Paolo Grossi – Il valore è un principio o un comportamento che la coscienza collettiva ritiene di sottolineare: isolandolo e selezionandolo lo sottrae alla relatività che è propria del fascio indistinto.

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«Lo Stato non crea diritto,
lo Stato crea leggi,
e Stato e leggi
stanno sotto il diritto».

Erich Kaufmann
Die Gleichleit vor dem Gesetz (1927)

 

 

 

Prima lezione di diritto

Prima lezione di diritto

«L’ordine giuridico autentico attinge allo strato dei valori di una comunità per trarne quella forza vitale che nasce unicamente da una convinzione sentita, per trame quella solidità che non ha bisogno della coazione poliziesca per mantenersi stabile.
Valori; qualcuno storcerà il naso pensando immediatamente a quelli assoluti e indiscutibili, morali e religiosi, propri della sfera più personale di un uomo e collocati in un sicuro grembo intra-soggettivo. Dobbiamo
intenderci bene per evitare equivoci.
Il valore è un principio o un comportamento che la coscienza collettiva ritiene di sottolineare isolandolo e selezionandolo dal fascio indistinto dei tanti principii e comportamenti; isolandolo e selezionandolo lo sottrae alla relatività che è propria del fascio indistinto, gli conferisce senza dubbio una qualche assolutezza, lo costituisce come modello. […]
Lo strato dei valori storici è quello delle radici d’una società, è il frutto di sedimentazioni lunghe, è l’acquisizione di certezze faticosamente conquistate e diventate, dopo secolari fatiche, patrimonio d’una comunità storica. È quell’ethos ampio e aperto che suol chiamarsi costume e che riesce a caratterizzare un ethnos. Con due precisazioni basilari: vive nella storia e dalla storia trae la sua vitalità, non è mai scritto né nella natura fisica né tanto meno in pretese cifre biologiche differenzianti (un esempio atroce: la razza); rappresenta un modello, altrimenti non sarebbe osservato, ma con una sua disponibilità ad arricchirsi delle maturità dei tempi, a lasciarsene segnare, sia pure nel lento incedere dei tempi lunghi che sono i soli a formare una coscienza collettiva.
Un punto, già accennato, va però sottolineato intensamente: i valori sono sempre realtà radicale, cioè di radici, e radicale è la dimensione giuridica che vi attinge e se ne nutre. Si è detto talora che il diritto è forma che riveste una sostanza sociale. Verità parzialissima, perché la forma è soltanto la manifestazione estrema – la più esterna, per così dire – di un ordinarsi della società, che, al contrario, pésca nel profondo, ha propaggini alla superficie della quotidianità ma porta alla superficie quei valori riposti dai quali resta intriso» (pp. 20-21).

 «Il testo costituzionale – per noi italiani la Costituzione formale del 1947 – non è pertanto una carta che si impone dall’alto sulla società ma è in essa radicata, e può ben essere presentata al lettore novizio come la cuspide emergente di un continente per la massima parte sommerso (da cui, però, quella cuspide trae continuo nutrimento). Nella Costituzione, testo ed esperienza, almeno nei ‘principi fondamentali’ e nella ‘parte prima’, vengono a fondersi per aver voluto essere quel testo soltanto lo strumento di identificazione di valori profondi. Siamo nelle estreme propaggini dove l’universo giuridico confina con la morale, la religione, il costume, dove il diritto affonda nella morale, nella religione, nel costume, ma dove – sia ben chiaro – ci troviamo già nel territorio del giuridico. Regole e principii, che, proprio per essere specchio fedele di valori circolanti, si connotano di una normatività di qualità superiore e alla quale corrisponde una osservanza degli utenti basata su una sostanziale adesione» (p. 90).

Paolo Grossi, Prima lezione di diritto, Editori Laterza, 2003.


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Herbert Marcuse (1898-1979) – Né ritirarsi né adattarsi, ma imparare come sviluppare con la nuova sensibilità una nuova razionalità, per sostenere il lungo processo dell’istruzione.

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La dimensione estetica

La dimensione estetica

«Bertolt Brecht ha osservato che viviamo in un periodo in cui sembra un crimine parlare di un albero. Da allora, le cose sono molto peggiorate. Oggi, sembra un crimine solamente parlare di un cambiamento mentre la società è trasformata in un’istituzione di violenza […]. Il puro e semplice potere di questa brutalità non è immune contro la parola pronunciata e scritta che lo accusa? E la parola che è diretta contro i professionisti di questo potere non è la stessa che usano per difendere il loro potere? C’è un livello al quale sembra giustificata persino l’azione priva di intelligenza contro di loro. Perché l’azione spezza, anche se solo per un momento, l’universo chiuso della soppressione. L’escalation è costruita dentro il sistema e accelera la controrivoluzione a meno che sia fermata in tempo. Eppure, c’è un tempo per la conversazione e un tempo per l’azione anche in questo sistema, e questi tempi sono definiti (segnati) dalla concreta costellazione sociale delle forze. Dove l’azione radicale di massa è assente, e la sinistra è incomparabilmente più debole, la sua azione deve essere autolimitante. Ciò che è imposto alla ribellione dalla repressione intensificata e dalla concentrazione di forze distruttive nelle mani della struttura di potere deve diventare il terreno per il raggruppamento, il riesame. Devono essere sviluppate strategie che sono adattate a combattere la controrivoluzione. Il risultato dipende, in larga misura, dalla capacità della generazione giovane non di ritirarsi né di adattarsi, ma di imparare come raggrupparsi dopo la sconfitta, come sviluppare, con la nuova sensibilità una nuova razionalità, per sostenere il lungo processo dell’istruzione, il prerequisito indispensabile per la transizione a un’azione politica su larga scala. Perché la prossima rivoluzione sarà la preoccupazione di generazioni, e “la crisi finale del capitalismo” può durare quasi un secolo.».

Herbert Marcuse, La dimensione estetica. Un’educazione politica tra rivolta e trascendenza, a cura di Paolo Perticari, Guerini e Associati, 2002, p. 266.


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Cosimo Quarta – L’uomo è un essere progettuale. Il progetto spinge a impegnarsi per cambiare lo stato di cose presente. La carenza di progettazione sociale è segno di fuga dalla vita, perché realizzare il fine richiede impegno, dedizione, pazienza, sofferenza, sacrificio.

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«[…] il genere Homo si caratterizza, fin dalle origini, per la sua inquietudine, per la ricerca di nuove possibilità […], dimostrando così la sua capacità di non fermarsi al puro dato sensibile, ossia di andare oltre la percezione immediata, e quindi di pre-vedere quel che ancora non è fisicamente visibile, cioè percepibile dai sensi. L’inquietudine e l’angoscia sono legate […] alla scoperta della libertà, alla possibilità di scegliere tra due o più comportamenti.
Ma il prevedere – che è un’attitudine propria della ragione – implica la coscienza del tempo, o meglio, la temporalità, la quale […] rende possibile il  costituisce cioè la conditio sine qua non del progettare. Sullo spazio aperto dalla previsione s’innesta così […] la progettualità, che è un fatto specificamente ed essenzialmente umano. E poiché l’uomo non è un individuo isolato, ma, in quanto coessere, nasce, vive e opera sempre in un determinato contesto storico-sociale, ecco che il suo progettare si carica di storicità, di socialità, di politicità, caratterizzandosi, immediatamente, come utopico, dal momento che l’utopia può essere definita come il progetto della storia, come progetto e impegno di costruire la “società giusta”; quella società, cioè, in cui a ciascuno venga finalmente riconosciuto il proprio diritto: il diritto dell’uomo in quanto uomo. Da ciò discende che l’utopicità non è un fatto accidentale e transeunte, ma un carattere essenziale della specie umana» .

«Lo dimostra il fatto che, ancora oggi, l’uomo si presenta come l’essere che, per sua natura, si protende e proietta verso il suo dover essere. E ciò perché è in gioco l’originaria potenzialità della persona, il suo oscillare tra il nulla e il tutto, la sua capacità di costruire liberamente (dunque, anche sbagliando) quel se stesso che ancora non è. Il progetto […] non è una delle tante opzioni, ma costituisce l’opzione fondamentale, poiché solo per mezzo di esso il genere Homo attinge quella che viene chiamata dignità umana.
Senza il progetto, cui si connette il dover essere e quindi il vincolo etico – che lo obbliga a realizzare, per quanto è possibile pienamente, l’umanità che è in lui – l’uomo decade a bestia. Ciò che rende la vita umana degna di essere vissuta è anzitutto quest’opera […] che richiede l’impegno e lo sforzo di tutta una vita, proprio perché l’uomo, in quanto essere finito, è soggetto alla caduta e allo scacco, ma è anche capace, ogni volta, di rialzarsi, per riprendere il cammino […].
Ora, questo impulso a protendersi verso il dover essere,  […] questa profonda aspirazione a diventare quel che non è ancora fanno, appunto, dell’uomo un essere essenzialmente progettuale, cioè utopico. In altre parole, l’utopicità è un carattere che ha segnato l’uomo in maniera indelebile. È il carattere distintivo per eccellenza, da cui tutti gli altri derivano, compreso, forse, lo stesso attributo di sapiens. La “sapienza”, infatti, non è un dono, bensl una dura conquista […]. Ma non vi sarebbe sapienza senza il desiderio, o meglio, il bisogno di conoscere, […] ricerca di nuove possibilità […]» (pp. 50-51).

«Il progetto utopico […] nasce da una profonda coscienza etica, la quale spinge l’uomo a impegnarsi per cambiare lo stato di cose presente, ritenuto ingiusto e insostenibile. Il progetto utopico, quindi, non è solo un modello teorico, bensì, in quanto è proteso, per sua natura, alla realizzazione, richiede un forte impegno anche sul piano della prassi. Lungi dall’essere qualcosa di “astratto”, esso è estremamente concreto […]. Invero, ogni progetto, per sua natura, nasce da un bisogno, ossia dal bisogno di mutare la realtà che, così com’è, risulta carente, inadeguata a soddisfare le esigenze dei singoli o della società in generale.  […] Storicamente è accaduto che le società e le epoche maggionnente dinamiche sono state quelle che hanno espresso un maggiore bisogno di progettualità e quindi un maggiore bisogno di utopia. In questo senso, si può dire che l’utopia si rivela come il motore della storia» (pp. 56-57).

«L’affievolirsi della tensione utopica deve essere considerato come un campanello d’allarme per l’umanità. […] Senza utopia non v’è progettazione, non v’è immaginazione, non v’è speranza e, quindi, non v’è futuro. […] In altre parole, privare l’uomo dell’utopicità significa privarlo della sua stessa umanità» (pp. 58-59).

«Il progetto utopico nasce anzitutto dalla consapevolezza che le condizioni storiche di fatto esistenti (a livello sociale, politico, economico, ecc.) sono profondamente ingiuste; donde l’istanza delle trasformazioni sociali. […] Alle origini del progetto utopico v’è dunque, in primo luogo, la presa di coscienza critica sulla realtà di fatto […].
La coscienza utopica sarebbe però irrimediabilmente monca, se si configurasse solo nella duplice dimensione critico-progettuale. La progettazione, infatti, perché possa dirsi autenticamente utopica, deve essere orientata verso il bene, ossia deve essere sorretta da una volontà di bene, la quale ha come suo fondamento la coscienza etica.
A generare l’utopia è quindi una profonda spinta morale, che si manifesta concretamente non solo come “ansia del giusto” […], ma anche come volontà di pace, di libertà, di uguaglianza, di solidarietà, di amore fraterno. Senza la coscienza etica, che è anche coscienza del limite, la progettazione finirebbe con il degenerare nella hyhris, nell’arroganza, nel delirio di onnipotenza, si trasformerebbe, in altri termini, in volontà di male, ossia in distopia. […] Ecco perché la coscienza morale è una dimensione essenziale, fondamentale della progettazione utopica.
La coscienza etica svolge un ruolo importante, decisivo, non solo nella fase critico-progettuale, ma anche nel momento realizzativo dell’utopia; infatti, è proprio grazie alla vigilanza morale che l’utopia evita di degenerare nel suo opposto, evita cioè di cadere nella
distopia. Il dovere di realizzare il fine, ossia il progetto della “società buona e giusta”, deve essere sempre sotteso dall’impegno di ricercare e scegliere i mezzi, che siano non solo efficaci, ma anche “buoni”, cioè rispettosi della dignità umana e dell’intera ecosfera.
Quando nella coscienza umana comincia a farsi strada l’idea che un fine buono, come ad esempio la giustizia, può essere realizzato compiendo ingiustizie, sopraffazioni e ogni altro genere di violenza, allora si può essere certi che si è abbandonata la strada lunga, stretta e faticosa dell’utopia, per imboccare quella più corta e ampia, ma assai più pericolosa, della distopia.  […] E ciò accade, appunto, per una carenza di spirito utopico, da cui l’uomo spesso rifugge, perché la realizzazione del fine richiede impegno, dedizione, pazienza, sofferenza, sacrificio.
Concepita in tal modo, l’utopia […] riesce a dar conto della straordinaria ricchezza e complessità della progettazione sociale […]» (pp.65-67).

Cosimo Quarta, Homo utopicus. La dimensione storico-antropologica dell’utopia,
edizioni Dedalo, 2015.

 

 

Risvolto di copertina

L’utopia non è solo un concetto letterario, come spesso erroneamente si pensa, bensì un carattere originario ed essenziale della specie umana: analizzandone per la prima volta la dimensione storica e antropologica, questo libro ci consente di capire che l’uomo non è solo sapiens, ma anche utopicus. L’utopia alimenta la speranza progettuale ed è una potente forza di mutamento sociale che, sia pure in forme diverse, è sempre presente nella storia umana.  Attraverso un’analisi originale della genesi della parola e un confronto puntuale con alcu­ni concetti similari (come mito, paradigma, ideale, ideologia) si arriverà a una definizione dell’utopia e del suo rapporto con alcuni tra i più importanti fenomeni socio-storico-culturali, come la rivoluzione, la scienza, la religione e l’ecologia. In questa nuova luce, si vedrà quindi come l’utopia possa costituire un valido antidoto culturale alle paure e al nichilismo del nostro tempo.

Indice del volume

Introduzione - I. IL FONDAMENTO ANTROPOLOGICOE STORICO DELL’UTOPIA - Capitolo 1 - L’utopia: una storia di fraintendimenti - 1. L’utopia non coincide con il fatto letterario - 2. Equivoci derivanti dall’assimilazionedell’utopia al fatto letterario - 3. Ulteriori fraintendimenti - Capitolo 2 -Homo utopicus. L’utopia come carattereoriginario della specie umana - 1. Sulla presunta fine dell’utopia - 2. L’utopia come fenomeno umano originario - 3. Homo utopicus - Capitolo 3 -Utopia e storia - 1. Genesi e prime forme dell’utopia storica - Il bisogno di cambiamento - 2. L’utopia delle origini: la preistoria, il mito - 3. Utopia e storia nel mondo antico - 4. L’utopia storica nel Medioevo cristiano - II. L’UTOPIA: IL TERMINE E IL CONCETTO - Capitolo 4 -Utopia. La genesi straordinaria e complessadi una parola-chiave - 1. La lunga gestazione: l’ipotesi di un Elogio della saggezza - 2. Il problema del nome: da Abraxa a Nusquama - 3. Da Nusquama a Utopia - 4. Il nesso ou-topia/ eu-topia - 5. L’utopia come coscienza critico-progettualee tensione storico-realizzativa - Capitolo 5 -Delucidazione concettuale I:paradigma, ideale, utopia - 1. Sul concetto di paradigma - 2. Sul concetto di ideale - 3. L’utopia - Capitolo 6 -Delucidazione concettuale II:ideologia e utopia - 1. Il contributo (e la responsabilità) di Karl Mannheim - 2. Capitalismo e marxismo versus utopia - 3. Per un risveglio della coscienza utopica - III. IL RUOLO DELL’UTOPIA IN ALCUNI TRA I PIÙ IMPORTANTIFENOMENI SOCIO-STORICO-CULTURALI - Capitolo 7 -Utopia e rivoluzione - 1. La rivoluzione - 2. Utopia e rivoluzione - 3. L’istanza utopica della rivoluzione non violenta - Capitolo 8 -Scienza e utopia - 1. Scienza versus utopia? - 2. La scienza nell’utopia letteraria - 3. Utopia e scienza in dialogo - Capitolo 9 -Utopia e trascendenza - 1. Sul rapporto utopia-trascendenza - 2. Homo utopicussivetranscendens: la scoperta dell’«oltre» - 3. Dall’utopia alla Trascendenza - Capitolo 10 -Ecologia e utopia - 1. Crisi ambientale e modernità: dalla Weltanschauungmeccanicistica all’esplosione dei consumi - 2. Carattere utopico della progettualità ecologica - Indice dei nomi

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Albert Einstein (1879-1955) – La libertà dello spirito consiste nell’indipendenza del pensiero dalle limitazioni dei pregiudizi autoritari e sociali come dagli automatismi acritici e dagli abiti acquisiti.

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Pensieri degli anni difficili, 1977

Pensieri degli anni difficili, 1977

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«Solo una vita vissuta per gli altri
è una vita degna di essere vissuta».
Albert Einstein

«So che è un’impresa disperata intraprendere una discussione intorno ai giudizi di valore fondamentali. Per esempio, se qualcuno approva, come obiettivo, l’eliminazione della razza umana dalla faccia della terra, non si può confutare un tale punto di vista su base razionale. Se, però, si è d’accordo su certi obiettivi e su certi valori, si può discutere razionalmente circa i mezzi mediante i quali si possono raggiungere tali mete. Discutiamo, allora, su due obiettivi sui quali possono ben essere d’accordo ·quasi tutti coloro che leggono queste pagine:
1) I beni strumentali necessari a conservare la vita e la salute di tutti gli esseri umani dovrebbero essere prodotti con la minor fatica possibile da parte di tutti.
2) Il soddisfacimento delle necessità fisiche è veramente la condizione indispensabile per un’esistenza soddisfacente; ma da solo non è sufficiente. Per essere contenti gli uomini debbono anche avere la possibilità di sviluppare le loro facoltà intellettuali ed artistìche nella misura desiderata secondo le loro caratteristiche e capacità personali.
[…] Per libertà io intendo condizioni sociali tali che l’espressione delle opinioni e delle idee riguardanti questioni di conoscenza generali e particolari non implichi pericoli o seri inconvenienti per chi le esprime. Questa libertà di comunicazione è indispensabile allo sviluppo e all’estensione della conoscenza scientifica, considerazione questa che ha una vasta portata pratica. Nel primo esempio essa deve essere garantita dalla legge. Ma la legge da sola non può assicurare la libertà di espressione; affinché ogni uomo possa esprimere i propri punti di vista senza pericolo ci deve essere uno spirito di tolleranza nella popolazione intera. Un tale ideale di libertà esterna non può mai essere raggiunto pienamente ma deve costituire una meta irrinunciabile se vogliamo che il pensiero scientifico, e quello filosofico e creativo in generale, progrediscano
quanto piu è possibile.
Se si vuole raggiungere il secondo obiettivo, cioè la possibilità dello sviluppo spirituale di tutti gli individui, è necessario un altro tipo di libertà esterna. L’uomo non dovrebbe essere costretto a lavorare per ottenere quanto gli è necessario per vivere, al punto da non avere piu né il tempo né la forza di iniziare delle attività personali. Senza questo secondo tipo di libertà esterna, la libertà di espressione gli è completamente inutile. I progressi tecnologici fornirebbero la possibilità di questo secondo tipo di libertà, una volta risolto il problema di una ragionevole suddivisione del lavoro.
Lo sviluppo della scienza, e delle attività creative dello spirito in generale, richiede un altro tipo ancora di libertà, che può venir caratterizzato come libertà interna. È questa la libertà dello spirito, che consiste nell’indipendenza del pensiero dalle limitazioni dei pregiudizi autoritari e sociali come dagli automatismi acritici e dagli abiti acquisiti. Questa libertà interna è un dono raro da parte della natura e rappresenta un obiettivo degno per l’individuo»

Albert Einstein, Pensieri degli anni difficili,
Boringhieri, 1977, pp. 127-129.

 


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Karl Marx (1818-1883) – La sensibilità soggettiva si realizza solo attraverso la ricchezza oggettivamente dispiegata dell’essenza umana.

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Opere filosofiche giovanili

Opere filosofiche giovanili

«Soltanto attraverso la ricchezza oggettivamente dispiegata dell’essenza umana vi è la ricchezza della umana sensibilità soggettiva (l’orecchio musicale, l’occhio per la bellezza della forma – in breve, i sensi capaci di umana gratificazione, sensi che affermano se stessi come poteri essenziali dell’uomo) sia essa coltivata o prodotta».

Karl Marx, Manoscritti economico-filsoflci del 1844, tr. il. G. Della Volpe, in Opere filosofiche giovanili, Editori Riuniti, Roma 1963, p. 229.


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John Berger – Il momento in cui inizia un pezzo musicale.

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«Il momento in cui inizia un pezzo musicale fornisce un indizio per la natura di tutta l’arte. L’incongruità di quel momento, confrontata con il silenzio incalcolabile, inavvertito che lo precede, è il segreto dell’arte […] è nella distinzione tra il reale e il desiderabile. Tutta l’arte è un tentativo di definire e rendere innaturale questa distinzione».

J. Berger, The Moment of Cubism, Pantheon, New York 1969, pp. 31 sgg.

 


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Herbert Marcuse (1898-1979) – Ciò che si definisce “utopico” non è più qualcosa che “non accade” e non può accadere nell’universo storico, bensì qualcosa il cui prodursi è impedito dalla forza delle società stabilite.

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La dimensione estetica

La dimensione estetica

«Finora uno dei principali criteri guida della teoria critica della società (e in particolare della teoria marxiana) è stato quello di trattenersi da ciò che si può ragionevolmente chiamare speculazione utopica. Si presuppone che la teoria sociale sia tenuta ad analizzare le società esistenti alla luce delle loro funzioni e delle loro capacità, e a identificare le tendenze dimostrabili (nel caso ve ne siano) che possono condurre al superamento della situazione in atto deducendo logicamente dalle istituzioni e dalle condizioni prevalenti. La teoria critica può anche essere in grado di determinare i fondamentali cambiamenti istituzionali che costituiscono i prerequisiti per il passaggio a un livello più alto di sviluppo: “più alto” nel senso di un più razionale e più equo utilizzo delle risorse, di una riduzione dei conflitti distruttivi e di un allargamento del governo della libertà.
Ma la teoria critica della società non si è avventurata oltre questi limiti per paura di perdere il suo carattere scientifico. lo ritengo che questa concezione restrittiva debba essere revisionata e che tale disamina sia suggerita, e persino resa necessaria, dalla reale evoluzione delle società contemporanee. La dinamica della loro produttività priva la nozione di “utopia” del suo tradizionale contenuto di irrealtà: ciò che si definisce “utopico” non è più qualcosa che “non accade” e non può accadere nell’universo storico, bensì qualcosa il cui prodursi è impedito dalla forza delle società stabilite».

Herbert Marcuse, Sagio sulla liberazione. Dall’«uomo a una dimensione» all’utopia, in Id.,  La dimensione estetica. Un’educazione politica tra rivolta e trascendenza, a cura di Paolo Perticari, Guerini e Associati, 2002, p. 106.


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Igor Stravinsky (1882-1971) – I quartetti di Beethoven sono una carta dei diritti umani.

Stravinsky e Beethoven

«La mia convinzione personale è che i quartetti di Beethoven siano una carta dei diritti umani, e una carta perpetuamente sediziosa nel senso platonico della sovversività dell’arte […]
Un alto concetto di libertà è incorporato nei quartetti, […] sia al di là che comprendenti ciò che Beethoven stesso intendeva quando scrisse [al principe Galitzin] che la sua musica poteva ‘aiutare l’umanità sofferente’.
Essi sono una misura dell’uomo […] e parte della descrizione della qualità dell’uomo, e la loro esistenza è una garanzia».

Igor Stravinsky, The New York Review of Books, 24 aprile, 1969, p. 4.

 


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Herbert Marcuse (1898-1979) – Il presupposto fondamentale della rivoluzione, la necessità di un cambiamento radicale, trae origine dalla soggettività degli individui stessi, dalla loro intelligenza e dalle loro passioni, dai loro sensi e obiettivi. La soggettività liberatrice si costituisce nella storia interiore degli individui. Solo come straniamento l’arte svolge una funzione cognitiva. Essa comunica verità non comunicabili in nessun altro linguaggio: essa contraddice.

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La dimensione estetica

La dimensione estetica

«Se l’ideologia diventa mera ideologia […] si attua una svalutazione dell’intero regno della
soggettività, una svalutazione non solo del soggetto in quanto ego cogito, il soggetto razionale, ma anche dell’interiorità, delle emozioni e dell’immaginazione. La soggettività degli individui, la loro stessa coscienza e l’inconscio tendono a essere dissolti nella coscienza di classe.
In tal modo viene minimizzato un presupposto fondamentale della rivoluzione, cioè il fatto che la necessità di un cambiamento radicale debba trarre origine dalla soggettività degli individui stessi, dalla loro intelligenza e dalle loro passioni, dai loro sensi e obiettivi. La teoria marxista dovette soccombere a quella stessa reificazione che aveva denunciato e combattuto nel complesso della realtà sociale. La soggettività divenne un atomo dell’oggettività; persino nella sua forma ribelle si arrese a una coscienza collettiva. La componente deterministica della teoria marxista non consiste nella relazione tra esistenza sociale e coscienza, ma nel concetto riduttivo di coscienza che neutralizza il contenuto specifico della coscienza individuale e, con ciò, il potenziale soggettivo per la rivoluzione.
[…] La soggettività liberatrice si costituisce nella storia interiore degli individui – la loro storia personale, che non s’identifica con la loro esistenza sociale. È la storia particolare dei loro incontri, delle loro passioni, gioie e sofferenze, esperienze che non traggono necessariamente origine dalla loro condizione di classe e che non sono nemmeno comprensibili in questa prospettiva. Certo, le manifestazioni concrete della storia degli individui sono determinate dalla loro condizione di classe, ma tale condizione non è il fondamento del loro destino, di quello che accade loro. Specialmente nei suoi aspetti non materiali essa infrange la cornice sociale. È troppo facile relegare amore e odio, gioia e dolore, speranza e disperazione nell’ambito della psicologia, escludendoli cosÌ dalla sfera della prassi politica radicale. Per la verità, in termini di economia politica potrebbero non essere “forze produttive”, ma per ogni essere umano questi aspetti sono decisivi e costituiscono la realtà.
Anche tra i suoi esponenti più illustri l’estetica marxista ha partecipato alla svalutazione della soggettività. Da qui la preferenza per il realismo come modello di arte progressiva, la denigrazione del romanticismo in quanto semplicemente reazionario, la condanna dell’arte
“decadente! in generale, l’imbarazzo nel valutare le qualità estetiche di un’opera in termini diversi dalle ideologie di classe.
La tesi che mi accingo a discutere è la seguente: le qualità radicali dell’arte, vale a dire la denuncia della realtà costituita e l’evocazione della bella immagine (schöner Schein) della liberazione, si fondano precisamente nella dimensione in cui l’arte trascende la propria determinazione sociale e si emancipa dall’universo dato del discorso e del comportamento, conservando tuttavia la sua presenza schiacciante. In tal modo l’arte crea il regno in cui diventa possibile il sovvertimento dell’esperienza che le è proprio: il mondo da essa forgiato è riconosciuto come una realtà soffocata e distorta nella realtà data. Questa esperienza culmina in situazioni estreme (di amore e di morte, di colpa e di fallimento, ma anche di gioia, di felicità e di soddisfazione) che fanno esplodere la realtà costituita in nome di una verità solitamente negata o neppure ascoltata. La logica interna dell’opera d’arte sfocia nell’emergere di un’altra ragione, di un’altra sensibilità, che sfidano la razionalità e la sensibilità incorporate nelle istituzioni sociali dominanti.
In nome della legge della forma estetica, la realtà data è necessariamente sublimata: il contenuto immediato è stilizzato, i “dati” vengono rimodellati e riordinati secondo le esigenze della forma artistica, secondo la quale persino la rappresentazione della morte e della distruzione evocano il bisogno della speranza, un bisogno radicato nella nuova coscienza incorporata nell’opera d’arte.
La sublimazione estetica promuove la componente affermativa, riconciliante dell’arte, nonostante sia allo stesso tempo veicolo della funzione critica, di negazione dell’arte. La trascendenza della realtà immediata manda in frantumi l’oggettività reificata dei rapporti sociali costituiti e apre una nuova dimensione dell’esperienza: la rinascita della soggettività ribelle. Così, sulla base della sublimazione estetica, si attua una desublimaziane nella percezione degli individui, dei loro sentimenti, giudizi, pensieri; un’invalidazione delle norme, dei bisogni e dei valori dominanti. Con tutte le sue caratteristiche di ideologia e di conferma, l’arte permane una forza del dissenso.
Possiamo provvisoriamente definire la “forma estetica” come il risultato della trasformazione di un dato contenuto (fatto di cronaca o storico, personale o sociale) in un tutto autosufficiente: una poesia, un lavoro teatrale, un romanzo ecc. L’opera è così “sottratta“ al processo incessante della realtà e assume un significato e una verità che le sono proprie. La trasformazione estetica si attua mediante un rimodellamento del linguaggio, della percezione e della comprensione volto a svelare l’essenza della realtà nella sua apparenza: le potenzialità represse dell’uomo e della natura. In questo modo l’opera d’arte ri-presenta la realtà mentre la denuncia.
La funzione critica dell’arte, il suo contributo alla lotta per la liberazione, risiede nella forma estetica. Un’opera d’arte è autentica o vera non in virtù del suo contenuto (cioè della rappresentazione “corretta” delle condizioni sociali), né della forma “pura”, ma per opera del contenuto che è diventato forma.
Così, se è vero che la forma estetica tiene lontana l’arte dalla realtà della lotta di classe – dalla realtà pura e semplice – ed è ciò che costituisce l’autonomia dell’arte vis à vis con il “dato”, questa dissociazione tuttavia non produce “falsa coscienza” o mera illusione, ma piuttosto controcoscienza: la negazione della mentalità realistico-conformista.
Forma estetica, autonomia e verità sono interdipendenti. Ciascuna di esse è un fenomeno storico-sociale e ciascuna trascende l’arena storico- sociale. Mentre quest’ultima limita l’autonomia dell’arte, non invalida però le verità transstoriche espresse nell’opera. La verità dell’arte consiste nella sua capacità di infrangere il monopolio della realtà costituita (cioè di coloro che l’hanno costituita) e di definire che cosa è reale. In questa rottura, che è la conquista della forma estetica, il mondo fittizio dell’arte appare come la vera realtà.
L’arte si affida a quella percezione del mondo che aliena gli individui dalla loro esistenza funzionale e dalla prestazione fornita nella società – si affida a un’emancipazione della sensibilità, dell’immaginazione e dell’intelligenza a tutti i livelli della soggettività e dell’oggettività.
L’elaborazione estetica diventa veicolo di inquisizione e di denuncia. Ma questa conquista presuppone un grado di autonomia che sottrae l’arte al potere mistificante del dato e la libera all’espressione della propria verità. Dal momento che uomo e natura si costituiscono
entro una società non libera, le loro potenzialità represse e distorte possono essere rappresentate solo in forma estraniante. Il mondo dell’arte è quello di un altro principio di realtà, dello straniamento, e solo come straniamento l’arte svolge una funzione cognitiva. Essa comunica verità non comunicabili in nessun altro linguaggio: essa contraddice».

Herbert Marcuse, La dimensione estetica. Un’educazione politica tra rivolta e trascendenza, a cura di Paolo Perticari, Guerini e Associati, 2002, pp. 15-18.


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Fernanda Elisa Bravo Herrera – Parodias y reescrituras de tradiciones literarias y culturales en Leopoldo Marechal.

Marechal e Fernanda copia

 

copertina Marchegal

Fernanda Elisa Bravo Herrera

Parodias y reescrituras de tradiciones literarias
y culturales en Leopoldo Marechal

Colección “La vida en las Pampas”, Buenos Aires. Corregidor, 2015.
Palabras preliminares de Zulma Palermo.
Bio-cronología de María de los Ángeles Marechal.
ISBN. 978-950-05-3083-5.

Il Testo riprende i risultati della tesi dottorale discussa nel 2006 nel Dottorato in Letteratura Comparata e Traduzione del Testo Letterario (coordinato dal Professore Antonio Prete, docente di Letterature Comparate) presso l’Università degli Studi di Siena, sotto la guida del Professore Antonio Melis, docente di Letterature Ispanoamericane presso la stessa università e la co-tutela della Professoressa Zulma Palermo, Professoressa emerita all’Universidad Nacional de Salta.

Il libro forma parte della collana “La vida en las Pampas” della casa editrice Corregidor, di Buenos Aires, che riunisce saggi e monografie sulla letteratura argentina. Questa collana, che ha un comitato di referee internazionale, è diretta dalla Professoressa María Rosa Lojo, ricercatrice del Conicet radicata nell’Instituto de Literatura Argentina “Ricardo Rojas” dell’Universidad de Buenos Aires e docente presso l’Universidad del Salvador e co-diretta dal prof. Jorge Bracamonte, ricercatore del CONICET e docente presso l’Universidad Nacional de Córdoba). La pagina della casa editrice Corregidor è: http://www.corregidor.com/ La pagina della collana è: http://www.corregidor.com/?page_id=520

In questo libro si analizzano ed indagano le differenti iscrizioni intertestuali presenti nella scrittura di Leopoldo Marechal. L’opera di Leopoldo Marechal richiede riletture permanenti, aperture e revisioni per poter entrare nelle sue biforcazioni semantiche. Questo libro si propone di studiare la parodia, nelle sue molteplici modalità, come chiave interpretativa per ricostruire la concezione ideologica ed estetica, i dialoghi intertestuali, intertemporali ed interculturali delle tradizioni letterarie e culturali all’interno della produzione marechalliana. Viene presa in esame la parodia come lettura/riscrittura e incorporazione della voce dell’altro nelle sue molteplici sfaccettature stilistiche, ideologiche, culturali e temporali; come memoria sociale, fatta di frammenti di testo e discorsi culturali, al fine di delineare le costanti e le variazioni. Epica ed erotismo, sublimazioni e discese infernali, tradizioni letterarie e letture non sempre canoniche, definiscono alcuni degli itinerari e delle sfide di questa scrittura, sempre attuale, che affonda le proprie radici nel quadro nazionale argentino, cercando, però, costantemente di trascenderlo per raggiungere l’universalità.

Lo scopo di questo libro è quello di ricostruire la concezione ideologica ed estetica di Leopoldo Marechal, prestando attenzione principalmente alle tematiche della definizione delle tradizioni culturali e letterarie in un continuo dialogo intertestuale, intertemporale e intrerculturale. La chiave di lettura di tutto questo processo è stata individuata nella parodia, che viene concepita come lettura e riscrittura della parola, della scrittura, del discorso, della tradizione. In altre parole, la parodia rappresenta l’assimilazione, l’incorporazione del discorso dell’altro in tutte le sue sfaccettature stilistiche, ideologiche, culturali e temporali. La tradizione è concepita come una rete o un ordito di differenti modalità di lettura e scrittura che costituiscono un modello di identità culturale ed ideologica, un registro di identificazione, differenziazione, incorporazione e partecipazione nella memoria sociale, che è costituita di frammenti di testo e di discorsi culturali.

Il punto di partenza è la presenza di costanti stilistiche, semantiche e simboliche, che conferiscono alla scrittura marechalliana un carattere fortemente unitario. La narrativa si connota come riscrittura dell’epica, attualizzata e adattata alle nuove condizioni storico-culturali, attraverso i due principi che definiscono la epopea: l’esperienza metafisica degli eroi e la traduzione di quest’ultima secondo un simbolismo che rimanda alla guerra e al viaggio. Il modello di riferimento privilegiato è l’epopea classica, in particolar modo quella omerica dell’Iliade e dell’Odissea con i loro simboli della guerra e del viaggio. In Marechal, tali simboli vengono cristianizzati attraverso la rilettura e la riproposizione delle Confessioni di Sant’ Agostino, del Cantico e ascesa al monte Carmelo di San Giovanni della Croce (San Juan de la Cruz), dei Dialoghi dell’amore di Leon Ebreo. Marechal si appoggia quindi su una linea di pensiero neoplatonica medievale che, però, viene tradotta e riscritta appoggiandosi sulla situazione argentina in una sorta di traduzione della metafisica in pensiero immanente e vissuto. Proprio per questo la ricerca di un equilibrio tra ordine divino (metafisico) e terreno è costante, così come è costante la ontologizzazione e la universalizzazione delle esperienze nazionali argentine. In questo processo di appropriazione dell’epica sono fondamentali differenti aspetti: la costruzione della quotidianità a partire dalla imitazione delle azioni secondo quanto codificato nella Poetica di Aristotele, la distanza tra il mondo epico e quello contemporaneo inteso come degradazione, l’umorismo, le strategie di verosimiglianza secondo i principi della cronaca, il percorso dell’Autore attraverso le sue crisi spirituali fino ad arrivare all’ordine classico. In questo processo, gioca un ruolo fondamentale la parodia nelle sue distinte manifestazioni interne o nelle differenti modalità di manifestazione esterne, il tutto nel solco della tradizione dell’Orlando Furioso e del Don Quijote, così come ricopre importanza la distanza frapposta tra una interpretazione letterale e quella allegorica in un perenne dialogo con l’Ulisse di Joyce. La struttura religiosa e metafisica organizza la parole, la concezione del mondo, la costituzione del soggetto culturale e la sua qualificazione deontologica e assiologica. Questa struttura include, concentrandola all’interno di una voce ideologica unitaria, le differenti strategie carnevalesche e la molteplicità parodica. La fondazione religiosa del cosmo costruisce l’ordine ideologico mistico e l’equilibrio utopico tra la sfera celeste e la terrestre. Il percorso di questa scrittura definisce un eros spirituale e un affermazione politica, nel solco della lettura allegorica ed esoterica fatta da Luigi Valli circa i poeti del Dolce Stil Novo, ovvero i Fedeli d’Amore.

Nel libro si include una Bio-cronologia di Leopoldo Marechal, redatta da María de los Ángeles Marechal, figlia dell’Autore, che assieme alla sorella Malena dirige la Fundación Leopoldo Marechal, istituzione che cura, protegge e diffonde l’opera di Marechal. La pagina della fondazione è: http://www.marechal.org.ar/

La presentazione è a cura della Profesoressa Zulma Palermo, autrice di numerosi libri tra cui Desde la otra orilla. Pensamiento crítico y políticas culturales en América Latina (Alción Ed.), Cuerpo(s) de Mujer. Representación simbólica y crítica cultural (Ferreyra Ed.), Las culturas cuentas, los objetos dicen (Fundación Pajcha), Colonialidad del poder: discursos y representaciones (U.N.Sa.: Consejo de Investigación), Arte y estética en la encrucijada descolonial y Pensamiento argentino y opción descolonial (Ed. del Signo).

Fernanda Elisa Bravo Herrera è ricercatrice del CONICET (Consejo Nacional de Investigaciones Científicas y Técnicas – Argentina) presso l’ILA – FFyL – UBA (Instituto de Literatura Argentina della Facoltà di Filosofia e Lettere dell’Università di Buenos Aires; Dottoressa di Ricerca in Letteratura Comparata e Traduzione del Testo Letterario; Magister in Conservazione e gestione dei Beni Culturali e in Letteratura Comparata per l’Università degli Studi di Siena; laureata in Lettere per l’Università Nazionale di Salta (Argentina). Premio dell’Accademia Argentina di Lettere e Menzione d’Onore della Facoltà di Lettere dell’Università Nazionale di Salta (1997). Ha ricevuto borse di ricerche del Consiglio di Ricerca dell’Università Nazionale di Salta (1997), della Regione Toscana (1997), del Governo Italiano (1999-2000) e del CONICET (Post-dottorale, 2009). Ha lavorato presso le Facoltà di Lettere di Siena e Arezzo dell’Università degli Studi di Siena come docente a contratto di Letterature Ispanoamericane, Letteratura Spagnola, Cultura Ispanoamericana. Ha pubblicato El Fondo de Mercedes de Tierras y Solares (1583-1589) del Archivo y Biblioteca Históricos de Salta (2010) e Sátira política y representaciones de género en la prensa de Salta a fines del siglo XIX  (2010), Huellas y recorridos de una utopía. La emigración italiana en la Argentina  (2015), Parodias y reescrituras de tradiciones literarias y culturales en Leopoldo Marechal  (2015).

 

Índice:

Agradecimientos

Palabras preliminares, por Zulma Palermo

Bio-cronología de Leopoldo Marechal, por María de los Ángeles Marechal

Introducción

  1. Problemáticas de la tradición y de la parodia
  2. Tradición y tradiciones
  3. La parodia como hilo conductor
  4. Parodia y tradición en Marechal
  5. Sobrevivencia del Epos
  6. La novela como actualización épica
  7. La heroicidad épica y patriótica en la lírica
  8. Huellas y versiones

III. El Itinerario Ascendente

  1. El Orden buscado
  2. Los descensos infernales
  3. Madonna Intelligenza

Mínimas conclusiones y grandes desafíos

Apéndice

Bibliografía

 


copertina Marchegal

Zulma Palermo

Zulma Palermo

Prólogo de Zulma Palermo

 

Zulma Palermo, Professoressa emerita all’Universidad Nacional de Salta.

Un altro suo importante saggio:

Leopoldo Marechal

e alcuni suoi libri

 

LeopoldoMarechal

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El Banquete de Severo Arcángelo

 

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Adán Buenosayres

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Adán Buenosayres

Detalle de la imagen de la primera edición de Adán Buenosayres

Detalle de la imagen de la primera edición de Adán Buenosayres

 

Obras Completas

Obras Completas

 

Marechal en Santiago de Compostela

Marechal en Santiago de Compostela




 

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Fernanda Elisa Bravo Herrera

 

Libri di Fernanda Elisa Bravo Herrera

 

Parodias y reescrituras de tradiciones literarias y culturales en Leopoldo Marechal. Buenos Aires: Corregidor, 2015. Colección La vida en las Pampas. [ISBN 978-950-05-3083-5]. 432 pp.

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Huellas y recorridos de una utopía. La emigración italiana en la Argentina. Buenos Aires: Teseo, 2015. [ISBN 9789877230048]. 372 pp.

***

El Fondo Mercedes de Tierras y Solares (1583 – 1589) del Archivo y Biblioteca Históricos de Salta. Salta: Fundación Capacit-Ar del NOA, 2010. [I.S.B.N. 978-987-22728-3-8]. 172 p. + CD ROM.

***

Sátira política y representaciones de género en la prensa de Salta a fines del siglo XIX. La Civilización, La Revista Salteña y La Revista. Avances de Investigación CEPIHA N° 8, 2010. Salta: CEPIHA – Fac. de Humanidades – Univ. Nac. de Salta, 2010. 142 pp.

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 Articoli

“Parodias y reescrituras de tradiciones literarias en Leopoldo Marechal” en Hammerschmidt, Claudia (ed.), Leopoldo Marechal y la fundación de la literatura argentina moderna. Potsdam: Inolas Publishers LTD, 2015, pp. 411-431 [ISBN 978-3-946139-03-4].

“Memoria y paisaje en la poesía de Vicente Gerbasi y Jorge Isaías” en Grillo, Rosa Maria (a cura di), Venimos de la noche y hacia la noche vamos. Salerno – Milano: Oèdipus, 2015, pp. 131-148. [ISBN 978-88-7341-206-9].

“E(in)migración italiana en la Argentina y conflictos lingüísticos. Representaciones literarias y variaciones en las dos orillas” en Revista del Instituto de Investigaciones Lingüísticas y Literarias Hispanoamericana (RILL), Vol. 19, núm. 1, 2014, pp. 60-85 [ISSN 2250-6799].

“Recuperación de la memoria en la escritura de Rubén Tizziani y de Roberto Raschella” en Zibaldone. Estudios Italianos, Vol. III, N. 5, enero 2015, pp. 221-228 [ISSN: 2255 – 3576].

“Narrar la memoria y los exilios. Viaje e inmigración en ‘Mar de olvido’ de Rubén Tizziani”, Anales de Literatura Hispanoamericana, 43 (2014) Número especial: Escribir la frontera: itinerancias y sujetos migrantes en la literatura hispanoamericana, pp. 101-113 [ISSN 0210-4547 ISSN-e 1988-2351].

“Rosalba Campra, Travesías de la literatura gauchesca. De Concolocorvo a Fontanarrosa. Buenos Aires, Corregidor, 2013, 153 pp. ISBN 9789500520720”. [Reseña] en Cuadernos AISPI. Estudios de lenguas y literaturas hispánicas 3/2014, de la Associazione Ispanisti Italiani, pp. 239-241 [ISSN 2283-981X].

“Edmondo De Amicis en Argentina” en Claves. Salta: abril, Año XXIII, N° 228, 2014, pp. 12-13.´ Publicado también en: La Gazeta del Progreso. Periódico del Club del Progreso. Año 3. http://gazetaprogreso.com.ar/?page_id=2039 [Recuperado Agosto de 2014].

“La inmigración italiana en Argentina entre la memoria y el olvido” en Grillo, Rosa Maria – Perugini, Carla (a cura di), El olvido está lleno de memoria. Salerno: Oèdipus, 2014, pp. 79-112, CD-Rom [ISBN 978-88-7341-185-7].

“Expansión colonial y Política Nacionalista de la Emigración Italiana en la Argentina”

“Tiempos y espacios de formación de identidades colectivas en Cambacérès, Balbi, Aparicio e Iparraguirre”.

“Inmigración y nacionalismo en El diario de Gabriel Quiroga de Manuel Gálvez”.

“Violencia discursiva y conflicto social en tres revistas salteñas del siglo XIX”

“Cuestiones en torno al poder y la palabra: el entrecruzamiento del proyecto político y de los programas periodísticos del siglo XIX”

“La pasión de los nómades de María Rosa Lojo: contrapunto extraterritorial de Una excursión a los indios ranqueles de Lucio V. Mansilla”

“Teoría y praxis de la narración en la escritura de Ricardo Piglia: el mito del Diario y del secreto”

“Syria Poletti y el oficio de escribir exilios”

“Racconti di viaggio in Argentina: interpretazioni e proposte di lettura. Problemi di storiografia letteraria e conformazione del canone”

“(Des)articulación de memorias, soledades y exilios: Augustus y Fragmentos de Siglo de Liliana Bellone”

“Presentazione. Quando la scrittura diventa amazzone”

“(Auto)biografía e historia en El arpa y la sombra de Alejo Carpentier”

“Entre dos fuegos. Alejandro y los pescadores de Tancay de Braulio Muñoz”

“Los (im)posibles regresos a la tierra (perdida): Si hubiéramos vivido aquí de Roberto Raschella y La tierra incomparable de Antonio Dal Masetto”

“El arte del contrapunto. La copla en el norte argentino”

“Desarraigos, fronteras y exilios de la inmigración: Stéfano de Armando Discépolo y Gris de ausencia de Roberto Cossa”

“Anarchismo ed emigrazione in Argentina nella scrittura di Pietro Gori e Maria Luisa Magagnoli”

“El yo y la otredad en la nueva novela histórica. A propósito de La pasión de los nómades de María Rosa Lojo”

“Censure, assenze e prigioni. La “poetica” di Ricardo Piglia”

“Memoria, emigración y entrecruzamiento de la palabra de Quasimodo en Oscuramente fuerte es la vida y en La tierra incomparable de Antonio Dal Masetto”

“Utopías en torno a las fronteras entre civilización y barbarie. Nuevas excursiones a los indios ranqueles”

“Cruces y encrucijadas en Al cielo sometidos de Reynaldo González”

“Scavare nella metamorfosi perlongheriana: Tu svástica en las tripas. Corpo e storia in Néstor Perlongher di Edoardo Balletta (Gorée, 2009)”

“Si hubiéramos vivido aquí de Roberto Raschella: pertenencias y extrañamientos identitarios”

“Conjeturas e indagaciones: el doble movimento enunciativo de Ricardo Piglia”

“Cooperación internacional y protección del patrimonio cultural: la gestión de la UNESCO y de la OEA”

“Memoria y relato en Alejandro y los pescadores de Tancay de Braulio Muñoz”

“La emigración italiana en la Argentina entre el fracaso y la epopeya: Emigrati de Antonio Marazzi e I Roscaldi de Nella Pasini”

“La conformación de la tradición cultural en la escritura de Leopoldo Marechal”

“La configuración de la mujer en tres revistas de Salta a fines del siglo XIX”

“Espacio, huella y ausencia de la cultura indígena en la escritura de Leopoldo Marechal”

“Dante, Valli y Marechal: Fedeli d’Amore en diálogo”

“Lo épico en ‘La Patriótica’ de Leopoldo Marechal”.

“Configuraciones del viaje en la literatura de emigración italiana en la Argentina”

“Los asedios y las batallas en ‘Megafón o la guerra’ de Leopoldo Marechal”

“Viajes y fronteras en torno a la e(in)migración”

“Percorsi nella memoria: il lessico nell’esilio affettivo dell’immigrazione”

“Fronteras y conflictos emergentes en el discurso homogeneizador del siglo XIX. Un recorrido por revistas salteñas”

“Reescrituras de textos italianos en la producción de Leopoldo Marechal: sublimación y censura de lo erótico”

La risa antropofágica como sostén de relatos del mundo: estrategias de carnavalización y efecto polifónico en la producción de Leopoldo Marechal

“La escritura marechaliana como apropiación de textos pictóricos”

“La narrativa marechaliana como espacio macarrónico de construcciones míticas”

Tesis Doctoral: “La parodia en la producción de Leopoldo Marechal como lectura/re-escritura de las tradiciones literarias y culturales”.

Tesis de Maestría “El Fondo de Mercedes de Tierras y Solares (1583-1589) del Archivo y Biblioteca Históricos de Salta”

Tesis de Licenciatura «La Teoría del Humor en la producción de Leopoldo Marechal»

RESEÑA. Fernanda E. Bravo Herrera. Diario de viaje a Oriente (1850-51) y otras crónicas del viaje oriental, de Lucio V. Mansilla. Edición, introducción y notas de María Rosa Lojo By Fernanda Elisa Bravo Herrera and Cuadernos del Hipogrifo. Revista de Literatura Hispanoamericana y Comparada (ISSN 2420-918X)


Vedi anche:

Fernanda Elisa Bravo Herrera
Tracce e percorsi di un’utopia: L’emigrazione italiana in Argentina. Il libro di Bravo Herrera, ovvero come si riempie un vuoto culturale.



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