L’immaginazione è fonte viva di forme originali, e principio dell’infinita fecondità del pensiero. Nell’uomo l’immaginazione ha come supporto un’anima immaginativa, uno spiritus phantasticus


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Salvatore Bravo – «Il marchio di Caino». Per poter essere veicolo di verità ed emancipazione dobbiamo liberarci del marchio di Caino dell’utile e della competizione. Senza tale esodo interiore dalla distopia del presente ogni operazione di «umwälzende Praxis» non può che essere mera apparenza senza effettualità alcuna. Questo è il compito che ci attende.

Salvatore Bravo

«Il marchio di Caino»

Per poter essere veicolo di verità ed emancipazione
dobbiamo liberarci del
marchio di Caino dell’utile e della competizione.
Senza tale esodo interiore dalla distopia del presente
ogni operazione di
umwälzende Praxis non può che essere mera apparenza
senza effettualità alcuna.
Questo è il compito che ci attende.

***

Gustav Klimt, La Medicina, 1901-1907.
Particolare a colori di Igea, della serie
per l’Università di Vienna.

La tragedia del tempo presente non ha un centro, non è identificabile una causa prima da cui far discendere con chiarezza logica e adamantina soluzioni e obiettivi. Il nichilismo crematistico è la logica che permea e si infiltra maligno in ogni istituzione. Non c’è un centro, è ovunque, come il dio di Cusano è in ogni punto vivente della realtà storica e contingente. Siamo tutti direttamente coinvolti, benché siano diversi i livelli di consapevolezza e di responsabilità.
Bisogna prender atto che non vi sono istituzioni che possano essere laboratori dove si pensa il tempo storico in cui siamo implicati, dove si colgono le contraddizioni e si elabora un’alternativa.
L’istituzione predisposta a tale operazione etica e politica dovrebbe essere l’Università. L’istituzione universitaria, invece, è parte sostanziale del problema. Al baronato si aggiunge l’adattamento servile al capitalismo e allo scientismo. Essa è l’istituzione nella quale il sistema si riproduce con la fede sempiterna nella forma mentis dell’economicismo aziendale e nel nichilismo crematistico conseguente.
Le giovani generazioni sono addestrate a scegliere le facoltà secondo un ordine e una priorità esclusivamente economica e individualistica. La professione futura è scelta in funzione del reddito. La logica crematistica impera sovrana con i suoi processi di patologizzazione depressiva dell’intero organismo sociale. La si incentiva, la si consolida con l’abitudine alla competizione selettiva. L’iscrizione alle Università diviene il marchio di Caino: ai giovani studenti e alle giovani studentesse si insegna la selezione con i test di ingresso. Devono competere senza sosta sin dagli esordi della vita universitaria. L’altro è il nemico: se cade, si hanno maggiori possibilità di ingresso e di carriera. Le facoltà senza test d’ingresso, sono facoltà irrilevanti per il sistema. Si scoraggia l’iscrizione ad esse: non hanno test d’ingresso, e dunque non sono appetibili per il mercato. Senza il marchio di Caino si è perdenti in partenza.
Il marchio di Caino è impresso sulla pelle e nella vita psichica, gli studenti devono disimparare ogni barlume di vita comunitaria e solidale. Si insegna loro, una volta superato il test, a guardare al mercato globale come ad una possibilità immensa e indefinita di occupazione e carriera. La globalizzazione è intesa come trionfo cosmopolita delle opportunità per i migliori. Naturalmente, spesso, i migliori sono gli studenti e le studentesse che per censo possono attingere alle Università che rispondono maggiormente alle richieste del mercato globale. Quest’ultimo non è fuori l’istituzione, ma è già all’interno. Nelle facoltà si vive secondo i desiderata del mercato, esse sono amministrate con criteri imprenditoriali: lo studente è un cliente, è un bonifico annuale da conservare. Le Università sono, dunque, parte del problema, da esse, in generale non possiamo aspettarci l’elaborazione di un contro-pensiero. Sono piegate e sussunte alla religione del mercato. Non formano la classe dirigente, ma sudditi fedeli, eticamente anonimi.

Filologia filosofica”
Potremmo aspettarci un sussulto di vita critica dalle facoltà di filosofia. Invece, in esse impera la filosofia analitica e l’allevamento al nichilismo. Il relativismo è rappresentato come liberatorio e inclusivo, in realtà si tratta di un’abile operazione ideologica. Se le prospettive si eguagliano, se non vi è un alto o un basso, se tutte le prospettive hanno la loro ragion d’essere, la verità è solo una chimera del passato. L’immobilità politica è coltivata con il relativismo, in quanto prospettive interscambiabili rendono impossibile con la critica radicale la fondazione di un’alternativa al sistema vigente. L’ostilità verso Hegel e Marx ne è la dimostrazione. Tali autori sono ammessi al simposio delle facoltà di filosofia solo se scientemente decaffeinati. Tale deriva è intrinseca all’affermarsi del capitalismo: in Nietzsche vi troviamo la sua chiara codificazione e concettualizzazione. Nietzsche denuncia la sottomissione delle facoltà di filosofia alla religione tradizionale sostituita, oggi, con la religione neoliberista:

«Sulla filosofia delle università.
Il danno prevale.
Il governo non assume gente che contraddice la religione.
Conseguenza: conformità tra la filosofia delle università e la religione del Paese: il che scredita la filosofia.
Esempio: lo hegelismo e la sua caduta.
Scopi del governo nell’assumere professori di filosofia: l’interesse dello Stato.
Conseguenza: la vera filosofia viene misconosciuta e passata sotto silenzio».1

La vera filosofia è radicale, non conosce feticci, ma è iconoclasta. Nelle facoltà di filosofia si erigono feticci, si dogmatizza il tempo presente rappresentandolo come eterno. Si uccide la passione creativa, l’eros platonico, si insegna e si studia ad occhi bassi. Il mercato è ovunque: non possiamo che prenderne atto. Si è installato in ogni punto del sistema istituzionale. In questo modo può prodursi e autoriprodursi con docile certezza. I sudditi sono formati al guinzaglio gerarchico.

L’azione è talmente radicale che nelle facoltà tutte si uccide la passione per le materie di studio con l’approccio analitico.

Ogni esperienza didattica è curvata all’analisi, alla divisione ossessiva in funzione della specializzazione. Si perde la visione del tutto che dona la bellezza e il senso di una disciplina. L’analisi, senza la visione d’insieme, riduce sia un testo e sia un corpo ad anatomia senza senso e bellezza. L’Università è un immenso obitorio.

L’approccio è di tipo filologico, la parte è astratta dal tutto, la parola o l’organo è solo un corpo morto. La visione d’insieme che viene a mancare addestra a non guardare la realtà sociale e storica in cui si è situati. Si insegna l’atomistica dell’analisi che diviene modo di vivere e di pensare. Il soggetto impara a dividersi dal tutto, la comunità è sostituita con l’individualismo astratto. Si pone in atto una vita senza bellezza e senza prassi, poiché bellezza e politica sono nello sguardo che coglie l’insieme. Siamo in un’epoca specialistica e filologica, in cui non vi è né politica né bellezza né passione:

«Aspettarsi dai filologi il più vivo godimento dell’antichità è come aspettarsi dallo scienziato (Naturforscher) il più vivo senso della natura e dall’anatomista il più raffinato senso della bellezza umana».2

L’elaborazione di una critica radicale e di un progetto alternativo non verrà dalle Università, malgrado vi siano eccezioni. Ciò ci deve indurre a un atteggiamento saggiamente anarchico. Solo fuori delle istituzioni, lontani dal guinzaglio del politicamente corretto, è, e sarà, possibile porre in atto la marxiana umwälzende Praxis (che Rodolfo Mondolfo nel suo Sulle orme di Marx,3 traduce «prassi che si rovescia», perché «in luogo d’alterare il genuino concetto marxistico, lo si esprime più integralmente, includendovi anche l’elemento – essenziale e non semplice sfumatura – della Selbstveränderung [autotrasformazione]).
Questa è un’epoca di catacombe, in cui la verità dev’essere elaborata e diffusa all’ombra e nel silenzio, in attesa che la critica e la fondazione veritativa possa trovare le condizioni storiche per un’ampia circolazione. Per poter essere veicolo di verità ed emancipazione dobbiamo liberarci del marchio di Caino dell’utile e della competizione. Senza tale esodo interiore dalla distopia del presente ogni operazione di umwälzende Praxis non può che essere mera apparenza senza effettualità alcuna. Questo è il compito che ci attende.

1 Friederich Nietzsche, Appunti filosofici 1867-1869 – Omero e la filologia classica, Adelphi, Milano 1993, p. 162

2 Ibidem, p. 202

3 Rodolfo Mondolfo, Sulle orme di Marx, Petite Plaisance, Pistoia 2022, p. 97.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Franco Toscani – Il grande tema dell’alterità (Pace, giustizia e «unità del genere umano» / Il lieto annuncio / «Cieli nuovi e terra nuova» / «Tra poco verrà il germoglio» / Quella singolare «capacità predittiva» / Una luce nei tempi oscuri).

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Franco Toscani

Il grande tema dell’alterità

Pace, giustizia e «unità del genere umano»
Il lieto annuncio
«Cieli nuovi e terra nuova»
«Tra poco verrà il germoglio»
Quella singolare «capacità predittiva»
Una luce nei tempi oscuri

 

Il ripresentarsi prepotente sulla scena attuale dell’«uomo identitario» rende ancora più viva e impellente la riflessione sulla lezione di Ernesto Balducci e su quella sua visione dell’«uomo planetario» come unica possibilità di salvezza del mondo. La sua fu una instancabile promozione della «cultura della pace», intesa come pace nella giustizia, nella libertà, nella solidarietà, nella fraternità, nella condivisione, in direzione della costruzione di un’inedita dimensione del «modo globale», in una tensione verso uno stato escatologico di gioia piena, oltre gli steccati ideologici e religiosi e nel segno dell’apertura all’altro. Un tema, quello dell’alterità, che rinvia sia all’umano, che al nostro rapporto con gli altri esseri viventi, sia all’Alterità irriducibile alla mera misura umana.


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Arianna Fermani – «Vivere secondo la parte migliore che è in noi». Conferenza presso la Biblioteca civica “Pietro Acclavio” di Taranto, il 14 ottobre 2022, ore 17. Verranno presentate le ultime pubblicazioni dell’autrice.


«Non si deve, in quanto esseri umani, limitarsi a pensare cose umane né, essendo mortali, limitarsi a pensare cose mortali, come si consiglia, ma, per quanto è possibile, ci si deve immortalare [ἀθανατίζειν] e fare di tutto per vivere secondo la parte migliore che è in noi [καὶ πάντα ποιεῖν πρὸς τὸ ζῆν κατὰ τὸ κράτιστον τῶν ἐν αὑτῷ]».

Aristotele, Etica Nicomachea, X, 7, 1177 b 30-34


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In copertina:
Cornice lignea contenente come iscrizione le prime parole
del libro di Aristotele, Metafisica, I, 980 a 21:
«Πάντες ἄνθρωποι τοῦ
εἰδέναι ὀρέγονται φύσει»,
«Tutti gli esseri umani per natura desiderano
sapere»

Arianna Fermani

Il concetto di limite nella filosofia antica

ISBN 978-88-7588-355-3, 2022, pp. 64, formato 140×210 mm., Euro 10 – Collana “Il giogo” [151].

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«Non si deve, in quanto esseri umani, limitarsi a pensare cose umane né, essendo mortali, limitarsi a pensare cose mortali, come si consiglia, ma, per quanto è possibile, ci si deve immortalare [ἀθανατίζειν] e fare di tutto per vivere secondo la parte migliore che è in noi [καὶ πάντα ποιεῖν πρὸς τὸ ζῆν κατὰ τὸ κράτιστον τῶν ἐν αὑτῷ]».

Aristotele, Etica Nicomachea, X, 7, 1177 b 30-34

La filosofia nasce contrassegnata dal limite. Come testimonia Diogene Laerzio,1 infatti, Pitagora, che «per primo […] usò il termine “filosofia” e si chiamò filosofo», lo fece nella consapevolezza che «nessuno […] è saggio, eccetto la divinità».2 Si narra anche che, un paio di secoli dopo, Diogene il cinico «a chi gli disse: “Tu non sai nulla e pure fai il filosofo”, rispose: “Aspirare alla saggezza, anche questo è filosofia”».3

L’assunzione delle intrinseche limitazioni dell’essere umano costituisce, pertanto, l’atto di nascita di una forma di conoscenza che intende distanziarsi immediatamente dal sapere assoluto, ovvero da quel possesso conoscitivo pieno ed esclusivo che, in quanto tale, è proprio solo della divinità. Lo stesso nome filo-sofia si colloca, quindi, nello spazio di questo “distanziamento”, come testimonia ulteriormente la celeberrima icona, offerta dal Simposio platonico, del filosofo come «amante di sapienza» e, in quanto tale, situato a metà strada tra sapienza e ignoranza:

Diotima – desideroso di saggezza [φρονήσεως ἐπιθυμητὴς], pieno di risorse [καὶ πόριμος], amante di sapienza per tutta la vita [φιλοσοφῶν διὰ παντὸς τοῦ βίου] […] a metà strada tra sapienza e ignoranza [σοφίας … καὶ ἀμαθίας ἐν μέσῳ ἐστίν]. […] Nessuno degli dèi fa filosofia, né desidera diventare sapiente – infatti lo è già – né fa filosofia chiunque altro sia già sapiente. Ma neppure gli ignoranti fanno filosofia né desiderano diventare sapienti.

Socrate – Ma allora – dissi io – chi sono coloro che fanno filosofia, se non sono né i sapienti né gli ignoranti?

Diotima – Ormai – disse – dovrebbe essere chiaro perfino ad un bambino che sono coloro che stanno a metà strada fra gli uni e gli altri [οἱ μεταξὺ τούτων ἀμφοτέρων].4

L’intento di questo breve contributo consiste, allora, nel riattraversare alcune delle molteplici curvature che la nozione di limite riceve nel pensiero greco e le sue ricadute sul versante gnoseologico, etico e politico.

***

1 Diogene Laerzio, Vite dei Filosofi, I, 12; in Id., Vite dei Filosofi, a cura di M. Gigante, vol. I, Laterza, Roma-Bari 2002, pp. 6-7.

2 Ibidem.

3 Ibidem, VI, 64; vol. I, p. 226.

4 Platone, Simposio, 203 d 6 – 204 b 2; traduzione mia.




Arianna Fermani

L’errore, il falso e le scienze in Aristotele

ISBN 978-88-7588-351-5, 2022, pp. 96, formato 140×210 mm., Euro 13 – Collana “Il giogo” [150]

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Arianna Fermani insegna Storia della Filosofia Antica all’Università di Macerata. Tra le sue pubblicazioni: Vita felice umana: in dialogo con Platone e Aristotele (2006); L’etica di Aristotele, il mondo della vita umana (2012); By the Sophists to Aristotle through Plato. The necessity and utility of a Multifocal Approach (2016). Ha tradotto, per Bompiani: Aristotele, Le tre Etiche (2008), Topici e Confutazioni Sofistiche (in Aristotele, Organon, 2016).

Ecco, cliccando qui, l’elenco delle sue pubblicazioni.
















Arianna Fermani – L’educazione come cura e come piena fioritura dell’essere umano. Riflessioni sulla Paideia in Aristotele
Arianna Fermani – La nostra vita prende forma mediante il processo educativo, con una paideia profondamente attenta alla formazione armonica dell’intera personalità umana per renderla libera e felice.
Arianna Fermani – L’armonia è il punto in cui si incontra e si realizza la meraviglia. Da sempre armonia e bellezza vanno insieme.
Arianna Fermani – VITA FELICE UMANA. In dialogo con Platone e Aristotele. il confronto con le riflessioni etiche di Platone e Aristotele permette di dipanare i numerosi fili che costituiscono la trama di ogni esistenza umana
Arianna Fermani – Divorati dal pentimento. Sguardi sulla nozione di metameleia in Aristotele
Arianna Fermani – Mino Ianne, Quando il vino e l’olio erano doni degli dèi. La filosofia della natura nel mondo antico
Arianna Fermani – Nel coraggio, nella capacità di vincere o di contenere il proprio dolore, l’uomo riacquisisce tutta la propria potenza, la propria forza, la propria dignità di uomo. Senza coraggio l’uomo non può salvarsi, non può garantirsi un’autentica salus.
Arianna Fermani – Fare di se stessi la propria opera significa realizzarsi, dar forma a ciò che si è solo in potenza. attraverso l’energeia, e nell’energeia, l’essere umano si realizza come ergon, si fa opera. Chi ama, nutrendosi di quell’energeia incessante che è l’amore, scrive la sua storia d’amore, realizza il suo ergon, la sua opera. È solo amando che un amore può essere realizzato, esattamente come è solo vivendo bene che la vita buona prende forma
Arianna Fermani – Recensione al volume di Enrico Berti, «Nuovi studi aristotelici. III – Filosofia pratica».
Arianna Fermani – «Vita felice umana. In dialogo con Platone e Aristotele». Si è felici perché la vita ha acquisito un orientamento, si è affrancata dalla sua nudità, dalla sua esposizione alla morte, dalla semplice sussistenza. Una vita dotata di senso. Felicità come pienezza, come attingimento pieno del ‘telos’ lungo tutto il tragitto della vita.
Arianna Fermani – «Senza la speranza è impossibile trovare l’insperato». La speranza “antica”, tra páthos e areté.
Arianna Fermani – Aristotele e l’infinità del male. Patimenti, vizi e debolezze degli esseri umani
Arianna Fermani – Quando il rischio è bello. Strategie operative, gestione della complessità e “decision making” in dialogo con Aristotele. L’assunzione del rischio e la sua adeguata collocazione all’interno di una vita “riuscita” implica la continua individuazione di priorità in vista della costituzione il più possibile armonica dell’esistenza.
Arianna Fermani – «Il concetto di limite nella filosofia antica». L’uomo non è dio, ma la sua vita può essere divina. Divina è ogni vita buona, ogni vita che sia stata ben condotta. Ogni vita umana si costruisce entro lo scenario del quotidiano, è fatta delle piccole cose di ogni giorno e di questa quotidianità si nutre.
Maurizio Migliori e Arianna Fermani – «Filosofia antica. Una prospettyiva multifocale». Questo volume aiuta a tornare, con stupore e gratitudine, alle feconde origini del pensiero occidentale, per guardare finalmente, con occhi nuovi, il mondo e noi stessi.
Arianna Fermani – Il messaggio di Socrate è di una attualità straordinaria. La filosofia, con Socrate, si incarna in uno stile esistenziale, e si esplica in quella insaziabile – e, insieme, appagante – fame di vita e ricerca di senso, che accompagnano il filosofo fino all’ultimo istante dell’esistenza
Arianna Fermani, Giovanni Foresta – «Dalle sopracciglia folte al percorso inarcato dalla rotta superiore dello sguardo, il tempo esprime monumento del vissuto tingendolo di bianco». È un mirare avanti, un protendersi anima e corpo verso il futuro. Questo perché la vera vecchiaia, lungi dall’essere l’età anagrafica, è la mancanza di entusiasmo, è lo spegnersi dei sogni e dei desideri.
Arianna Fermani – La virtù rende buona la nostra vita e, insieme, la salva. Una vita felice, è, dunque, una vita che prospera, ma che pro­spera soprattutto grazie alla virtù, che sa produrre la bellezza e l’armonia. La virtù, in questo quadro, è e deve essere non solo qualcosa di teorizzato, ma qualcosa di “praticato”.


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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