Federico García Lorca (1898-1936) – Parole sul teatro: Il teatro è uno degli strumenti più espressivi e più utili per la formazione di un paese, ed è il barometro che ne segna la grandezza o la decadenza.

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Il teatro è uno degli strumenti più espressivi
e più utili per la formazione di un paese,
ed è il barometro che ne segna la grandezza o la decadenza.

***

So che la verità non la possiede chi dice «oggi, oggi, oggi»,
mangiando il pane vicino al fuoco,
ma colui che serenamente guarda, lontano,
la prima luce nell’alba della campagna.

***

Io so che non ha ragione chi dice: «adesso, subito»,
con gli occhi fissi alle piccole fauci del botteghino,
ma colui che dice «domani, domani domani»,
e sente arrivare la nuova vita palpitante sul mondo.


 

Dibujo de Lorca dedicado a Margarita Xirgu, intérprete de la primera Mariana Pineda, estrenada en Barcelona en 1927.

Dibujo de Lorca dedicado a Margarita Xirgu, intérprete de la primera Mariana Pineda, estrenada en Barcelona en 1927.


Cari amici,
tempo fa feci fermo proponimento di rifiutare ogni tipo di omaggi, di banchetti o di feste che si fossero fatti in mio onore: in primo luogo, perché ognuno di questi avvenimenti mette un mattone sulla nostra tomba letteraria, e in secondo luogo perché ho visto che non v’è nulla di più desolante che il discorso freddo in nostro onore né momento più triste dell’applauso organizzato, anche se fatto in buona fede.
Inoltre – questo è un segreto – credo che banchetti e pergamene portino male all’uomo che li riceve: malocchio a disgrazia nati dall’atteggiamento sfiduciato degli amici che pensano: «Con lui siamo a posto».
Per i poeti e per i drammaturghi, invece di omaggi, io organizzerei attacchi e sfide in cui ci si dicesse apertamente e con vero accanimento: «Perché non hai il coraggio di fare questo?» «Perché non sei capace di esprimere l’angoscia del mare in un personaggio?» «Perché non osi raccontare la disperazione dei soldati nemici della guerra?». Esigenza e lotta, con un fondo d’amore severo, temprano l’animo dell’artista che si indebolisce e si corrompe nel facile successo. I teatri sono pieni di sirene ingannatrici incoronate di rose di serra, e il pubblico è soddisfatto e applaude quando vede cuori di cartapesta e ascolta dialoghi a fior di labbra; ma il poeta drammatico non deve dimenticare, se vuole salvarsi dall’oblio, i campi di rose bagnati dall’alba dove soffrono i contadini e quel colombo, ferito da un misterioso cacciatore, che agonizza fra i giunchi senza che nessuno ascolti i suoi lamenti… [Continua a leggere]

Federico García Lorca, Parole sul teatro,
in Id., Impressioni e paesaggi, a cura di Carlo Bo,
Passigli Editori, 1993, pp. 89-93.

Freccia rossa  Federico García Lorca, Parole sul Teatro


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William Shakespeare (1564-1616) – La sua lezione di regia: «Tenetevi misurati, dovete ottenere e conservare quella sobrietà che consente morbidezza di toni. Accordate l’azione alla parola, la parola al gesto: lo strafare è contrario alla vocazione dell’arte teatrale. Il gigioneggiare quanto il recitarsi addosso non può che disgustare l’intenditore».

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Non c’è altra oscurità che quella della tua ignoranza.

epa04072088 A reproduction of a previously unknown portrait of English poet and playwright William Shakespeare is presented in Mainz, Germany, 12 February 2014. Shakespeare expert Hildegard Hammerschmidt-Hummel claims to have proven the authenticity of two pictures as genuine portraits of Shakespeare (1564-1616). She used a catalog of criteria, which considered specific facial and disease characteristics, to confirm their authenticity. The painter of the works is unknown as well as the whereabouts of the originals. EPA/DANIEL REINHARDT ATTENDTION EDITORS: EDITORIAL USE ONLY IN CONNECTION WITH REPORTS ON THE PRESENTATION EDITORIAL USE ONLY

William Shakespeare


 

Statua di William Shakespeare (anno 1874) in Leicester square, London,

Statua di William Shakespeare (anno 1874) in Leicester square, London.

L’iscrizione: «There is no darkness but ignorance»,
«[…] tu persisti nell’errore! Non c’è […] altra oscurità che quella della tua ignoranza.
Nella quale appunto tu sei immerso»

(W. Shakespeare, La dodicesima notte, Atto quarto, scena seconda).


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Amleto – Atto Terzo – Scela Seconda –  Sala in castello.

Amleto e tre attori.

AMLETO
Dite il vostro discorso, vi prego, come ve l’ho recitato io; come se vi danzasse sulla lingua. Che se me lo urlate come fanno certi nostri attori moderni, tanto mi varrebbe affidare i miei versi a un banditore di piazza. E non falciatemi l’aria con la mano, così: ma tenetevi misurati; ché anche nel torrente, nel vortice, diciamo pure nell’uragano, dei vostri affetti, dovete ottenere e conservare quella sobrietà che consente morbidezza di toni. Ah mi guasta il sangue quando sento un accidentaccio tanto fatto, imparruccato, ridurre a brandelli la sua passione dilaniandola a morsi pur di sfondar gli orecchi a quelli giu in platea; ai quali arriva tutt’al più, una pantomima incomprensibile, per quel fracasso. Uno così io lo farei frustare per concorrenza sleale al capitan Fracassa e per la sua pretesa di straerodiare Erode. Per carità evitatemi quello strazio.

Ma non siate poi neanche pappemolli. Lasciatevi guidare dal vostro criterio e gusto. Accordate l’azione alla parola, la parola al gesto: – badando, particolarmente, di non oltrepassare la misura né i limiti della naturalezza; ché lo strafare è contrario alla vocazione dell’arte teatrale, di cui il fine è sempre stato ed è quello di porgere, si direbbe, uno specchio alla natura che mostri alla virtù il suo vero aspetto, al vizio la sua precisa immagine; e d’ogni età e di interi cicli storici, impronta e forma. Ora, il gigioneggiare quanto il recitarsi addosso può far, talvolta, piacere al pubblico che è l’orbetto, ma non può che disgustare l’intenditore: e il biasimo di uno solo di questi buongustai deve avere più peso per voi gente dell’arte, che l’applauso di un «esaurito» di balordi. Oh, certi attori che ho sentito recitare e lodare, e anche stralodare, per non dir peggio, da ignoranti! Certi attori senza accento né portamento da cristiani né da pagani né da uomini; capaci solo di pavoneggiarsi e muggire! Veniva da pensare se non li avesse manipolati uomini, nel laboratorio della Natura, qualche avventizio che doveva averli sbagliati, tanto era subumana la loro imitazione dell’umanità.

PRIMO ATTORE
Mi lusingo di avere sradicato quasi del tutto questi difetti dalla mia compagnia.

AMLETO
Del tutto dovete sradicarli. E a quello che fa la parte del buffone dite di non infarcirIa di soggetti, ma di attenersi al testo che fu scritto per lui; perché ce n’è di quelli che, pur di trascinare alla risata i piu tangheri spettatori, cominciano essi a dare in grandi risate fracassose, e magari proprio quando l’attenzione avrebbe da fermarsi su battute essenziali che non debbono andar perdute. Volgarissima truffa; la quale mostra, nello sciocco che la compie, bassa ambizione e miseria mentale.
Andate a prepararvi.

William Shakespeare, Amleto, in Id., Teatro, vol. III, Einaudi, 1964, pp. 700-701.


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Statua di Shakespeare, opera di John Massey Rhind,
situata presso il Carnegie Museums di Pittsburgh.


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Sonnetti


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Pier Paolo Pasolini (1922-1975) – Nel teatro la parola vive di una doppia gloria, mai essa è così glorificata.

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P.P. Pasolini, Affabulazione, Einaudi

In Affabulazione, Pasolini affiderà a un personaggio-chiave, l’Ombra di Sofocle, il compito di enunciare le caratteristiche del nuovo teatro: 

Nel teatro la parola vive di una doppia gloria, 
mai essa è così glorificata. E perché? 
Perché essa è, insieme, scritta e pronunciata. 
È scritta, come la parola di Omero, 
ma insieme è pronunciata come le parole 
che si scambiano tra loro due uomini al lavoro, 
o una masnada di ragazzi, o le ragazze al lavatoio, 
o le donne al mercato – come le povere parole insomma 
che si dicono ogni giorno, e volano via con la vita.

Pier Paolo Pasolini

 

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l volume, sollecitato da due convegni promossi nel novembre 2010 a Casarsa della Delizia (dal Centro Studi Pier Paolo Pasolini) e a Bologna (dal Centro Studi Archivio Pier Paolo Pasolini della Cineteca e dal Cimes dell’Università degli Studi di quella città), presenta le riflessioni di un nutrito gruppo di studiosi attorno al teatro di Pasolini, indagato in sette sezioni. Vi sono evidenziate le origini e le tappe evolutive, le specificità dell’opera tragica, le raffinatezze teoriche, le complessità degli intrecci fra il teatro e il cinema, le intersezioni con altri autori. Nell’ultima sezione, gli stimoli di alcuni registi che, dopo Pasolini, hanno dimostrato, con esperienze diverse di pratica scenica, la fertilità, la praticabilità materiale e l’attualità di quella drammaturgia.
Un’ampia panoramica concettualmente rimeditata, che contribuisce a far chiarezza sull’originalità del teatro pasoliniano, riposizionandone il significato dentro l’opera dell’autore, nel contesto del suo tempo e del nostro, mettendone in luce il potenziale di rappresentabilità sempre aperta al futuro.

Pasolini e il teatro
a cura di Stefano Casi, Angela Felice e Gerardo Guccini
Marsilio ed.
Collana: Ricerche
Anno: settembre 2012
ISBN: 978-88-317-1414-3
pagine: XVI-404


 

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William Shakespeare (1564-1616) – «Cesare non potrebbe fare il lupo se non fossero pecore, e nient’altro che pecore, i romani».

William Shakespeare

CASSIO
Cesare […]  so che non potrebbe fare il lupo se non fossero pecore, e nient’altro che pecore, i romani.
Non farebbe il leone se non vedesse tanto cervi i romani.
Quelli che vogliono accendere una gran fiamma in fretta, cominciano con una brancatella di vilissima paglia; ora, che immondezzaio è Roma, che letamaio, che secchio di rifiuti, se si lascia adoprare come materia vile a illuminare una sostanza vile come Cesare! Ma, dove mi hai trascinato, mia tristezza? Io parlo così a uno che si acconcia forse volentieri a vivere da schiavo […].

[…]

ANTONIO
Fu, Bruto, il più nobile romano fra tutti i congiurati.
Tutti gli altri agirono per odio contro Cesare.
Lui solo, onesto nel suo pensiero, unicamente per l’interesse pubblico ed il bene comune si unì a loro.
Fu di nobile vita; e furono in lui così armonicamente commisti gli elementi naturali, che la Natura può levarsi e dire all’universo: «Questo fu un uomo».

William Shakespeare, Giulio Cesare, in Teatro, III, Einaudi, 1960, pp. 181-264

 

 

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Chiara Guarducci, «La neve in cambio» [Lucifero, La Carogna, Camera ardente].

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Chiara Guarducci, La neve in cambio

Fenditura nella neve di Sandra Nistri

[Lucifero, La Carogna, Camera ardente].

ISBN 88-87296-89-8, 2001, pp. 80, formato 110×170 mm., Euro  5,16 – Collana di teatro, “Antigone” [5].
In copertina: Fenditura nella neve. Foto di Sandra Nistri.

indicepresentazioneautoresintesi

Chiara Guarducci vive a Firenze . Il suo rapporto con la parola è prima di tutto poetico ed è, infatti, dalla poesia e nella poesia che arriva al teatro. Suoi versi sono apparsi sulla rivista “Plurale” (1994) e la pubblicazione della sua opera prima, Fino a dimenticare (Firenze, Gazebo, 1999) è avvenuta in coincidenza con la messa in scena della sua prima pièce teatrale, Lucifero, nell’ambito della “Rassegna dei giovani autori” organizzata nel marzo del 1999 dal Teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino.
Attraverso la scelta di figure estreme nella loro funzione simbolica come l’Angelo caduto, oggetto di proiezioni e di ostracismi, totem e tabù della cultura occidentale, l’Autrice esplora le potenzialità visive e sonore della parola, affidando il testo ad una voce sola, inchiodata e persa al centro della gabbia teatrale.

La carogna, presentata al pubblico nell’aprile 2000, prosegue questa ricerca intorno ai simboli, guardandoli dalla parte dei luoghi comuni, delle “frasi fatte” e reiterate in cui quotidianamente precipita l’esperienza dell’amore e dell’abbandono. La carne narrante è quella della carogna, il resto vivissimo di una festa tradita, la piaga che rimane aperta alla fine di una storia, abbondante, generosa solitudine dannata a ripercorrere la giostra dei suoi stessi segni con sarcasmo ed incanto.

Conclude questa “trilogia” Camera ardente, andata in scena nel febbraio 2001 ed interpretata da Silvia Guidi, attrice cui la Guarducci si sente legata dalla medesima urgenza artistica: scrivere i lampi, gli umori della mente, entrare nel magma: «A noi interessano i ‘mostri’, cioè coloro che ‘mostrano’: più che personaggi cose viventi, masse di energia, onnipotenza infantile e abbandono».

Lucifero caduto in disgrazia era ancora tutto sporco di cielo, la carogna, avanzo dolorante di una storia d’amore, era carne viva, scossa da gioia e angosce, da una fame di vita che la sfiniva.

Con Camera ardente nasce il morto, l’ultima creatura, quella che ha più bisogno di amore. La camera ardente è un letto disfatto, un rigirarsi dentro visioni, cantilene, stati tra la veglia e il sonno. Il congedo è difficile, il morto è terrorizzato, rivuole tutto indietro, deve superare l’orrore della scena madre, questo vedersi sdraiato in un luogo squallido coi fiori, lasciato lì. Per questo sogna, magari balla o vola, magari fa festa, chissà come avverrà la sua scomparsa.

 

Chiara Guarducci | byebabysuite

chiara guarducci | Un’altra Donna. L’impudenza dello sguardo.

chiara guarducci – YouTube

Intervista MakeCulture a Chiara Guarducci – YouTube

TEATRO PUCCINI – Alessia Innocenti / Bye Baby Suite

Bye Baby Suite – YouTube

Alessia Innocenti

Bye Baby Suite. A 50 anni da Marilyn | Recensioni

Teatro Mancinelli Orvieto: BYE BABY SUITE

Evento Bye Baby Suite @RIVA – Riva Lofts Florence

“Bye Baby Suite”: 40 minuti in camera con Alessia “Marylin”

Bye Baby suite – L’ultima notte di Marylin Monroe – Rumor(s)

Ristorante La Veranda Pistoia: Bye Baby Suite : 40 minuti in …

 

Le farfalle volano

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Maura Del Serra – Adattamento teatrale de “La vita accanto” di Mariapia Veladiano

Coperta La vita accanto

Maura Del Serra

Adattamento teatrale de “La vita accanto” di Mariapia Veladiano

Se  vuoi acquistare il libro clicca

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http://www.petiteplaisance.it/libri/201-220/214/int214.html

Se non ci fossero specchi, resterebbero gli occhi a dire ad una donna brutta che è brutta. Gli occhi degli altri sono uno specchio. Sono il giudice che decreta se esistiamo o no. Se siamo belli o brutti.

Possiamo ignorare il giudizio, cercare di esserne indipendenti, ma tutti desideriamo che qualcuno nel mondo si accorga e guardi la nostra bellezza. La ricononosca.  Non essere guardati equivale a non essere amati.

Crescere storti, rinchiusi, evitati dallo sguardo degli altri, provoca dolore. Ma la possibilità di trasformare il dolore genera a volte una nuova inaspettata bellezza.

La bellezza della musica, della poesia, la bellezza che sta nelle mani di questa bambina brutta. L’atto scandaloso di una bellezza che ha bisogno di orecchie e di anima per essere vista, più che di occhi.

Questa storia sfida il tempo in cui è stata scritta: un’epoca in cui l’apparire ha seppellito l’essere, in cui “photoshoppare” visi e corpi è la regola che si impone per correggere e falsificare ogni minima imperfezione del corpo umano.

Mettere in scena la bruttezza come metafora, conservarne il mistero, non banalizzarlo rendendo realisticamente “mostruosa” la protagonista, è un compito non piccolo poiché tutto quello che accade nel romanzo di Mariapia Veladiano e nella efficace riduzione teatrale di Maura Del Serra, ruota intorno a questa condizione.

La letteratura e la poesia possono far vedere solo dicendo, il teatro deve far vedere anche agli occhi.  L’invenzione della bruttezza sarà dunque il nostro punto di partenza, il cambio dello sguardo del pubblico alla fine del racconto; ci auguriamo sia il punto di arrivo.

Cristina Pezzoli, la regista

Cristina Pezzoli

Monica Menchi, l’interprete

Monica Menchi, l'interprete

A Pistoia “La vita accanto” debutta a teatro

di Laura Montanaro

“La vita accanto” a teatro a Casalguidi

di Laura Montanaro

 

Il viaggio di Monica Menchi nel mistero della bruttezza

“La Vita Accanto” – Intervista a Monica Menchi e Cristina Pezzoli

 

Monica MenchiMonica Menchi, l’interprete

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