Valeria Marzoli – L’intensità delle parole: intervista alla poetessa Maura Del Serra
Valeria Marzoli
L’intensità delle parole: intervista alla poetessa Maura Del Serra
La poesia è un’esperienza interiore pervasiva, totalizzante e nutriente
PAESTUM\ aise\ – Il 27 giugno 2019, nell’ambito della XII edizione del Festival della Poesia Europea dove le parole di Goethe risuoneranno nella suggestiva cornice dei templi di Paestum, Maura Del Serra sarà una delle voci recitanti dell’evento. Vera e propria pietra miliare del mondo culturale italiano, poetessa eclettica che utilizza diversi registri artistici. Drammaturga.
Poeta. Saggista. Traduttrice. La sua scrittura si distingue per un’intensa ricerca delle parole, del verso. Fra le sue opere ricordiamo L’opera del vento. Poesie 1965-2005 (2006) e Tentativi di certezza. Poesie 1999-2009 (2010), Teatro (2015), che raccoglie tutti i suoi testi teatrali, Di poesia e d’altro. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti nazionali ed internazionali, fra i quali: il premio “Montale” per la poesia, il premio “Flaiano” per il teatro e il premio “Betocchi” per la traduzione.
Critica letteraria. Drammaturga, ma anche e soprattutto poetessa. Ci parli del Suo universo poetico.
Il mio lavoro ormai annoso, che coincide e si trasla nella mia vita quotidiana, consiste nel dare corpo poetico, nello “scolpire” l’esperienza personale, traducendola, secondo le mie capacità, nell’universale, mettendo in comunicazione il visibile con l’invisibile che gli dà sostanza. Per me quindi la poesia è etimologicamente una “religio”, una “voce di voci” che tende a farsi onnicomprensiva degli stati dell’essere (umano, ma anche animale, vegetale e cosmico): ed è perciò un dono ed una grazia a cui cerco di conservarmi fedele, perché è capace – anche se apparentemente inascoltata od oscurata nel sociale – di riscattare l’indifferenza, il dolore e la disarmonia personale e collettiva attraverso la conoscenza empatica in cui immerge me e il lettore.
La poesia scava in ognuno di noi e ci regala grandi emozioni. Ci dia la Sua definizione del concetto di poesia.
La poesia è un’esperienza interiore pervasiva, totalizzante e nutriente, come quella degli elementi e delle forze naturali di cui viviamo (aria, luce, fuoco, acqua, terra, respiro, energia): elementi che l’anima e la mente plasmano in parole/forme “musicali”, cioè pertinenti alle Muse quali mitiche figlie dei Mnemosyne, la Memoria strutturante, che si muove fra tradizione ed invenzione. Da più di un trentennio le mie “voci” poetiche hanno assunto, come accennavo, anche una forma drammaturgica peculiare, il cosiddetto teatro di poesia – in versi, in prosa o in entrambe.
La poesia ci offre la possibilità di entrare nell’animo umano e di mettere in luce il mondo interiore del poeta. Che cosa vuole evidenziare con la Sua poesia?
Direi che la poesia, passando attraverso di me, mette in luce alcuni colori del suo prisma, ovvero della sua parabola nel triplice senso del sostantivo manifestando le sua qualità salutari, il suo potenziale di riscatto e di catarsi dagli errori e dalle illusioni, spesso violente, che abbagliano l’essere umano, restituendo senso alla parola come via verso una dimensione di certezza non più soggettiva, di verità come bellezza che sia anche un bene conoscitivo profondo, in ogni tempo ed oggi più che mai necessario alla nostra condizione, che è sempre borderline, sospesa tra ordine costruttivo e dismisura distruttiva.
Ci renda partecipi del Suo processo creativo. Che cosa prova quando riesce a fissare in un verso le Sue emozioni?
Provo un intenso e complesso stato di full immersion, insieme fluido e laborioso; il senso di essere parte di un’onda molteplice di forze e di forme che si plasmano in immagini simboliche; nelle quali la mia soggettività è insieme messa alla prova e superata come nella “cottura” di un crogiolo alchemico che filtra e ribolle (anche scottando l’alchimista!) per diventare cibo o bevanda per i visitatori. Io credo che la poesia, come diceva Pasternak, sia «una funzione organica della felicità dell’uomo»: una funzione da ritrovare e valorizzare continuamente, una “scena” da non lasciare mai vuota.
Le letture che più hanno segnato il Suo percorso culturale, ovvero chi sono gli autori/le autrici che hanno contato nella Sua formazione?
La mia formazione è avvenuta all’insegna dei classici antichi e moderni, come pure del romanticismo, del decadentismo e del modernismo europeo. Queste radici restano il mio centro gravitazionale. Ma devo moltissimo anche alla musica polifonica antica e a musicisti geniali come Monteverdi e Mozart, e così pure alla poesia/filosofia orientale, ai mistici sufi e zen e a filosofi come Spinoza e Simone Weil, che considero la mia maestra spirituale. Amo anche le arti visive, il cinema e la cosiddetta world music: da giovane ho molto amato i Beatles come ottimi “traduttori” e divulgatori inventivi della musica elisabettiana nel pop.
Nel mondo contemporaneo assistiamo ad atti di sopraffazione, di soggiogazione, di violenza, e spesso i diritti umani sono violati e calpestati. Ci parli del Suo impegno civile.
Questa dimensione è divenuta parte sempre più esplicita della mia poesia a partire dalla fine degli anni Ottanta del secolo scorso coi suoi rivolgimenti epocali, ed è un “tema” ormai congenere a quelli etici, creaturali simbolici della mia opera. Da molti anni sono iscritta ad Amnesty International e mi sento coinvolta da tutti i movimenti non violenti di riscatto civile e sociale, ivi compreso quello femminile.
Il 27 giugno 2019, nell’ambito della XII edizione del Festival della Poesia Europea le parole di Goethe risuoneranno nella suggestiva cornice dei templi di Paestum e Lei sarà una delle voci recitanti dell’evento. Che cosa rappresenta per Lei Goethe?
Carmelo Bene definiva Goethe «l’assessore al classico»: al di là dell’humour insieme corrosivo ed omaggiante, l’espressione mi appare condivisibile, nel senso che Goethe per tutti noi è una sorta di gigante enciclopedico, fondatore della comparatistica europea, scienziato e poeta-ponte tra Illuminismo e Romanticismo (che egli definiva spiritosamente «una nobile malattia»). È stato per me un autore da assimilare, soprattutto nella sua monumentale riscrittura ed attraversamento della mitologia classico-medievale e romantica che è il Faust (il primo e il secondo); ma è stato importante per me anche come grande autore epigrammatico e teatrale (il Meister, ma anche il suo travagliato Tasso, da cui ho tratto qualche anno fa un moderno libretto d’opera scritto su commissione). E naturalmente il suo Viaggio in Italia è l’affascinante epitone di ogni Grand Tour come scoperta e discesa nella Grande Madre mediterranea e nella sua gioia vitale. Sono lieta che il Festival della Poesia Europea mi offra l’occasione di rivisitarne l’opera, così ricca di esperienza della natura umana.
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