Raimondo Lullo (1232-1316) – L’amore può moltiplicarsi solo nell’amare

Raimondo Lullo

 

Il libro dell'amico e dell'amato

“Domandò l’amico al suo amato se in lui fosse rimasto qualcosa da amare.

Rispose l’amato che l’amore dell’amico poteva moltiplicarsi solo nell’amare”.

 

Raimondo Lullo, Il libro dell’amico e dell’amato, 1.

 

 

Risvolto di copertina

Quest’opera, raro esempio di poesia mistica in lingua catalana, descrive la relazione dell’essere umano, l’amico, con il trascendente, l’amato, e il legame che li unisce, l’amore: è un libro che ancora oggi ci colpisce perché capace di esprimere un sentimento universale, un desiderio che resiste all’erosione del tempo e della storia. Chiunque, a un certo punto della sua vita, abbia sperimentato in sé la segreta forza dell’amore, sarà commosso da queste parole: vi si riconoscerà e si sentirà compreso, scorgendo in esse i movimenti del proprio cuore.

 

 

 

Immagine in evidenza:

Raimondo Lullo ritratto da Riccardo Anckermann (IXI sec.).

 


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Alain Caillé – È donando che ci si dichiara concretamente pronti a giocare il gioco dell’associazione e dell’alleanza. La sola via che si apre dinanzi a noi è quella che consiste nell’effettuare nell’ordine politico una mutazione simbolica, morale e spirituale di portata universalistica.

Amicizia e dono

La cattedrale di Rodin
che ho posto in evdenza con le parole di Caillé
è il  grazie per gli  agli amici che oggi mi hanno inviato i loro pensieri.
Quelle mani sono il “tempio” nel quale ognuno di noi dovrebbe cercare quotidianamente
l’incontro, il confronto, l’amicizia, l’amore in tutte le sue sfaccettature.
Quelle mani che si sfiorano (e sono due mani destre)
provano a unirsi
come a stringere in dono questo patto, questa promessa di solidarietà.

C. Fiorillo

 

Il terzo paradigma

A. Caillé, Il terzo paradigma

 

«Nella vita ordinaria noi raramente ci rendiamo conto
che riceviamo molto di più di ciò che diamo,
e che è solo con la gratitudine che la vita si arricchisce».

Dietrich Bonhoeffer

 

 

«Una società regolata unicamente […] dall’obbligo, cadrà nella sterilità, nel formalismo […]. Né si può farla poggiare sulla meccanica simmetrica dei soli interessi individuali che, in mancanza di regole comuni in grado di coordinarli, cadranno nel caos generale. Non è sottomettendosi al dispotismo della Legge o rifugiandosi nel ciascuno per sé e nell’inganno che gli uomini possono riuscire […] a trovare un po’ di pace, di sicurezza e di felicità. E, invece, imparando ad allearsi e ad associarsi, a dare (darsi) gli uni agli altri fidandosi e per fidarsi gli uni degli altri. […] Abbiamo bisogno, per superare i punti di vista ugualmente limitati dell’individualismo e dell’olismo di un paradigma del dono. Esso non pretende di pensare la generazione del legame sociale né dal basso – a partire dagli individui sempre separati –, né dall’alto – a partire da una totalità sociale sovrastante e sempre preesistente –; ma in qualche modo a partire dal suo ambiente, orizzontalmente, a partire dall’insieme delle interrelazioni che legano gli individui e li trasformano in attori propriamente sociali. La scommessa sulla quale si basa il paradigma del dono è che il dono costituisca il performatore per eccellenza delle alleanze. Ciò che le suggella, le simboleggia, le garantisce e le rende vive. Si tratti di un dono iniziale o di un dono ripetuto
talmente tante volte da non apparire più neanche tale, è donando che ci si dichiara concretamente pronti a giocare il gioco dell’associazione e dell’alleanza e che si sollecita la partecipazione degli altri allo stesso gioco» (p. 12).

 

«Finora l’ordine della società funzionale-utilitaria ha funzionato bene perché attingeva a riserve di senso, extra o antiutilitaristico, ereditate dai secoli passati. Appare ormai con sufficiente chiarezza che queste riserve di senso si esauriscono […].  Le nostre democrazie si sono pensate essenzialmente nel quadro del pensiero contrattualistico. Questo fondamento immaginario si esaurisce […] si mostra ormai impotente a opporsi alla generalizzazione di una corruzione che deve tanto più esplodere in quanto la scala delle società si dilata e in quanto la mondializzazione si generalizza. […] La sola via che si apre dinanzi a noi è  quella che consiste nell’effettuare nell’ordine politico una mutazione simbolica, morale e spirituale della stessa ampiezza di quella che è stata compiuta a suo tempo dalle grandi religioni universalistiche. Queste avevano proceduto a una riorganizzazione da cima a fondo del sistema arcaico del dono proprio delle piccole società basate sulla conoscenza reciproca. Tale riorganizzazione […] è consistita in una universalizzazione, una radicalizzazione e una interiorizzazione dell’imperativo del dono. Universalizzazione: bisognava donare non soltanto ai vicini ma anche agli estranei. Radicalizzazione: donare in modo sempre più incondizionale […]. Interiorizzazione: all’ostentazione un po’ istrionica del dono selvaggio, preferire la discrezione di colui che sa che dona veramente e non per farne mostra» (p. 134).

Alain Caillé, Il terzo paradigma. Antropologia filosofica del dono, Bollati Boringhieri, 1998.

Risvolto di copertina
Il libro di Alain Caillé tocca temi come l'obbligo di donare, dono e sacrificio; dono, interesse e disinteresse. dono e simbolismo; dono e associazione ecc. Si inserisce, su un piano più filosofico, ma sempre con grande concretezza di riferimenti all'esperienza, in una linea di pensiero ben rappresentata da "Lo spirito del dono", di Jacques T. Godbout, cui ha collaborato lo stesso Caillé, e da tutti i libri di Serge Latouche. Dopo aver proposto, con "Critica della ragione utilitaristica", un vero e proprio "manifesto dell'antiutilitarismo", con "Il terzo paradigma" Alain Caillé fornisce il quadro completo di una riflessione molto raffinata nel campo della filosofia delle scienze sociali. L'idea centrale è quella che consiste nel contrapporre il paradosso del dono (per cui il disinteresse proclamato nell'atto del donare, confermando o istituendo il legame sociale, risulta in fin dei conti il miglior modo di garantire gli interessi individuali e collettivi) ai due approcci che si contendono il terreno nelle scienze sociali: individualismo metodologico e olismo. Mentre per l'individualismo metodologico il rapporto sociale sarebbe la risultante dei calcoli effettuati da individui interessati, e mentre per l'olismo nelle sue varie forme sarebbe sempre in definitiva il tutto a determinare i comportamenti individuali, per l'antiutilitarismo è proprio il rapporto di obbligazione reciproca, ovvero di dono, più o meno liberamente consentito tra individui e gruppi che istituisce la società, in altri termini che ne costituisce la base.

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Immagine in evidenza:

La cattedrale, Auguste Rodin, 1908, pietra, Musée Rodin, Paris.

 


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