Simone Sibilio – «Nakba. La memoria letteraria della catastrofe palestinese». I luoghi perduti con la Nakba sopravvivono in letteratura … Parole e immagini che si moltiplicano nel tempo e nello spazio per mantenere viva la fiducia nella possibilità di ritornare ad abitare quello che un tempo era il paradiso nell’auspicio che possa tornare ad esserlo, in un futuro prossimo, al di là della distruzione e dell’ostilità del presente.

Nakba. La memoria letteraria della catastrofe palestinese prende in esame una selezione di opere letterarie palestinesi connesse al ricordo traumatico dell’espulsione di massa del 1948, indagandone in una prospettiva interdisciplinare le diverse modalità di configurazione e rappresentazione. La poesia riporta in vita tracce e luoghi cancellati dalla storia e dalle mappe geografiche. Interrogando il senso di ‘dislocazione’ derivato da quella frattura, esprime l’ineludibile tensione tra memoria e oblio, presenza e assenza. Le opere in prosa di Kanafani, Natur, Habibi e Darwish vengono esplorate come potenziali serbatoi di contro-memorie della catastrofe del 1948. La memoria è agency volta a ristabilire un legame positivo con il proprio passato a rischio di oblio, è un atto di resistenza alle atrocità del presente.


Simone Sibilio è assegnista di ricerca e docente di letteratura araba presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Insegna inoltre lingua e cultura araba presso la IULM di Milano. Impegnato da anni sul tema della memoria della Nakba nella produzione culturale palestinese, si occupa prevalentemente di letteratura, cinema e media arabi. Autore di saggi di critica letteraria, ha tradotto diversi poeti arabi contemporanei.



Restiamo umani

Nel vile immobilismo di stati e governi che si definiscono democratici,
c’è una nuova catastrofe in corso da queste parti,
una nuova pulizia etnica
che sta colpendo la popolazione palestinese.

Vittorio Arrigoni, Gaza. Restiamo umani, Il Manifesto Libri, Roma, 2009-2011, pp. 51-52.




M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Federico García Lorca (1898-1936) – Tanta fretta. Perché? Per prendere la barca che non va da nessuna parte. Amici miei, tornate! Tornate alla vostra sorgente! Non abbandonate l’anima nel bicchiere della Morte.

Federico Garcia Lorca Perché tanta fretta

Tanta fretta.

Perché?

Per prendere la barca

che non va da nessuna parte.

Amici miei, tornate!

Tornate alla vostra sorgente!

Non abbandonate l’anima

nel bicchiere

della Morte.

Federico García Lorca, Poesie inedite, a cura e traduzione di Claudio Rendina, Newton Compton, Roma 1976.


Federico García Lorca (1898-1936) – «Libri, Libri!»: Chi non è percorso da un minimo anelito di sapere non conosce amore, né conosce una scintilla di pensiero, e neppure una fede o una minima ansia di liberazione, prerogative imprenscindibili per tutti gli uomini degni di tale nome
Federico García Lorca (1898-1936) – Parole sul teatro: Il teatro è uno degli strumenti più espressivi e più utili per la formazione di un paese, ed è il barometro che ne segna la grandezza o la decadenza.
Federico García Lorca (1898-1936) – Poeta a New York: «La luce è sepolta da catene e rumori in sfida impudica di scienza senza radici: qui non esiste domani né speranza possibile. Le monete a sciami furiosi penetrano e divorano bambini addormentati: sanno che vanno nel fango di numeri e leggi, nei giochi senz’arte, in sudori senza frutto».
Federico García Lorca (1898-1936) – La poesia è qualcosa che cammina per le strade. Il teatro è sempre stato la mia vocazione. Adesso sto lavorando a una nuova commedia. Gli uomini non riusciranno mai a immaginarsi l’allegria che esploderà il giorno della Grande Rivoluzione. Non è vero che sto parlando proprio come un socialista?
Federico García Lorca (1898-1936) – Il “duende” brucia il sangue, estenua, rompe gli stili, ama il bordo, la ferita, e si avvicina ai luoghi dove le forme si fondono in un anelito superiore alle loro espressioni visibili.

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Diego Lanza – Dramata IV. Scritti sulla “Poetica” di Aristotele. Prefazione di Gherardo Ugolini


Prefazione



Per onorare Diego Lanza


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Lilith Fiorillo – «Il colosso. Il mio amico Guido è come l’Albero di Farnia, maestoso simbolo di forza e di longevità nella natura.

Lilith e Lapo, il cavallo abbandonato di cui si ha avuto cura.
Per rappresentare il mio amico Guido, ho scelto un Albero di Farnia: simbolo di forza e longevità nella natura.
L’Albero di Farnia ha una ricca storia culturale. Nel corso dei secoli, è stato utilizzato per la costruzione di navi, mobili e edifici grazie al suo legno resistente e di alta qualità. In molte culture, la quercia è considerata un simbolo di forza, saggezza e longevità, attributi che si riflettono perfettamente nell’albero di farnia.
L’Albero di Farnia, con la sua maestosità e la sua importanza ecologica e culturale,
merita sicuramente di essere celebrato e protetto.
È un simbolo vivente della bellezza e della grandiosità della natura. Ogni sforzo dovrebbe essere fatto per preservare e valorizzare questo tesoro verde, affinché possa continuare a ispirare e a incantare le generazioni future.
Il tronco dell’Albero di Farnia è massiccio e robusto, caratterizzato da una corteccia grigio-brunastra e solcata. Man mano che l’albero invecchia, la corteccia diventa più ruvida e può presentare crepe e rigonfiamenti.
Questo conferisce un aspetto caratteristico all’albero e ne testimonia la sua longevità.
Le farnie sono alberi a crescita lenta, ma possono raggiungere altezze notevoli.
Alcuni esemplari hanno superato i 40 metri di altezza, rendendoli uno degli alberi più alti del continente europeo.
La chioma della farnia è ampia e densa, formata da rami robusti e tortuosi che si estendono in diverse direzioni.
Questa struttura ramificata conferisce all’albero un aspetto imponente e maestoso.



M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Antonio Prete – «Del silenzio». L’ospitalità è nomade, è la lingua del riconoscimento, è la lingua del provvisorio abitare sotto le stelle, quando la traduzione si fa ospitalità.



M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Lascia sempre vagare la fantasia, per il pensiero che davanti ancor le si stende, e, vedrai, si lancerà volando verso il cielo. Una cosa bella è una gioia per sempre: mai nel nulla si perderà. Bellezza è verità, verità è bellezza. «Io morii per la bellezza, e io per la verità: loro sono una cosa sola, e noi siamo fratelli».


M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Rainer Maria Rilke – Che alcuna cosa sia difficile dev’essere una ragione di più per attuarla. Solo ciò che persiste ci inizia all’essere.

Leonid Pasternak, Portrait painting of Rainer Maria Rilke.

Rainer M. Rilke (1875-1926) – Non dimenticare mai di formulare un desiderio: i desideri durano a lungo, tutta la vita, tanto che non potremmo aspettarne l’adempimento.
Rainer Maria Rilke (1875 – 1926) – La pazienza è tutto
Rainer Maria Rilke (1875-1926) – E queste cose, che passano ma ci credono capaci di salvarle, noi che passiamo più di tutto, vogliono essere trasmutate, entro il nostro invisibile cuore in – oh Infinito – in noi! Quale che sia quel che siamo alla fine.
Rainer Maria Rilke (1875-1926) – Occorre raccogliere senso e dolcezza per tutta una vita. Anche i ricordi di per se stessi ancora “non sono”. Solo quando divengono in noi sangue, sguardo e gesto, non più scindibili da noi, solo allora può darsi che in una rarissima ora sorga nel loro centro e ne esca la prima parola di un verso.
Rainer M. Rilke (1875-1926) – Sicurezza significa non sospettare di nulla, non tenere nulla a distanza, non considerare nulla come un Altro irriducibile, significa spingersi oltre ogni concetto di proprietà e vivere di acquisizioni spirituali e mai di possessi reali.
Rainer M. Rilke (1875-1926) – On voudrait avoir les yeux toujours ouverts, pour avoir vu, avant le terme, tout ce que l’on perd.
Rainer Maria Rilke (1875-1926) – Le mani di Rodin hanno vissuto come cento, una vita in cui tutto è vivo e presente nello stesso sitante e nulla è perduto. Cercava la grazia delle grandi cose e una pacatezza radicata dentro di lui gli mostrò il saggio cammino. Diceva: «Non bisogna avere fretta».
Rainer Maria Rilke (1875-1926) – Per i nostri padri una ‘casa’, una ‘fontana’, il loro vestito, erano infinitamente più intimi che per noi. Ora dall’America s’affollano tante cose vuote e indifferenti, parvenze di cose, imitazioni della vita …

M. Ludovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona del modo di accrescere e conservar memoria, Venezia 1562.
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Accogliamo la nostra esistenza più ampiamente che possiamo, con pienezza di meraviglia: allora il frutto della nostra vita potrà forse palesarsi, foss’anche soltanto come polvere di stelle tra le dita, o come un segmento di arcobaleno colto al volo.

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René Magritte – La concezione di un quadro, ossia l’idea, non è visibile nel quadro: un’idea non si può vedere con gli occhi. Quest’evocazione della notte e del giorno mi pare dotata del potere di sorprenderci e di incantarci. Chiamo questo potere: la poesia.



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