Omero – Che non inetto, che non privo di gloria io muoia. Ma che io compia la grandezza del mio essere uomo, così che si trasmetta anche nella fama dei posteri.
Scena dal libro XXIV dell’Iliade: Il corpo di Ettore riportato a Troia, rilievo su sarcofago romano (180-200 circa). Museo del Louvre (Ma 353 o MR 793), dalla collezione Borghese.
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Quando Ettore si avvede che cadrà irrimediabilmente nel duello con Achille,
il suo unico pensiero è questo:
«Che non inetto, che non privo di gloria io muoia.
Ma che io compia la grandezza del mio essere uomo,
così che si trasmetta anche nella fama dei posteri».
Omero, Iliade, XXII, 304-205.
Fisicamente perirà, ma preserverà il suo valore di uomo, perché il suo nome,
la sua umanità, gli sopravviva negli altri.
È quanto egli può opporre al destino.
È quanto noi tutti possiamo opporre alla morte fisica.
« μὴ μὰν ἀσπουδί γε καὶ ἀκλειῶς ἀπολοίμην,
ἀλλὰ μέγα ῥέξας τι καὶ ἐσσομένοισι πυθέσθαι. »
« Ma non fia per questo
che da codardo io cada: periremo,
ma glorïosi, e alle future genti
qualche bel fatto porterà il mio nome. »
(Ettore, prima dell’ultimo duello contro Achille; Iliade, XXII, 304-305.
Traduzione di Vincenzo Monti).
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Omero – Come è la stirpe delle foglie, così quella degli uomini.
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