Luka Bogdanić, Ivana Costa, Luca Grecchi, Lidia Pupilli, Marco Severini, Lucia Palpacelli, Emidio Spinelli – Un intellettuale oltre le frontiere Studi su Rodolfo Mondolfo Introduzione e cura di Federica Piangerelli. Atti del Convegno «Oltre le frontiere | Más allá de las fronteras, Giornata di Studi su Rodolfo Mondolfo: l’interesse per la filosofia e l’impegno politico, tra Italia e Argentina», promosso dal Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Macerata e svoltosi a Senigallia il 6 maggio 2023.


Il vero maestro non è un somministratore di conoscenze,
ma uno svegliatore di spiriti,
il quale nell’atto
stesso di esercitare la sua funzione illuminatrice
ammette anche la reciprocità di tale azione
e accetta la possibilità di essere confutato
non meno che quella di confutare gli altri. […]
La forma necessaria dell’indagine
è pertanto il dialogo: con se stessi e con gli altri
[…]. Nella mutua cooperazione che questa educazione
implica tra maestro e discepolo, e parimenti tra
tutti i membri della comunità umana, questa esigenza
di libertà è altresì un’esigenza di amore […].
Socrate associava alla dotta ignoranza, o coscienza permanente
dei problemi, unica fonte del progresso conoscitivo,
il superamento dell’odio e l’affermazione
dell’amore e della solidarietà umana, che, mediante
il riconoscimento della libertà spirituale di ciascuno,
procurava la cooperazione di tutti nello sforzo di raggiungere
il fine comune.
Fine umano per eccellenza,
cioè l’elevazione intellettuale e morale
che costituisce il vero bene e l’intima soddisfazione di ciascuno e
di tutti, legge di autonomia e fonte della vera felicità.

Rodolfo mondolfo


Luka Bogdanić (1978) è professore associato alla Facoltà di Lettere e filosofia dell’Università di Zagabria, dove insegna Antropologia filosofica e Filosofia della Cultura. Ha scritto di storia del marxismo e dell’Est Europa, di Gramsci e di nazionalismo. Collabora con il manifesto ed è membro dell’International Gramsci Society. Ha pubblicato Praxis. Storia di una rivista eretica nella Jugoslavia di Tito (2009), Nazione e autodeterminazione. Premesse e sviluppi fino a Lenin e Wilson (2009) e Identità inquieta. La questione nazionale nei Balcani occidentali (2020).

 

***

Ivana Costa è argentina e vive a Buenos Aires. Insegna Storia della Filosofia Antica all’Università di Buenos Aires e all’Università Cattolica Argentina. I suoi principali temi di interesse sono il pensiero di Platone, il platonismo tardo-antico e moderno e le concezioni di finzione e realtà nella storia della filosofia. È membro del comitato esecutivo della International Plato Society. Ha pubblicato traduzioni commentate di Platone (Liside, Colihue, 2019) e Machiavelli (Il Principe, Colihue, 2013), articoli su Platone e la tradizione platonica e il libro Había una vez algo real. Ensayo sobre filosofía, hechos y ficciones (Mardulce, 2019).

***

Luca Grecchi (Filosofia morale, Università degli Studi di Milano-Bicocca), direttore della rivista Koinè, ha recentemente pubblicato Metafisica umanistica. La struttura sistematica della verità dell’essere (petite plaisance, 2023) e La filosofia prima della filosofia (Morcelliana, 2022).

 

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Lucia Palpacelli, Docente di Storia della Filosofia Antica all’Università di Macerata. Per Bompiani ha curato l’appendice bibliografica e lessicografica del volume di Aristotele, Fisica (2011); la revisione, aggiornamento e saggio bibliografico del volume di Aristotele, La generazione e la corruzione (2013) e il saggio introduttivo, traduzione e note del De interpretatione all’interno dell’Organon aristotelico (2016). Tra i suoi scritti: L’Eutidemo di Platone. Una commedia straordinariamente seria (Vita e Pensiero 2009); Aristotele interprete di Platone. Anima e cosmo (Morcelliana 2013); Zenone di Elea. Frammenti e testimonianze (Scholé 2022).

 

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Federica Piangerelli, Dottoressa di ricerca in “Umanesimo e Tecnologie” presso l’Università di Macerata (con una tesi dal titolo Alle origini del confronto con l’alterità. Barbaroi e xenoi nel pensiero greco antico. Una indagine storico-filosofica), è cultrice della materia in Storia della filosofia antica presso lo stesso Ateneo, e autrice di diversi contributi scientifici, ospitati in volumi e in riviste di rilevanza nazionale e internazionale; attualmente, sta lavorando ad una nuova traduzione in italiano, con commento, del Sofista di Platone.

 

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Lidia Pupilli, PhD in Storia dell’età contemporanea e cultrice della materia presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Macerata, è docente di ruolo nella Scuola secondaria di secondo grado e si occupa principalmente di storia politica e storia delle donne. Fra i suoi lavori, la monografia Intellettuale nel regime. L’al­tra vita di Romolo Murri, Marsilio 2019 e le curatele Uomini dalla parte delle donne fra Otto e Novecento, Marsilio 2020 e Pioniere. Storie di italiane che hanno aperto nuove frontiere, Aras 2021. Con Marco Severini ha curato Dodici passi nella storia. Le tappe dell’emancipazione femminile, Marsilio 2016 e il Dizionario biografico delle donne marchigiane (1815-2022), il lavoro editoriale 20225, realizzando, da ultimo, il volume Giuseppe Chiostergi. Vita di un mazziniano nel Novecento, il lavoro editoriale 2022.

 

***

 

Marco Severini, insegna Storia dell’Italia contemporanea e Storia delle Donne nell’Italia contemporanea presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Macerata. È autore di 34 monografie che spaziano dalla storia politica a quella delle donne, dalla storia della storiografia a quella odeporica. Ha tenuto lezioni e conferenze in Spagna, Francia, Portogallo, Stati Uniti e Germania ed è fondatore e presidente dell’Associazione di Storia Contemporanea. Dirige la rivista «il materiale contemporaneo» ed è editorialista della rivista «Democrazia futura». Tra gli ultimi libri, Da Conte a Draghi. Problemi e scenari del biennio pandemico (2022); Public History. Undici anni sul campo (2022); Le fratture della memoria. Storia delle donne in Italia dal 1848 ai nostri giorni (2023).

 

 

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Emidio Spinelli è Professore Ordinario di Storia della filosofia antica e Prorettore per il Diritto allo Studio e la Qualità della Didattica presso la “Sapienza”/Università di Roma; è anche Presidente della “Società Filosofica Italiana” e, dal gennaio 2021, Presidente dell’Italian Organizing Committee del “XV World Congress of Philosophy”. Oltre ad articoli su Presocratici, Atomisti, Socrate/‘Socratici minori’, Platone, Stoici, Epicurei, papiri filosofici e storiografia filosofica antica, sullo scetticismo antico ha pubblicato: Sesto Empirico. Contro gli etici (Napoli 1995); Sesto Empirico. Contro gli astrologi (Napoli 2000); Questioni scettiche. Letture introduttive al pirronismo antico (Roma 2005). Egli è anche autore di Obiettivo Platone: a lezione da Hans Jonas (Pisa 2019) e ha editato i seguenti testi: H. Jonas, La domanda senza risposta. Alcune riflessioni su scienza, ateismo e la nozione di Dio (Genova 2001); H. Jonas, Problemi di libertà (Torino 2010). Di recente pubblicazione: E. Spinelli, Le radici del passato. Giuseppe Rensi interprete degli scetticismi antichi (Pisa 2021).




M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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La fragilità costitutiva dell’individuo può essere oggetto di cura intersoggettiva, e può perciò significare qualcosa di più di un mero limite del singolo: può significare il suo “valore”.



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Mauro Armanino – Il «Nunca más» nel deserto del Sahara



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Marguerite Yourcenar – Femminismo e conformismo nel pensiero di Marguerite Yourcenar

Salvatore Bravo

 

Femminismo e conformismo nel pensiero di Marguerite Yourcenar 

 

Il conformismo dilagante silenzia coloro che hanno avuto la forza etica di osservare le derive della contemporaneità e di pensarle emancipandosi da schemi preconcetti o dal desiderio di “piacere alle moltitudini per ricevere un veloce applauso”.

Marguerite Yourcenar scrittrice e pensatrice nota per il suo splendido Memorie di Adriano è stata una donna libera. La libertà non è nel seguire la corrente, ma nel vivere il venerdì speculativo, come affermava Hegel. La libertà non è schierarsi con l’opinione generale, ma dare forma critica alla ricerca veritativa mediante il logos. Uscire dal coro non è semplice, in quanto si va incontro a fraintendimenti e al rischio di isolamento, ciò malgrado non vi è progresso politico e sociale senza il rischio dell’isolamento.

Marguerite Yourcenar ha vissuto in pieno l’esperienza del femminismo, ma non si è schierata con i dogmi e con le liturgie del femminismo: ha ricercato la verità, ha posto le domande che attendono risposte.

Ella ha riflettuto criticamente sulle degenerazioni del femminismo, in quanto non si è mai pensata primariamente come “donna”, ma come essere umano. Pensarsi come essere umano – incarnato in un genere e in un periodo storico – consente di emanciparsi dalle logiche annientatrici dell’appartenenza per poter esercitare il pensiero in difesa dell’umanità tutta. Il femminismo che si contrappone sic et simpliciter contro gli uomini non ha come fine la liberazione, ma ha l’ambizione di sovvertire un presunto ordine oppressivo per inaugurare nuove forme di marginalizzazione, malgrado le migliori intenzioni dichiarate. Vi è una ambiguità in talune forme di femminismo che la scrittrice solleva allo scopo di difendere l’uguaglianza di tutti gli esseri umani.

In un’intervista presente su Youtube[1] in lingua francese con sottotitoli in italiano e tradotta da Bianca Moretti[2] in un agile documento, la scrittrice palesa che vi sono due livelli non sufficientemente valutati nella storia della discriminazione delle donne: le leggi scritte e il quotidiano. La storia descritta come un lungo e piatto inferno in cui le donne sono state perennemente vittime del maschio privilegiato per legge, ci mostra una realtà più complessa e di cui bisogna tener conto per argomentare in modo più obiettivo la condizione femminile. Spesso l’inferiorità legale delle donne non corrispondeva alla realtà di fatto: le donne comandavano e sceglievano, benché la legge in teoria dichiarasse altro. Gli uomini, rappresentati nella narrazione attuale come oppressori, nell’effettualità della storia erano spesso detentori di un potere solo legale, poiché era naturalmente gestito dalle mogli e dalle amanti.

Vi erano equilibri che sfuggono alle logiche contemporanee e che dovrebbero essere oggetto di conoscenza e riflessione. I pregiudizi contemporanei sono proiettati nel passato oscurando la verità.

Nell’intervista la scrittrice afferma che, a ben guardare, anche nel suo tempo si osserva normalmente che i mariti sono trattati come garzoni dalle mogli nella gestione di piccole attività commerciali:

 

«E ci dimentichiamo spesso per esempio che parliamo di quella che era la condizione femminile in passato: si dice che le donne fossero svantaggiate dalle leggi, ed era così in effetti […] non poter redigere da sole il proprio testamento, non poter gestire il proprio denaro, etc.

Mi pare però che di solito tutto questo è vero sulla carta. Prendiamo per esempio le donne della piccola borghesia che dirigono un negozio: spesso il loro marito ha l’aria del ragazzo delle consegne, ed è la signora seduta alla cassa che prende tutte le decisioni».

 

 “Nei tempi bui della condizione femminile”, le donne non potevano essere elette ufficialmente ministro o capo di Stato, ma innumerevoli sono gli esempi di donne che “facevano e disfacevano” i governi. Ancora una volta la Yourcenar sottolinea l’ambiguità che tanti non vogliono considerare nelle proprie valutazioni: le donne nei secoli XVII e XVI secolo nei fatti detenevano il potere che formalmente era dei soli uomini. Se si valuta tale ambiguità la ricostruzione della storia nei termini di dominio incontrastato degli uomini e sudditanza generalizzata dimostra le sue “fragilità”. La realtà è sempre più complessa delle ricostruzioni ideologiche e di parte. Gli uomini appaiono privilegiati da un punto di vista legale, ma nella verità storica spesso sono i dominati:

 

«Ci dimentichiamo sempre che, se è vero che le donne del XVII e del XVI secolo non erano ministri né presidenti, avevano comunque un ruolo fondamentale nella politica, e che facevano e disfacevano i ministri e i membri dell’Accademia. Io stessa, quando sono entrata all’Académie Française, in quanto prima donna ad accedere all’Académie (doveva pur essercene una prima), ho avuto il compito di consolare questi signori sostenendo che non erano loro a essere particolarmente retrogradi, ma che semplicemente si adeguavano ai costumi del tempo, e che una volta le donne venivano poste sul piedistallo molto più di oggi, e che le si metteva talmente in alto che l’idea di offrire loro una poltrona non veniva neppure minimamente considerata. E io credo che sia vero da un certo punto di vista. Ciò non toglie che questa gente disprezzava le donne molto più di quanto accade oggi».

 

 

Femminismo e nuovi ghetti

La scrittrice non rinnega l’uguaglianza dei diritti ma l’uso ideologico del femminismo, il quale ha abdicato alla liberazione di tutti gli individui per diventare una ricostruzione dubbia e semplicistica della storia del genere femminile.

Il potere delle donne sembra riaffermarsi nel tempo contemporaneo mediante il femminismo e l’uso parziale della storia. L’uguaglianza e le rivendicazioni sociali del femminismo si venano di nuove e pericolose forme di ghettizzazione. Vi è un femminismo che lavora per separare il genere umano e innalza barriere. I nuovi ghetti sono i ristoranti, le librerie o le discoteche al femminile, vere forme di esclusione degli uomini che inaugurano nuovi ghetti, mentre si afferma l’uguaglianza e si accusano gli uomini di aver ghettizzato le donne:

 

«E ciò che spaventa del femminismo dei nostri giorni (con il quale io mi trovo assolutamente d’accordo finché si tratta di uguaglianza dei salari, di meriti uguali, della libertà della donna nelle sue peculiarità femminili, come ad esempio la limitazione delle nascite, in tutte le sue forme, etc. naturalmente), un elemento piuttosto fastidioso, è la rivendicazione contro l’uomo; è questo che non mi sembra naturale, che non mi sembra necessario, e che contribuisce a creare dei ghetti.

Di ghetti ce ne sono già abbastanza, ne abbiamo troppi. E allora quando vedo le donne aprire delle case editrici per sole donne, o dei locali per sole donne, etc., pur non essendo contraria, mi dico che sono dei nuovi ghetti, e che mi sarei molto arrabbiata 30 anni fa se mi avessero detto “lei ha il diritto di entrare solo in un ristorante per donne”, come quando le ferrovie avevano scompartimenti esclusivamente femminili; e pensare che stiano ricostruendo questo mi pare un vero peccato. E soprattutto che non si stia facendo niente invece per facilitare una maggiore comprensione, collaborazione e simpatia fra uomini e donne”.

 

 

Uguaglianza astratta

Il rifiuto della specificità del ruolo delle donne nella storia finisce con l’abbracciare una astratta uguaglianza, perché costruita sui “paradigmi degli uomini”. Anche la storia degli uomini diviene astratta, essi sono vissuti e percepiti mediante una storia spoglia della struttura economica.

 Le donne per cultura o natura si sono occupate dei più deboli e della vita nei momenti di massima fragilità. Le donne non devono essere obbligate a vivere l’esperienza del dono, ma il rifiuto preconcetto, l’ostilità verso gli uomini e i nuovi ghetti non innalzano l’albero della libertà, ma producono dolorose negazioni e lacerazioni, le quali sono la premessa inconsapevole di nuove forme di razzismo non riconosciute:

 

«Fermo restando che la donna era considerata inferiore all’uomo, che era in una condizione svantaggiata, rappresentava comunque la creatura che metteva al mondo i bambini. Era la creatura che lavava, cresceva, nutriva e vestiva i bambini, dando loro la prima lezione d’umanità, in un certo senso. Era la persona che spesso si prendeva cura dei malati, che preparava i morti, etc., ed era molto più vicina alla realtà di base di quanto lo fossero molti uomini. La donna potrebbe portare questo senso profondo di realtà, fisica, carnale e fisiologica che manca tantissimo nella nostra società. Ed ecco come dovrebbe entrare in gioco la figura femminile: mostrando l’importanza e la sacralità di tutto ciò. E se la donna facesse questo, immediatamente giocherebbe un grande ruolo dal punto di vista del pacifismo, della libertà, del diritto civico, etc., perché comprenderemmo maggiormente i meccanismi della vita e della morte, a cui la donna è per forza di cose, poverina, estremamente vicina da secoli».

 

Assistere gli esseri umani nei momenti di passaggio cruciali per l’esistenza: la vita e la morte, o semplicemente cucinare per gli altri, sono attività nobilissime, in quanto rendono visibile in quei gesti la sacralità materiale della vita. A tali comportamenti le donne non devono essere obbligate, ma giudicare negativamente le donne che vogliono dedicarsi a tali gesti è sbagliato e fuorviante:

 

«Quanto a occuparsi della cucina, come dicono spesso gli psicologi, si tratta di una forma d’amore. Nutrire gli altri è la maniera di provare loro che li amiamo: noi dimentichiamo la parte sacra di questa cosa. Ai giorni nostri questo aspetto sussiste forse più spesso negli uomini, che a un certo punto iniziano a lavare i piatti, a cucinare, mentre la donna se ne va in ufficio.

E sono loro che ereditano questo grande sentimento umano, mentre a me piacerebbe che restasse non dico privilegio delle donne, ma almeno che non si sentissero sminuite nel ricoprire il proprio ruolo femminile, per il quale sono perfettamente adatte.

Idem per l’argomento figli: adesso gli psicologi ci vengono a dire, forse un po’ in ritardo visto che hanno detto il contrario per 30 anni, che un figlio può tranquillamente vivere molto bene senza un padre, come senza una madre, e che non è una questione di sesso, ma è una questione di cura, di tenerezza, etc., e non è il caso che questo sentimento di cura e di tenerezza si sacrifichi per la carriera».

 

Marguerite Yourcenar si è spenta il 17 dicembre 1987, le sue parole ci parlano del nostro presente in cui in nome dell’uguaglianza astratta si annichiliscono le differenze e si innalzano nuovi muri in cui rinchiudere le differenze. L’individualismo carrieristico modellato sul modello maschile anglosassone e capitalistico non porta all’uguaglianza ma a nuove forme di sudditanza non riconosciute.

 Alla menzogna e all’uguaglianza astratta che mortifica e umilia le differenze bisogna opporre il coraggio della verità senza la quale non vi è dignità per nessuno ma solo una innaturale e irrazionale uguaglianza.

 

Salvatore Bravo

 

 

[1] https://www.youtube.com/watch?v=3ZWD7c7gggo&t=270s&pp=ygUUbWFyZ3Vlcml0ZSB5b3VyY2VuYXI%3D

[2] https://www.minimaetmoralia.it/wp/interviste/la-condizione-femminile-intervista-marguerite-yourcenar/


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Fernanda Mazzoli – Pedagogia della paura e omologazione sociale: una riflessione sulla caccia alle streghe

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Mauro Armanino – Le vite bruciate del Sahel.

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Erasmo da Rotterdam – La guerra piace a chi non la conosce. L’uomo è il solo animale nato esclusivamente per l’amicizia. La natura ha voluto che l’uomo non le fosse debitore della vita: ha preferito che egli dovesse la vita alla benevolenza, affinché comprendesse di essere stato concepito per provare gratitudine e per sentirsi legato agli altri uomini con l’inclinazione all’amore e all’amicizia.



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Ludwig Binswanger – Il riconoscimento dell’eguaglianza della natura umana lo troviamo espresso in tutta chiarezza e fermezza già in Platone


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Salvatore Bravo – Con le parole di Gianni Rodari domandiamoci perché la terra è ridotta a “pezzettini”. Cambiare paradigma è l’unico modo per salvare vite, territorio e pianeta, con un nuovo umanesimo che coniughi la vita con il territorio e che abbia nella “cura” preventiva il centro dell’agire. La natura non è matrigna, sono i modelli economici e di gestione delle comunità ad esserlo.

Paolo Pileri (docente di Pianificazione territoriale e Ambientale al Politecnico di Milano),
L’intelligenza del suolo. Piccolo atlante per salvare dal cemento l’ecosistema più fragile, Altreconomia, 2022.

Il suolo è la pelle del Pianeta, pochi centimetri brulicanti di vita senza i quali non sarebbe possibile produrre il cibo necessario per l’uomo e gli animali. Il suolo è generoso: dona questi e altri benefici gratis. E noi lo distruggiamo. Questo libro spiega perché è indispensabile proteggerlo. Il suolo è bello e vivo: è un ecosistema straordinario, un consesso di miliardi di esseri viventi in pochi centimetri, un laboratorio che trattiene e cede l’acqua, sequestra la CO2 più di qualsiasi pianta, crea l’humus che rende fertile la terra e che permette la nostra vita e quella degli animali ed è una vera farmacia a cielo aperto. Come scrive Henry David Thoreau il suolo è “poesia vivente”. Il suolo – insomma – non è una superficie, ma uno “spessore”. Il suolo non è solo intelligente ma soprattutto generoso, perché ci dà tutto questo gratuitamente. Ma purtroppo è anche molto fragile, ed è inerme di fronte alla stupidità e all’avidità di chi lo considera una “risorsa” da sfruttare. Non è rinnovabile né resiliente: quando viene cementificato, impermeabilizzato, eroso o inquinato è perso per sempre. Un libro che lancia un vigoroso appello, per riflettere su quello che abbiamo sotto i piedi e mobilitarci per proteggerlo. Perché non basta inserire la parola ambiente in Costituzione se ogni secondo che passa in Italia vengono distrutti due metri quadrati di suolo e la politica ignora il pensiero ecologico. Non è un caso che manchi ancora una giusta legge nazionale sul consumo di suolo.


In Emilia-Romagna ci sono quasi centomila persone a rischio frane. Statistica ISPRA 2017.

La minaccia dei fiumi “tombati”. Una rete di 12 mila chilometri

Fiumi tombati

Consumo di suolo, in 60 anni persa un’area come l’Emilia Romagna
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