Arianna Fermani – «Pentagramma aristotelico. Anche qui ci sono dèi ». Una silloge che prova a far risuonare le varie “corde” del sistema del Filosofo come una sinfonia. Gli Antichi, e Aristotele nello specifico, ci insegnano che per essere felici dobbiamo «saperci suonare” e imparare a realizzarci “in molti modi”. Il libro si offre ad un’armonica riflessione, come in un pentagramma, con cinque movimenti.




Premessa

 Se c’è una costante nel pensiero aristotelico, al di là delle sue innumerevoli declinazioni e delle sue infinite modulazioni, essa va rinvenuta nell’attenzione al dato fenomenico, ovvero a ciò che appare, a quello che si vede. Come si legge in Topici I, 11, 105a5-7, infatti, in un passo dotato di grande realismo e bella espressione di un sano “atteggiamento economico”: «quelli che sono in dubbio sul fatto che la neve sia bianca oppure no hanno semplicemente bisogno di guardarla».

Analogamente, nell’Etica Nicomchea1, il Filosofo stigmatizza la teoria socratica secondo la quale è impossibile fare consapevolmente il male, ricordando che: «un tale ragionamento contraddice i fatti in modo lampante». Si tratta di affermazioni che restituiscono a pieno quello che è stato giustamente definito come un tratto tipico della forma mentis greca: «i Greci si distinguono per un atteggiamento realistico-pragmatico nei riguardi della vita. Essi si confrontano con il mondo così come è fatto»2.

Questo “pentagramma aristotelico” prova, dunque, a far risuonare le varie “corde” del sistema del Filosofo a partire dalla presa d’atto che la riflessione dello Stagirita non si può comprendere se non a partire dalle sue “sane e profonde radici nella vita”.

Un sistema ricco e articolato, quello di Aristotele, fatto di numerose distinzioni ma mai di “separazioni”, costantemente “aperto” alla “provocazione” e sempre all’ascolto di tutte le note del reale, anche di quelle dissonanti, sempre pronto ad accettare le “sfide del visibile”, disposto ad osservare da vicino il mondo in tutte le sue pieghe, “deangolando” costantemente lo sguardo tra prospettive diverse e scorrendo su e giù tra i piani dell’“in sé” e del “per noi”.

In questa raccolta di scritti si prova a spaziare da questioni di carattere metodologico (come nel saggio dal titolo Quale “sistema” e quale “sistematicità” in Aristotele?), a riflessioni sul possibile intreccio dei due piani dell’immanenza e della trascendenza all’interno della riflessione etica del Filosofo, all’indagine sul senso e sui limiti di quella fondamentale dimensione utopica che, anche in Platone, aveva rappresentato uno dei nodi teorici e problematici più significativi, per approdare, da un lato, a una indagine sull’attualità del pensiero di Aristotele e sull’ineludibilità della ricerca filosofica e, dall’altra, a uno scavo del fondamentale tema della σχολή, ovvero di quel tempo, parimenti, libero e decisivo della (e per la) nostra esistenza.

All’interno di tali tematiche e di tali linee teoriche generali, che si muovono sul terreno ontologico e metafisico, gnoselogico-epistemologico, etico e politico, si situano riflessioni sull’intreccio tra le dimensioni del visibile e dell’invisibile, di divino e umano, ideale e reale, intero-parti, assoluto e relativo, necessario e bello.

Tale “pentagramma” prova a restituire, sulla scorta di quel paradigma del Multifocal Approach che già su molti terreni ha trovato conferme e verifiche, alcuni tratti della polifonia di una riflessione, come quella aristotelica, in cui la pluralità delle prospettive non solo non viene mai soffocata o anche solo semplicemente ridotta, ma in cui convivono, in modo non contraddittorio, prospettive opposte. Tra di esse, solo per citare un esempio, l’invito ad “immortalarsi”, da un lato, e a “umanizzarsi” dall’altro, a nutrire la propria “fame di cielo” e, insieme, quello a soddisfare l’esigenza del proprio radicamento a terra. «Questo, peraltro, è esattamente ciò che fece nella sua prassi e nella sua esperienza quotidiana di scienziato lo stesso Aristotele, il teorizzatore del motore immobile, l’elaboratore di una teoria elevatissima come quella di un Dio come “pensiero di pensiero” e, insieme, il collezionista di pesci, l’acuto osservatore della natura in tutte le sue manifestazioni, il ricercatore insaziabile»3.

D’altronde, come ci ricorda Diogene Laerzio, «il sapiente amerà, parteciperà alla vita po­litica, si sposerà»4. Si tratta di un dato apparentemente banale ma, in realtà, essenziale per la comprensione e per la riuscita della nostra esistenza: come una sinfonia non può nascere da un solo suono, così, come ci insegnano gli Antichi e Aristotele nello specifico, per essere felici dobbiamo “saperci suonare” e – facendo riferimento anche all’insegnamento del mio indimenticabile maestro Maurizio Migliori –, imparare a realizzarci in molti modi.

1 Aristotele, Etica Nicomachea VII, 1145 b 27-28.

2 U. Wolf, Die Suche nach dem guten Leben, Rowohlt Taschenbuch, Verlag GmbH 1996; trad. it. G. Mancuso: La filosofia come ricerca della felicità, Raffaello Cortina Editore, Milano 2001, p. 22.

3 Cfr., in Pentagramma aristotelico, p. 84.

4 Diogene Laerzio, Vite dei Filosofi, V, 1, 32.


L’autrice

Arianna Fermani insegna Storia della Filosofia Antica all’Università di Macerata. Tra le sue pubblicazioni: Aristotele, Il giudizio etico. Imparare a distinguere il bene e il male per vivere felici, a cura di A. Fermani, Morcelliana, Brescia 2023; Virtù, Unicopli, Milano 2021; Aristotele e l’infinità del male. Pa­timenti, vizi e debolezze degli esseri umani, Morcelliana 2019; Vita felice umana. In dialogo con Platone e Aristotele, prefazione di S. Natoli, Eum 2019; L’etica di Aristotele. Il mondo della vita umana, Morcelliana 2012; By the Sophists to Aristotle through Plato. The necessity and utility of a Multifocal Approach, E. Cattanei, A. Fermani, M. Migliori (eds.), Academia Verlag 2016. Ha tradotto integralmente le Etiche di Aristotele (Aristotele, Le tre Etiche, Bompiani 2008, Giunti 2018, più volte riedito), Topici e Confutazioni Sofistiche (in Organon, Bompiani 2016). Insieme a Maurizio Migliori ha curato il manuale Filosofia antica. Una prospettiva multifocale, Morcelliana Brescia 2020. Con “petite plaisance” ha già pubblicato, tra gli altri, Equità e giustizia dal volto umano. Aristotele tra νόμος e φρόνησις; Economia e felicità. Del buon uso della ricchezza in Aristotele (2023); Concedetemi di diventare bello dentro. Viaggio alato nel Fedro di Platone; Desiderio. Navigazioni filosofiche tra le parole greche di desiderio (2024)

 Ecco, cliccando qui, l’elenco delle sue pubblicazioni


Alcuni dei libri di Arianna Fermani


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Aristotele – «La ricerca psicologica». Antologia, scelta, introduzione e note di Diego Lanza. Posfazione di Lucia Palpacelli: «Psyché: una realtà dalla profondità insondabile»

Aristotele, La ricerca psicologica. Antologia, Scelta, introduzione e note di Diego Lanza. Postfazione di Lucia Palpacelli: «Psyché: una realtà dalla profondità insondabile».

ISBN 978-88-7588- 387-4, 2024, pp. 224, formato 140×210 mm., Euro 20 – Collana “il giogo” [175]. In copertina: Joan Mirò, Ciphers and Constellations in Love with a Woman, 1941, Art Institute of Chicago, Chicago, Illinois.


Sinossi

Questa antologia degli scritti psicologici aristotelici a cura di Diego Lanza è preziosa perché ci guida con perizia alla scoperta di un «oggetto illustre e ingombrante», quale la psyché: «Il soffio vitale, la vita, quindi anche l’anima secondo il tradizionale significato di entità legata al corpo». Aristotele studia l’anima a partire da una prospettiva del tutto nuova nella sua epoca: la analizza come oggetto della scienza della natura e apre quindi il suo studio a «un nuovo campo di fenomeni, quelli appunto che interessano contemporaneamente anima e corpo».
Lucia Palpacelli, nella postfazione all’antologia, intreccia con Diego Lanza un ideale e importante dialogo dialettico che tocca i punti nevralgici dell’analisi aristotelica intorno alla psyché. Un tale riattraversamento mostra come i problemi evidenziati da Lanza continuino a nutrire il dibattito critico odierno; inoltre coglie, nell’atteggiamento aristotelico rispetto all’anima, un insegnamento che è un “possesso per sempre”: «Gli Antichi continuano a insegnarci il modo di guardare e interrogare il mondo e noi stessi, gesto profondamente ed esclusivamente umano e che ci fa riscoprire nella bellezza di essere esseri umani».


Diego Lanza

Diego Lanza (1937-2018), grecista e accademico dei Lincei, già titolare della cattedra di Letteratura greca all’Università di Pavia. Studioso di rara sensibilità, nel corso della sua prolifica carriera ha curato edizioni con commento di Anassagora e Aristotele e ha contribuito a opere collettive come Lo spazio letterario della Grecia antica (1992-1996) e I Greci. Storia, cultura, arte, società 1996-2002). È autore di opere e saggi di grande respiro storico-letterario. Nel 2013 esce Interrogare il passato. Lo studio dell’antico tra Ottocento e Novecento, e nel 2017 Tempo senza tempo. La riflessione sul mito dal Settecento ad oggi. Nel 2018 Bompiani ha pubblicato la nuova edizione delle Opere biologiche di Aristotele a cura di Lanza/Vegetti, con il titolo Aristotele, La vita. Testo greco a fronte. Nel 2019 vedono nuova luce La disciplina dell’emozione e Lo stolto. Di Socrate, Eulenspiegel, Pinocchio e altri trasgressori del senso comune; nel 2020 Il tiranno e il suo pubblico; nel 2022 Nous e thanatos. Scritti su Anassagora e sulla filosofia antica; nel 2023 Dramata I. Scritti sulla drammaturgia euripidea, Dramata II. Scritti sulla tragedia antica e le teorie del tragico, Dramata III. Scritti sulla commedia antica; sua unica prova narrativa, uscito postumo, Il gatto di piazza Wagner (2019).


Lucia Palpacelli

Lucia Palpacelli è docente di Storia della Filosofia Antica all’Università di Macerata. Per Bompiani ha curato l’appendice bibliografica e lessicografica del volume di Aristotele, Fisica (2011); la revisione, aggiornamento e saggio bibliografico del volume di Aristotele, La generazione e la corruzione (2013) e il saggio introduttivo, traduzione e note del De interpretatione all’interno dell’Organon aristotelico (2016). Tra i suoi scritti: L’Eutidemo di Platone. Una commedia straordinariamente seria (2009); Aristotele interprete di Platone. Anima e cosmo (2013); Zenone di Elea. Frammenti e testimonianze (2022).



Abbiamo pubblicato di Diego Lanza …

Pubblicazioni di Lucia Palpacelli

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M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Claudia Baracchi – «Aristotele. Il pensiero e l’animale». L’appassionata, inedita riflessione, della studiosa che ha saputo «affinare l’ascolto» del pensiero di Aristotele tra “logos” e “nous”. Qui una pagina su “desiderio”, sulla domanda del “desiderio” che è domanda su di sé, su “vera eccellenza” e “mera continenza”.

Claudia Baracchi, Aristotele. Il pensiero e l’animale, Feltrinelli, Milano 2023


Aristotele è l’erede per eccellenza. Nessuno ha valorizzato di più i predecessori, riconoscendo il debito nei loro confronti. La sua è una grande lezione sul pieno e sul vuoto della trasmissione, sulla consapevolezza di appartenere a un tempo e a un luogo in cui riecheggiano altri tempi e altri luoghi.


Cosa può significare, oggi, ereditare Aristotele? È possibile accogliere l’antico senza finire vittime della commemorazione, intrappolati nei tediosi codici del canone? O non è forse tempo di disfarci di figure ingombranti del passato, proprio per emanciparci e far spazio al futuro? Eppure il passato non ha esaurito il suo corso vitale, non è stato compreso a fondo. Potrebbe così accadere che le figure dell’antico ci appaiano meno evidenti del previsto, che a ben vedere non si prestino a sommarie riduzioni. Ereditare, di Aristotele, insieme a dottrine e assiomi anche i dubbi, le aperture, il mutismo, comporta prendere atto che la persistenza dei problemi non indica fallimento o paralisi. È un segnale della gravità delle domande fondamentali e della serietà richiesta nell’affrontarle. Comporta disimparare l’Aristotele ricevuto, sottrarlo dall’edificio della trasmissione tradizionale, riconoscere impasse e difficoltà, affinare l’ascolto. E, così facendo, tentare di cogliere nella parola antica l’alterità, la lontananza, ciò che deve essere ancora udito e che, forse, resta a venire. Nella coscienza che la cristallina elaborazione del pensiero razionale si fonda nella vita, non viceversa; e che la vita, a un tempo vulnerabile e immensa, resta indefinitamente eccedente rispetto al logos che pure la attraversa e le appartiene.



Curriculum vitae della Professoressa Claudia Baracchi

Claudia Baracchi


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Menandro – «Com’è piacevole l’uomo, quando è uomo». Cecilio Stazio dirà che «l’uomo per l’uomo è un dio, se conosce il suo dovere». E Plinio il Vecchio aggiunge: «Essere dio, per un mortale, significa aiutare un altro mortale». Udiamo qui l’eco della filosofia di Aristotele e della sua etica.


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Mario Vegetti – «L’io, l’anima, il soggetto». Se la crisi del soggetto moderno non sembra aver scalfito più che tanto un senso comune depositato e robustamente consolidato nella teoria aristotelica, l’uno e l’altra tornano a evocare, per contrasto, il vecchio e a più riprese sconfitto avversario platonico.

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Arianna Fermani – «Equità e giustizia dal volto umano. Aristotele tra nomos e phronesis». La radice ontologica della philia è anche la radice ontologica della giustizia. Chi ha bisogno di giustizia è anche capace di philia, e chi vive di philia non tollera l’ingiustizia. Giustizia e philia rappresentano ciascuno la misura dell’altro: la giustizia è infatti la misura della philia, e la philia è la pietra angolare della libera comunità umana.

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Aristotele (384-322 a.C.) – La mano di Aristotele: più intelligente dev’essere colui che sa opportunamente servirsi del maggior numero di strumenti; la mano costituisce non uno ma più strumenti, è uno strumento preposto ad altri strumenti.

Aristotele - La mano

s-l225

«La specializzazione della mano significa lo strumento:
e strumento significa l’attività umana specifica.
La mano dell'uomo è altamente perfezionata
dal lavoro di centinaia di migliaia di anni...
Nessuna mano di scimmia ha mai prodotto il più rozzo coltello di pietra...
La mano dell'uomo ha raggiunto quell'alto grado di perfezione...
solo attraverso il lavoro...
E l’uomo ha fatto tutto ciò, innanzitutto ed essenzialmente,
per mezzo della mano».

F. Engels,
Dialettica della natura,
Editori Riuniti, Roma, 19713, pagg. 49-50

«Anassagora afferma che l’uomo è il più intelligente degli animali grazie all’aver mani; è invece ragionevole dire che ha ottenuto le mani perché è il più intelligente. Le mani sono infatti uno strumento, e la natura, come farebbe una persona intelligente, attribuisce sempre ciascuno di essi a chi può servirsene; giacché è più conveniente dare flauti a chi è già flautista, che non attribuire l’arte del flauto a chi possiede flauti. La natura attribuisce ciò che è minore a ciò che è maggiore e più importante, non il più nobile e il maggiore al minore. Se dunque questa è la via migliore, e la natura nel campo delle possibilità realizza quella migliore, allora non è che l’uomo sia il più intelligente grazie alle mani, ma ha le mani grazie all’esser il più intelligente degli animali. E il più intelligente dev’essere colui che sa opportunamente servirsi del maggior numero di strumenti; ora la mano sembra costituire non uno ma più strumenti: in un certo senso essa è uno strumento preposto ad altri strumenti. A colui dunque che è in grado di impadronirsi del maggior numero di tecniche la natura ha dato, con la mano, lo strumento in grado di utilizzare il più gran numero di altri strumenti.
Quanto a coloro che sostengono che l’uomo non è costituito bene, anzi peggio di tutti gli altri animali (dicono infatti che non ha protezione per i piedi, è nudo e sprovvisto di armi da combattimento), il loro discorso non è corretto. Gli altri animali hanno un solo mezzo di difesa, e non è loro concesso di sostituirlo con un altro, anzi devono dormire e fare qualsiasi altra cosa tenendo sempre, per cosÌ dire, le scarpe ai piedi, cioè senza deporre la corazza che hanno sul corpo, né possono cambiare l’arma che gli è toccata in sorte.
All’uomo, invece, sono concessi molti mezzi di difesa, ed egli può sempre mutarli, adottando inoltre l’arma che vuole e quando la vuole. La mano infatti può diventare artiglio, chela, corno, o anche lancia, spada e ogni altra arma o strumento: tutto ciò può essere perché tutto può afferrare e impugnare.
Anche la forma della mano è stata dalla natura congegnata in questo senso. Essa è articolabile e divisa in più parti, perché nella divisione è implicita anche la capacità di coesione, mentre la prima non è implicita nella seconda. Ed è possibile servirsene come di un sol organo, di due o di molti»

Aristotele,
Opere biologiche, Le parti degli animali, Libro IV, 687a-687b,
a cura di Diego Lanza e Mario Vegetti
Utet, 1971, pp. 710-711.


 

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Aristotele – «Protreptico. Esortazione alla filosofia». Vivere la passione filosofica significa «vivere profondamente ed intensamente». Filosofare è pratica di felicità. La felicità della vita non consiste nel possesso di grandi sostanze, quanto piuttosto nel trovarsi in una buona condizione dell’anima.

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Come scrive Aristotele, dipende da noi essere o non essere persone corrette, dipende da noi il “no”, come il “sì”, dipende da noi anche il non agire, quando esso è vergognoso. Ma dipende da noi anche non commettere atti di omissione, di velata ma intenzionale “dimenticanza”, di lacunosa considerazione dell’«altro», di colposa disattenzione, di mancata realizzazione della giustizia, di non attuato adempimento del bene comune.



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Lucia Palpacelli – Aisthesis come “scienza del particolare”: la sensazione nel «De anima» di Aristotele

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