Costanzo Preve (1943 – 2013) – La ricerca della visibilità a tutti i costi è illusoria. L’impegno intellettuale e morale, conoscitivo e pratico, deve essere esercitato direttamente. Saremo giudicati solo dalle nostre opere.
Salvatore A. Bravo
Vogliamo ricordare l’uomo e il filosofo che, con la sua resistenza al capitalismo speculativo, ha testimoniato che è possibile vivere diversamente dal nietzschiano “ultimo uomo”. È sceso nelle profondità sistemiche della nostra epoca e scandagliato filosoficamente la genesi dell’odierno economicismo nichilistico.
Il 23 novembre del 2013, cinque anni fa moriva Costanzo Preve.
Vogliamo ricordare un uomo, un filosofo che ha testimoniato la resistenza ai poteri, e specialmente al capitalismo speculativo, come Preve definiva l’attuale fase del capitalismo. Nei suoi innumerevoli scritti ha denunciato il nichilismo, l’alienazione della natura umana; la quale, da essere per sua natura di ordine simbolico, è ridotta ad essere ad una funzione dell’immenso organismo cannibalico del capitalismo assoluto.
La Bestimmung, la resistenza attiva e propositiva, come vocazione duratura, è stata la stella polare di un’esistenza che ha vissuto in pienezza la sua resistenza.
La Filosofia è sempre Filosofia del presente, affermava Preve, ovvero è risposta alle contingenze storiche nell’alveo della tradizione veritativa della Filosofia.
La passione durevole per la Filosofia e per la politica sono state la sua catabasi, la discesa nell’agorà, sempre con l’intento di guardare in pieno viso il nichilismo del capitalismo speculativo/capitalismo assoluto, sciolto da ogni legame, curvato sull’illimitatezza, sul saccheggio ordinario non tanto delle finanze, ma della natura umana (Gattungswesen).
Per Costanzo Preve il mondo accademico della Filosofia aveva rinunciato alla Filosofia così come al suo fondamento veritativo.
Il nichilismo del capitalismo speculativo è stato l’oggetto dei suoi studi, ma non secondaria è stata la denuncia dell’asservimento dello specialismo accademico al capitalismo assoluto: in nome di una falsa libertà deregolamentata, perché senza fondamento, il mondo accademico è diventato lo sgabello del capitale, così come le “sinistre” dei soli diritti individuali.
Costanzo Preve si è sottratto a tali logiche. Ha vissuto la marginalità cui veniva sospinto il suo pensiero e la sua ricerca, in modo eticamente alto e forte (accettandone consapevolmente la sofferenza). Anzi, ha scelto l’isolamento, che gli ha consentito di guardare in profondità le menzogne spacciate per verità dai complici del nichilismo. Ha filosofato con il vomere come direbbe Nietzsche o con lo scandaglio secondo la definizione del filosofare di Hegel. È sceso nella profondità della nostra epoca per ricostruirne la genesi dell’economicismo nichilistico ed attraverso di essa, ha visto, ha ascoltato i suoi sommovimenti, per proporre un’uscita dalla «gabbia d’acciaio», dalla caverna che ci fa vivere nel continuo abbaglio dell’errore non pensato. All’immediatezza della caverna, alla furia del dileguare, ha proposto in alternativa il dialogo socratico, la razionalità dell’ascolto contro la ragione strumentale, per ridefinire in modo corale, logico ed argomentato il fondamento della natura umana.
Per poter far resistenza, condizione imprescindibile è la chiarezza concettuale della contingenza ipostatizzata in cui siamo caduti, della trappola dell’illimitato, ed a ciò contrapporre il pensiero concreto della verità, delle persone, della qualità relazionale. La sua esperienza nei decenni che verranno – a partire da questi giorni difficili –, ci inviterà ad un confronto responsabile con la verità della globalizzazione/glebalizzazione.
Nel ricordare la sua testimonianza di vita, la sua resistenza spesso solitaria, non possiamo che continuare a pensare in modo libero, a trarre forza veritativa da chi è assente nello spazio del nostro presente, ma le cui idee sono dialetticamente poste nel tempo della coscienza dinanzi a noi. Sta a noi ora decidere se guardare in pieno volto il nichilismo e dare i nostro contributo in questa resistenza nel limite di quello che siamo, delle nostre identità e delle nostre storie.
La memoria è una delle componenti della resistenza. Non l’unica: ogni resistenza necessita anche di una casa, ma non del tutto arredata e completa, perché si muove all’interno di spazi da reinterpretare responsabilmente assumendosi il rischio del nuovo. Costanzo Preve si è assunto il rischio del nuovo in un momento storico lasco e fondato sulle passioni tristi secondo la bella accezione di Spinoza.
Non resta che dare il proprio contributo, perché il finale non è stato scritto, riposa anche in noi, nell’agere di ogni giorno. Ricordare ha oggi una valenza polisemica di resistenza. Non è solo giusto in sé, ma dobbiamo anche rammentarci che il capitalismo speculativo ci vuole senza memoria, senza volto, non come liberi individui nella dimensione comunitaria, in modo da spingerci verso il cammino del consumo belante.
Senza memoria è l’ultimo uomo, figura idiomatica dello Zarathustra dei Nietzsche, perché nichilisticamente perso nel mercato, senza dio, senza verità.
Costanzo Preve giudicava l’ultimo uomo la figura più vera e rappresentativa dello Zarathustra.
Ha testimoniato che è possibile vivere diversamente dall’ultimo uomo.
La memoria dei legami spezza lo spazio angusto dei piccoli mercanteggiamenti per restituirci la dimensione temporale e spaziale sempre orientata verso il possibile, verso la potenzialità creativa. Sta a noi, nel tempo che ci è dato vivere, scegliere. Ma ogni scelta complessa e consapevole, per aprire un nuovo tempo, deve mediare il presente con la memoria.
Salvatore A. Bravo
Venturi non immemor aevi
Nel pensiero di Costanzo che vivendo ci fu caro,
pensiamo la sua memoria, ma… Venturi non immemor aevi.
Il cartiglio sullo stemma di uno del martiri della Rivoluzione napoletana del 1799, Gennaro Serra di Cassano, reca una scritta che, per la sua espressione incipitale (Venturi), sollecita a proporne la lettura (o la rilettura) anche a tutti gli estimatori e amici di Costanzo:
Venturi non immemor aevi
Vi si esprime l’esigenza di saldare il passato al futuro e il futuro al passato. Il futuro che si riverbera così nel passato, come il passato – quasi transitando per il presente – attende, a sua volta, la sua ventura rammemorazione, orientando il futuro stesso. Come se il futuro svernasse nel passato, raccogliendo le aspettative e le speranze sinora inascoltate in vista della loro realizzazione. E dunque, caro Costanzo, “ad multos annos” per i semi che hai lasciato: questo l’augurio, per una nuova “avventura” che occorre desiderare (avventura, l’andare verso le cose future, ad ventura), aspirando e impegnandosi sempre a dare un senso alla propria vita proiettandola nell’altrove della “buona utopia”, che è assoluta negazione dell’indeterminato capitalistico, una concreta “utopia comunitaria” perseguita secondo itinerari da inventare, progettare, non immemor aevi venturi. È questa la sostanza della “passione durevole” che a partire da Lukács hai trasmesso a molti.
Carmine Fiorillo
*[Non immemor, Non immemore / Aevi (genitivo di aevus, aevi; età, vita, epoca, periodo della storia passata, esistenza, speranza o durata della vita umana) / Venturi (genitivo di venturus, venturi; venturo, futuro; come sostantivo neutro venturum, venturi: il futuro)].
Andrea Rovere – Cade in questi giorni il quinto anniversario della morte del filosofo Costanzo Preve. Scriveva: «L’impegno intellettuale e morale, conoscitivo e pratico, deve essere esercitato direttamente. Saremo giudicati solo dalle nostre opere».
Costanzo Preve
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Costanzo Preve – Luca Grecchi
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Luca Grecchi
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