poesia
2. Dèi ed eroi tra epica e dramma
3. Teofanie tragiche
4. L’eroe e la drammatizzazione del mito
Indicazioni bibliografiche

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III. Maestri della città

1. I caratteri della gnome drammatica
2. Greci e barbari, liberi e schiavi
3. Atene e una nuova geografia del mito
4. La guerra e la politica
5. Sapere e saggezza
6. Maschile vs femminile
Indicazioni bibliografiche

IV. Il ritmo tragico

1. Interdetti e trasgressioni
2. Curve dell’emozione
3. Disagio e sollievo
Indicazioni bibliografiche

PERCORSI DI LETTURA

Clitennestra: il femminile e la paura
La paura di Edipo
Edipo rivisitato da Sofocle
Una ragazza, offerta in sacrificio …
La donna nella tragedia greca
Ridondanze del mito nella tragedia greca
Lo spettacolo della parola
Finis tragoediae

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Cronologia essenziale della tragedia di v secolo a.C.
Indice dei nomi e delle opere
Pianta di teatro greco
Pianta e spaccato di teatro romano

 


Diego Lanza (1937-2018) – Di mio padre ricordo l’orgoglio tenace, la fedeltà alle proprie decisioni, l’energia necessaria a una silenziosa coerenza, il disprezzo per il mormorio del senso comune. Mi ha insegnato ad essere come chi amiamo si aspetta che noi siamo, perché non pesare su chi ci ama con le nostre sofferenze è amorosa accortezza.
Anna Beltrametti – Scritti per onorare la memoria di Diego Lanza e Mario Vegetti
Massimo Stella – Scritti per onorare la memoria di Diego Lanza e Mario Vegetti



Alcuni libri

di

Diego Lanza

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1971-1996 Opere biologiche di Aristotele, Utet,1996

1971-1996 Opere biologiche di Aristotele, Utet. Con Mario Vegetti.

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1976 Belfagor

1976 Belfagor

Contiene il saggio: Alla ricerca del tragico.

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1977 Il tiranno e il suo pubblico

1977 Il tiranno e il suo pubblico.

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1977 Aristotele, La ricerca psicologica

1977 Aristotele, La ricerca psicologica

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1977 L'ideologia della città

1977 L’ideologia della città

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1977 Aristotele e la crisi della politica

1977 Aristotele e la crisi della politica.

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1979 Lingua e discorso nell'Atene delle Professioni

1979 Lingua e discorso nell’Atene delle professioni.

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1987 Aristotele-Poetica-Rizzoli-Bur-1987

1987 Aristotele, Poetica.

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1993 Aristotele, Poetica

1993 Aristotele, Poetica.

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1997 La Disciplina dell'emozione

1997 La disciplina dell’emozione.

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1997, Lo stolto

1997, Lo stolto.

Lo stolto. Di Socrate, Eulenspiegel, Pinocchio e altri trasgressori del senso comune, Einaudi, 1997

Lanza sviluppa la sua ricerca delle diverse figurazioni della “stultitia” recuperandole in Aristofane e in Platone, in Andersen e Collodi, Cervantes e Woody Allen e sottolineando come sia lo stolto che la stoltezza non costituiscono né un elemento chiaramente definibile una volta per tutte, né una figura semplicemente ripetitiva. La “stultitia” è infatti un’incognita a cui di volta in volta viene attribuito ciò che disturba il senso comune, ciò che in quel momento è considerato ridicolo, ripugnante o riprovevole. Così la figura dello stolto è mutevole, essa cambia infatti con il trasformarsi dello stesso senso comune e della razionalità che la definiscono: Socrate, Pinocchio, Till Eulenspiegel, Calandrino, Zelig, sono esempi in questo senso.

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2001 Dimenticare i Greci

2001 Dimenticare i Greci.

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2007 Atene e l’Occidente. I grandi temi.

2007 Atene e l’Occidente. I grandi temi.

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2007 La Poetica e la sua storia

2007 La Poetica e la sua storia.

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2009 Aristotele, Poetica

2009 Aristotele, Poetica.

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2012 Aristofane, Acarnesi

2012 Aristofane, Acarnesi

Aristofane, Acarnesi, Introd. traduz. e commento di Diego Lanza, Carocci, Roma 2012.

Acarnesi, la prima commedia del giovane Aristofane giunta fino a noi, vede Atene impegnata nel quinto anno di guerra contro Sparta. Dal miraggio della pace, che appare ancora remota, muove la vicenda rappresentata: la tregua che il protagonista riesce a concludere privatamente con il nemico e i benefici che ne conseguono. La commedia mostra già tutta la maestria compositiva e linguistica del grande comico. La traduzione che accompagna il testo rispecchia efficacemente la vivacità della scrittura aristofanea, con il variare dei ritmi, i continui scarti stilistici, i giochi allusivi e manipolatori della lingua. L’introduzione e un agile commento accompagnano il lettore alla scoperta della complessa partitura drammaturgica che si rivela a un’attenta considerazione del testo.

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2013 Interrogare il passaro

2013 Interrogare il passato.

Interrogare il passato. Lo studio dell’antico tra Otto e Novecento, Carocci, 2013.

I maggiori studiosi del mondo classico degli ultimi due secoli hanno sempre avuto occhi e orecchi attenti al rapporto tra la loro disciplina e la società in cui vivevano. Il libro ripercorre le esperienze di alcuni grandi maestri dell’antichistica: Friedrich August Wolf tra Goethe e Schelling, Wilamowitz e Nietzsche di fronte all’affermarsi dell’impero prussiano, Werner Jaeger e Bruno Snell nell’Europa lacerata dall’avvento del nazismo, Jean-Pierre Vernant tra marxismo e strutturalismo, fino al filologo immaginato da Thomas Mann come suo alter ego nel Doctor Faustus, nella ricorrente memoria dell’intransigenza di Lutero e della compiacente tolleranza di Erasmo da Rotterdam. Il lettore è così condotto, fuori di ogni tecnicismo ma sempre nel merito della disciplina, fino al più recente classicismo invocato come fulcro di una pretesa identità occidentale.

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2016 Storia della filologia classica

2016 Storia della filologia classica.

Con G. Ugolini, Carocci, 2016.

Il volume traccia un profilo storico della filologia classica negli ultimi due secoli e mezzo, da quando cioè si è venuta definendo come disciplina autonoma, focalizzando l’attenzione sugli snodi teorici e metodologici attraverso cui si è sviluppata, sulle figure degli studiosi più significativi, sulle discussioni e le polemiche che ne hanno segnato il procedere, sui nessi con lo sfondo istituzionale e il contesto storico in cui ha operato. Il percorso diacronico è scandito in tre parti. Nella prima si parte dal modello della filologia anglosassone di Richard Bentley per arrivare all’istituzionalizzazione della disciplina nel mondo accademico tedesco (Heyne e soprattutto Wolf) e nella realtà scolastica (Wilhelm von Humboldt). Nella seconda si analizzano i contributi teorici e le principali dispute metodologiche che hanno avuto come protagonisti, tra gli altri, Lachmann, Hermann, Boeckh, Nietzsche e Wilamowitz. La terza e ultima parte è dedicata alla ridefinizione degli studi classici in Germania (Jaeger) e in Italia (Pasquali), all’apporto della papirologia, alle nuove immagini dell’antichità venute a delinearsi nelle opere di scrittori, narratori, registi e traduttori del nostro tempo, e infine ai personaggi più significativi degli ultimi decenni: Snell, Dodds, Vernant, Gentili, Loraux.

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2017 Tempo senza tempo

2017 Tempo senza tempo

Tempo senza tempo. La riflessione sul mito dal Settecento a oggi, Carocci, 2017.

Che cos’è un mito? La sua definizione dipende dal contenuto, dalla struttura narrativa o dalla funzione sociale che assolve? Con questo tema si sono confrontate eminenti figure di studiosi di diversa origine e differenti interessi: Heyne, Nietzsche, Propp, Mann, Lévi-Strauss, Pavese, solo per citarne alcuni. Le loro riflessioni hanno mostrato che i racconti che definiamo miti hanno costituito o continuano a costituire un’espressione particolarmente significativa dell’immaginario di una società, di cui compendiano fedi religiose, credenze comuni, paradigmi di comportamento. Rievocando i termini essenziali di questo bisecolare dibattito, l’autore ne evidenzia i rapporti con il più vasto processo di trasformazione intellettuale della società europea.

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2018 Aristotele, La vita

2018 Aristotele, La vita

Con Mario Vegetti.

Alcune sue teorie furono confutate solo nel Settecento, altre ancora dopo. La biologia di Aristotele (Stagira 383/4 a.C. – Calcide 322 a.C.) è studio scientifico di tutti i viventi, espressa attraverso trattati e trattatelli costituiti da appunti, dispense, opere interne alle aule del Liceo, non di prima mano del maestro. D’altra parte in tale veste ci sono giunte quasi tutte le opere aristoteliche, ben poco abbiamo di quelle rifinite, lineari, rivolte al pubblico esterno alla scuola. Dai trattati sui viventi dobbiamo aspettarci dunque un linguaggio a tratti aspro, ripetitivo, non sempre coerente, che molto fa rimpiangere l’assenza della voce di Aristotele che glossava, aggiungeva, spiegava. Siamo inoltre di fronte a due enormi novità: prima, non esisteva una scienza dei viventi, inoltre prima di Aristotele nessuna scienza era espressa in testi che non mescolassero diverse discipline, senza escludere la teologia e il sacro. Qui invece troviamo le “Ricerche sugli animali”, che descrivono quasi seicento specie diverse di animali direttamente osservati, classificati nelle “Parti degli animali” con la distinzione fondamentale tra ovipari e vivipari, nonché per esempio l’attribuzione di balene e delfini ai mammiferi, per il loro respirare tramite polmoni e non tramite branchie. La “Riproduzione degli animali” descrive la riproduzione sessuale, intesa come l’infusione attiva della forma da parte del maschio nella materialità della femmina. A brevi opere sulla percezione, la memoria, il sonno, i sogni, la lunghezza della vita e la respirazione segue il trattatello sul Moto degli animali, movimento che viene ricondotto alla forza di un assoluto primo immobile, necessario a ogni forma di mobilità.

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Alcune sue teorie furono confutate solo nel Settecento, altre ancora dopo. La biologia di Aristotele (Stagira 383/4 a.C. - Calcide 322 a.C.) è studio scientifico di tutti i viventi, espressa attraverso trattati e trattatelli costituiti da appunti, dispense, opere interne alle aule del Liceo, non di prima mano del maestro. D'altra parte in tale veste ci sono giunte quasi tutte le opere aristoteliche, ben poco abbiamo di quelle rifinite, lineari, rivolte al pubblico esterno alla scuola. Dai trattati sui viventi dobbiamo aspettarci dunque un linguaggio a tratti aspro, ripetitivo, non sempre coerente, che molto fa rimpiangere l'assenza della voce di Aristotele che glossava, aggiungeva, spiegava. Siamo inoltre di fronte a due enormi novità: prima, non esisteva una scienza dei viventi, inoltre prima di Aristotele nessuna scienza era espressa in testi che non mescolassero diverse discipline, senza escludere la teologia e il sacro. Qui invece troviamo le "Ricerche sugli animali", che descrivono quasi seicento specie diverse di animali direttamente osservati, classificati nelle "Parti degli animali" con la distinzione fondamentale tra ovipari e vivipari, nonché per esempio l'attribuzione di balene e delfini ai mammiferi, per il loro respirare tramite polmoni e non tramite branchie. La "Riproduzione degli animali" descrive la riproduzione sessuale, intesa come l'infusione attiva della forma da parte del maschio nella materialità della femmina. A brevi opere sulla percezione, la memoria, il sonno, i sogni, la lunghezza della vita e la respirazione segue il trattatello sul Moto degli animali, movimento che viene ricondotto alla forza di un assoluto primo immobile, necessario a ogni forma di mobilità.

«aut aut» n. 184. Nuove antichità (Vernant, Lanza, Sircana, Casagrande, Vecchio, Ferrari).

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Euripide, Le tragedie. A cura di A. Beltrametti e un saggio di D. Lanza

Euripide, Le tragedie. A cura di A. Beltrametti e un saggio di D. Lanza

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Lo spazio letterario della Grecia antica

Lo spazio letterario della Grecia antica

Lo spazio letterario della Grecia antica01

Lo spazio letterario della Grecia antica

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Senofonte, Economico

Senofonte, Economico.

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Storia del mondo antico

Storia del mondo antico.


Rossella Saetta Cottone, Philippe Rousseau, Diego Lanza, lecteur des œuvres de l'Antiquité

Rossella Saetta Cottone, Philippe Rousseau,
Diego Lanza, lecteur des œuvres de l’Antiquité, OpenEdition Books

Bibliographie de Diego Lanza

 

Dante Alighieri (1265-1321) – Spetta agli uomini che sono tratti all’amore della verità trasmettere quella ricchezza che essi stessi hanno ricevuto dall’operosità degli antichi. È ben lontano dal proprio dovere chi, imbevuto di pubbliche dottrine, non si cura di apportare alcunché alla cosa pubblica.

Dante Alighieri_Monarchia

«Si può ben dire che spetti soprattutto questo a tutti gli uomini, che dalla natura superiore sono tratti all’amore della verità: di trasmettere con la loro operosità ai posteri, perché ne siano arricchiti, quella ricchezza che essi stessi hanno ricevuto dall’operosità degli antichi. Stia pur certo infatti di essere ben lontano dal proprio dovere chi, imbevuto di pubbliche dottrine, non si cura di apportare alcunché alla cosa pubblica.

[…] Ripensando dunque spesso fra me e me queste cose, perché un giorno non mi si venga a rinfacciare la colpa di avere tenuto nascosto il mio talento, desidero non solo accrescerlo, ma farlo fruttare per la pubblica utilità, additando verità che altri non hanno ricercato».

 

Dante Alighieri, De Monarchia, I, 1.



Dante Alighieri (1265-1321) – Nè si dee chiamare vero filosofo colui che è amico di sapienza per utilitade.
Dante Alighieri (1265-1321) – Io ho il mondo per patria, come i pesci hanno il mare. Movemi desiderio di dare dottrina. La filosofia è somma cosa. Coloro che vivono con intelletto e con ragione sono dotati di una certa divina libertà. Non abuso di alcuna autorità, poiché non sono ricco. Ma ciò significa che sono quel che sono, non grazie alle ricchezze. Ho come maestro il Filosofo che, determinando i principi eterni della morale, ha insegnato che a tutti gli amici bisogna anteporre la verità.

Federico Dal Bo – La lingua malata non è più uno strumento di comunicazione, ma si trasforma, diventa aggressiva, violenta e razzista, propaganda l’odio, sfruttato come mezzo per persuadere i popoli al razzismo.

Federico Dal Bo

 

Come ogni altro essere vivente, anche la lingua si può ammalare. La lingua malata perde la sua brillantezza, la leggerezza dell’ironia e dell’umorismo, non è più uno strumento di comunicazione, ma si trasforma, diventa aggressiva, violenta e razzista, propaganda l’odio. In questo volume si fa una diagnosi impietosa della malattia che in questo secolo ha colpito il linguaggio e lo ha sfruttato come un mezzo per sobillare le masse, per persuadere i popoli alla guerra e al razzismo. Filosofia, ermeneutica, psicoanalisi e mistica del linguaggio si intrecciano e si richiamano a vicenda nel corso dell’analisi di figure centrali della cultura europea come Walter Benjamin, Sigmund Freud, Martin Heidegger e George Steiner.

 

Federico  Dal Bo, La lingua malata. Linguaggio e violenza nella filosofia contemporanea, Bologna, Clueb, 2008





Marina Ivanovna Cvetaeva (1892-1941) – Non occorre nulla di straordinario intorno a noi se dentro di noi nulla è ordinario.

Marina Cvetaeva 02
«Non occorre nulla di straordinario intorno a noi
se dentro di noi nulla è ordinario».

Marina Ivanovna Cvetaeva, Deserti luoghi. Lettere (1925-1941), a cura di S. Vitale, Adelphi, Milano 1989.



Marina Ivanovna Cvetaeva (1892-1941) – Tutto ciò che amo lo amo di un unico amore
Salvatore Fiume, A Susette (Ritratto di Marina Cvetaeva), 1956.

Jean Rostand (1894-1977) – L’egoismo è una sorta di regressione affettiva e non contribuisce certo a creare l’attitudine alla felicità. ogni possesso è precario e ogni sicurezza illusoria. Dopo esserci dibattuti nell’incertezza e nell’effimero, verrà il giorno che ci costringerà ad abbandonare ogni cosa.

Jean Rostand 01

«[…] perché l’egoismo – che in fondo è una sorta di regressione affettiva – non contribuisce certo a creare, nell’individuo, l’attitudine alla felicità. Poiché d’altra parte ogni possesso è precario e ogni sicurezza illusoria; poiché, dopo esserci dibattuti nell’incertezza e nell’effimero, verrà bene il giorno che ci costringerà ad abbandonare ogni cosa; dobbiamo stimare invidiabile soltanto chi, essendo riuscito a “esentarsi dal proprio Io”, sa accettare senza ribellione gli allarmi e gli spodestamenti che l’esistenza ci infligge. Costui potrà guardare la morte in faccia, senza bisogno di stordirsi di lavoro o di svaghi, e senza neppure aggrapparsi a quel misero surrogato di immortalità che è la sopravvivenza nel ricordo degli uomini. Costui, venuto il momento, saprà fare abbandono del proprio essere, e non si dibatterà rabbiosamente, davanti alla propria fine, come il bambino che s’infuria quando lo strappano ai suoi giuochi. Morire sarà la sua ultima generosità».

 

Jean Rostand, Ce que je crois, Paris 1953; tr. it. L’uomo artificiale, Milano 1971, pp. 60-61.

Julius Stenzel (1883-1935) – La frammentarietà di ogni nostro sapere ed agire è un pensiero a noi ben familiare. Occorre una comunità integratrice, che nulla deneghi agli altri di ciò che uno porta in sé o da sé può ricavare, e che altrettanto dagli altri si aspetti, e dove si lavori in “filosofia che non conosce invidia”.

Julius Stenzel_ Platone educatore

«La frammentarietà di ogni nostro sapere ed agire è un pensiero a noi ben familiare: ciò oggi, per lo più, è da noi sentito come una cosa deplorevole […]. Dobbiamo invece tentare di raffigurarci un atteggiamento, di fronte a queste cose, con sentimenti del tutto opposti; ciò anzitutto per capire Platone, ma forse anche ad altri effetti non inutilmente. Partendo dal fatto che ognuno di noi arriva a conoscere e contemplare solo un frammento del mondo, e che la nostra attività è straordinariamente limitata, si potrebbe viceversa provare e ispirare anche a tutti gli altri il più vivo desiderio di venire a far parte d’una comunità integratrice, che nulla deneghi agli altri di ciò che uno porta in sé o da sé può ricavare, e che altrettanto dagli altri si aspetti; una comunità in cui non si faccia in generale questione della partecipazione dei diversi individui alla vita comune, […] ma dove invece si lavori in “filosofia che non conosce invidia”.

Proprio l’ascesa, due volte descritta attraverso tutti i gradi della aspirazione collettiva, dall’amore per un altro individuo a quello per tutti i membri della comunità, e alle belle imprese, e poi al sapere, e infine al mátema supremo, mostra questa crescita della conoscenza entro una comunità di sentimento e d’azione, come di una organica formazione radicata, cresciuta nella vita collettiva».

Julius Stenzel, Platon der Erzieher, Leipzig 1928; tr. it. in Platone educatore, Bari 1966, p. 233 e p. 235.

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Julius Stenzel  –  Storico della filosofia antica (Breslavia 1883 – Halle 1935); prof. a Kiel (dal 1933) e a Halle (1935); uno dei fondatori della rivista Quellen und Studien zur Geschichte der Mathematik, è autore di notevoli lavori sull’evoluzione del pensiero platonico, specie per quanto riguarda la logica, la dialettica, i rapporti della filosofia platonica con quella aristotelica. Tra le opere principali si ricordano: Studien zur Entwicklung der platonischen Dialektik von Sokrates zu Aristoteles (1917); Zahl und Gestalt bei Plato und Aristoteles (1924); Plato der Erziehr (1928; trad. it. 1936); postuma una sua raccolta di Kleine Schriften zur griechischen Philosophie (1957).



Enrico Berti – È risonata più volte la proclamazione heideggeriana della fine dell’epoca della metafisica. Di fatto è esistita, e quindi ha una storia. Anche le più famose negazioni di essa sono state ridimensionate, e la metafisica appare oggi ancora viva e vigorosa.

Enrico Berti_Storia della metafisica

Storia della metafisica

Edizione: 2019 – Collana: Frecce (275) pp. 388 – 31 Euro – ISBN: 9788843094998

«La frammentarietà di ogni nostro sapere ed agire è un pensiero a noi ben familiare […] si potrebbe ispirare il più vivo desiderio di venire a far parte d’una comunità integratrice, che nulla deneghi agli altri di ciò che uno porta in sé o da sé può ricavare, e che altrettanto dagli altri si aspetti; una comunità […] dove si lavori in “filosofia che non conosce invidia”».

Julius Stenzel, Platon der Erzieher, Leipzig 1928;
tr. it. Platone educatore, Bari 1966, p. 233 e p. 235.



Sine ira ac studio

«[…] è risonata più volte la proclamazione heideggeriana della fine dell’epoca della metafisica, anche se si è precisato che questa fine non implica la scomparsa della metafisica, ma indica solo il suo compimento, cioè la piena attuazione del suo compito, o la necessità di ripercorrerla, per così, dire, all’indietro, riattraversandone l’intera storia. D’altra parte si è rilevato che per la filosofia analitica e per la stessa scienza contemporanea la metafisica non è affatto finita, anzi si ripropone con compiti nuovi. Comunque stiano le cose, cioè sia che la metafisica sia finita sia che essa continui a vivere, su un punto c’è stato un accordo pressoché unanime, cioè sul fatto che la metafisica di fatto è esistita, e quindi ha una storia. Vediamo allora come si può ricostruire questa storia, sia pure per sommi capi, e soprattutto cercando di raccontarla sine ira ac studio, cioè senza essere né avversari né fautori della metafisica.

[…] Quanto ho scritto sopra, fino a questo punto, l’ho scritto prima di leggere i contributi che i collaboratori di questo volume mi hanno inviato e che ora ne costituiscono il contenuto. Ebbene, devo dire che, se già prima ero convinto che la metafisica, qualunque cosa si pensasse di essa, ha avuto almeno una storia, ora che ho letto l’illustrazione dei vari momenti di questa storia, non solo mi sono confermato in questa convinzione, ma ho scoperto che la storia della metafisica è stata una storia grande, tale da indurre chiunque a riflettere sul suo valore. Anche le più famose negazioni di essa, infatti, sono state ridimensionate, e la metafisica appare oggi ancora viva e vigorosa. Significa forse questo che essa continuerà a vivere, cioè che la sua storia non è ancora finita? Tutto induce a credere di sì, anche se, con spirito critico, è giusto dire «ai posteri l’ardua sentenza».

Enrico Berti, Introduzione a AA. VV., Storia della metafisica, Carocci Editore, Roma 2019, pp. 17 e 22.



Gli autori

Enrico Berti (Introduzione e Aristotele e Alessandro di Afrodisia) – Francesco Fronterotta (La metafisica di Platone) Riccardo Chiaradonna (La metafisica nell’antico platonismo) Amos Bertolacci (La metafisica arabo-islamica) – Pasquale Porro (Tommaso d’Aquino) – Guido Alliney (Scientia transcendens. Duns Scoto e la nuova metafisica) – Marco Lamanna (Francisco Suárez e la Schulmetaphysik) – Stefano Di Bella (Descartes e le metafisiche postcartesiane) – Costantino Esposito (Kant) – Luca Illetterati ed Elena Tripaldi (L’ambiguità della metafisica nel pensiero di Hegel) – Markus Krienke (La metafisica di Rosmini) – Giusi Strummiello (Heidegger) – Giovanni Ventimiglia (Il neotomismo e il dibattito sulla metafisica classica nel Novecento) – Achille C. Varzi (La metafisica nella filosofia analitica contemporanea)

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In breve

Sulla base del presupposto unanimemente riconosciuto che la metafisica, quale che sia il suo valore, ha avuto una storia, il volume individua i momenti salienti di quest’ultima in alcuni grandi filosofie correnti di pensiero: Platone, Aristotele, il platonismo antico, la metafisica arabo-islamica, Tommaso d’Aquino, Duns Scoto, Suárez, Cartesio, Kant, Hegel, Rosmini, Heidegger, il neotomismo, la filosofia analitica. Ne risulta una storia equilibrata, ricca e coinvolgente, forse unica nel suo genere, di indubbio interesse per chiunque si occupi di filosofia.

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 –  Indice  –

Introduzione di Enrico Berti

1. La metafisica di Platone di Francesco Fronterotta
Una “metafisica” in Platone? / La teoria delle idee fra ontologia e metafisica / Causalità e partecipazione / La teoria dei principi e l’Accademia antica / Riferimenti bibliografici

2. Aristotele e Alessandro di Afrodisia di Enrico Berti
L’opera / La definizione della metafisica / Il metodo della metafisica: la discussione delle aporie / L’unità della metafisica: l’ente in quanto ente come oggetto che deve essere spiegato / Differenza tra la metafisica e le altre scienze teoretiche / Dall’ente in quanto ente alla sostanza e ai suoi principi: materia e forma, potenza e atto / Critica dei principi posti dagli Accademici: l’uno e i molti e le loro “specie” / Le sostanze immobili quali prime cause motrici delle sostanze / Critica delle sostanze immobili ammesse dagli Accademici / La metafisica di Alessandro di Afrodisia/Riferimenti bibliografici

3. La metafisica nell’antico platonismo di Riccardo Chiaradonna
Il medioplatonismo / Plotino / Il neoplatonismo dopo Plotino / Platonismo e “metafisica dell’Esodo”/Riferimenti bibliografici

4. La metafisica arabo-islamica di Amos Bertolacci
L’evoluzione dello statuto epistemico della scienza metafisica / La prima fase: la prevalenza della teologia filosofica all’interno della metafisica / La seconda fase: la riscoperta dell’ontologia e l’applicazione degli assunti degli Analitici posteriori / La terza fase: la sistematizzazione della teologia filosofica e dell’ontologia da parte di Avicenna / La critica e il successo della metafisica di Avicenna: il caso di Averroè / Sviluppi successivi della metafisica arabo-islamica / Riferimenti bibliografici

5. Tommaso d’Aquino di Pasquale Porro
Il soggetto e lo statuto della metafisica / Il Commento alla Metafisica / Alcune dottrine caratteristiche della metafisica tommasiana / Riferimenti bibliografici

6. Scientia transcendens. Duns Scoto e la nuova metafisica di Guido Alliney
Rifiuto dell’analogia e fondazione della metafisica / L’oggetto proprio e adeguato dell’intelletto/I trascendentali: da communissima a transgenera / La semplicità di Dio e l’unità del singolare / Le essenze e il loro statuto/Due metafisiche/Metaphysica transcendens: una quarta scienza speculativa? / Riferimenti bibliografici

7. Francisco Suárez e la Schulmetaphysik di Marco Lamanna
Una metafisica in comune tra storici avversari nella fede / Le Disputazioni metafisiche: l’opera, la ratio, il contesto confessionale / Tra la fedeltà a Tommaso e la fedeltà alla Compagnia di Gesù: il problema della fedeltà ad Aristotele / Statuto della scienza metafisica e scienza dell’ente/Ente in quanto ente reale: una nozione comune a Dio e alle creature / Tra archeologia e aitiologia: il primato del principio sulla causa / Il possibile ancorato o indipendente da Dio/Gli enti di ragione: tra analogia ed equivocità/Conclusione: la via “realista” della Schulmetaphysik? / Note / Riferimenti bibliografici

8. Descartes e le metafisiche postcartesiane di Stefano Di Bella
La fondazione cartesiana della metafisica / Metodo, metafisica e libertà/Eredità cartesiane / Io, Dio e mondo / Dopo l’età cartesiana / Note / Riferimenti bibliografici

9. Kant di Costantino Esposito
Un amore non corrisposto / Verso la metafisica critica / La metafisica come problema e come sistema / Note / Riferimenti bibliografici

10. L’ambiguità della metafisica nel pensiero di Hegel di Luca Illetterati ed Elena Tripaldi
Metafisica, non-metafisica o anti-metafisica? / La metafisica, ovvero la filosofia vera e propria / La metafisica nel sistema della maturità / Conclusioni: metafisica hegeliana? / Note / Riferimenti bibliografici

11. La metafisica di Rosmini di Markus Krienke
L’opera / L’ idea dell’essere e la questione del fondamento / Il metodo: «ragionamento circolare, ma non vizioso» / La dialettica tra essere iniziale ed essere virtuale / Essere e Dio / La triniformità dell’essere / La creazione / Conoscenza umana e conoscere assoluto / Rosmini e Gioberti / Il rosminianesimo / Riferimenti bibliografici

12. Heidegger di Giusi Strummiello
Heidegger e la metafisica / Il problema dell’essere e la metafisica / Che cos’è metafisica? / L’errore della metafisica e l’errare dell’essere / La metafisica e l’altro inizio del pensiero / La storia della metafisica e la storia dell’essere / La storia della metafisica, la metafisica come storia, l’essenza storica della metafisica /Riferimenti bibliografici

13. Il neotomismo e il dibattito sulla metafisica classica nel Novecento di Giovanni Ventimiglia
“Neotomismo” tra Platone e Aristotele / Il neotomismo storico-filosofico/Il neotomismo teoretico / Il neotomismo freelance / Il neotomismo in Italia / Riferimenti bibliografici

14. La metafisica nella filosofia analitica contemporanea di Achille C. Varzi
Un rapporto conflittuale / Le origini / Altre influenze / Temi e problemi / Struttura del pensiero e struttura del mondo / Note/ Riferimenti bibliografici



Enrico Berti – La mia esperienza nella filosofia italiana di oggi.
Enrico Berti – Per una nuova società politica
Enrico Berti – La capacità che una filosofia dimostra di risolvere i problemi del proprio tempo è la condizione necessaria, anche se non sufficiente, perché essa sia giudicata eventualmente capace di risolvere i problemi di altri tempi, o del nostro tempo, e dunque possa essere considerata veramente “classica”.
Enrico Berti – Ciò che definisce l’uomo è anzitutto la parola. Non è del tutto appropriata la traduzione latina della definizione di uomo messa in circolazione dalla scolastica medievale, cioè animal rationale, la quale si basa sulla traduzione di logos con ratio. Certamente l’uomo è anche animale razionale, ma il concetto di logos è molto più ricco di quello di “ragione”.
Enrico Berti – Nichilismo moderno e postmoderno


Euripide (480 a.C.-406 a.C.) – Che i miei figli possano vivere liberi, ricchi della loro libertà di parola. I malvagi presto o tardi sono fatalmente smascherati come fanciulle che amano vedersi allo specchio.

Euripide 002

«Che i miei figli possano vivere liberi nella nobile città di Atene, ricchi della loro libertà di parola (parrhesía) […]. I malvagi presto o tardi sono fatalmente smascherati come fanciulle che amano vedersi allo specchio».

Euripide, Ippolito, 422-430.


Euripide (480 a.C.-406 a.C.) – Gli dei non odiano chi è nobile d’animo, soltanto lo fanno soffrire di più di chi non vale niente.


Edgar L. Doctorow (1931-2015) – Al momento «human rights» si riferisce soltanto agli standard di trattamento che ci attendiamo di ricevere dal nostro oppressore dopo che egli ci abbia privato di tutti i nostri diritti

E.L.Doctorow 01

«Human rights è divenuta un’espressione molto ricorrente nel nostro linguaggio politico. Quando è stata introdotta essa si riferiva tendenzialmente al diritto di parlare liberamente, di avere l’opinione politica che si preferiva, di essere giudicati rapidamente e secondo le garanzie di legge qualora si fosse stati accusati di un delitto […]. Ma sotto la pressione di pratiche diffuse in tutto il mondo, il termine ha assunto un significato più umile. Al momento human rights si riferisce agli standard di trattamento che ci attendiamo di ricevere dal nostro oppressore dopo che egli ci abbia privato di tutti i nostri diritti […] il diritto a non essere torturati, mutilati, ridotti in schiavitù o messi a morte senza processo».

 

Edgar L. Doctorow, Onvell’s 1984, in Id., Jack London, Hemingway, and the Constitution. Selected essays, 1977-1992, Random House, New York 1993, p. 65. Cfr. Anche Richard Alexander Bauman, Human Rights in Ancient Rome, Routledge, London 2000.

Magna Carta o “Grande Carta” è stato uno dei primi documenti al mondo che conteneva impegni da parte di un sovrano nei confronti del suo popolo a rispettare determinati diritti legali
Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti ratificata dal Congresso continentale il 4 luglio 1776
Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino approvata dall’Assemblea nazionale di Francia, il 26 agosto 1789
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