Copertine e schede editoriali (221-230) – Vittorio Morfino, Alessandro Monchietto, Maria Letizia Compatangelo, Giancarlo Loffarelli, Sergio Pierattini, Giovanna Fozzer, Alessio Cernicchiaro, Carlo Carrara, Giacomo Pezzano, Angela Ales Bello, Giulio Biondi, Luca Grecchi.

221-230

221
Maria Letizia Compatangelo, La cena di Vermeer. ISBN 978-88-7588-149-8, 2014, pp. 96, formato 130×200 mm., Euro 7, Collana di teatro Antigone [10]. In copertina: Han van Meegeren al lavoro nel suo studio.

222
Giancarlo Loffarelli, Da quali stelle? ISBN 978-88-7588-148-1, 2014, pp. 80, formato 130×200 mm., Euro 7, Collana di teatro Antigone [11]. In copertina: Friedrich Nietzsche.

223
Sergio Pierattini, Il drago di carta. ISBN 978-88-7588-147-4, 2014, pp. 64, formato 130×200 mm., Euro 7, Collana di teatro Antigone [12]. In copertina: Michele Sindona.

224
Giovanna Fozzer, Del Gabbiano. Introduzione di Francesco Giuntini. Postfazione di Margherita Pieracci Harwell. ISBN 978-88-7588-146-7, 2014, pp. 288, formato 140×210 mm., Euro 20. In copertina: Sergio Rinaldelli, Studio di gabbiani (particolare), grafite.

225
Giancarlo Savino, Da Omero a Saffo. ISBN 978-88-7588-145-0, 2014, pp. 96, formato 130×200 mm., Euro 7.

226
Alessio Cernicchiaro, Günther Anders. La Cassandra della filosofia. Dall’uomo senza mondo al mondo senza uomo. Prefazione di Giacomo Pezzano: Anders e noi. ISBN 978-88-7588-132-0, 2014, pp. 400, formato 140×210 mm., Euro 25 – Collana “Il giogo” [59]. In copertina: Günther Anders ottantenne, 1982.

227
Carlo Carrara, Solitudine ed esistenza. [Kierkegaard – Nietzsche – Unamuno – Heidegger – Jaspers – Sartre – Camus – Marcel – Berdjaev – Abbagnano]. Prefazione di Angela Ales Bello. ISBN 978-88-7588-139-9, 2015, pp. 192, formato 140×210 mm., Euro 15 – Collana “Il giogo” [60]. In copertina: Giovanni Fattori, Tramonto sul mare (1890-1895).

228
Giulio Biondi, Mio caro Marco. In appendice: Amori dispersi.  ISBN 978-88-7588-141-2, 2015, pp. 112, formato 140×210 mm., Euro 13. In copertina: Giulio Biondi, La Staccionata, 2014.

229
Luca Grecchi, Discorsi sul Bene. ISBN 978-88-7588-126-9, 2015, pp. 112, formato 140×210 mm., Euro 13 – Collana “Il giogo” [61]. In copertina: Auguste Rodin, Giovane madre nella grotta, Museo Rodin, Parigi.

230
Alessandro Monchietto, Da capo senza fine. Il marxismo anomalo di Georges Sorel. Presentazione di Vittorio Morfino. ISBN 978-88-7588-129-0, 2015, pp. 208, formato 140×210 mm., Euro 15 – Collana “Il giogo” [62]. In copertina: Paul Klee, Strada principale e strade secondarie, 1929, Ludwig Museum (Colonia).



M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Copertine e schede editoriali (251-260) – Giovanni Stelli, Margherita Guidacci, Margherita Pieracci Harvell, Alessandro Monchietto, Domenico Segna, Piotr Zygulski, Salvatore A. Bravo, Elena Irrera, Armando Marozzi, Claudia Baracchi, Enrico Berti, Barbara Botter, Matteo Cosci, Silvia Fazzo, Arianna Fermani, Giovanna R. Giardina, Carmelo Vigna, Marcello Zanatta, Luca Grecchi, Franco Toscani, Diego Fusaro, Diego Melegari.

251-260

251
Giovanni Stelli, Tre lezioni sulla politica di Aristotele. ISBN 978-88-7588-169-6, 2016, pp. 112, 140×210 mm., Euro 13, Collana “il giogo” [66]. In copertina: Processione panatenaica, blocco VI, rilievo del fregio est del Partenone (Museo dell’Acropoli di Atene) – Fidia (bottega) – 442-438 a.C.

 252
Margherita Guidacci Margherita Pieracci Harvell, Specularmente. Lettere, studi, recensioni. A cura di Ilaria Rabatti. ISBN 978-88-7588-173-3, 2016, pp. 144, 140×210 mm., Euro 15, Collana “Egeria” [18]. In copertina: Lucio Fontana, Concetto Spaziale, Le Chiese di Venezia, 1961.

253
Irene Ginanni Edi NataliDiego PancaldoAntonella Spitaleri Fausto Tardelli, Ordo Amoris. ISBN 978-88-7588-150-4, 2016, pp. 128, 140×210 mm., Euro 13. In copertina: Auguste Rodin, L’eterna primavera, ca. 1884.

254
Alessandro Monchietto (a cura di), Invito allo straniamento. II. Costanzo Preve marxiano. Contributi di: Andrea Bulgarelli, Oliviero Calcagno, Diego Fusaro, Luca Grecchi, Gianfranco La Grassa, Diego Melegari, Rodolfo Monacelli, Giacomo Pezzano, Francesco Ravelli, Franco Toscani. ISBN 978-88-7588-152-8, 2016, pp. 176 formato 140×210 mm., Euro 15 – Numero speciale di Koinè – Collana “Il giogo” [67]. In copertina: Costanzo Preve. In quarta di copertina: Dziga Vertov in una sovrimpressione sulla sua telecamera; Erwin Piscator entra nel Teatro Nollendorf, Berlino, 1929.

255
Domenico Segna, Un caso di coscienza. Giuseppe Gangale e “La Rivoluzione protestante”. ISBN 978-88-7588-154-2, 2016, pp. 128, 140×210 mm., Euro 15. In copertina: Busti di Giovanni Calvino nel Museo della Riforma a Ginevra.

256
Piotr Zygulski, Il meccanico del marxismo. Introduzione critica al pensiero di Gianfranco La Grassa. Postfazione di Augusto Illuminati. ISBN 978-88-7588-158-0, 2016, pp. 112, formato 140×210 mm., Euro 13 – Collana “Divergenze” [51]. In copertina: Saverio Mazzeo, Gianfranco La Grassa, meccanico del marxismo, 2016. Acrilico su tela.

257
Salvatore Antonio Bravo, L’ultimo uomo. ISBN 978-88-7588-160-3, 2016, pp. 80, 130×200 mm., Euro 8.
In copertina: Claude Lorrain, Veduta di Delfi con una processione sacrificale, part., 1650. Roma, Galleria Dodia Pamphilj.

258
Elena Irrera, Figure del bello nella filosofia di Aristotele ISBN 978-88-7588-162-7, 2016, pp. 64, formato 140×210 mm., Euro 7– Collana “Il giogo” [68]. In copertina: Immagine tratta da un video realizzato da Philip Scott Johnson. In alto, a sinistra: Scultura greca del periodo classico, part.

259
Armando Marozzi, Il ritorno del represso. Verso una nuova teoria dell’emancipazione.
ISBN 978-88-7588-161-1, 2016, pp. 416, formato 140×210 mm., Euro 25 – Collana “Divergenze” [52]. In copertina: Francisco Goya, Los fusilamientos del tres de mayo, Museo del Prado, Madrid.

260
Claudia Baracchi, Enrico Berti, Barbara Botter, Matteo Cosci, Silvia Fazzo, Arianna Fermani, Giovanna R. Giardina, Carmelo Vigna, Marcello Zanatta, Sistema e sistematicità in Aristotele, a cura di Luca Grecchi.

ISBN 978-88-7588-202-0, 2016, pp. 256, formato 140×210 mm., Euro 25– Collana “Il giogo” [69]. In copertina: Raffaello Sanzio, Scuola di Atene: Aristotele, Musei Vaticani, part.



M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Copertine e schede editoriali (271-280) – Salvatore A. Bravo, Marco Penzo, Claudio Lucchini, Massimo Mungai, Gabriella Putignano, Giacomo Degli Esposti, Matteo Caffiero, Luca Grecchi, Alessandro Monchietto, Giacomo Pezzano, Lorenzo Dorato, Antonio Fiocco, Alessandro Monchietto, Staffan Nihlén, Gabriella Putignano.

271-280

271
Salvatore Antonio Bravo, L’epoca del PILinguaggio. ISBN 978-88-7588-191-7, 2017, pp. 96, formato 130×200 mm., Euro 12 – Collana “Divergenze” [59]. In copertina: Kumi Yamashita, Light and Shadow.

272
Marco Penzo, Attimi. ISBN 978-88-7588-189-4, 2017, pp. 80, formato 130×200 mm., Euro 10. In copertina: Marco Sallese, Venature, foto a Bagno Vignoni (Siena), 2016.

273
AA. VV., Quale progettualità. L’uomo è un essere progettuale. Grecchi, Sulla progettualità – A. Monchietto, Quale progettualità? A partire da alcune considerazioni di L. Grecchi – C. Lucchini, La progettualità comunista tra utopia concreta e necessità di funzionamento quotidiano – A. Fiocco, Difendere in tutti i modi la progettualità – A. Pallassini, Note marginali per la progettazione di un comunismo della finitezza a partire da Spinoza – L. Grecchi, Perché la progettualità – C. Lucchini, Annotazioni sulla progettabilità del bene etico-sociale e sulla determinatezza materiale-naturale dell’uomo – L. Dorato, La progettualità come necessaria riflessione sui destini collettivi e sociali – G. Pezzano, Commento all’articolo di L. Grecchi “Sulla progettualità” e Commento all’articolo di L. Grecchi “Perché la progettualità?” – L. Grecchi, Nel merito dei commenti di Giacomo Pezzano – G. Pezzano, Il vero punto filosofico da scavare è che cosa si voglia intendere con “progettualità” – L. Grecchi, Una prima conclusione sulla progettualità. ISBN 978-88-7588-187-0, 2017, pp. 176, formato 140×210 mm., Euro 15 – Collana “Il giogo” [74]. In copertina: Wassily Kandinsky, Shallow-Deep, 1930.

274
Claudio Lucchini, L’etica umana tra natura e storia. Sulla possibilità di un universalismo radicalmente democratizzante.
ISBN 978-88-7588-185-6, 2017, pp. 96, formato 140×210 mm., Euro 13 – Collana “Il giogo” [75]. In copertina: Vincent van Gogh, I mangiatori di patate, 1885. Museo Van Gogh di Amsterdam.

275
Staffan Nihlén, La prudenza del segno. ISBN 978-88-7588-183-2, 2017, pp. 40, formato 163×223 mm., Euro 5, Collana “Egeria [19]. In copertina: Staffan Nihlén, Senza titolo, 2016.

276
Massimo Mungai, Ombreggiature. Poesie. Racconti brevi. ISBN 978-88-7588-181-8, 2017, pp. 64, formato 140×210 mm., Euro 10. In copertina: Christian Rohlfs, Conversazione tra clown, 1912.

277
Giorgio Penzo – Marco Penzo, Stanley Kubrick. ISBN 978-88-7588-179-5, 2017, pp. 96 formato 140×210 mm., Euro 13.
In copertina: Stanley Kubrick

278

Gabriella Putignano (a cura di), Cantautorato & Filosofia. Un (In)Canto possibile. Contributi di: Stefano Daniele, Corrado De Benedittis, Gianluca Gatti, Federico Limongelli, Francesco Malizia, Raffaele Pellegrino, Giacomo Pisani, Gabriella Putignano. ISBN 978-88-7588-175-7, 2017, pp. 160, formato 140×210 mm., Euro 12 – Collana “Il giogo” [77].

279
Alessandro Pallassini, Finitezza e Sostanza. Sulla fondazione della libertà politica nella metafisica di Spinoza.
ISBN 978-88-7588-172-6, 2017, pp. 288, formato 140×210 mm., Euro 25 – Collana “Il giogo” [78]. In copertina: Sigillo di Baruch Spinoza, che riporta come emblema, oltre alle sue iniziali, una rosa selvatica e il motto in latino “caute”.

280
Gian Giacomo Degli Esposti, Matteo Caffiero (a cura di), Passeggiando per Pistoia. L’essenziale è invisibile agli occhi. Postfazione di Cristiano Vannucchi. ISBN 978-88-7588-168-9, 2017, pp. 136, formato 170×240 mm., Euro 12.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Alessandro Dignös – Il saggio Per una filosofia della potenzialità ontologica di Alessandro Monchietto. Un’esortazione alla «defatalizzazione» del mondo attuale sul fondamento di un’ontologia della «possibilità»

Alessandro Dignös04 Monchietto

Alessandro Monchietto
Per una filosofia della potenzialità ontologica
indicepresentazioneautoresintesi

Alessandro Dignös

Il saggio Per una filosofia della potenzialità ontologica

di Alessandro Monchietto

Un’esortazione alla «defatalizzazione» del mondo attuale
sul fondamento di un’ontologia della «possibilità»

Senso comune e filosofia – si sente dire – viaggiano su binari paralleli, che quasi mai, se non per errore, arrivano ad intersecarsi. Che quest’asserzione non raffiguri uno stato di cose, ma una delle tante opinioni correnti, è quanto Alessandro Monchietto, con il suo saggio Per una filosofia della potenzialità ontologica, si propone di far emergere. In questo breve scritto, il giovane filosofo mette in evidenza come sia il senso comune sia la filosofia degli ultimi decenni si reggano, a ben vedere, sul medesimo principio assurto a dogma, e cioè sull’idea che il mondo attuale, nelle sue strutture portanti – economica, politica, sociale, culturale –, costituisca un orizzonte immodificabile e intrascendibile. È questa la rappresentazione della realtà che generalmente orienta il pensiero e la vita tanto dell’“uomo comune” quanto dell’“uomo di cultura” a partire dagli ultimi anni dello scorso millennio.

Contrariamente a ciò che si è indotti a credere, la condizione dell’uomo di oggi non appare segnata dalla “fine delle ideologie”, bensì dal dominio assoluto di un’unica grande ideologia, secondo cui il mondo attuale rappresenta una sorta di compimento di un processo storico plurimillenario. Secondo questa “narrazione”, mentre le società del passato erano caratterizzate dal dominio di miti, ideologie e modelli di pensiero infondati, destinati dunque a crollare col passare delle epoche, il mondo contemporaneo costituisce un’eccezione, poiché riproduce delle dinamiche e delle strutture che appaiono, per molti aspetti, connaturate nella stessa realtà. In considerazione di ciò, due sono gli atteggiamenti che è possibile assumere di fronte al mondo: accettare di buongrado lo stato di cose presente, interpretato come una meta verso cui l’umanità è da sempre in cammino; denunciarne le contraddizioni e gli orrori, tenendo però a mente l’impossibilità di qualsiasi alternativa ad esso.

 

Monchietto osserva come il ruolo esercitato dalla filosofia nella costruzione di quest’ideologia sia stato decisivo. A partire dagli anni Settanta, la filosofia occidentale, tanto nella sua declinazione “postmoderna” quanto nella sua variante “analitica”, ha progressivamente abbandonato la propria funzione critico-costruttiva per approdare all’idea che il mondo sia essenzialmente intrasformabile, ragione per cui può soltanto essere descritto, interpretato o, tutt’al più, stigmatizzato e rifiutato. La filosofia ha finito così per rinunciare a trovare una risposta ai problemi fondamentali del proprio tempo, rassegnandosi ad accettare la realtà così com’è. È questa la concezione della filosofia che domina il panorama culturale degli ultimi decenni. Tutte le correnti di pensiero dominanti, per quanto possano apparire differenti, si caratterizzano, per Monchietto, come vere e proprie «filosofie dell’impotenza»: esse, infatti, predicano egualmente l’immodificabilità del mondo, legittimando in questo modo la rinuncia alla critica volta alla trasformazione dell’esistente. E come spiegano il fatto che, per molto tempo, il mondo sia stato considerato trasformabile dalla prassi umana? Secondo un gran numero di pensatori attuali, quest’idea non è che una delle molte “illusioni” di cui l’umanità è stata vittima e dalla quale ha saputo affrancarsi solo al prezzo di grandi sofferenze. Chiunque si ostini ad intendere il mondo come qualcosa di trasformabile, persevera dunque nel diffondere vane illusioni, mentendo sulla vera “natura” della realtà. In tal modo, afferma l’autore, la filosofia, da esercizio del dubbio e critica dell’esistente, si riduce alla legittimazione dogmatica del presente, che viene «trasfigurato ideologicamente in condizione “naturale ed eterna” dell’esistenza umana» (p. 35).

Questa Weltanschauung necessitaristica e fatalistica ha come naturali conseguenze il venir meno del pensiero critico, l’atrofizzazione del senso di ingiustizia e l’avvento di un clima dominato da sottomissione e indifferenza. «Ci si adatta all’ingiustizia. Si perde l’abitudine ad indignarsi. E ci si inibisce a priori la possibilità di cambiare lo stato di cose presente. Di fatto, tutti quanti si piegano perché nessuno crede più alla possibilità di un’alternativa; la vita sociale viene oramai condotta esclusivamente nella prospettiva della fatalità» (p. 38). «La disoccupazione, la mortalità infantile, la povertà sono oggi trattate come il risultato di forze impersonali che agiscono ad un livello globale, e contro cui non si può fare nulla; i mali che affliggono la nostra società e il nostro tempo ci sembrano un destino» (pp. 41-42). E così, «di fronte ad eventi percepiti come naturali, inevitabili, fatali, l’inerzia, la rassegnazione e l’apatia divengono gli unici atteggiamenti ragionevoli» (p. 43).

Ora, com’è possibile, per Monchietto, ovviare a tale situazione e scardinare questa rappresentazione della realtà? Che fare affinché la filosofia abbandoni ogni apologetica dell’esistente e si riponga sulla “retta via” del dubbio e della critica trasformatrice? Ciò che si deve fare, segnala il filosofo, è cambiare la propria «immagine del mondo» (Weltbild), ovvero l’idea che ognuno si fa del mondo. «Le immagini del mondo», infatti, «perimetrano un orizzonte di possibilità» (p. 42), rappresentano cioè ciò «che spiega e organizza l’esistente, che seleziona e delimita i confini di ciò che rientra nel nostro raggio d’azione, di ciò che si può modificare e di ciò che, viceversa, assume i tratti della fatalità» (p. 43). Quanto più si crea una rappresentazione del mondo le cui strutture fondamentali sono pensate come elementi su cui non è possibile esercitare alcuna forma di controllo, tanto più si diviene vittime e schiavi di tale autoinganno. Ciò che si deve fare è dunque compiere un lavoro su se stessi al fine di modificare la propria rappresentazione e la propria percezione del mondo. Solo liberandosi dall’illusione che il mondo attuale sia intrasformabile e intrascendibile diviene possibile recuperare la dimensione critico-costruttiva che definisce ogni autentica filosofia e risvegliare negli uomini il desiderio di un mondo migliore. «La “speranza”», rileva il filosofo, «non è un principio bensì un effetto: fino a quando il mondo sembrerà fatale, essa potrà giocare un ruolo esclusivamente marginale» (p. 44), rivelandosi incapace di sollecitare gli uomini ad agire e a cambiare le loro sorti.

Il compito che la filosofia è oggi chiamata a svolgere, per Monchietto, è dunque «defatalizzare il mondo, liberandosi […] di ogni prospettiva fatalistica e necessitaristica» (ivi). Per riuscire in tale impresa, essa non può (più) pensare la storia in senso deterministico e finalistico, come se fosse un movimento che si protende meccanicamente verso un «fine»; si tratta, invece, di elaborare una filosofia della storia che poggi su presupposti affatto diversi: che sia cioè «costruita non per “telos”, non per “compimento” ma […] per “alternative”, succedersi di alternative, succedersi di opportunità e di occasioni che al tempo stesso aprono e chiudono nuove possibilità. Una Geschichtsphilosophie senza una trazione anteriore, senza un’attrazione del fine, […] dove vi sia spazio per la contingenza e per un orizzonte di possibilità» (p. 45). In breve, una filosofia della storia che rinunci all’illusione (o mito) del «progresso», «senza rinunciare al progetto dell’emancipazione dell’umanità» (ivi).

In generale, ciò che si deve fare è ripensare la realtà e la storia non più sulla base di un’ontologia della «necessità» – qual è quella che domina il senso comune e la cultura di oggi –, bensì di un’ontologia della «possibilità». Sostituendo ad un’ontologia intesa come «presa d’atto di ciò che c’è» un’ontologia intesa come «mobilitazione di ciò che è attuale al fine di ricondurre l’attualità alla possibilità» (p. 46), la realtà attuale non appare più come una «necessità» ineluttabile, bensì come uno dei possibili modi d’essere del mondo, come una delle possibili configurazioni che il reale può assumere. Una concezione siffatta costringe così a pensare in modo radicalmente diverso la società umana, portando l’attenzione non più solo su come essa sia, ma anche su come sarebbe potuta essere e, dunque, su come potrebbe essere e diventare. In conclusione, è solo concependo il mondo come «possibilità» che diviene possibile defatalizzare la realtà e indicare un orizzonte di senso alla prassi umana, consentendole di riaprire le porte a un avvenire che non sia la mera dilatazione del presente.
Il saggio di Monchietto mira a rinvenire alcuni strumenti che consentano alla filosofia di recuperare il proprio ruolo di “bussola” e “guida” nel difficile e spinoso sentiero che ha come meta la radicale trasformazione dell’esistente e l’emancipazione del genere umano. L’autore mette in luce come il raggiungimento di questo obiettivo sia possibile solo dopo aver cambiato la propria immagine del mondo, ovvero solo dopo aver messo in discussione la rappresentazione della realtà che, per effetto dei condizionamenti ideologici vigenti, è incisa nella coscienza della stragrande maggioranza degli individui. Facendo tesoro della riflessione e delle indicazioni di alcuni tra i maggiori pensatori degli ultimi secoli – come Fichte, Hegel, Marx, Sorel e Heidegger –, la proposta filosofica di Monchietto costituisce un’esortazione a ripensare la realtà attuale – e, più in generale, lo statuto del mondo – sul fondamento di una diversa visione dell’«essere», che permetta di scorgere «quelle possibilità che nella storia sono rimaste inesplicate» (p. 46) e che indichi all’uomo la via verso nuovi mondi possibili.

Alessandro Dignös

Alessandro Dignös – Discorso e verità nella Grecia antica, di Michel Foucault. Un contributo fondamentale per la comprensione dell’umanesimo della cultura greca
Alessandro Dignös – Il libro di Luciano Canfora «Un mestiere pericoloso. La vita quotidiana dei filosofi greci». Un’interessante indagine sul carattere pratico della filosofia.
Alessandro Dignös – Il contributo di Costanzo Preve ad una «riscrittura integrale» della storia della filosofia contemporanea alla luce del concetto di padronanza filosofica delle contraddizioni della modernità.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Nell’ambito del Seminario di filosofia «Sotto assedio – Popolo, sinistra, democrazia, speranza», Mercoledì 27 marzo alle ore 18, presso il Cinema Massimo, Via Verdi 18 – Torino, verrà proiettato il film «Il giovane Marx», di Raoul Peck.

Il giovane Karl Marx 01

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Seminario di filosofia

Sotto assedio
Popolo, sinistra, democrazia, speranza

 

Mercoledì 27 marzo alle ore 18
presso il Cinema Massimo, Via Verdi 18 – Torino

 

locandina 27 marzo03

locandina 27 marzo03bNell’ambito del Seminario di filosofia gratuito, giunto alla sua terza edizione, alocandina 27 marzo03b cura del dottor Alessandro Monchietto e quest’anno organizzato dalla Associazione Piemonte Grecia, dall’A.N.P.P.I.A, dal Museo Nazionale del Cinema di Torino,  dal Centro Documentazione Antonio Labriola, verrà proiettato il film Il giovane Marx, di Raoul Peck.
Segnaliamo inoltre che il 30 marzo invia Cibrario 30 bis – Torino, alle ore 10,30 (a differenza dell’indirizzo scritto sulla cartolina col programma del seminario)  G. Bonfratello, che presenterà anche il film, terrà una lezione su “Marx, scienziato e rivoluzionario“.
Si tratta, in entrambi i casi, di argomenti di grande attualità perché in questo periodo l’opera di Karl Marx è studiata con vivo interesse in tutto il mondo.

Per l’Associazione Piemonte-Grecia il prezzo del biglietto é di 4 €
Per gli studenti universitari é di 3 €
Per gli studenti liceali é di 2 €

 

 

 


Karl Marx (1818-1883) – A 17 anni, nel 1835, già ben sapeva quale sarebbe stata la carriera prescelta: agire a favore dell’umanità.

 

giovane Marx

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In un saggio d’esame per la licenza liceale, scritto nel 1835, Karl Marx svolgeva il tema: “Riflessioni di un giovane sulla scelta della carriera“. La carriera prescelta da un giovane, dichiara il giovane Marx nel 1835, doveva essere:

«quella che ci assicura la maggior dignità possibile, che è fondata su idee della cui verità siamo appieno persuasi, che ci offre il campo più ampio per agire a favore dell’umanità e per accostarci a quella mèta generale verso la quale qualunque posizione non è che un mezzo: la perfezione …
Se egli crea soltanto per sé, potrà bensl diventare un dotto celebre, un gran sapiente, un eccellente poeta, giammai però un uomo compiuto e veramente grande».

Karl Marx, MEGA, I, 1 (2), 164; MEW EB I, 593-94 (trad. it., Scritti politici giovanili, a cura di Luigi Firpo, Torino, Einaudi, 1974, pp. 483-84).


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Georges Sorel (1847-1922) – La filosofia non è che un riconoscimento degli abissi entro i quali si svolge il sentiero che la gente volgare segue con la serenità dei sonnambuli. Nell’anima di ogni uomo vi è un fuoco metafisico che riposa nascosto sotto la cenere. L’evocatore è colui che rimuove le ceneri e fa sprigionare la fiamma.

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Scritti politici

«[…] la filosofia non è che un riconoscimento degli abissi entro i quali si svolge il sentiero che la gente volgare segue con la serenità dei sonnambuli. La mia ambizione è di poter qualche volta risvegliare delle vocazioni. C’è probabilmente nell’anima di ogni uomo un fuoco metafisico che riposa nascosto sotto la cenere e che tanto più minaccia di estinguersi quanto più lo spirito ha ciecamente ricevuto una dose maggiore di dottrine bell’e fatte; l’evocatore è colui che rimuove le ceneri e fa sprigionare la fiamma. Non credo di vantarmi senza ragione dicendo che qualche volta sono riuscito a provocare presso i miei lettori lo spirito d’invenzione; ora, è soprattutto lo spirito d’invenzione che bisognerebbe suscitare nel mondo. Ottenere un tale risultato vale assai più che accogliere l’approvazione banale di coloro che sono ripetitori di formule o che riducono il loro pensiero al servizio delle dispute di scuola».

Georges Sorel, Lettera a Daniel Halévy, del 15 luglio 1907: in Georges Sorel, Scritti politici. Riflessioni sulla violenza. Le illusioni del progresso. La decomposizione del marxismo, Utet, Torino 2006.



Copertina Da Capo senza fine

Alessandro Monchietto

Da capo senza fine. Il marxismo anomalo di Georges Sorel

Presentazione di Vittorio Morfino

indicepresentazioneautoresintesi

La funzione fondamentale di un’immagine del mondo è quella di costituire l’orizzonte ultimo – irraggiungibile, ma allo stesso tempo inaggirabile – rispetto al quale si definisce ogni condotta pratica. È l’immaginario di volta in volta adottato a definire i limiti e i confini di ciò che rientra nel nostro potere d’azione, di ciò che si può modificare e di ciò che, invece, è percepito come semplicemente fatale.

Uno dei filosofi che più fecondamente seppe dedicare il proprio itinerario intellettuale all’analisi di tale plesso tematico fu Georges Sorel. Elaborando la nozione di mito, Sorel intendeva creare uno strumento in grado di «legare» una comunità, per quanto minoritaria, fornendo a essa identità e coesione. A suo dire la macchina mitologica doveva produrre un «senso comune» – quel sentire che non deve essere identificato con la capacità che tutti gli uomini possiedono, ma con il senso che fonda la comunità – il quale fosse in grado di orientare (in modo quasi irriflesso) la prassi politica delle classi dominate.

Sorel fu uno dei pochissimi pensatori marxisti che cercarono di disgiungere il principio del progresso da quello dell’emancipazione; a partire da tali suggestioni soreliane il saggio mira a sviluppare la tesi secondo cui il principio ideologico del progresso e il principio filosofico dell’emancipazione debbano essere non solo distinti, ma separati, evidenziando la necessità di abbandonare il primo senza rinunciare a una prospettiva emancipativa.

 

 

Presentazione

                                        di   Vittorio Morfino

In un passaggio del Quaderno 4 Gramsci scrive a proposito di Sorel:

occorre ristudiare Sorel, per cogliere, al di sotto delle incrostazioni parassitarie deposte sul suo pensiero dagli ammiratori dilettanti e intellettuali, ciò che vi è di più essenziale e permanente1.

Gramsci scrive queste righe agli inizi degli anni Trenta. Tra le incrostazioni parassitarie che sono state ‘deposte’ sul pensiero di Sorel forse la più importante è quella di Mussolini che ne ha fatto un pensatore proto-fascista, mossa che deve aver pesato come una pietra tombale se Althusser in una lettera scritta a Franca Madonia a metà degli anni Sessanta può aver scritto che «chez nous on connait seulement de Sorel qu’il a inspiré Mussolini»2.

Di un tipo di lettura di questo genere è di nuovo Gramsci a fornirci una critica estremamente chiara:

Nella «Critica Fascista» del 15 settembre 1933 Gustavo Glaesser riassume il recente libro di Michael Freund (Georges Sorel. Der revolutionäre Konservatismus, Klostermann Verlag, Francoforte am Main, 1932) che mostra quale scempio possa fare un ideologo tedesco di un uomo come Sorel. È da notare che, se pure Sorel possa, per la varietà e incoerenza dei suoi punti di vista, essere impiegato a giustificare i più disparati atteggiamenti pratici, tuttavia è innegabile nel Sorel un punto fondamentale e costante, il suo radicale «liberalismo» (o teoria della spontaneità) che impedisce ogni conseguenza conservatrice delle sue opinioni3.

Dello spontaneismo di Sorel Gramsci fece una precisa e misurata critica4, nulla a che vedere con le condanne generiche e senza appello di Lukács nella Distruzione della ragione e di Sartre nella prefazione ai Dannati della terra di Frantz Fanon: irrazionalismo e apologia della violenza, di nuovo: protofascismo!

Il libro di Alessandro Monchietto ci permette di andare al di là di questi pregiudizi, fornendoci una chiara e dettagliata ricostruzione del pensiero di questo autore la cui importanza è innegabile per la storia del marxismo a cavallo del Novecento. Tuttavia, la ricostruzione storica del contesto e delle relazioni culturali e politiche è accompagnata dallo sforzo teorico di mettere in luce gli elementi fondamentali che conferiscono coerenza ad un pensiero che si presenta ad un primo sguardo come frammentario e ondivago.

Monchietto ci propone la seguente periodizzazione:

il periodo del socialismo ortodosso che va dal 1893 al 1897;

il periodo del revisionismo dal 1898 al 1903;

quello più conosciuto, il cui centro sonole Riflessioni sulla violenza, dal 1904 al 1919;

infine gli ultimi anni, 1919-1922.

Questo percorso, osservato da lontano, presenta continuità e discontinuità: il merito di Monchietto è quello di andare oltre questi piatti schematismi per mostrarci la complessità del pensiero di Sorel, mettendo in rilievo come alcuni centri di interesse acquistino peso e colorazione differente nei diversi periodi. Così il rilievo dato ai fattori sovrastrutturali, l’interesse per il cristianesimo primitivo come modello di una rivoluzione totale, la separazione tra le classi ed il proletariato concepito come forza giuridica e morale nuova, la fondazione psicologica degli eventi sociali, costituiscono, come suggerisce Monchietto, temi che accompagnano l’intero percorso di Sorel, e tuttavia entrano ogni volta in modo originale nella sua strategia. Stesso discorso può essere fatto per le fonti, Marx fra tutte, ma anche Vico e Bergson, verso cui Sorel evidenzia un rapporto di estrema libertà: esse sono usate, giocate l’una sull’altra, talvolta l’una contro l’altra, tuttavia sempre al servizio del proprio cammino di pensiero e mai come autorità o garanzia.

Monchietto sottolinea come il primo periodo sia dominato da un interesse scientifico per il marxismo in cui ha un ruolo fondamentale la polemica antipositivistica: Sorel rifiuta ogni piatto determinismo che traduca in schemi puramente meccanicistici la realtà storico-sociale, per pensare il materialismo storico come una teoria materialista della sociologia. La realtà sociale non deve essere concepita come sistema impersonale, ma come ambiente artificiale trasformato dall’homo faber in quanto lavoratore sociale. Se Durkheim pensa l’ambiente come persona nazionale pietrificandone di fatto la realtà, il marxismo, attraverso il concetto di lotta di classe, introduce nell’ambiente il movimento.

Il marxismo diviene allora scienza di un cambiamento sociale non governato da un telos, da un fatale progresso determinato dalla struttura economica, ma scienza del campo d’azione di uno scontro di classe che non si svolge solo sul terreno economico, ma, certo a partire da esso, su quello giuridico: la lotta di classe è lotta di diritto contro diritto, lotta per la conquista di diritti della classe operaia, conquista a cui è legata la questione fondamentale dell’educazione delle masse come preparazione di un ordine nuovo in cui il proletariato sappia ergere il proprio interesse a interesse pubblico: questa educazione non nasce da idee astratte imposte alle masse, ma deve avere per base le stesse abitudini di fabbrica, dando luogo ad associazioni operaie che si sottraggono ad una mera finalità materiale o di resistenza. Si tratta, attraverso i sindacati, di creare una nuova visione del mondo radicalmente separata da quella borghese, coltivando i sentimenti di giustizia nelle masse operaie.

Dentro questo quadro Sorel pensa il socialismo in termini gradualistici, come sostituzione progressiva di una forma giuridica ad un’altra, e, attraverso questa, di un mondo di valori ad un altro: la rivoluzione sociale è pensata in questo periodo come lenta e profonda trasformazione dei costumi dal basso, in antitesi tanto con il determinismo socialista che la pensa in termini meccanici, quanto con l’astratto utopismo che la vuole imporre dall’alto, quanto con il giacobinismo che vuole imporre l’astratta virtù contro i costumi storici. Le istituzioni proletarie agiscono dal basso, lo sciopero crea una libera solidarietà che crea un nuovo diritto, una nuova morale e, con ciò, nuovi rapporti di produzione. Da qui nasce il rifiuto soreliano di ogni gerarchia, l’affermazione della superiorità delle istituzioni proletarie su quelle borghesi, la preferenza accordata alle Trade unions inglesi, che subordinano la politica alle istituzioni del proletariato, rispetto alla socialdemocrazia tedesca, in cui invece il socialismo avanza attraverso l’istituzione parlamentare. È in questo quadro che emerge nel pensiero di Sorel il concetto di scissione accompagnato dal riferimento storico al cristianesimo primitivo e al suo atteggiamento catacombale.

Su questi temi e problemi si inserisce l’interesse per Vico da cui Sorel trae gli strumenti concettuali per leggere in modo nuovo Marx. Si tratta di un Vico pensato in modo estremamente libero, un Vico di cui è lasciato cadere l’aspetto provvidenzialistico, la storia ideale eterna, per accentuare, nel quadro del materialismo storico, le determinazioni culturali delle classi sociali: il socialismo non può nascere dall’esclusiva evoluzione delle forze produttive, ma dall’evoluzione psicologica delle classi lavoratrici. E qui Sorel sottolinea un limite della riflessione vichiana che ha pensato l’evoluzione della coscienza secondo un piano unico, mentre in realtà le evoluzioni si producono in tutte le epoche e sono mescolate nella società nel modo più confuso, cosicché questa non è pensabile come blocco omogeneo, ma come ‘viluppo’ e ‘incrocio’: su questi complessi intrecci agiscono le condizioni economiche e i rapporti sociali, favorendo certi sviluppi piuttosto che altri. Ma in Vico Sorel trova anche altri temi che rafforzano e arricchiscono il percorso precedente: la valorizzazione della consuetudine (che viene dal basso) contro la legge (imposta dall’alto), la riconduzione delle leggi di evoluzione del diritto a quelle di evoluzione del linguaggio, l’importanza dell’aspetto prelogico, emozionale, fantastico nell’organizzazione sociale. Con questi nuovi strumenti Sorel si scaglia contro l’ortodossia marxista e il suo fatalismo economico-rivoluzionario, nel tentativo di separare da questo l’autentico pensiero di Marx: il marxismo infatti non può essere una filosofia della storia, non può predire il corso della storia deducendolo logicamente.

Tuttavia, questo tentativo di salvare Marx dal marxismo ortodosso, lascia spazio, nella periodizzazione di Monchietto, ad una revisione del pensiero di Marx operata sulla scorta di Bernstein. Si tratta di rinunciare allora ad ogni determinismo economico, dominante nel marxismo francese e non solo, che conduce ad una concezione catastrofista della storia. Il fatalismo marxista nasce secondo Sorel da una falsa ipotesi di carattere scientifico, da una storia pensata per stadi di sviluppo: la necessità del futuro non è per Sorel che la falsa veste scientifica dell’utopia. Da qui l’attacco al materialismo dialettico come falsificazione in senso deterministico del marxismo, e da qui la critica a Engels, Kautsky e Plekhanov i quali hanno trasformato in leggi storiche quelle che in Marx erano indicazioni per l’azione: il rifiuto della rivoluzione come colpo di mano di pochi. La storia per Sorel non può essere dedotta logicamente perché essa è il campo d’azione della libertà e del caso (hazard), perché le rivoluzioni, le accumulazioni di fatti decisivi, i grandi uomini, si sottraggono ad ogni visione deterministica, perché l’emergenza di fasi nuove non si può prevedere, perché, ancora, «il concatenarsi di potenti fattori produce risultati di nuovo genere»5.

In questa fase è interessante il rapporto che Sorel instaura con Hegel: da una parte egli rifiuta in modo radicale l’idea di Weltgeschichte come giudizio universale intramondano, le cui epoche non sono che tappe preparatorie al fine ultimo, al regno della libertà (di cui Marx non avrebbe fatto altro che fornire la versione materialista), dall’altro riprende il concetto di società civile come intreccio dell’elemento economico, giuridico e politico, in cui le contraddizioni non sono semplici antagonismi passivi, ma condizioni attive (spirituali, giuridiche, politiche), attraverso cui è possibile costruire una concezione del socialismo come ‘integrale visione della storia’ non guidata da forze impersonali, ma da forze collettive operanti.

Attraverso la ricostruzione di questo percorso Monchietto giunge all’esposizione del Sorel più noto, quello delle Riflessioni sulla violenza. Il rifiuto della concezione unilineare del tempo storico e dell’idea di progresso, il rifiuto delle leggi della storia conseguono dalla singolare mossa soreliana di giocare Vico (il suo Vico) contro Hegel (e il marxismo che da Hegel non ha saputo liberarsi): la storia è il campo d’azione del caso, della contingenza e dei conflitti, la storia è rinascita e decadenza, la dialettica che l’attraversa deve comprendere il movimento, ma anche l’arresto. Di qui il recupero del concetto di catastrofe non come verità ultima dello sviluppo economico, ma come mito sociale; di qui tutta una serie di coppie concettuali che risentono profondamente dell’influsso bergsoniano (e delle coppie linguaggio/intuizione e tempo spazializzato/durata): utopia/mito, giacobinismo/sciopero generale, socialdemocrazia/sindacalismo, e ovviamente, quella più celebre forza/violenza. E di nuovo il cristianesimo primitivo diviene un importante termine di paragone: così come per il cristianesimo nascente l’evento fondamentale è stata la credenza nella risurrezione, l’evento fondamentale dei tempi moderni è il mito della catastrofe rivoluzionaria che Marx ha fornito al proletariato.

Di questo percorso tracciato da Sorel attraverso i suoi scritti Monchietto ci restituisce con sensibilità storica e teorica la complessità e la profondità. Ma non di semplice ricostruzione si tratta: in realtà non è difficile percepire in tutto lo scritto il tentativo di riattivare un passato rimosso o sconfitto, un passato che possa ridivenire presente, certo, in una forma nuova. E se in questo testo ciò appare tra le righe e ai margini, lasciando il centro alla bella ricostruzione storica del pensiero di Sorel, in un altro testo dell’autore è detto in modo più aperto ed esplicito: tentare di pensare oltre la critica postmoderna di ogni filosofia del tempo unico e del progresso, che Sorel ha anticipato con grande acutezza, una filosofia della storia altra,

costruita non per ‘telos’, non per ‘compimento’, ma costruita per ‘alternative’, succedersi di alternative, succedersi di opportunità e di occasioni che al tempo stesso aprono e chiudono nuove opportunità. Una Geschichtesphilosophie senza una trazione anteriore, senza un’attrazione del fine, ma una filosofia della storia dove ci sia spazio per la contingenza e per un orizzonte di possibilità6.

1 A. Gramsci, Quaderni del carcere, a cura di V. Gerratana, Torino, Einaudi, 1975, p. 470.

2 L. Althusser, Lettres a Franca, édité par Y. Moulier et F. Matheron, Paris, Stock/Imec, 1998, p. 623.

3 A. Gramsci, Quaderni del carcere, cit., p. 1923.

4 Ivi, pp. 330-332. Altrettanto acuta del resto è la critica dell’antispontaneismo astratto: «Trascurare e peggio disprezzare i movimenti così detti ‘spontanei’, cioè rinunziare a dar loro una direzione consapevole, ad elevarli ad un piano superiore inserendoli nella politica, può avere spesso conseguenze molto serie e gravi. Avviene quasi sempre che a un movimento ‘spontaneo’ delle classi subalterne si accompagna un movimento reazionario della destra della classe dominante, per motivi concomitanti: una crisi economica, per esempio, determina malcontento nelle classi subalterne e movimenti spontanei di massa da una parte, e dall’altra determina complotti dei gruppi reazionari che approfittano dell’indebolimento obbiettivo del governo per tentare dei colpi di Stato. Tra le cause efficienti di questi colpi di Stato è da porre la rinunzia dei gruppi responsabili a dare una direzione consapevole ai moti spontanei e a farli diventare quindi un fattore politico positivo. […] La concezione storico-politica scolastica e accademica, per cui è reale e degno solo quel moto che è consapevole al cento per cento e che anzi è determinato da un piano minutamente tracciato in antecedenza o che corrisponde (ciò che è lo stesso) alla teoria astratta. Ma la realtà è ricca delle combinazioni più bizzarre ed è il teorico che deve in questa bizzarria rintracciare la riprova della sua teoria, «tradurre» in linguaggio teorico gli elementi della vita storica, e non viceversa la realtà presentarsi secondo lo schema astratto. Questo non avverrà mai e quindi questa concezione non è che una espressione di passività» (Ivi, pp. 331-332).

5 Infra, p. 96.

6 A. Monchietto, Per una filosofia della potenzialità ontologica, Pistoia, Petite Plaisance, 2011, p. 45.

INDICE

Presentazione

di Vittorio Morfino

 

Introduzione

Tradizione e rivoluzione

 

Capitolo I

La crisi del codice deterministico

e la genesi psicologica dei fenomeni sociali

1. L’iniziale interesse sociologico

2. Le idee giuridiche nel marxismo

3. La scoperta delle istituzioni proletarie

 

Capitolo II

Fra ortodossia ed eresia marxista

1. Vico e la «dimensione condivisa dell’immaginazione»

2. Necessità e fatalismo nel marxismo

3. «Crisi del marxismo» e revisionismo soreliano

 

Capitolo III

Il lavoro del mito: per una nuova semantica collettiva

1. Progresso e deresponsabilizzazione

2. Il ruolo catartico dell’azione e la moralità della violenza

3. Immaginari sociali e immagini motrici

 

 

Conclusione

Bibliografia

Opere di Sorel

Raccolte di testi e Antologie

Carteggio

Opere su Sorel

Altre opere consultate

 

 

Indice dei nomi e delle opere
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Alessandro Monchietto

Per una filosofia della potenzialità ontologica

indicepresentazioneautoresintesi

1. Ghostbuster
2.  La veste scientifica della speranza
3. L’“infuturamento” della filosofia hegeliana
4. Una fenomenologia della schiavitù:
l’eterno ritorno dell’uguale
5. Una storia spogliata dalla propria forma storica
6. Metamorfosi della storia in destino
7. Marx pensatore della libera individualità?
8. L’«auto-soppressione» del capitalismo
9. Un Marx disinnescato
10. Il rabdomante
11. Ritirarsi nella sfera del lasciar stare
12. Avvenire rinviato per scarsa affluenza di pubblico
13. Una filosofia dell’impotenza
14. Combattere la morta positività del mondo
15. Le illusioni del progresso
16. Variare il coefficiente di inevitabilità:
una filosofia della potenzialità ontologica
17. Conclusione

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Carlo Formenti – La critica della società capitalistica non può non accompagnarsi a una critica radicale dell’ideologia “modernista” e della sua grottesca variante postmoderna, il “nuovismo”. Presentazione del libro di Carlo Formenti, «Oligarchi e plebei».

Formenti Carlo 02

Sinistra senza popolo,

popolo senza sinistra?

 

***

Sabato 26 maggio, ore 10,30

presso il Polo del ‘900

Sala didattica di Palazzo San Daniele

Via del Carmine, 14  – Torino

***

Presentazione del volume di

Carlo Formenti

Oligarchi e plebei

 

Ne discuterà con l’autore Alessandro Monchietto (ANPPIA)

Presiede e modera Bruno Segre, Presidente dell’ANPPIA

LOGO ANPPIA

giordano bruno

partener

 

 Logo-Adobe-Acrobat-300x293  Locandina_Presentazione Oligarchi e plebei



Oligarchi e plebei

Carlo Formenti,

Oligarchi e plebei. Diario di un conflitto globale

Mimesis edizioni, 2018.

logo Mimesis

 

Quali sono le nuove forme di dominio esercitate dal capitalismo sui più deboli? Quali strategie di resistenza sono state escogitate dalle classi subalterne per difendersi da condizioni di vita sempre più critiche? Come nascono i nuovi populismi di destra e di sinistra e quali prerogative li caratterizzano? Carlo Formenti prosegue la sua opera di analisi dei conflitti fra élite globali con una raccolta di saggi che intende commentare in presa diretta i principali eventi occorsi negli ultimi anni in ambito sociale, politico e finanziario. Economia, lavoro, tecnologia, ideologie, guerra, populismi, America Latina, polemiche. Suddiviso in otto sezioni, il volume organizza un percorso cronologico e tematico all’interno dei grandi argomenti della contemporaneità, per raccontare cosa sta accadendo sul fronte della lotta di classe e del conflitto globale e per provare a ipotizzare alcuni possibili scenari futuri.


Carlo Formenti è nato nel 1947 a Zurigo. Laureato in scienze politiche, è giornalista (ha collaborato con “Alfabeta”, “L’Europeo”, “Il Corriere della Sera”), docente universitario (ha insegnato Teoria dei nuovi media all’Università di Lecce), blogger (su Micromega online). Tra le sue pubblicazioni si segnala: La fine del valore d’uso (1980); Incantati dalla Rete (2000); Mercanti di futuro (2002); Felici e sfruttati (2011); Utopie letali (2013); La variante populista (2016).


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di Giovanni Iozzoli


Alcuni libri di Carlo Formenti

La variante populista

La variante populista

Felici e sfruttati

Felici e sfruttati

Incantati dalla rete

Incantati dalla rete

La fine del valore d'uso

La fine del valore d’uso

Mercanti di futuro

Mercanti di futuro

Oligarchi e plebei

Oligarchi e plebei

Piccole apocalissi

Piccole apocalissi

Utopie letali

Utopie letali



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Koinè – Quale progettualità? Cerchiamo di percorrere, in maniera umanisticamente fondata, l’orizzonte progettuale per delineare le strutture di base di un futuro modo di produzione comunitario non più incentrato sulla privatezza e sulla mercificazione dei rapporti umani.

Quale progettualità invito

Lorenzo Dorato, Antonio Fiocco, Luca Grecchi,  Claudio Lucchini, Alessandro Monchietto,
Alessandro Pallassini, Giacomo Pezzano


Ci rivolgiamo a lettori che vogliano imparare qualcosa di nuovo,
che dunque vogliano pure pensare da sé.
Karl Marx

 

Quale progettualità

Quale progettualità?

indicepresentazioneautoresintesi


Koiné, Periodico culturale, Anno XXIII – NN° 1-4 Gennaio-Dicembre 2016, Reg. Trib. di Pistoia n° 2/93 del 16/2/93. Direttore responsabile: Carmine Fiorillo. Direttore: Luca Grecchi.


Hanno contribuito e reso possibile la pubblicazione di questo numero di Koiné:

Olivia Campana, Francisco Canepa, Stella Maria Congiu, Lorenzo Dorato, Antonio Fiocco, Carmine Fiorillo, Luca Grecchi, Claudio Lucchini, Alessandro Monchietto, Alessandro Pallassini, Giacomo Pezzano, Giancarlo Paciello, Ilaria Rabatti, Emilia Savi


Intenzioni

Questo numero della rivista Koinè si occupa di affrontare il tema oggi più importante sul piano filosofico politico: il tema della progettualità. Da oltre un secolo a questa parte la critica all’attuale modo di produzione sociale, pur nelle sue molteplici e mutevoli modalità, è stata nella sostanza effettuata. Ciò che resta ancora da fare è cercare di percorrere, in maniera umanisticamente fondata (ossia basandosi sulla natura umana), l’orizzonte progettuale, ossia delineare le strutture di base di un futuro modo di produzione comunitario finalizzato alla buona vita di tutti, non più incentrato sulla privatezza e sulla mercificazione dei rapporti umani. Senza uno sguardo realistico su come il nostro mondo può essere, difficilmente, infatti, si potranno condividere modifiche radicali delle nostre modalità di vita. Ciò richiede, oltre a competenze specifiche, educazione filosofica e capacità dialettica: quanto questo numero della rivista vorrebbe contribuire a formare.

Koinè


Indice

 

Luca Grecchi, Sulla progettualità

Alessandro Monchietto, Quale progettualità? A partire da alcune considerazioni di Luca Grecchi

Claudio Lucchini, La progettualità comunista tra utopia concreta e necessità di funzionamento quotidiano

Antonio Fiocco, Difendere in tutti i modi la progettualità

Alessandro Pallassini, Note marginali per la progettazione di un comunismo della finitezza a partire da Spinoza

Luca Grecchi,, Perché la progettualità

Claudio Lucchini, Annotazioni sulla progettabilità del bene etico-sociale e sulla determinatezza materiale-naturale dell’uomo

Lorenzo Dorato,, La progettualità come necessaria riflessione

sui destini collettivi e sociali

Giacomo Pezzano,, Commento all’articolo di Luca Grecchi “Sulla progettualità”

Commento all’articolo di Luca Grecchi “Perché la progettualità?”

Luca Grecchi, Nel merito dei commenti di Giacomo Pezzano

Giacomo Pezzano, Il vero punto filosofico da scavare è che cosa si voglia intendere con “progettualità”

Luca Grecchi, Una prima conclusione sulla progettualità


Una rivista ha bisogno di tempo per nascere e per crescere

Ha bisogno soprattutto di un particolare complesso di elementi spirituali, culturali, sociali nel cui seno l’idea stessa possa germinare e trovare alimento per il suo sviluppo. Occore poi uno stimolo, un impulso capace di attivare sensibilità intelletuali, offrendo prospettive culturali capaci di intercettare le autentiche domande di senso e di tentare risposte originali e pertinenti. Per cercare di costruire nuovi orizzonti di senso occorre in primo luogo non accettare quanto sostengono i profeti dell’avvento di un mondo senza Spirito, un mondo cioè di individui non più formati dalla memoria di tradizioni e culture anteriori, e perciò in totale balìa dell’immediatezza degli eventi, senza un’identità etica e sociale ed una struttura morale a cui riferirli. Mentre lavoriamo intorno alla definizione di ogni numero di Koinè, impariamo abbastanza da trovarla insufficiente. Impariamo quanto sia inadeguato oggi anche il più vasto sapere se rimane esclusivamente specialistico. In ogni libro è racchiusa una scommessa contro l’oblio, una sfida contro il silenzio.


Il bisogno di progettare, nell’uomo,

non è un fatto accidentale, ma essenziale,

in quanto corrisponde alla sua originaria natura

«Il bisogno di progettare, nell’uomo, non è un fatto accidentale, ma essenziale, in quanto corrisponde alla sua originaria natura. Il progettare è possibile ed ha senso solo in presenza e in vista del futuro. La “fame di futuro” è fame di progettualità […] L’uomo è un essere progettuale. Il progetto spinge a impegnarsi per cambiare lo stato di cose presente. La carenza di progettazione sociale è segno di fuga dalla vita, perché realizzare il fine richiede impegno, dedizione, pazienza, sofferenza, sacrificio. […] Non può costruirsi una società comunitaria senza un’azione parallela mirante a trasformare contemporaneamente le condizioni esterne e le coscienze. Perché vi sia autentica comunità occorre sviluppare una coscienza comunitaria. Il principio fondamentale che regge l’intero edificio comunitario […] è proprio l’humanitas, ossia la coscienza del valore e della dignità degli uomini, di tutti gli uomini, e del loro comune destino».

Cosimo Quarta

 


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Giacomo Pezzano – «Koinè»: Il vero punto filosofico da scavare è che cosa si voglia intendere con “progettualità”

Giacomo Pezzano

Koinè


Una rivista ha bisogno di tempo per nascere e per crescere. Ha bisogno soprattutto di un particolare complesso di elementi spirituali, culturali, sociali nel cui seno l’idea stessa possa germinare e trovare alimento per il suo sviluppo.


Koinè, Periodico culturale, Anno XXIII, NN° 1-4, Gennaio-Dicembre 2016, Reg. Trib. di Pistoia n° 2/93 del 16/2/93. Direttore responsabile: Carmine Fiorillo.

Direttori: Luca GrecchiCarmine Fiorillo

Ci rivolgiamo a lettori che vogliano imparare qualcosa di nuovo,
che dunque vogliano pure pensare da sé.

Karl Marx

Giacomo Pezzano

Il vero punto filosofico da scavare è
che cosa si voglia intendere con “progettualità”

«Provo allora ad andare avanti rispondendo a Luca, che intanto ringrazio per aver letto ciò che ho scritto, cosa mai scontata. Parto dal suo 3), che poi è anche collegato a un punto di 1). Davvero la conditio sine qua non è costruire un macroedificio? Come ho già detto, credo che spetti a chi sostiene che ciò possa o vada fatto di “tenere botta”. Soprattutto perché Luca ha un modo di intendere il macroedificio che è peculiare, quindi il macroedificio che io a oggi posso avere in mente (posto che sarò in grado di farlo o ne avrò la possibilità) potrebbe già essere non un macroedificio nella sua prospettiva.
E vado allora direttamente a 1). Ci si scontra proprio con il cuore della faccenda: si può avere uno stesso fine? E che cosa significa? Dubito anche io che i filosofi in quanto filosofi possano condividere un problema e un fine. Infatti è per questo che sono molto recalcitrante a entrare filosoficamente (sottolineo) in un tema come quello della progettualità, perché è già impostato a partire da una specifica cornice concettuale (quella di Luca, in questo caso), e come prima cosa richiederebbe proprio di discutere la progettualità stessa. Perché è proprio il perno (Costanzo avrebbe detto l’intuizione olistica di fondo) di tutto il discorso di Luca, ciò che Luca non spiega mai perché è proprio ciò che lo spinge a pensare.
Ma io è proprio quel perno lì che trovo non convincente, o perlomeno non accettabile senza essere tematizzato. E so bene che non è un lavoro che Luca può fare, perché un filosofo dice quel che dice, non può anche spiegare perché lo dice, cosa che in genere fa un altro filosofo di lui dopo di lui. Il che – sia chiaro – è proprio un modo per prendere filosoficamente Luca sul serio, riconoscendogli la specificità di un problema posto e affrontato.
In realtà credo che quanto ho appena scritto è troppo condensato per risultare davvero chiaro. E potrebbe sembrare un modo per dire “inutile avendo un problema diverso dire qualcosa su un altro problema”, ossia sulle specifiche posizioni di Luca. E potrebbe essere – ripeto – tacciato di essere un semplice “trucco ideologico”, tanto che Luca appunto dice che io sono protagonista di un’antipatia ermeneutica di origine storico-sociale. A dire: tu sei solo un figlio inconsapevole del tuo tempo.
Passo allora a 2), che è appunto l’ingresso più diretto in ciò che dice Luca.
…» [… Leggi tutto il saggio aprendo il PDF qui sotto]

Giacomo Pezzano

Giacomo Pezzano,
Il vero punto filosofico da scavare è
che cosa si voglia intendere con “progettualità”



Gli altri interventi
Luca Grecchi, Sulla progettualità
Alessandro Monchietto,
Quale progettualità? A partire da alcune considerazioni di Luca Grecchi
Claudio Lucchini – La progettualità comunista tra utopia concreta e necessità di funzionamento quotidiano.
Antonio Fiocco, Difendere in tutti i modi la progettualità.
Alessandro Pallassini – Note marginali per la progettazione di un comunismo della finitezza a partire da Spinoza.
Luca Grecchi – Perché la progettualità?
Claudio Lucchini – Annotazioni sulla progettabilità del bene etico-sociale e sulla determinatezza materiale-naturale dell’uomo
Giacomo Pezzano / Luca Grecchi – «Commenti» [Commento all’articolo di Luca Grecchi, Sulla progettualità – Commento all’articolo di Luca Grecchi, Perché la progettualità?]
Luca Grecchi – «Commenti» [Nel merito dei commenti di Giacomo Pezzano]
Lorenzo Dorato – «Koinè»: La progettualità come necessaria riflessione sui destini collettivi e sociali.

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Lorenzo Dorato – «Koinè»: La progettualità come necessaria riflessione sui destini collettivi e sociali.

Lorenzo Dorato

Koinè


Una rivista ha bisogno di tempo per nascere e per crescere. Ha bisogno soprattutto di un particolare complesso di elementi spirituali, culturali, sociali nel cui seno l’idea stessa possa germinare e trovare alimento per il suo sviluppo.


Koinè, Periodico culturale, Anno XXIII, NN° 1-4, Gennaio-Dicembre 2016, Reg. Trib. di Pistoia n° 2/93 del 16/2/93. Direttore responsabile: Carmine Fiorillo.

Direttori: Luca GrecchiCarmine Fiorillo

Ci rivolgiamo a lettori che vogliano imparare qualcosa di nuovo,
che dunque vogliano pure pensare da sé.

Karl Marx

Lorenzo Dorato

La progettualità come necessaria riflessione
sui destini collettivi e sociali

«Ho letto con attenzione le pagine scritte da Luca Grecchi sul tema della progettualità come elemento necessario di una prospettiva filosofica e politica profonda. Ho poi letto a seguire la risposta di Alessandro Monchietto e la nuova replica articolata di Luca. Ho avuto anche il piacere di leggere tutti gli altri interventi e ringrazio tutti per il loro prezioso contributo. Molti interventi hanno fortemente sollecitato il mio interesse e la mia riflessione.  Reputo infatti la questione trattata della massima importanza per almeno due motivi.
In primo luogo perché la progettualità è l’assente per eccellenza nella gran parte delle visioni antagoniste oggi egemoni nell’ultraminoritario panorama delle idee e delle proposte politiche di opposizione al sistema di relazioni sociali dominante. Un vuoto che, come avrò modo di argomentare, ha comportato gravi conseguenze sulla capacità delle proposte antagoniste di ritagliarsi uno spazio sociale di esistenza.
In secondo luogo la questione trattata è decisiva perché un chiarimento sul significato, sui confini e sui contenuti della progettualità è la condizione necessaria per poter camminare insieme, in modo proficuo e sensato, su un percorso serio di ricerca e proposta filosofica e  politica non accontentandosi di condividere una pur sincera, ma generica opposizione al capitalismo.
Le righe che seguono, e che cercherò di rendere più brevi possibili compatibilmente con il fine della chiarezza e dell’esaustività, cercheranno di seguire il duplice binario aperto da Luca Grecchi  nel primo intervento in modo implicito e poi esplicitato da Alessandro e nuovamente seguito dagli altri interventi: la natura umana e la verità come premessa filosofica e la conoscibilità, i contenuti e i limiti della progettualità filosofico-politica.
Premetto subito che, per via della mia formazione non strettamente filosofica, fatico a seguire il dibattito sul terreno della ricostruzione del pensiero filosofico dei grandi autori classici. Cercherò quindi di evitare di impegalarmi nella “corretta” interpretazione del concetto di verità in Hegel o in Platone e Aristotele, e procederò, con un linguaggio meno filosofico alla radice del concetto per come lo intendo cercando di apportare anche utili esempi. Sia chiaro che questo “abbassamento” o meglio “semplificazione” del piano dialogico non vuole sottointendere una presunta inutilità del dibattito filologico o dell’ispirazione filosofica legata a sistemi di pensiero che la storia della filosofia ci insegna. È solo il mio personale modo di procedere dovuto principalmente ai limiti della mia formazione, ma anche ad una esigenza di immediatezza del confronto che sento impellente …» [… Leggi tutto il saggio aprendo il PDF qui sotto]

Lorenzo Dorato

Lorenzo Dorato,
La progettualità come necessaria riflessione sui destini collettivi e sociali



Gli altri interventi
Luca Grecchi, Sulla progettualità
Alessandro Monchietto,
Quale progettualità? A partire da alcune considerazioni di Luca Grecchi
Claudio Lucchini – La progettualità comunista tra utopia concreta e necessità di funzionamento quotidiano.
Antonio Fiocco, Difendere in tutti i modi la progettualità.
Alessandro Pallassini – Note marginali per la progettazione di un comunismo della finitezza a partire da Spinoza.
Luca Grecchi – Perché la progettualità?
Claudio Lucchini – Annotazioni sulla progettabilità del bene etico-sociale e sulla determinatezza materiale-naturale dell’uomo
Giacomo Pezzano / Luca Grecchi – «Commenti» [Commento all’articolo di Luca Grecchi, Sulla progettualità – Commento all’articolo di Luca Grecchi, Perché la progettualità?]
Luca Grecchi – «Commenti» [Nel merito dei commenti di Giacomo Pezzano]

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