Friedrich Engels (1820-1895) – L’umanità deve ora costruire il mondo in un modo propriamente umano, secondo le esigenze della sua stessa natura – così risolverà l’enigma del nostro tempo.

Friedrich Engels04

«Fino ad ora la domanda era formulata: che cos’è Dio? E la filosofia tedesca ha risposto cosÌ: Dio è l’uomo. Dopo aver colto questa verità l’umanità deve ora costruire il mondo in un modo propriamente umano, secondo le esigenze della sua stessa natura – cosÌ risolverà l’enigma del nostro tempo».

Friedrich Engels, Review of Thomas Carlyle’s «Past and Present», in K. Marx, A. Ruge, Annali franco-tedeschi, trad. it. di A. Pegoraro Chiarloni e R. Panzieri, Massari, Bolsena 2001, p. 73.


Friedrich Engels (1820-1895) – Tutti gli eventi che accadono per necessità naturale recano in sé la propria consolazione, per quanto possano essere terribili (in morte di K. Marx).
Friedrich Engels (1820-1895) – Gli scienziati credono di liberarsi dalla filosofia ignorandola o insultandola. Quelli che insultano di più la filosofia sono schiavi proprio dei peggiori residui volgarizzati della peggiore filosofia.
Friedrich Engels (1820-1895) – Il senso comune, per quanto sia un compagno tanto rispettabile finché sta nello spazio compreso tra le quattro pareti domestiche, va incontro ad avventure assolutamente sorprendenti appena si arrischia nel vasto mondo dell’indagine scientifica
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Karl Marx (1818-1883) – Non è per vergogna che si fanno le rivoluzioni. La vergogna è già una rivoluzione, è una sorta di ira che si rivolge contro se stessa. E se un’intera nazione si vergognasse realmente, diventerebbe simile a un leone, che prima di spiccare il salto si ritrae su se stesso.

Karl Marx- A. Ruge

Non è per vergogna che si fanno le rivoluzioni.
La vergogna è già una rivoluzione, è una sorta di ira che si rivolge contro se stessa.
E se un’intera nazione si vergognasse realmente,
diventerebbe simile a un leone,
che prima di spiccare il salto si ritrae su se stesso.

Il nostro motto sarà quindi: riforma della coscienza, non mediante dommi,
bensì mediante l’analisi della coscienza mistica oscura a se stessa,
sia che si presenti in modo religioso, sia in modo politico.

Auto-chiarificazione (filosofia critica) del nostro tempo
in relazione alle sue lotte e ai suoi desideri.
Questo è un lavoro per il mondo e  per noi.

K. Marx

 

 

Karl Marx ad Arnold Ruge. Sul battello per D., marzo 1843

Io viaggio in Olanda. In base ai giornali locali e francesi, la Germania è caduta nel fango e vi sprofonda sempre di più. Le assicuro che, benché privi di orgoglio nazionale, si sente lo stesso la vergogna nazionale, specie in Olanda. L’ultimo degli olandesi è ancora il cittadino di uno Stato, rispetto al primo dei tedeschi. E i giudizi degli stranieri sul governo prussiano! Prevale un accordo spaventoso: nimo si illude più su tale sistema e sulla sua reale natura. La nuova scuola è pur servita a qualcosa: l’abito di gala del liberalismo è caduto, e il più ripugnante dispotismo è esibito agli occhi di tutto il mondo in tutta la sua nudità.
 Pure questa è una rivelazione, benché a rovescio. È una verità che almeno c’insegna la vacuità del nostro patriottismo, la mostruosità del nostro Stato, e a coprirci il viso. Lei mi scruterà sorridendo e mi chiederà: «cosa si è guadagnato con ciò? Mica per vergogna si fa rivoluzione». Rispondo: «la vergogna è già una rivoluzione; è la vittoria della Rivoluzione francese sul patriottismo tedesco, dal quale essa fu vinta nel 1813». La vergogna è una sorta di ira contro di sé. E se davvero un’intera nazione si vergognasse, sarebbe come un leone che si china per spiccar il balzo. Invero, in Germania ancora non esiste la vergogna: i tedeschi sono miserabili patrioti tuttora. Ma quale altro sistema potrebbe purgare il loro patriottismo, se non questa buffonata del nuovo cavaliere Federico Guglielmo IV di Prussia? La commedia del dispotismo che ci è recitata è per lui altrettanto pericolosa quanto lo fu a suo tempo la tragedia per gli Stuart e i Borboni. E benché per un lungo periodo tale commedia non fosse considerata per quello che è, pure sarebbe già una rivoluzione. Lo Stato è una cosa troppo seria per farne un’arlecchinata. Una nave carica di matti spinta dal vento potrebbe forse veleggiar a lungo; ma essa andrebbe comunque verso il suo destino, proprio perché i pazzi non ci crederebbero. Questo destino è la rivoluzione che ci sovrasta.

Le tre lettere di Marx a Ruge comparse negli Annali facevano parte di un corpus, presentato sotto il titolo Un carteggio del 1843, nel quale si trovava anche una lettera di Feuerbach a Ruge, datata giugno 1843. Marx e Ruge, in effetti, avevano contattato Feuerbach – che, all’epoca, rappresentava per eccellenza la filosofia dell’avvenire – auspicando una comunione di intenti. La lettere di Feuerbach a Ruge, dove il filosofo esprimeva la sua adesione allo spirito che dirigeva il progetto della rivista, conteneva questa riflessione.

Che cos’è teoria, che cos’è pratica? Dov’è la differenza? Teorico è ciò che ancora si limita soltanto alla mia testa, pratico ciò che appare nelle teste di molti. Ciò che unisce molte teste fa massa, si dilata e si fa posto nel mondo. La possibilità di creare un organo nuovo per il nuovo principio è un tentativo che non va tralasciato.

 

Arnolde Ruge e Karl Marx, Annali franco-tedeschi, a cura di Gian Mario Bravo e con traduzione ad opera di Anna Pegoraro Chiarloni e Raniero Panzieri, Milano Edizioni del Gallo, 1965. Il passo in questione è contenuto a p. 78



«Non vorrei che noi innalzassimo una bandiera dogmatica; al contrario. Noi dobbiamo cercare di venire in aiuto ai dogmatici, affinché chiariscano a se stessi i loro principi. Così soprattutto il comunismo è un’astrazione dogmatica, e con ciò mi riferisco non a un qualsiasi, presunto ed eventuale comunismo, bensì al comunismo realmente esistente, quale lo professano Cabet, Dézamym Weitling ecc. Questo comunismo è proprio solo una manifestazione particolare del principio umanistico, contaminato dal suo opposto, l’elemento privato. Abolizione della proprietà privata e comunismo, quindi, non sono affatto identici e non a caso, bensì necessariamente, il comunismo si è trovato di fronte ad altre dottrine socialiste, come quelle di Fourier, Proudhon ecc., proprio perché esso spesso non è che un’attuazione particolare, unilaterale, del principio socialista». (ibidem, p. 81)



«Nulla ci impedisce quindi di collegare la nostra critica alla critica politica, alla partecipazione politica, perciò alle lotte reali, e di identificarle con esse. Allora non affronteremo il mondo in modo dottrinario, con un nuovo principio: qui è la verità, inginocchiatevi! Attraverso gli stessi principi del mondo noi illustreremo al mondo nuovi principi. Non gli diremo: «Abbandona la tua lotta, è una sciocchezza; noi ti grideremo la vera parola d’ordine della lotta». Gli mostreremo soltanto perché effettivamente combatte, poiché la coscienza è una cosa de deve far propria.

La riforma della coscienza consiste solo nel rendere il mondo consapevole di se stesso, nel ridestarlo da suo ripiegamento trasognato, nello spiegargli le sue proprie azioni. Come per la critica della religione di Feuerbach, il nostro scopo non è altro che condurre alla forma umana autocosciente tutte le questioni religiose e politiche». (ibidem, pp. 82-83)



«Il nostro motto sarà quindi: riforma della coscienza, non mediante dommi, bensì mediante l’analisi della coscienza mistica oscura a se stessa, sia che si presenti in modo religioso, sia in modo politico. Si vedrà allora come da tempo il mondo possiede il sogno di una cosa, di cui non ha che da possedere la coscienza per possederla realmente. Sarà chiaro come non si tratti di tirare una linea retta tra passato e futuro, ma di realizzare le idee del passato. Si vedrà infine come l’umanità non incominci un lavoro nuovo, ma venga consapevolmente a capo del suo antico lavoro.

Possiamo dunque sintetizzare in una parola la tendenza della nostra rivista: auto-chiarificazione (filosofia critica) del nostro tempo in relazione alle sue lotte e ai suoi desideri. Questo è un lavoro per il mondo e  per noi. Esso può derivare solo da un’unione di forze. Si tratta di una confessione, non d’altro».

Per farsi perdonare le sue colpe, l’umanità non ha che da dichiararle per ciò che esse sono. (ibidem, p. 83).



***

Karl Marx – Cristalli di denaro: “auri sacra fames”
Karl Marx – Il denaro è stato fatto signore del mondo
Karl Marx – Il denaro uccide l’uomo. Se presupponi l’uomo come uomo e il suo rapporto col mondo come un rapporto umano, potrai scambiare amore soltanto con amore
Karl Marx – La natura non produce denaro
Karl Marx (1818-1883) – A 17 anni, nel 1835, già ben sapeva quale sarebbe stata la carriera prescelta: agire a favore dell’umanità.
Karl Marx (1818-1883) – Il capitale, per sua natura, nega il tempo per una educazione da uomini, per lo sviluppo intellettuale, per adempiere a funzioni sociali, per le relazioni con gli altri, per il libero gioco delle forze del corpo e della mente.
Karl Marx (1818-1883) – La patologia industriale. La suddivisione del lavoro è l’assassinio di un popolo
Karl Marx (1818-1883) – Sviluppo storico del senso artistico e umanesimo comunista. La soppressione della proprietà privata è la completa emancipazione di tutti i sensi umani e di tutte le qualità umane. Il comunismo è effettiva soppressione della proprietà privata quale autoalienazione dell’uomo, è reale appropriazione dell’umana essenza da parte dell’uomo e per l’uomo
Karl Marx (1818-1883) – Il regno della libertà comincia soltanto là dove cessa il lavoro determinato dalla necessità.
Karl Marx (1818-1883) – Gli economisti assomigliano ai teologi, vogliono spacciare per naturali e quindi eterni gli attuali rapporti di produzione.
 
Karl Marx (1818-1883) – Per sopprimere il pensiero della proprietà privata basta e avanza il comunismo pensato. Per sopprimere la reale proprietà privata ci vuole una reale azione comunista.
Karl Marx (1818-1883) – Noi non siamo dei comunisti che vogliono abolire la libertà personale. In nessuna società la libertà personale può essere più grande che in quella fondata sulla comunità.
Karl Marx (1818-1883) – La sensibilità soggettiva si realizza solo attraverso la ricchezza oggettivamente dispiegata dell’essenza umana.
Karl Marx (1818-1883) – Vi sono momenti della vita, che si pongono come regioni di confine rispetto ad un tempo andato, ma nel contempo indicano con chiarezza una nuova direzione.
Karl Marx (1818-1883) – Quando il ragionamento si discosta dai binari consueti, si va sempre incontro a un iniziale “boicottaggio”
Karl Marx (1818-1883) – L’arcano della forma di merce. A prima vista, una merce sembra una cosa ovvia. Dalla sua analisi, risulta che è una cosa imbrogliatissima, piena di sottigliezza metafisica e di capricci teologici. Ecco il feticismo che s’appiccica ai prodotti del lavoro appena vengono prodotti come merci, e che quindi è inseparabile dalla produzione delle merci.
Karl Marx (1818-1883) – Ogni progresso compiuto dall’agricoltura capitalista equivale a un progresso non solo nell’arte di DERUBARE L’OPERAIO, ma anche in quella di SPOGLIARE LA TERRA, ogni progresso che aumenta la sua fertilità in un certo lasso di tempo equivale a un progresso nella distruzione delle fonti durevoli di tale fertilità
Karl Marx (1818-1883) – Il sistema monetario è essenzialmente cattolico, il sistema creditizio è essenzialmente protestante. La fede nel valore monetario come spirito immanente delle merci, la fede nel modo di produzione e nel suo ordine prestabilito, la fede nei singoli agenti della produzione come semplici personificazioni del capitale autovalorizzantesi.
Karl Marx (1818-1883) – L’uomo «totale», è l’uomo che si appropria del suo essere onnilaterale. L’uomo ricco è l’uomo che ha bisogno di una totalità di manifestazioni di vita umane, l’uomo in cui la propria realizzazione esiste come necessità interna, in una società in cui ciascuno non ha una sfera di attività esclusiva ma può perfezionarsi in qualsiasi ramo.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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