Le metamorfosi dell’ «Apprendista stregone». Dall’antica letteratura egizia a Luciano di Samostata, da J.W. Goethe a K. Marx e G. Anders, da P. Dukas a G. Faletti e A. Branduardi, da Topolino a N. Cage.

Le metamorfosi dell'apprendista stregone
Ascolta la musica
Paul Dukas, L’apprendista stregone, direttore  Arturo Toscanini e la NBC Symphony orchestra

Eucrate, l’apprendista stregone è un personaggio dei racconti della letteratura antica egizia.
Si tratta di una delle più antiche versioni della storia nota presso tante civiltà, dell’apprendista che riesce ad impossessarsi di un rito magico che però non è in grado di controllare.

Cfr. Favole e racconti dell’Egitto faraonico, a cura di Aldo Troisi, ed. Fabbri Editori, Milano, 2001 pa. 35-38.


L’«apprendista stregone» di Luciano di Samostata (120 -192)

Φιλοψευδής (Philopseudḗs , ovvero “l’amante del falso”) di Luciano di Samosata
Luciano di Samostata

“Ἐπειδὴ δὲ ἔλθοιμεν εἴς τι καταγώγιον, λαβὼν ἂν ὁ ἀνὴρ ἢ τὸν μοχλὸν τῆς θύρας ἢ τὸ κόρηθρον ἢ καὶ τὸ ὕπερον περιβαλὼν ἱματίοις ἐπειπών τινα ἐπῳδὴν ἐποίει βαδίζειν, τοῖς ἄλλοις ἅπασιν ἄνθρωπον εἶναι δοκοῦντα. Τὸ δὲ ἀπιὸν ὕδωρ τε ἐμπίπλη καὶ ὠψώνει καὶ ἐσκεύαζεν καὶ πάντα δεξιῶς ὑπηρέτει καὶ διηκονεῖτο ἡμῖν· εἶτα ἐπειδὴ ἅλις ἔχοι τῆς διακονίας, αὖθις κόρηθρον τὸ κόρηθρον ἢ ὕπερον τὸ ὕπερον ἄλλην ἐπῳδὴν ἐπειπὼν ἐποίει ἄν. Τοῦτο ἐγὼ πάνυ ἐσπουδακὼς οὐκ εἶχον ὅπως ἐκμάθοιμι παρ’ αὐτοῦ· ἐβάσκαινε γάρ, καίτοι πρὸς τὰ ἄλλα προχειρότατος ὤν. Μιᾷ δέ ποτε ἡμέρᾳ λαθὼν ἐπήκουσα τῆς ἐπῳδῆς, ἦν δὲ τρισύλλαβος σχεδόν, ἐν σκοτεινῷ ὑποστάς. Καὶ ὁ μὲν ᾤχετο εἰς τὴν ἀγορὰν ἐντειλάμενος τῷ ὑπέρῳ ἃ ἔδει ποιεῖν. Ἐγὼ δὲ εἰς τὴν ὑστεραίαν ἐκείνου τι κατὰ τὴν ἀγορὰν πραγματευομένου λαβὼν τὸ ὕπερον σχηματίσας ὁμοίως, ἐπειπὼν τὰς συλλαβάς, ἐκέλευσα ὑδροφορεῖν. Ἐπεὶ δὲ ἐμπλησάμενον τὸν ἀμφορέα ἐκόμισε, ‘Πέπαυσο,’ ἔφην, ‘καὶ μηκέτι ὑδροφόρει, ἀλλ’ ἴσθι αὖθις ὕπερον·’ Τὸ δὲ οὐκέτι μοι πείθεσθαι ἤθελεν, ἀλλ’ ὑδροφόρει ἀεί, ἄχρι δὴ ἐνέπλησεν ἡμῖν ὕδατος τὴν οἰκίαν ἐπαντλοῦν. Ἐγὼ δὲ ἀμηχανῶν τῷ πράγματι – ἐδεδίειν γὰρ μὴ ὁ Παγκράτης ἐπανελθὼν ἀγανακτήσῃ, ὅπερ καὶ ἐγένετο – ἀξίνην λαβὼν διακόπτω τὸ ὕπερον εἰς δύο μέρη· τὰ δέ, ἑκάτερον τὸ μέρος, ἀμφορέας λαβόντα ὑδροφόρει καὶ ἀνθ’ ἑνὸς δύο μοι ἐγεγένηντο οἱ διάκονοι. Ἐν τούτῳ καὶ ὁ Παγκράτης ἐφίσταται καὶ συνεὶς τὸ γενόμενον ἐκεῖνα μὲν αὖθις ἐποίησε ξύλα, ὥσπερ ἦν πρὸ τῆς ἐπῳδῆς, αὐτὸς δὲ ἀπολιπών με λαθὼν οὐκ οἶδ’ ὅποι ἀφανὴς ᾤχετο ἀπιών.”

Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini, Firenze, Felice Le Monnier, vol. 3, pagg. 74-75.

«Quando giungevamo in un albergo ei prendeva la sbarra della porta, o una granata, o un pestello, lo ravvolgeva in un mantello, vi diceva certe parole, e lo faceva camminare sì che a tutti pareva un uomo: e quello andava ad attingere l’acqua, ci preparava il cotto, ci rassettava le masserizie, ci faceva tutti i fatti di casa, come un ottimo servitore. Quando non c’era più bisogno di servigi, tosto egli con altre parole tornava granata la granata, e pestello il pestello. Io avevo una grande curiosità, e non sapeva come fare per imparar questo segreto, il solo che egli mi celasse, essendo facilissimo in tutt’altro. Un dì appiattatomi in un luogo scuro, udii l’incantesimo che era una parola di tre sillabe. Egli commesse al pestello ciò che si doveva fare, e uscì in piazza. Il dimani mentre egli per sue faccende stava fuori, io prendo il pestello, lo rivesto, gli dico le tre sillabe, e gli comando di portare acqua. Poiché ne portò e ne riempì le anfore: ‘Basta, dissi, non portarne più, e torna subito pestello’. Ma niente, non mi voleva più ubbidire, e portava acqua, e ne versava, e allagava la casa. Io non sapendo che farmi e temendo che se tornasse Pancrate non si sdegnerebbe meco per questo fatto, prendo un’accetta, e spacco il pestello in due pezzi: ma ciascun pezzo prende un’anfora e porta acqua: onde invece d’uno diventarono due servitori. In questa giunge Pancrate, che capita la faccenda, li tornò legni, come erano prima dell’incantesimo: e poi senza ch’io me ne avvedessi di botto mi piantò».

Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini, Felice Le Monnier, vol. 3, Firenze 1861, pp. 74-75.


Ed ecco il commento (tratto da Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini, Volume Primo, Firenze, 1861, Introduzione):

«Il titolo del Filopseude è la prima piacevolezza di questo dialogo piacevolissimo, nel quale Luciano deride coloro che facendo professione di sapienti, non erano vaghi della sapienza, ma della bugia, non filosofi, ma filopseudi; e andavano perduti dietro la medicina empirica, gl’incantesimi, la ciarlataneria, ed ogni specie di superstizioni religiose.
Essendo venuta meno quella forza d’intelletto che cercò la verità nel mondo della ragione e vi fece sì grandi conquiste, si cercava la verità nel mondo della natura e nel mondo dell’immaginazione. Onde questo dialogo, quantunque sia una satira dei filosofi del tempo, pure tratta di argomento religioso, e per dire più corretto, della superstizione religiosa. La quale non è dipinta in persone del volgo, ma in uomini di una certa intelligenza e conoscenza, cosicchè più spiccato è il contrasto che produce il ridicolo.Ecco adunque in casa di un filosofo, uomo assai riputato e dabbene, che giace in letto ammalato, una conversazione di filosofi di varie sètte, i quali ragionano di malattie risanate con rimedi strani e ridicoli, con parole ed incantesimi. In mezzo a questo mazzo di sapienti capita un uomo di buon senso che ride di tali sciocchezze, e quelli, come suole questa gente, dicono che egli non crede negli Dei. Or uno, or un altro raccontano di maghi ed incantatori che camminavano per l’aria e sull’acqua e sul fuoco, e risuscitavano morti, e facevano uscir dell’inferno le ombre, e scendere la luna dal cielo, e liberavano indemoniati: poi della virtù d’un anello; e dei prodigi che fa una statua che ogni notte scende del piedistallo, e va per la casa, e risana ogni specie di malattie.
Non sono impostori che vogliono ingannare, ma uomini ignoranti e fanatici, che credono pienamente alle loro fantasie, ed affermano di aver veduto con gli occhi loro quei prodigi che narrano, e che sono stati veduti da altri che essi allegano a testimoni. Specialmente il filosofo padron di casa racconta come in una selva ei vide la terribile figura di Ecate, e chiama in testimone un servo; e narra innanzi a due figliuoli giovanetti, come la madre loro e sua moglie già morta gli apparve una volta, e gli ragionò. Il medico presente a questo racconto dice, che anch’egli ha una statuetta d’Ippocrate, che la notte gli va camminando per la casa; e che egli conosce un uomo il quale morì e dopo venti giorni resuscitò. Il più leggiadro di questi racconti è quello dell’Egiziano, che sapeva fare d’un palo o d’un pestello un servitore che andava in piazza, spendeva, portava acqua, faceva il cotto, e tutte le faccende di casa: favola che il Goethe in una delle sue poesie ha saputo anche più illeggiadrire, e mettervi dentro un sentimento più vero.
Insomma costoro che insegnavano sapienza ai giovani, ed erano fiori di senno e di dottrina, raccontano le più matte fole di fantasmi, di anime, di miracoli, con la maggior fede e serietà. Quell’uomo di senno che sta ad ascoltare, li rimbecca e li punge con frizzi e motti; ma infine non potendo più, e parendogli scortesia contraddire più oltre, e motteggiare, vassene, lasciandoli liberamente scialare delle loro corbellerie. Il dialogo è fatto con arte assai fina; i racconti sono schietti ed efficaci per modo che ti pare di essere in mezzo a quei vecchi, e udirli parlare, e vedere le cose che raccontano. Quanto è vero il guizzare del giovanetto, quando il padre, parlando della mamma già morta, gli mette una mano su la spalla! Io crederei quasi che Luciano fosse stato presente a simili discorsi in casa di qualcuno: tanto al naturale ei ritrae le persone ed i discorsi, e con quella sobrietà e snellezza che è tutta greca, e tutta sua.

L’«apprendista stregone» di Johann Wolfgang von Goethe (1749 -1832)

ispirato a

Φιλοψευδής (Philopseudḗs , ovvero “l’amante del falso”) di Luciano di Samosata

Illustrazione di Ferdinand Barth dall’edizione di Der Zauberlehrling di Goethe del 1882 [Prima ed. originale del 1797]
J.W. Goethe, L’apprendista stregone, Donzelli, 2017

J. W. Goethe, Tutte le poesie, vol. I, tomo I, Mondadori, 1989

J. W. Goethe, L’Apprendista stregone: in J. W. Goethe, Tutte le poesie, vol. I, tomo I, Mondadori, 1989, pp. 273-279.

L’Apprendista stregone [prima esecuzione: 1897],
nel poema sinfonico di
Paul Dukas (1865-1935)

Ispirato dall’aopera letteraria di J.W. Goethe, esattamente un secolo dopo la pubblicazione della ballata goethiana.


Ascolta la musica
Paul Dukas, L’apprendista stregone, direttore  Arturo Toscanini e la NBC Symphony orchestra.
Paul Dukas, L’apprendista stregone, direttore  Arturo Toscanini e la NBC Symphony orchestra.
L’apprendista stregone, episodio del film Fantasia (1940)
con protagonista Topolino,
è a sua volta ispirato alla ballata di Goethe con l’accompagnamento della musica di Dukas.
Giorgio Faletti (1950-2014).
L’apprendista stregone è anche una canzone scritta da Giorgio Faletti

e interpretata da Angelo Branduardi nell’album Camminando camminando

.Angelo Branduardi.
Ascolta la musica
Giorgio Faletti, L’apprendista stregone, canta Angelo Branduardi.
Il film fantastico L’Apprendista Stregone,
di Jon Turteltaub del 2010 (con Nicolas Cage),
riprende vagamente l’episodio di Fantasia.
György Ligeti, Der Zauberlehrling,
titolo del decimo Étude pour Piano -secondo libro 1988-94),
dedicato a Pierre-Laurent Aimard.
Ascolta la musica
György Ligeti, Der Zauberlehrling, L’apprendista stregone,
Ching-Yun Hu plays Ligeti Etude No. 10
Aldo Carotenuto (1933-2005).
Lettera Aperta a un Apprendista Stregone (Bompiani, Milano 1998)
è un libro scritto nel 1998 da Aldo Carotenuto.

«La moderna società borghese, che ha evocato come per incanto così colossali mezzi di produzione e di scambio, rassomiglia allo stregone che si trovi impotente a dominare le potenze sotterranee che lui stesso abbia evocate».

K. Marx – F. Engels, Manifesto del partito comunista.

Guenther-Anders-rauchend
Günther Anders (1902-1992)
G. Anders, La metamorfosi dell’Apprendista stregone [testo del 1966 ],
in Id., L’uomo è antiquato. La terza rivoluzione industriale,
Bollati Boringhieri, Torino 1992, pp. 369-382.

Si possono leggere e stampare le pagine del testo cliccando qui sotto:

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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VALERIA MARZOLI – AL CENTRO DELLE EMOZIONI: A FRANCOFORTE IL FESTIVAL DELLA POESIA EUROPEA con Moreno Fabbri e Maura Del Serra

Festival della poesia europea01
30 Aprile 2019
Ritratto di Goethe nella campagna Romana, di Tischbein.

Valeria Marzoli

AL CENTRO DELLE EMOZIONI:
A FRANCOFORTE IL FESTIVAL DELLA POESIA EUROPEA

È giunto alla XII edizione il Festival di Poesia Europea di Francoforte sul Meno e la sua vitalità testimonia come la poesia riesca a parlare e a giungere negli angoli più reconditi dell’anima degli uomini e delle donne del nostro tempo. Festival vivo e vitale che rappresenta un punto d’incontro tra esperienze e culture diverse, e dove è possibile esprimere la parola poetica che doni emozioni.

Il Festival patrocinato dal Comune di Francoforte sul Meno, sindaco Peter Feldman, sempre al passo con i tempi e che, per la prima volta, si articolerà in tre tappe. Sarà la dott.ssa Maria Mazza, direttrice dell’Istituto Italiano di Cultura di Colonia che patrocina l’evento culturale che il 16 maggio, alle ore 20:00 nella prestigiosa sede Deutsch-Italienische Vereinigung di Francoforte sul Meno lo inaugurerà.

Seguirà l’omaggio a Goethe con la conferenza “Die Schule des Sehens – Goethes Italienische Reise”, conferenza che vede la presenza della dott.ssa Heike Spies, vice direttrice del Goethe Museum di Düsseldorf. Spetterà alla poeta Barbara Zeizinger poliedrica esponente della poesia contemporanea tedesca, leggere alcuni brani in lingua tedesca di Goethe mentre la lettura in italiano sarà curata dall’attore Moreno Fabbri, uno degli attori più interessanti del panorama culturale italiano.

Il 17 maggio, alle ore 11, happening al Giardino Botanico, senza ombra di dubbio uno degli eventi più suggestivi e magici di questa prima tappa del Festival, isola verde nel cuore della città di Francoforte sul Meno, dove tra luci impalpabili e colori sfavillanti, e fiori e piante rare ed alberi si giungerà all’albero-icona di Goethe dove i poeti reciteranno letture e poesie dedicate al sommo poeta tedesco. La poeta e direttrice artista, Marcella Continanza leggerà alcune liriche già pubblicate e tradotte in inglese, francese e spagnolo mentre Moreno Fabbri interpreterà brani dal Faust come La notte, Elegie romane e Epigrammi. Dunque, il Giardino Botanico diventerà lo scenario perfetto per amplificare il flusso d’emozioni che solo la grande poesia riesce a regalare. Inoltre, il programma prevede anche altri appuntamenti da non perdere come alle ore 15:00 – Visita al museo – Schirn Kunsthalle, alle ore 19.00 al Café am Dom, Weckmarkt 13-15, Frankfurt / Main Reading da Goethetexten con Moreno Fabbri – Modererà il Dr Wolfgang Schaffstein e per concludere, alle ore 21.00 Al tavolo con Goethe, tutti a cena per gustare i cibi preferiti dal poeta, creando un felice connubio tra arte e cucina.

Il 27 giugno ci sarà un altro skyline per la seconda tappa della XII edizione del Festival. Uno skyline fatto soprattutto di templi che si scagliano nel blu cobalto del cielo, fatto di luce sospesa del giorno e del groviglio di profumi e colori che preannunciano la bella stagione: Paestum. Perché anche questo è il ruolo del Festival: creare punti di contatto tra mondi diversi come la poesia e l’archeologia.

Nel marzo 1787, Goethe durante il suo viaggio in Italia, si recò anche nella città salernitana e proprio in questo scenario suggestivo e carico d’emozioni i poeti italiani Anna Santoliquido, Maura Del Serra, Moreno Fabbri leggeranno alcune pagine del “Viaggio in Italia” di Goethe e in particolare i brani relativi al suo soggiorno a Napoli e a Paestum mentre il critico Vincenzo Guarracino avrà l’onore di illustrare l’opera di Goethe. L’evento sarà patrocinato dal comune di Paestum. Il saluto di benvenuto sarà affidato al dr. Gabriel Zuchtriegel, direttore del Parco Archeologico Nazionale di Paestum.

Infine, il Festival ritornerà in Germania a Friedrichshafen e in quest’ultima tappa, il Festival collabora con l’Associazione Italiana Culturale di Friedrichshafen. Il 27 settembre appuntamento al Centro culturale e congressuale Graf-Zeppelin-Haus, Alfred Colsman Saal, Olgastr. 20, Friedrichshafen dove ci sarà il saluto di benvenuto di Giovanni D’Amicodatri, Presidente dell’Associazione Italiana Culturale di Friedrichshafen e del sindaco della città. Seguirà una conferenza stampa con i poeti Titos Patrikios (Grecia), Presidente del Comitato del Festival, Maura Del Serra e Moreno Fabbri (Italia), André Ughetto (Francia), Barbara Zeizinger (Germania), Casimiro De Biro (Portogallo), Mila Haugova (Slovacchia), Francesc Parcerisas (Spagna). Poi Il caffè con i poeti momento che contribuisce a creare un forte legame tra i poeti e il pubblico. Alle ore 19.00 la Tavola rotonda sul coinvolgente e quanto mai attuale tema “Quo vadis Europa?” Da dove nasce tutto questo interesse per l’Europa? L’economia non può certamente essere l’unico valore su cui creare le basi per un unione tra i diversi popoli europei. L’Europa non si costruisce solo attraverso interventi economici ma soprattutto attraverso i suoi artisti, attraverso la voce dei suoi scrittori, dei suoi poeti. Ed è proprio questo il fine ultimo del Festival della Poesia Europea di Francoforte sul Meno riuscire a essere uno spazio dove sia possibile creare una rete culturale europea che edifichi il tessuto europeo. Il 28 settembre, a chiusura del Festival, è prevista la visita al Museo Zeppelin e successivamente, alle ore 17.00 l’attenzione sarà focalizzata sul libro Poesia al Cinema a cura di Marcella Continanza (puntoacapo Verlag, 2017) dove si parlerà della relazione che intercorre tra queste due forme d’arte. Inoltre verrà letto l’intenso e vibrante intervento critico di Nadia Cavalera “Bausch e Wenders: un intreccio poetico al quadrato”. Barbara Zeizinger leggerà l’intervento in tedesco mentre a Moreno Fabbri sarà affidata la rilettura in italiano e per conclude, alle ore 19.00 la Lettura dei Poeti d’Europa.

Dunque è la stella di Goethe a brillare e a unire tra loro tutte le tappe di questo Festival della Poesia Europea di Francoforte sul meno. Il filo rosso che si dipana tra queste tre tappe del Festival è l’opera di Goethe che riesce a creare emozioni che arrivano direttamente al cuore.

Il Festival è promosso dall’Associazione Donne e Poesia Isabella Morra, dal giornale Clic Donne 2000 e dal Comitato del Festival. Oggi più che mai abbiamo bisogno della poesia, della sua energia travolgente, della sua forza trascinante e appunto per questo abbiamo bisogno di Marcella Continanza, la vera anima del Festival della Poesia Europea di Francoforte sul Meno. Giornalista, poeta, ideatrice e direttrice artistica del Festival ed è grazie alla sua energia, alla sua passione se ogni anno si rinnova la magia di questo raffinato evento culturale.      

                                                                      (valeria marzoli\aise)



Ernst Bloch (1885-1977) – Tutto ciò che vive ha un orizzonte. Dove l’orizzonte prospettico è tralasciato, la realtà si manifesta soltanto come divenuta, come realtà morta, e sono i morti, cioè i naturalisti e gli empiristi, che qui seppelliscono i loro morti.

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Il principio speranza

«Tutto ciò che vive, dice Goethe, ha un’atmosfera intorno a sé; tutto ciò che è reale, poiché è vita e processo, e poiché può essere correlato della fantasia obiettiva, ha un orizzonte. Uno interiore, per così dire estendentesi verticalmente, nella propria oscurità, e uno esteriore di grande ampiezza, nella luce del mondo; ed entrambi gli orizzonti nei loro recessi sono riempiti della stessa utopia, di conseguenza identici nell’ultimum.

Lì dove l’orizzonte prospettico è tralasciato, la realtà si manifesta soltanto come divenuta, come realtà morta, e sono i morti, cioè i naturalisti e gli empiristi, che qui seppelliscono i loro morti.

Dove invece si ha costantemente di mira anche l’orizzonte prospettico, il reale si manifesta come ciò che esso è in concreto: come intreccio di processi dialettici, che si svolgono in un mondo incompiuto, in un mondo che non sarebbe assolutamente mutabile senza il gigantesco futuro della possibilità reale in esso. Insieme con quel totum che non rappresenta il tutto isolato di una sezione di processo di volta in volta dato, ma invece l’intero della cosa che in generale è pendente nel processo, dunque che è costituita ancora secondo tendenza e in maniera latente.
Questo soltanto è realismo […] La realtà senza possibilità reale non è completa, il mondo senza peculiarità gravide di futuro merita tanto poco uno sguardo, un’arte, una scienza, quanto il mondo del piccolo-borghese.
L’utopia concreta sta all’orizzonte di ogni realtà; la possibilità reale circonda fino alla fine le tendenze-latenze dialettiche aperte. Da queste viene attraversato in maniera autenticamente realistica il movimento non concluso della materia non conclusa, e il movimento è, secondo il profondo detto di Aristotele, “entelechia incompiuta”*».

 

Ernst Bloch, Il principio speranza, 3 vol., Garzanti, 1994, vol. I, pp. 262-263.

***
Risvolto di copertina

Il principio speranza è una delle imprese filosofiche più ambiziose del Novecento: un secolo sorto sotto il segno di un'immotivata fede nell'onnipotenza dei progetti globali della storia, e che si è chiuso nella percezione disincantata di un futuro imprevedibile, improgrammabile e quanto mai incerto. Contrapposto all'attualità e all'ideologia della «fine della storia», Il principio speranza – che fonda la sua ontologia sulla potenzialità dell'essere e sull'apertura al cambiamento – risulta oggi audacemente inattuale ma ricchissimo di suggestioni su temi sempre aperti. Nelle cinque parti che costituiscono il suo capolavoro (iniziato nel 1938 e dato alle stampe per la prima volta nel 1959) Bloch esplora la dimensione utopica del pensiero in tutte le sue molteplici manifestazioni: oltre il «principio del piacere» delle vecchie utopie, ma anche oltre il «principio di realtà», inteso come passiva accettazione del già-dato. Gran parte del Principio speranza è dedicata a una fenomenologia degli stati utopici della coscienza: dai desideri più profondi dei singoli alle opere d'arte e ai grandi miti collettivi, fino alle forme che si annunciano nell'arte di consumo. In tutte queste forme, attraverso una «ontologia del non ancora», si delineano i tratti di una realtà conciliata che servono da guida e da orientamento per l'azione storica. In questo senso, Il principio speranza individua un possibile antidoto al nichilismo e all'angoscia: senza promettere redenzione e salvezza, senza confondere la caduta di alcuni idoli con la caduta degli ideali.

 

*Aristotele, Fisica 257b8

 


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