Giancarlo Chiariglione – Le forme informi della frontiera. Lo sguardo del cinema western sulla storia americana.

Giancarlo Chiariglione 01

 

295 ISBN

Giancarlo Chiariglione

Le forme informi della frontiera.
Lo sguardo del cinema western sulla storia americana.

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Nato come curiosità scientifica e trasformatosi ben presto in un divertimento popolare capace di influenzare mode, costumi e di creare identità, il cinema ha spesso anche riflettuto sulla storia con la S maiuscola.

Il genere western, nello specifico, non solo ha permesso di ricostruire le traumatiche vicende che hanno portato alla colonizzazione del selvaggio Ovest; ultimo ed estremo Eden (anche spirituale) del Nuovo Mondo, ma ha anche anticipato o suggerito alcune inquietanti trasformazioni della società occidentale tardo-moderna che le oligarchie al potere pretenderebbero di estendere al resto del pianeta. In questo senso, dopo che lo spazio terrestre è stato mappato, cartografato e scandagliato in ogni suo angolo e una volta che il sistema capitalista è riuscito a persuadere le masse a proposito del suo carattere fatale, le nuove frontiere diventano gli schermi del cinema, quelli delle televisioni, dei computer, dei telefoni cellulari su cui scorrono senza requie valori, simboli e immagini del nuovo mercato universale. O addirittura il corpo umano, il quale viene sempre più industrializzato grazie a scienze quali la robotica, la genetica, la bioinformatica e la nanotecnologia.

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Hollywoodland

Hollywoodland

 


Giancarlo Chiariglione

Laureato con lode in Lettere Moderne nel 2005 presso l’Università di Torino con una tesi sul cineasta e scrittore Sam Peckinpah intitolata “Il cinema di Sam Peckinpah tra la fine del mito della frontiera ed una riflessione sulla violenza e sulla società contemporanea americana”, diventata poi il saggio “Il cinema di Sam Peckinpah nell’America degli anni sessanta e settanta. Un universo di violenza e di nostalgia” edito da L’Harmattan Italia. A partire da questa pubblicazione, ha iniziato a collaborare con giornali e riviste (online e cartacee) anche piuttosto importanti. Per Heos.it, settimanale di scienza, politica e cultura della Gazzetta di Verona, ha realizzato gli articoli “Cesare Lombroso e le origini della criminologia biologica” e “Alberto La Marmora, il generale scienziato che disegnò la Sardegna”. Per il quotidiano Paneacqua (http://www.paneacqua.info/), ha scritto diversi articoli su alcune manifestazioni culturali e artistiche torinesi di grande interesse. Per la rivista Slavia, ha scritto il saggio “Stanislavskij, Mejerchol’d e Vachtangov: l’altra rivoluzione russa” (ripreso dalla nota rivista Teatro di Nessuno che di recente ha pubblicato anche il saggio “L’opera di Tatiana Pavlova al crocevia delle trasformazioni teatrali italiane del primo Novecento”). L’approfondimento di tematiche socio-politiche ed economiche attraverso la settima arte è infine proseguito con la testata giornalistica Cabiria (www.cabiriamagazine.it/) e con la rivista Persinsala (www.persinsala.it/) che ha pubblicato scritti come “Sidney Lumet, il regista della coscienza americana”, “La rivoluzione di Gillo Pontecorvo”, “Alle radici del cinema politico italiano: Il caso Rosi” e “Grillo, Coluche e il potere sovversivo della cultura popolare” (gli ultimi tre segnalati da Treccani.it alla voce documenti, foto e citazioni) e con Quaderni di CinemaSud, noto periodico di cultura cinematografica e politica fondato nel 1958 da Pier Paolo Pasolini. Infine, per il Prof. Eusebio Ciccotti, preside del Liceo Scientifico Statale Ettore Majorana di Roma, docente di Storia e Critica del Cinema presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Foggia e Dottore di ricerca in Letterature Comparate (Roma Tre), ha realizzato il saggio “Glengarry Glen Ross e Americani: il lato oscuro del capitalismo secondo Mamet” che ha trovato ospitalità sulle pagine del periodico Il Lettore di provincia (Vol. 139) della Angelo Longo Editore.


Giancarlo Chiariglione – La caricatura e il suo doppio ovvero: Elio Petri e i nodi del cinema politico italiano
Giancarlo Chiariglione – Vincitori e vinti. Il cinema e la rappresentazione degli italiani nei due conflitti mondiali.
Alessandro Alfieri – Dal simulacro alla Storia. Estetica ed etica in Quentin Tarantino.

“Il pensiero e il suo schermo”, filosofia e cinema per la Petite Plaisance


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Romano Màdera – Entro le coordinate del capitalismo globale la tendenza a consumare si accoppia con quella a spettacolarizzare ogni aspetto della vita.

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Sconfitta e utopia

Sconfitta e utopia

 

«Entro le coordinate del capitalismo globale la tendenza a consumare si accoppia con quella a spettacolarizzare ogni aspetto della vita (come aveva cominciato a teorizzarla Debord), sia perché attraverso lo spettacolo la tendenza al consumo colonizza un’altra rilevante parte della vita, mettendo al lavoro il tempo di non-lavoro, sia perché lo spettacolo […] tende a sganciare il valore di scambio da un uso qualsiasi, ampliando la scala dello scambio a ogni virtualità immaginabile e, parallelamente, vendendo il necessario non per le sua qualità intrinseche, ma per l’aura che la sua presentazione riesce a evocare»

Romano Màdera, Sconfitta e utopia. Identità e feticismo attraverso Marx e Nietzsche, Mimesis, 2018.

 


Quarta di copertina

È all’interno del nodo che lega teoria del feticismo e teoria del valore che risiede la fondazione, secondo Marx, della teoria rivoluzionaria. È proprio a questo fondamento che deve mirare la critica: sotto le vesti della teoria bisogna infatti procedere, ormai, a fare i conti con il fallimento pratico di un progetto di liberazione che, in quanto tale, è rimasto soltanto una vaga intuizione. A cinquant’anni dal 1968, Romano Màdera – filosofo e psicoanalista che di quella sinistra extraparlamentare fu una delle anime (fondatore del gruppo “Gramsci” e redattore di “Rosso”) – riprende e aggiorna le considerazioni formulate in uno dei suoi più noti scritti post-sessantottini (Identità e feticismo, 1977) per osservare dalla giusta distanza cosa è rimasto di quella magnifica illusione. Oggi, in un mondo dominato da una globalizzazione che affossa le classi subalterne, viene da domandarsi se le categorie marxiane non siano divenute radicalmente inadatte, con l’insistere sui concetti di classe e di coscienza di classe, a descrivere i bisogni qualitativi che, in modo confuso, magmatico, hanno comunque risvegliato una speranza di liberazione dentro la storia contemporanea.

Romano Màdera, professore ordinario di Filosofia morale e di Pratiche filosofiche presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca. Fa parte delle associazioni di psicologia analitica AIPA e IAAP, del Laboratorio Analitico delle Immagini e della redazione della Rivista di Psicologia Analitica. È fondatore di Philo – Pratiche filosofiche e di SABOF (società di analisi biografica a orientamento filosofico). Tra le sue pubblicazioni: L’animale visionario (1999); La filosofia come stile di vita (con L.V. Tarca, 2003); Il nudo piacere di vivere (2006); La carta del senso (2012); Carl Gustav Jung (2016).



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