Luca Grecchi – Questo volume cerca di colmare un vuoto, almeno nella letteratura specialistica in lingua italiana. Mancava infatti, ad oggi, un volume complessivo sul tema della ricchezza nella filosofia antica.

Luca Grecchi - Ricchezza

Questo volume cerca di colmare un vuoto, almeno nella letteratura specialistica in lingua italiana. Mancava infatti, ad oggi, un volume complessivo sul tema della ricchezza nella filosofia antica, negli oltre dieci secoli del suo sviluppo.
Il concetto che dà il titolo al volume, ossia appunto Ricchezza, possiede una pluralità di determinazioni. Esso, infatti, non si presenta con riferimento solo ai contenuti materiali, ma anche ai contenuti spirituali, sicché deve essere analizzato con un approccio poliedrico, come del resto pressoché tutti i concetti principali della filosofia antica.
Per questo motivo, pur essendo la filosofia la bussola che orienterà la nostra esplorazione, come nel precedente volume sull’Uomo3 dovremo fare spesso riferimento anche alla cultura letteraria, ed in alcuni casi alla cultura scientifica. La partizione fra filosofia, letteratura e scienza era del resto, come noto, assai meno marcata nel pensiero antico rispetto a oggi. Molte tematiche, che nell’attuale mondo universitario si studiano in Corsi di laurea e Dipartimenti differenti, erano infatti affrontate, nelle opere dei Greci e dei Latini, in maniera unitaria. Questo in quanto l’approccio filosofico, per sua essenza generale, era molto più presente nel mondo antico rispetto al mondo moderno, in cui è più presente invece l’approccio scientifico, per sua essenza particolare.
Per quanto concerne specificamente la ricchezza materiale, dunque in certa misura l’economia, va aggiunto che questa tematica era nel pensiero antico incorporata nella più generale tematica sociale, sicché non risulta analizzabile come un campo autonomo. La nascita della economia come scienza specialistica avvenne solo, come noto, parecchi secoli più tardi.
Un primo punto da mettere a fuoco, in questa introduzione, è che la ricchezza, per gli antichi, è costituita da tutto ciò che ha valore, ossia da tutto ciò che ha importanza per la vita. Dato che l’uomo, per il pensiero antico, si costituisce generalmente come una unità psicofisica, ossia come un composto di corpo e anima, la ricchezza non si presenta solo come di natura materiale, ma anzi soprattutto – per il maggiore valore attribuito generalmente, da tale pensiero, all’anima rispetto al corpo – come di natura spirituale. In effetti, come mostrano in maniera emblematica gli studi di medicina antica, che pure dovrebbero occuparsi principalmente del corpo, la componente spirituale, o meglio psichica (dell’anima, psyche), risulta determinante per far sì che un determinato bene materiale (chrema) possa porsi come una effettiva ricchezza, ossia appuntocome un bene…



Luca Grecchi – Quando il più non è meglio. Pochi insegnamenti, ma buoni: avere chiari i fondamenti, ovvero quei contenuti culturali cardinali che faranno dei nostri giovani degli uomini, in grado di avere rispetto e cura di se stessi e del mondo.
Luca Grecchi – A cosa non servono le “riforme” di stampo renziano e qual è la vera riforma da realizzare
Luca Grecchi – Cosa direbbe oggi Aristotele a un elettore (deluso) del PD
Luca Grecchi – Platone e il piacere: la felicità nell’era del consumismo
Luca Grecchi – Un mondo migliore è possibile. Ma per immaginarlo ci vuole filosofia
Luca Grecchi – «L’umanesimo nella cultura medioevale» (IV-XIII secolo) e «L’umanesimo nella cultura rinascimentale» (XIV-XV secolo), Diogene Multimedia.
Luca Grecchi – Il mito del “fare esperienza”: sulla alternanza scuola-lavoro.
Luca Grecchi – In filosofia parlate o scrivete, purché tocchiate l’anima.
Luca Grecchi – L’assoluto di Platone? Sostituito dal mercato e dalle sue leggi.
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Luca Grecchi – Scienza, religione (e filosofia) alle scuole elementari.
Luca Grecchi – La virtù è nell’esempio, non nelle parole. Chi ha contenuti filosofici importanti da trasmettere, che potrebbero favorire la realizzazione di buoni progetti comunitari, li rende credibili solo vivendo coerentemente in modo conforme a quei contenuti: ogni scissione tra il “detto” e il “vissuto” pregiudica l’affidabilità della comunicazione e non contribuisce in nulla alla persuasione.
Luca Grecchi – Aristotele: la rivoluzione è nel progetto. La «critica» rinvia alla «decisione» di delineare un progetto di modo di produzione alternativo. Se non conosciamo il fine da raggiungere, dove tiriamo la freccia, ossia dove orientiamo le nostre energie, come organizziamo i nostri strumenti?
Luca Grecchi – Sulla progettualità
Luca Grecchi – Perché la progettualità?
Luca Grecchi – Aristotele, la democrazia e la riforma costituzionale.
Luca Grecchi – Platone, la democrazia e la riforma costituzionale.
Luca Grecchi – La metafisica umanistica non vuole limitarsi a descrivere come le cose sono e nemmeno a valutare negativamente l’attuale stato di cose. Deve dire come un modo di produzione sociale ha da strutturarsi per essere conforme al fondamento onto-assiologico.
Luca Grecchi – Scuola “elementare”? Dalla filosofia antica ai giorni nostri
Luca Grecchi – La metafisica umanistica è soprattutto importante nella nostra epoca, la più antiumanistica e filo-crematistica che sia mai esistita.
Luca Grecchi – Logos, pathos, ethos. La “Retorica” di Aristotele e la retorica… di oggi. È credibile solo quel filosofo che si comporta, nella vita, in maniera conforme a quello che argomenta essere il giusto modo di vivere.
Luca Grecchi – Educazione classica: educazione conservatrice? Il fine della formazione classica è dare ai giovani la “forma” della compiuta umanità, ossia aiutarli a realizzare, a porre in atto, le proprie migliori potenzialità, la loro natura di uomini
Luca Grecchi – Mario Vegetti: un ricordo personale e filosofico
Luca Grecchi – «Natura». Ogni mancanza di conoscenza, di rispetto e di cura verso la natura si traduce in una mancanza di rispetto e di cura verso la vita tutta. L’attuale modo di produzione sociale, avente come fine unico il profitto, tratta ogni ente naturale – compreso l’uomo – come mezzo, e dunque in maniera innaturale.
Luca Grecchi – Scritti brevi su politica, scuola e società
Luca Grecchi – i suoi libri (2002-2019)
Luca Grecchi – L’UMANESIMO GRECO CLASSICO DI SPINOZA. Lo scopo della filosofia non è altro che la verità.
Luca Grecchi – «Uomo» – L’uomo è il solo ente immanente in grado di attribuire senso e valore alla realtà e di porsi in rapporto ad essa con rispetto e cura.
Luca Grecchi – Insegnare Aristotele nell’Università
Luca Grecchi – L’etica di Aristotele e l’etica di Democrito: un confronto
Maurizio Migliori, Luca Grecchi – Tra teoria e prassi. Riflessioni su una corsa ad ostacoli
Luca Grecchi – Multifocal approach. Una contestualizzazione storico-sociale. Occorre porsi con critica consapevolezza progettuale all’interno della totalità sociale.
Luca Grecchi – «Leggere i Presocratici». La cultura presocratica rappresenta tuttora una miniera in buona parte inesplorata.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Lucio Anneo Seneca (4 a.C. – 65) – Disprezzo la ricchezza non perché è superflua, ma perché è cosa di poco conto.

Lucio Anneo Seneca 011
«Contempsi divitias, non quia supervacuae sed quia pusillae sunt».
«Disprezzo la ricchezza non perché è superflua, ma perché è cosa di poco conto».

Lucio Anneo Seneca, Lettere a Lucilio, 110, 15, in Id., a cura di C. Barone, con un saggio di L. Canfora, Garzanti, Milano 1989, pp. 852-853.


Seneca – De brevitate vitae. Non è breve la vita, ma tale la rendiamo
Lucio Anneo Seneca (4 a.C. – 65 d.C.) – Da quando il denaro ha iniziato a venire in onore, il reale valore delle cose è caduto in discredito. Gli uomini consacrano il denaro come espressione massima delle cose umane.
Lucio Anneo Seneca (4 a.C. – 65) – Quale è la natura specifica dell’uomo? La ragione, che quando è retta e perfetta dà all’uomo la pienezza della felicità. Una tale ragione perfetta prende il nome di virtù, e altro non è che la coerenza morale.
Lucio Anneo Seneca (4 a.C. – 65) – La filosofia non è un’arte di cui si possa fare ostentazione: essa non consiste nelle parole, ma nelle azioni. La filosofia forma e foggia l’animo, regola la vita, governa le azioni, insegna ciò che si deve fare e ciò che si deve evitare, sta al timone e dirige il corso delle navi.
A. Seneca (4 a.C. – 65) – La filosofia si divide in sapere e disposizione d’animo. chi ha imparato e compreso che cosa si deve fare e che cosa si deve evitare non è ancora saggio, se il suo animo non si è trasformato in base a quanto ha appreso
Lucio Anneo Seneca (4 a.C. – 65) – Insistere su certi scrittori e nutrirsi di loro, per ricavarne un profitto spirituale duraturo. Chi è dappertutto, non è da nessuna parte. Quando uno passa la vita a vagabondare, avrà molte relazioni ospitali, ma nessun amico.
Lucio Anneo Seneca (4 a.C. – 65 d.C.) – Le letture sono necessarie anzitutto perché io non sia pago di me stesso. Poi perché, quando avrò conosciuto ciò che altri hanno trovato, allora possa riflettere su ciò che essi hanno scoperto e rifletta su ciò che ancora devo imparare.
Lucio Anneo Seneca (4 a.C. – 65) – Il medico si è preoccupato non per la sua reputazione di medico ma per me, è accorso nei momenti critici, nessun servizio gli è stato di peso o lo ha infastidito
Lucio Anneo Seneca (4 a.C. – 65) – La vita non sarà incompiuta, se è virtuosa: dovunque tu la concluda, se la conduci bene, è completa.
Lucio Anneo Seneca (4 a.C. – 65) – Negli scontenti di sé si insinua l’agitazione sterile di un animo che non trova sbocco insieme all’esitazione di una vita che non riesce a svilupparsi e alla frustrazione di un animo intorpidito tra le delusioni. Le passioni, chiuse in un angusto spazio senza uscita, si strangolano da sé. Bisogna perseverare e rinvigorire il nostro spirito con una assidua applicazione, finchè la tendenza al bene diventi saggezza.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.

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Aristotele (384-322 a.C.) – La «crematistica»: la polis e la logica del profitto. Il commercio è un’arte più scaltrita per realizzare un profitto maggiore. Il denaro è l’oggetto del commercio e della crematistica. Ma il denaro è una mera convenzione, priva di valore naturale.

Le scarpe di Aristotele

 

Politica, di Aristotele

Aristotele è stato anche il fondatore della “filosofia dell’economia”,
e dicendo “fondatore” intendo proprio dire il fondatore.
Questo fatto basilare è ampiamente noto agli specialisti
(Henry Denis, Karl Polanyi, Geoffrey de S. Croix, Moses Finley, ecc.),
era già ampiamente noto a Marx,
mentre è sistematicamente ignorato
dai manuali liceali ed universitari di storia della filosofia,
che arrivano al massimo (ma neppure tutti)
a riportare distrattamente che Aristotele
 nella Politica avrebbe distinto fra “economia” e “crematistica”,
senza peraltro neppure immaginare le conseguenze dirompenti di questa distinzione,
sulla quale poi indirettamente Marx costruì la sua critica dell’economia politica.

Costanzo Preve,
Una nuova storia alternativa della filosofia

 

Il formidabile excursus che Aristotele, nella Politica, dedica alla chrematistiké («arte che produce beni», chremata), costituisce una lucida diagnosi dei meccanismi che vanno erodendo l'economia della polis e, in pari tempo, un drastico rifiuto della logica che ad essi presiede; essa conduce dall'idealizzata «autosufficienza» (autarkeia) dell'economia domestica – attraverso le prime forme di baratto – sino alla nascita della «moneta» (nomisma, cioè quanto vale solo per nomos, per «convenzione») e al diffondersi di una vera e propria techne tesa alla produzione di «profitto» (kerdos). Agli occhi di Aristotele, tale processo allontana gli uomini dall'unico fondamento reale della ricchezza e dell'economia: il "valore d'uso", e cioè la concreta utilità di un bene secondo le necessità vitali di una koinonia («comunità») domestica o statale. In base a quell'uso innaturale dei beni che è il "valore di scambio", la chrematistiké innesta un circuito interminabile di permute il cui solo fine è il vuoto e convenzionale nomisma. Una ricchezza solo apparente, conclude Aristotele, che ad altro non può ricorrere se non a uno scontato exemplum mitico, la leggenda del re Mida.

 

[1256b] Fra le arti d’acquisizione patrimoniale, solo una specie è parte naturale dell’ economia, perché bisogna che si abbiano a disposizione – o che tale arte metta a disposizione – una riserva di beni utili alla comunità cittadina o domestica.
Ed è plausibile che in tali beni consista la ricchezza autentica. Quanto, di tale possesso, basta a una vita ben vissuta, non è senza limiti, come dice Solone in quel suo verso: «per la ricchezza umana, / nessun termine chiaro è decretato».
Un termine invece esiste, come per le altre arti: non si dà mezzo senza un termine, in numero o in grandezza, per nessuna arte; e la ricchezza altro non è che la somma dei mezzi economici e politici. È evidente, dunque, che esiste un’arte d’acquisizione patrimoniale che appartiene per natura a chi si occupa di economia e di politica. E perché ci sia, è altrettanto evidente.
Ma c’è un’altra arte d’acquisizione patrimoniale che si definisce precisamente – e a giusto titolo – «crematistica», «arte che produce i beni». È a causa di tale arte che non si dà [1257a] alcun apparente limite alla ricchezza e all’acquisizione. Molti credono che essa sia uguale e identica all’arte di cui abbiamo appena parlato, data l’affinità fra le due: ma essa non è né identica, né troppo lontana. Solo che la prima è naturale, la seconda no, ma deriva piuttosto da qualche esperienza e dall’ arte acquisita.
Iniziamo da questo punto. Dato un bene, due sono gli usi che se ne possono fare: entrambi conformi alla natura del bene, ma non allo stesso modo, dal momento che il primo è proprio dell’oggetto, l’altro no. Esempio: una scarpa. Essa può essere calzata, o essere oggetto di scambio. Ed entrambi sono modi di usare la scarpa. Chi scambia una scarpa con chi ne ha bisogno, e ne ricava denaro o nutrimento, usa la scarpa in quanto scarpa, ma non ne fa l’uso che le è proprio: la scarpa non è fatta per essere barattata! E così vale per tutti i beni.
[…] Nella comunità primaria – che è la comunità domestica – evidentemente non si dà alcuna pratica di scambio; essa si dà invece nelle comunità più estese. I membri della comunità domestica avevano in comune, tutti quanti, gli stessi beni, mentre chi si trova a vivere in comunità separate ha accesso a molti beni diversi, dei quali si dà necessariamente un reciproco scambio, secondo i concreti bisogni, come avviene tuttora fra molti popoli barbari, tramite il baratto. E così sono oggetto di scambio i meri beni utili: un bene per un bene equivalente, ma nulla di più; per esempio, danno o prendono vino o grano, e così per ogni altro bene analogo. Una simile forma di scambio non è contro natura, né rientra in alcun modo nella «crematistica», perché tende a completare la naturale autosufficienza.
Eppure è proprio da questa forma di scambio che derivò, secondo logica, la crematistica.
Quando divenne più sistematico il ricorso all’estero per importare ciò di cui si mancava e per esportare i beni in eccedenza, si ricorse di necessità all’uso della moneta. Non tutti i beni naturalmente necessari sono facili da trasportare: e così, per realizzare gli scambi, si convenne di dare e d’accettare un bene di un certo tipo; un bene che fosse utile in se stesso, ma più facile a maneggiarsi per le esigenze quotidiane: per esempio il ferro, o l’argento, o altro materiale analogo, che sulle prime era definito semplicemente dalla sua grandezza e dal suo peso; in séguito, però, presero a imprimervi un marchio, così da poter evitare la misurazione: il marchio valeva da segno della quantità.
[1257b] Dopo l’invenzione della moneta, dallo scambio praticato per pura necessità sorse un’altra specie di crematistica: il commercio. Esso, sulle prime, fu forse un commercio rudimentale; ma poi, con l’aumentare dell’esperienza, divenne un’arte più scaltrita: e si seppe bene dove e come effettuare gli scambi per realizzare un profitto maggiore.
Perciò, a quanto pare, la crematistica ha per oggetto il denaro, e la sua specifica funzione è sapere da quali fonti ricavare il maggior numero di beni, perché la crematistica è un’arte tesa alla produzione di ricchezza e di beni. Non a caso, è idea comune che la ricchezza coincida con l’abbondanza di denaro, perché è il denaro l’oggetto del commercio e della crematistica.
A volte, però, il denaro sembra una sciocchezza, e una mera convenzione, priva di valore naturale: basta che i soggetti dello scambio ne mutino il valore convenzionale, ed ecco che il denaro non vale più nulla e non riesce più a soddisfare alcun bisogno vitale; sicché, chi è ricco di denaro, spesso non avrà di che mangiare. E davvero è una ricchezza ben curiosa, quella che farà morire di fame chi ne è ricco: come quel Mida della leggenda, che volle troppo, e pregò che tutto diventasse oro ciò che gli si presentava. Ed è per questo che si va alla ricerca di un altro tipo di ricchezza, o di crematistica: e non a torto. C’è un altro tipo di ricchezza, un altro tipo di crematistica, ed è l’economia in senso autentico. Quella fondata sul commercio, invece, produce beni, sì, ma non in senso assoluto: produce beni solo attraverso lo scambio di beni. E ha per oggetto il denaro, perché il denaro è elemento e fine dello scambio. E quella che deriva dalla crematistica è una ricchezza che non ha alcun limite.

Aristotele, Politica, 1, 1256b 26-1257b 24; trad. di F. Condello.

 


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